Alla luce di quanto esposto nel paragrafo precedente, la disciplina di cui agli artt. 55-57 del codice si pone come un necessario quanto naturale corollario. Se, infatti, l’art. 54 si occupa di stabilire quali siano i beni che, in via assoluta, non risultano suscettibili di alienazione, i due articoli successivi, al contrario, fissano i presupposti a mente dei quali i beni culturali — sia demaniali che non e diversi da quelli indicati dall’art. 54, ma comunque di proprietà di enti pubblici o di persone giuridiche private non lucrative — possono essere alienati.
Gli artt. 53-55, quindi, appaiono strettamente interconnessi e non solo perché trovano posto nella medesima sezione del codice. Invero, se l’art. 53 ha il compito di introdurre nella disciplina codicistica il regime della inalienabilità relativa, l’art. 54 introduce, immediatamente dopo, la riserva di legge che assicura l’inalienabilità assoluta dei beni demaniali. L’art. 55, da ultimo, ha l’essenziale funzione di indicare quali sono le condizioni che rendono possibile la circolazione di tali beni.
Appare evidente, allora, che i tre articoli in esame «finiscono per costituire un unico tessuto connettivo che si integra e si completa a vicenda»245.
L’art. 55, quindi, disciplina la circolazione di tutti quei beni immobili che non sono considerati tassativamente inalienabili, pur se di appartenenza demaniale, e che, pertanto, non sono ricompresi nell’elenco
244Ibidem.
245 V. Giomi, Commento art. 55, in G. Famiglietti – N. Pigniatelli (a cura di), cit., pag.
di cui all’art. 54 comma 1, bensì possono essere assoggettati al regime di circolazione controllata di cui all’art. 53 comma 2.
L’articolo in esame, pertanto, detta le condizioni e i modi di alienazione dei beni culturali di pubblica appartenenza e introduce una nitida distinzione che contrappone il procedimento per l’alienazione dei beni demaniali a quello previsto per altri beni culturali appartenenti ad altri enti pubblici246. La dottrina, facendo sua questa divisione, differenzia tra autorizzazione «qualificata», riferendosi all’alienazione dei beni demaniali, e autorizzazione «non qualificata», per indicare l’alienazione dei beni non demaniali247.
In via generale, il provvedimento che autorizza la cessione di beni demaniali si definisce «qualificato» quando viene concesso nel rispetto delle indicazioni previste al secondo comma dell’articolo de qua248, cioè solo dopo aver adeguatamente verificato la sussistenza di tangibili garanzie in merito alla tutela, alla conservazione e alla valorizzazione del bene in oggetto, insieme alla precisa garanzia che non venga pregiudicato in alcun modo il godimento del bene stesso da parte della collettività249. Preso atto della sussistenza dei predetti requisiti, il Ministero rilascia l’autorizzazione, indicando nel provvedimento gli usi compatibili con il carattere culturale della res, «con il decoro e i valori da essa trasmessi o tramandati e che non
siano ritenuti dannosi per la sua conservazione»250; posto che, in ogni caso, la sdemanializzazione del bene non importa la «sottrazione a vincolo o controllo del bene oggetto di autorizzazione […] che resta sottoposto a tutela ai sensi dell’art. 12 del codice»251.
Al contrario, si tratta di autorizzazione «non qualificata» (o semplice) nel caso di beni culturali che non sono di appartenenza demaniale (è
246 A. Giuffrida, Contributo alla circolazione dei beni culturali in ambito nazionale, cit., pag. 162. 247 A. Pischetola, Circolazione dei beni culturali e attività notarile, in Quaderni di notariato,
Ipsoa, Milano, 2006 (15), pag. 16.
248 A. Giuffrida, Contributo alla circolazione dei beni culturali in ambito nazionale, cit., pag. 163. 249 A. Pontrelli, Commento art. 55, in A. Angiuli – V. Caputi Jambrenghi (a cura di), cit.,
pag. 170.
250Ibidem.
indifferente se di proprietà pubblica o privata), ove non è richiesta garanzia alcuna se non quella naturale e ovvia che dalla cessione non derivi pregiudizio alla conservazione al godimento del bene da parte della collettività252. Il codice, ulteriormente, precisa che — con riferimento ai beni di cui all’art. 56, comma 1, lett. b) e comma 2, di proprietà di persone giuridiche private non lucrative — l’autorizzazione può essere rilasciata allorché non derivi un grave danno alla conservazione o al pubblico godimento dei beni medesimi (art. 57, comma 5).
Il dato che sembra emergere con evidenza è che l’opera del legislatore, attraverso il codice Urbani, si è indirizzata verso un progressivo restringimento dell’ambito applicativo delle norme in materia di circolazione e conferimento in uso dei beni culturali e lo ha fatto allargando considerevolmente la categoria dei bei culturali inalienabili. Conseguentemente, ha sempre più compresso lo spazio riservato ai beni demaniali disponibili, così operando un deciso cambio di rotta rispetto al passato253.
Il Codice, in definitiva, ha percepito e dato voce alle istanze che sostengono che la permanenza del bene in pubblica proprietà presenti migliori garanzie di tutela per il patrimonio culturale254.
Il fulcro dell’art. 55 è dunque rappresentato dal secondo comma, il quale statuisce la duplice condizione della tutela e della valorizzazione del bene culturale oggetto di cessione, cui è subordinata l’autorizzazione255.
I correttivi del 2006 e del 2008 al codice hanno messo ordine alla frammentazione che caratterizzava le condizioni necessarie al rilascio dell’autorizzazione ad alienare e hanno prodotto un unico elenco dei requisiti sottesi alla richiesta, tutti posti su un solo livello precettivo256. Precisamente, la richiesta di autorizzazione ad alienare è corredata:
252 A. Giuffrida, Contributo alla circolazione dei beni culturali in ambito nazionale, cit., pag. 163. 253 R.A.M. Muscio, La circolazione dei beni culturali, in E. Follieri (a cura di), cit., pag. 180. 254 A. Giuffrida, Contributo alla circolazione dei beni culturali in ambito nazionale, cit., pag. 164. 255 V. Giomi, Commento art. 55, in G. Famiglietti – N. Pigniatelli (a cura di), cit., pag.
365.
a) dalla indicazione della destinazione d’uso in atto;
b) dal programma delle misure necessarie ad assicurare la conservazione del bene;
c) dall’indicazione degli obiettivi di valorizzazione che si intendono perseguire con l’alienazione del bene e delle modalità e dei tempi previsti per il loro conseguimento;
d) dall’indicazione della destinazione d’uso prevista, anche in funzione degli obiettivi di valorizzazione da conseguire;
e) dalle modalità di fruizione pubblica del bene, anche in rapporto con la situazione conseguente alle precedenti destinazioni d’uso.
Com’è evidente, il legislatore conferisce un ruolo centrale alla destinazione del bene oggetto di circolazione; che viene ad assumere le vesti di valorizzazione del bene in prospettiva futura e di impegno a mettere in atto modalità di essa diverse rispetto a quelle vigenti al passato, onde garantirne forme più efficaci di tutela e conservazione257.
La destinazione è l’innesto su cui modellare gli obbiettivi di valorizzazione e conservazione sottesi alla circolazione. In quest’ottica, allora, la circolazione (nelle sue diverse forme) ha il compito di favorire il raggiungimento di obbiettivi (quali, appunto, la valorizzazione e la tutela del bene) che l’ente alienante ritiene possano essere meglio conseguiti in mani diverse da quelle dell’originale proprietario258. In questo senso, la valorizzazione deve essere intesa anche come miglioramento delle condizioni di conservazione, la quale, certamente, rappresenta una funzione a tutela del bene, ma non deve costituire un freno allo sviluppo delle sue potenzialità259, sia sotto il profilo dello sviluppo culturale e sociale del fruitore, sia sotto il profilo economico.
257Ibidem.
258 M. Sinisi, Commento art. 55-bis, in M.A. Sandulli (a cura di), Codice dei beni culturali e del
paesaggio, cit., pag. 486.
259 V. Giomi, Commento art. 53 in G. Famiglietti – N. Pigniatelli (a cura di), Codice dei beni
Parimenti la pubblica fruizione non può costituire un limite alla valorizzazione del bene, bensì deve diventarne un mezzo per la valorizzazione e deve essere garantita anche in relazioni alle destinazioni d’uso precedenti alla cessione. E ciò sia nel caso di pregressi livelli di fruizione, sia in caso di assenza di antecedenti modalità di pubblico godimento e di introduzione di un livello minimo di esso con l’autorizzazione al trasferimento260.
Infine, giova ricordare che l’autorizzazione è pur sempre un provvedimento ad elevato tasso di discrezionalità: essa può assumere carattere conformativo o di programmazione. In altre parole, non si tratta di un «mero provvedimento di consenso all’alienazione, ma deve avere un contenuto in positivo»261.
È evidente che le prescrizioni esaminate sono frutto di un complesso bilanciamento di interessi che deve contemperare le esigenze connesse ad un utilizzo del bene culturale che lo renda accessibile alla collettività — possibilmente, in maniera da ricavarne un’utilità economica — con quelle legate alla cura e alla conservazione di beni talvolta estremamente preziosi dal punto di vista storico e artistico.
La concessione dell’autorizzazione risulta, dunque, l’evento prodromico che libera il bene dal vincolo costituito dalla sua natura demaniale e lo rende disponibile e idoneo alla circolazione262.
Occorre, tuttavia ricordare che alla sdemanializzazione del bene non consegue una perdita di interesse culturale del bene o una modifica strutturale dei suoi elementi distintivi che ne connotano, appunto, la sua culturalità. Si tratta, semplicemente, di un mutamento di valutazione in ordine all’appartenenza del bene ad un soggetto pubblico e alle garanzie
260 A. Morbidelli, Commento art. 54 in Nuove leggi civili commentate, in G. Trotta, G. Caia,
N. Aicardi (a cura di) Commento al codice dei beni culturali e del paesaggio, cit., pagg. 1286 ss.
261Ivi, pag. 1291.
262 V. Giomi, Commento art. 53 in G. Famiglietti – N. Pigniatelli (a cura di), Codice dei beni
inerenti alla conservazione, la tutela e la fruizione del bene fornite dall’acquirente263.
A una conclusione non dissimile, pur destando perplessità nella dottrina sulla affermata separazione tra la nozione di bene demaniale e quella di bene culturale264, è giunta la giurisprudenza265, la quale ha osservato che la disciplina di cui al codice Urbani pone su piani distinti le due nozioni in esame. Infatti, secondo il giudice amministrativo, la nozione di bene demaniale caratterizza il suo regime di appartenenza e la sua destinazione al pubblico godimento, mentre la culturalità può venire meno solo mediante l’espletamento del procedimento di verifica dell’interesse culturale, che resta indifferente ai mutamenti del regime di appartenenza del bene.
Conseguentemente, un’eventuale sdemanializzazione dello stesso non comporta la perdita dell’interesse culturale del bene, che risponde solo alle caratteristiche intrinseche del bene stesso266.