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L’alienazione di beni culturali ecclesiastici tra invalidità canonica e annul-

Il concetto di alienazione proprio del diritto canonico è molto più ampio di quello proprio del diritto civile, e ciò in quanto esso non si limita all’atto per mezzo del quale si trasferisce la proprietà (alienazione in senso stretto), ma si estende fino a ricomprendere qualsiasi altro negozio — permuta, ipoteca, servitù, pegno, ecc. — che possa modificare o pregiudicare il patrimonio di una persona giuridica547. Infatti, così com’è disposto dal can. 1295, «i requisiti a norma dei cann. 1291-1294, ai quali devono conformarsi anche gli statuti delle persone giuridiche, devono essere

546 Così la Cass. pen., sez. III, 9 febbraio 2011, n. 8988, esprimendosi in relazione

all’impossessamento illecito di una statuetta lignea del diciottesimo secolo, di proprietà di una chiesa. Cfr. V. Giomi, Commento art. 56, in G. Famiglietti – N. Pigniatelli (a cura

di), Codice dei beni culturali e del paesaggio, cit., pag. 381.

547 M. d’Arienzo - L. Musselli - M. Tedeschi - P. Valdrini, Manuale di diritto canonico,

osservati non soltanto per l’alienazione, ma in qualunque altro negozio che intacchi il patrimonio della persona giuridica peggiorandone la condizione».

In materia di contratti, il Codice di diritto canonico del 1983, con il canone 1290, come già il precedente del 1917, conserva nella sostanza il principio di canonizzazione, recependo le disposizioni civili vigenti in materia di contratti, sia nel genere (oggetto, condizioni, formalità, etc.), sia nella specie (così come in materia di pagamento delle obbligazioni), a patto che non siano contrarie al diritto divino o che il diritto canonico disponga diversamente548. Pertanto, deve considerarsi recepita dall’ordinamento

canonico, con i limiti sopra detti, la nozione di contratto così come formulata dall’art. 1321 del Codice civile549.

Il successivo can. 1291 dispone che, per alienare validamente i beni che costituiscono per legittima assegnazione il patrimonio stabile di una persona giuridica pubblica, e il cui valore ecceda la somma fissata dal diritto, occorre la licenza dell’autorità competente. Tale competenza in ordine al rilascio della licenza è stabilita sia in rapporto alla natura dell’ente proprietario del bene, sia in base al valore del bene stesso. Qualora la valutazione del bene risulti compresa tra un valore massimo e uno minimo, stabiliti dalla CEI, e i contraenti siano persone giuridiche pubbliche, soggette al Vescovo diocesano, quest’ultimo sarà competente al rilascio dell’atto autorizzatorio rispetto all’alienazione550. La validità dell’alienazione dei beni che costituiscono legittima alienazione del patrimonio stabile di una persona giuridica, ai sensi del can. 1292 è soggetta all’osservanza del criterio quantitativo stabilito dalla CEI e fissato

548 E. Camassa Aurea, I beni culturali di interesse religioso. Principio di collaborazione e pluralità

di ordinamenti, cit., pag. 24.

549 Va, tuttavia, osservato che la dottrina canonistica interpreta il termine contratto in

senso ampio, ricomprendendo in essa, insieme ai contratti patrimoniali, anche le fattispecie contrattuali come quelle di cui ai canoni 231, 271, 296, 299, 520, 790, così da evitare «una lacuna legis per quei tipi di contratti», cfr., H. Pree, Responsabilità giuridica dell’amministrazione ecclesiastica, in E. Baura - J. Canosa (a cura di), La giustizia nell’attività amministrativa della Chiesa, Giuffrè, Milano, 2006, pag. 79.

550 E. Camassa Aurea, I beni culturali di interesse religioso. Principio di collaborazione e pluralità

(ovviamente solo nel caso dell’Italia) a € 250.000. Il Vescovo dovrà ulteriormente chiedere il consenso del Consiglio per gli affari economici e del Collegio dei consultori551.

Allorché, invece, si tratti di persone giuridiche pubbliche non soggette all’autorità del Vescovo diocesano, la competenza al rilascio delle autorizzazioni sarà individuata in base a quanto prescritto dagli statuti. Il codice dispone, altresì, che, nell’ipotesi in cui il valore del bene oggetto di alienazione sia superiore al limite massimo predeterminato dalla CEI, si renda necessaria un’ulteriore licenza, rilasciata dalla Santa Sede. La licenza aggiuntiva della Santa Sede sarà, comunque, necessaria per la validità dell’alienazione, a prescindere dal valore del bene alienato, qualora si tratti di doni votivi fatti alla Chiesa, ipotesi inquadrabile nell’alienazione di «oggetti preziosi per un valore artistico e storico» di cui al can. 1292552.

Un altro caso di assoluta illiceità dell’alienazione è quello di cui al can. 1190, con riferimento alle reliquie sacre, esteso anche alle immagini sacre che godono di particolare venerazione da parte dei fedeli. Anche in questi casi, si rende necessaria ad validitatem l’autorizzazione della Santa Sede per

l’alienazione o il trasferimento553.

In altre parole, l’alienazione di un bene culturale che non sia stata autorizzata dall’autorità competente secondo i criteri anzidetti e, prescindendo dal valore venale del bene, anche da parte della Santa Sede, è da considerarsi invalida per il diritto canonico554. Atteso che

551 J.P. Schouppe, Elementi di diritto patrimoniale canonico, Giuffrè, Milano, pagg. 144 ss.;

E. Camassa Aurea, I beni culturali di interesse religioso. Principio di collaborazione e pluralità di ordinamenti, cit., pag. 25, nt. 32.

552 E. Camassa Aurea, I beni culturali di interesse religioso. Principio di collaborazione e pluralità

di ordinamenti, cit., pag. 26.

553 G. Feliciani, Il patrimonio dei beni culturali della Chiesa nella revisione del Codex iuris

canonici, in O. Fumagalli Carulli (a cura di), Diritto, persona, vita sociale. Studi in memoria di Orio Giacchi, Vita e Pensiero, Milano, 1984, pagg. 88 ss.; E. Camassa Aurea, I beni culturali di interesse religioso. Principio di collaborazione e pluralità di ordinamenti, cit., pag. 26.

554 A. Fuccillo, La circolazione dei beni culturali d’interesse religioso, in Diritto ecclesiastico, 1993,

pag. 644; E. Camassa Aurea, I beni culturali di interesse religioso. Principio di collaborazione e pluralità di ordinamenti, cit., pag. 26.

nell’ordinamento canonico non è previsto alcun atto ufficiale (come, ad esempio, la notifica prevista dalla l. 1089/1939) volto a qualificare come tale un bene culturale, l’applicazione della norma in esame provoca non pochi problemi. Invero, è richiesta grande cautela da parte dei soggetti ai quali è richiesto di rilasciare o no il consenso e il parere previsti dalla disciplina. Costoro dovranno valutare la situazione economica della persona giuridica i cui beni sono oggetto di alienazione e, soprattutto, le motivazioni allegate alla richiesta, nonché la sussistenza di una giusta causa in ordine al negozio555.

Ulteriori vincoli, poi, sono stabiliti sia in materia di prezzo dell’alienazione che, di regola, non potrà essere inferiore a quello indicato nella stima periziale, sia in merito ai proventi ricavati, i quali dovranno essere investiti, ai sensi del can. 1294, con cautela a vantaggio della Chiesa o «prudentemente utilizzati secondo gli scopi dell’alienazione»556.

Le maggiori perplessità registrate in dottrina riguardano le ipotesi in cui il bene culturale di interesse religioso sia stato alienato in una forma valida in base alle leggi civili, ma illegittima per quelle canoniche. L’ipotesi non è inverosimile come potrebbe sembrare, basti pensare al caso del parroco che, senza rendersi conto del valore economico e (soprattutto) culturale del bene e senza le necessarie autorizzazioni, abbia alienato opere di alto valore storico e artistico. Il can. 1296 si occupa, poi, di disciplinare tali eventualità, stabilendo che, allorché i beni ecclesiastici siano stati validamente alienati in forza del diritto civile, è compito dell’autorità competente stabilire, a seguito di attenta valutazione, se intentare una qualche azione al riguardo e di che tipo (personale o reale), al fine di rivendicare i diritti della Chiesa557.

555 E. Camassa Aurea, I beni culturali di interesse religioso. Principio di collaborazione e pluralità

di ordinamenti, cit., pag. 26.

556Ibidem. 557Ivi, pag. 27.

Il contratto posto in essere senza le prescritte autorizzazioni e formalità deve essere ritenuto annullabile civilmente, e ciò in quanto, nel diritto canonico, il momento di formazione della volontà degli enti ecclesiastici trae origine da un atto complesso, costituito, in parte dalla volontà del titolare del potere di amministrazione, designato in base alle norme statutarie, e, in altra parte, dalla volontà dell’organo predisposto dal diritto canonico558.

Invero, non deve essere trascurato che, in base a quanto stabilito dall’art. 7.5 dell’Accordo di revisione del 1984, lo Stato italiano ha riconosciuto che «l’amministrazione dei beni appartenenti agli enti ecclesiastici è soggetta ai controlli previsti dal diritto canonico». La legge 20 maggio 1985, n. 222, ha stabilito, altresì, ai sensi dell’art. 18 una presunzione assoluta di conoscenza, prescrivendo che, ai fini dell’invalidità o inefficacia dei negozi giuridici posti in essere da enti ecclesiastici, non possono essere opposte a terzi, che non ne fossero a conoscenza, le limitazioni dei poteri di rappresentanza o l’omissione di controlli canonici che non risultino dal codice del diritto canonico o dal registro delle persone giuridiche559.

La normativa in esame ha evidente carattere di specialità, richiamato, peraltro, dallo stesso codice civile, che, ai sensi dell’art. 831, pur assoggettando i beni degli enti ecclesiastici al proprio regime, fa salve le leggi speciali che li disciplinano560.

La conclusione non può che essere che l’alienazione di un «oggetto prezioso per valore artistico e storico», secondo la definizione del can. 1292, qualora risulti priva delle necessarie autorizzazioni, in special modo della licenza della Santa Sede, deve essere ritenuta invalida per il diritto canonico e annullabile per il diritto civile561.

558 Ibidem. 559 Ibidem. 560Ibidem. 561Ivi, pag. 28.

Infine, il codice di diritto canonico, al can. 1377, dispone una «giusta pena» come sanzione per chi, in assenza della debita licenza, alieni beni ecclesiastici.

4. L’alienazione di beni culturali appartenenti a enti ecclesiastici senza