L’art. 65 del Codice Urbani prevede una serie di divieti di uscita dal territorio italiano per tutte le tipologie di beni culturali identificate dall’art. 10, commi 1-3, e dall’art. 11, comma 1, lett. d) e f).
Non tutti i divieti hanno lo stesso grado di assolutezza, bensì risultano graduati in senso decrescente. Il comma 1 dell’articolo in esame, infatti, pone un divieto tassativo di uscita per i beni di cui ai primi tre commi dell’art. 10, richiamato con la tecnica del rinvio normativo. Precisamente, sono soggetti a divieto assoluto di uscita dal territorio dello Stato:
1. i beni mobili aventi interesse storico, artistico, archeologico o etnoantropologico appartenenti allo Stato, ad altri enti pubblici (anche non territoriali) e a persone giuridiche private senza scopo di lucro, ivi compresi gli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti (art. 10, comma 1);
2. le raccolte di musei, pinacoteche, gallerie e gli altri luoghi espositivi pubblici, gli archivi, i documenti pubblici, le raccolte librarie appartenenti a soggetti pubblici (ad esclusione delle raccolte delle biblioteche di cui all’art. 47, comma 2, d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616);
3. le cose mobili per le quali sia intervenuta la dichiarazione di interesse culturale di cui all’art. 13.
La ratio della norma in esame è chiara: il legislatore mira a ostacolare
quanto più severamente possibile il depauperamento del patrimonio culturale italiano, specialmente di quello appartenente allo Stato, atteso che l’art. 10 comma 1, richiamato proprio dall’art. 65, fa espresso riferimento alle «cose immobili e mobili appartenenti allo Stato, alle regioni, agli altri
enti pubblici territoriali, nonché ad ogni altro ente ed istituto pubblico»358. L’uscita dei beni culturali elencati dal territorio dello Stato è considerata
ipso facto pregiudizievole per l’interesse pubblico alla conservazione del
patrimonio culturale359, prescindendo, così, dalla verifica che l’espatrio del bene possa cagionare un danno apprezzabile. Ciò segna una decisiva svolta rispetto alla disciplina previgente, sebbene taluni autori sostengano che, nonostante il suo depennamento dai presupposti stabiliti per l’esportazione di beni culturali, il requisito del danno mantenga comunque una notevole importanza nell’ottica del divieto di uscita dal territorio nazionale, in quanto effetto implicito del depauperamento del patrimonio artistico nazionale360.
La ratio dell’art. 65 è peraltro teleologicamente rafforzata dal
precedente art. 64-bis, il quale regola il controllo sulla circolazione e
stabilisce che esso è «finalizzato a preservare l’integrità del patrimonio culturale in tutte le sue componenti […]»361.
Anche il secondo comma dell’art. 65 prevede due ipotesi in cui è vietata l’uscita di alcune tipologie di beni culturali dal territorio nazionale.
In base alla lett. a) è proibita la circolazione internazionale degli immobili appartenenti a enti pubblici o a persone private non lucrative, prodotte da oltre cinquant’anni da soggetto deceduto. Tale divieto, però, opera fintantoché non sia stata effettuata la verifica dell’interesse culturale
ex art. 12. In questa maniera, il legislatore ha inteso prevenire eventuali
pregiudizi al patrimonio culturale nazionale, introducendo il divieto di uscita in via cautelativa di quei beni che, in caso di esito positivo della
358 M. Del Chicca, Commento art. 65, in G. Famiglietti – N. Pigniatelli (a cura di), cit.,
pag. 483.
359 P. Otranto, Commento art. 65, in A. Angiuli – V. Caputi Jambrenghi (a cura di), cit.,
pag. 193.
360 D. Antonucci, Commento al codice dei beni culturali e del paesaggio, Sistemi editoriali
editore, Napoli, 2005, pagg. 199 ss.
361 M. Del Chicca, Commento art. 65, in G. Famiglietti – N. Pigniatelli (a cura di), Codice
verifica dell’interesse culturale, andrebbero a essere ricompresi nel comma 1 dell’art. 65, con divieto di uscita tassativo362.
La lett. b) del medesimo comma stabilisce, poi, che il MIBAC può imporre il divieto di espatrio, per periodi predefiniti, a gruppi omogenei di beni i quali non siano gravati dal vincolo dell’interesse culturale, ma la cui uscita dal territorio nazionale potrebbe comunque risultare dannosa in relazione alle caratteristiche oggettive, alla provenienza o all’appartenenza dei beni medesimi.
Pertanto, per mezzo di atti amministrativi puntuali, possono essere individuate ulteriori ipotesi di divieto di esportazione di beni culturali, oltre a quelle già presenti nel codice, di stampo legislativo e distinte da queste per l’efficacia cronologica predeterminata363, con l’avvertenza che, per i beni individuati dal Ministero ex art. 65, comma 2, non è possibile avviare
il procedimento autorizzatorio di cui al successivo comma 3 del medesimo articolo364.
Il comma 3, al contrario, consente l’uscita definitiva dal territorio dello Stato previa autorizzazione per i beni culturali menzionati alle lett. a), b) e c).
Sull’appartenenza dei beni suscettibili di uscita definitiva dal territorio italiano, la dottrina si è sostanzialmente divisa (pur concordando sull’ambiguità espositiva della norma in parola). Invero, taluni autori sostengono che la disposizione de qua trovi applicazione solo nelle ipotesi
di beni culturali di proprietà dei privati, siano essi persone fisiche o persone giuridiche senza scopo di lucro365; mentre altri, ricorrendo a una interpretazione sistematica del quadro normativo, affermano che la norma
362 P. Otranto, Commento art. 65, in A. Angiuli – V. Caputi Jambrenghi (a cura di), cit.,
pag. 193; A. Simonati, Commento art. 65, in M.A. Sandulli (a cura di), Codice dei beni culturali e del paesaggio, Giuffrè, Milano, 2012, pag. 558.
363 A. Simonati, Commento art. 65, in M.A. Sandulli (a cura di), Codice dei beni culturali e del
paesaggio, cit., pag. 560; M.A. Cabiddu – N. Grasso, Diritto dei beni culturali e del paesaggio,
Giappichelli, Torino, 2004, pag. 189.
364 M.A. Cabiddu – N. Grasso, Diritto dei beni culturali e del paesaggio, cit., pag. 189. 365 C. Barbati et al., Diritto del patrimonio culturale, Il Mulino, Bologna, 2017, pag. 172.
debba essere letta in combinato disposto con l’art. 68 del codice e che si applichi ai beni mobili, di oltre cinquant’anni e di autore non più vivente, che presentino interesse culturale ai sensi dell’art. 12366.
Infine, il comma quarto dell’art. 65 stabilisce che non è soggetta ad autorizzazione l’uscita di oggetti d’arte per i quali l’interessato possa comprovare al competente ufficio di esportazione (eventualmente anche mediante dichiarazione sostitutiva di certificazione) che sono opera di autore vivente o comunque non prodotte da più di cinquant’anni.
Per quanto attiene all’ingresso nel territorio dello Stato, invece, si distingue tra spedizione, con riferimento ai paesi UE, e importazione, se si tratta di Paesi extra UE. Sul punto, l’ingresso nel territorio dello Stato dei beni di cui all’art. 65, comma 3, è subordinato alla specifica procedura di autorizzazione disciplinata dall’art. 72.
L’emissione del certificato di circolazione produce notevoli effetti sul regime circolatorio dei beni in esame, da un lato, perché a mezzo di esso può ritenersi comprovata la liceità della provenienza del bene in questione, con relativa attestazione del legittimo possesso e acquisizione; dall’altro, perché consente la fuoriuscita del bene dal territorio nazionale, senza che per questo venga attivata la procedura di cui all’art. 65, comma 3367.
L’Ufficio preposto sarà tenuto a verificare la documentazione prodotta dall’importatore, verificando che questi nulla abbia tralasciato circa le caratteristiche e peculiarità dei beni introdotti nel Paese. La funzione principale della norma sembra essere quella di assicurare l’applicabilità della disciplina dello Stato di origine anche in territorio italiano, in quanto il controllo postula la necessaria verifica dei requisiti sottesi all’uscita dell’opera dal Paese di provenienza, con la conseguenza di “costringere” l’Ufficio di primo ingresso a confrontarsi con la disciplina estera prevista
366 P. Otranto, Commento art. 65, in A. Angiuli – V. Caputi Jambrenghi (a cura di), cit.,
pag. 194.
367 R. Tamiozzo, La legislazione dei beni culturali e paesaggistici. Guida ragionata, Giuffrè,
Milano, 2014, pag. 343; E. Tonelli, Commento all’art. 72, in G. Famiglietti – N. Pigniatelli
in materia, atteso che questa potrebbe spiegare i propri effetti anche in caso di successiva uscita del bene importato in Italia dal territorio nazionale. In questa ipotesi, la norma in esame pare precludere all’ufficio importazione la facoltà di opporsi a tale fuoriuscita368
La certificazione ha validità temporanea ed è rinnovabile sine die, atteso
che l’articolo in esame nulla dice circa il numero di possibili rinnovi369.