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Il principio di collaborazione tra gli Stati membri »

Il sistema per la restituzione dei beni culturali illecitamente usciti dal territorio nazionale delineato dalla direttiva 2014/60/UE è sostanzialmente ancorato alla collaborazione fra gli stessi Stati membri, atteso che è la stessa direttiva, al considerando n. 6, ad auspicare che essa possa costituire «un primo passo verso la collaborazione tra Stati membri in questo settore, nell’ambito del mercato interno» in vista dell’obbiettivo finale del «riconoscimento reciproco delle legislazioni nazionali in materia» (in verità, già formulato nel sesto considerando della direttiva 93/7/CEE). Non si tratta, tuttavia, di un obbiettivo “originale”, in quanto l’obbligo a cooperare in materia di traffico di opere d’arte e oggetti di antiquariato era già stato precedentemente assunto dagli Stati membri in una dichiarazione a carattere politico sulla libera circolazione delle persone, allegata all’Atto Unico Europeo del 1986421.

Orbene, l’art. 4 della direttiva 2014/60 (che, peraltro, ripropone la norma già presente all’art. 3 della 93/7) dispone l’obbligo per ogni Stato membro di indicare le “autorità centrali”, il cui elenco deve essere diffuso a mezzo della pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale ad opera della Commissione, che ha puntualmente ottemperato al dettato normativo, provvedendo alla pubblicazione ufficiale nella GUCE, serie C, n. 211, del 21 aprile 2004.

Tali autorità centrali hanno il compito di fungere da punto di raccordo tra i vari Stati, sebbene non siano necessariamente loro a dover poi

420 L. Pasquali, Commento art. 75, in G. Famiglietti – N. Pigniatelli (a cura di), cit., pag.

544.

421 L. Pasquali, Commento art. 76, in G. Famiglietti – N. Pigniatelli (a cura di), cit., pag.

adottare tutte le misure previste dalla direttiva, atteso che la ripartizione concreta delle competenze tra le diverse autorità è lasciata agli Stati membri, tenuto conto anche dei differenti assetti costituzionali e delle particolari situazioni, ad esempio, degli Stati federali422.

L’Italia, nel recepire il contenuto dell’art. 4 della direttiva in esame, nell’art. 76, comma 1, del Codice Urbani, ha designato come autorità centrale il Ministero per i beni e le attività culturali, con la precisazione che non solo le funzioni assegnategli dalla direttiva verranno svolte anche attraverso i suoi organi periferici, ma, soprattutto, che il Ministero può avvalersi della cooperazione degli altri Dicasteri, degli altri organi dello Stato e degli enti pubblici territoriali, comprese le Regioni.

Del resto, la designazione delle autorità centrali con compiti in materia di restituzione dei beni culturali è stata proposta anche dalla Convenzione UNIDROIT, con l’art. 16, co. 1, lett. b), sebbene, diversamente da quanto previsto dall’art. 4 della direttiva 2014/60, gli Stati non hanno obblighi, ma solo facoltà in tal senso, ben potendo optare, in alternativa, per una procedura volta al coinvolgimento diretto dei giudici nazionali o di altre autorità competenti, ovvero per le vie diplomatiche e consolari.

Il successivo art. 5 della direttiva elenca le misure di cooperazione ritenute necessarie per rendere efficace il sistema della restituzione unitamente a garantire la conservazione nel territorio dello Stato in cui si trova. In particolare, alle autorità designate degli Stati membri, vengono attribuiti compiti specifici concernenti il ritrovamento dei beni culturali illecitamente usciti dal territorio di un altro Stato membro e la loro restituzione. Tuttavia, l’elencazione non è esaustiva, né la direttiva ha provveduto ad armonizzare le suddette misure. Nonostante ciò, l’obbligo di cooperazione assunto dagli Stati membri comporta necessariamente che essi siano tenuti a adottare tutte le misure opportune, di carattere legislativo e amministrativo, affinché tale cooperazione venga pienamente

422Ibidem; De Ceuster, Les régles communitaires en matère de restitution de biens culturels ayant

quitté illecitement le territoire d’un Etat membre. Analyse de la directive 93/7/CEE du 15 mars 1993, in Revue du Marché Unique Européenne, 1993, pag. 68.

realizzata . Deve, però essere precisato che, in ossequio al carattere non

self executing delle direttive, gli Stati membri non sono tenuti ad apportare

alcuna modifica alla loro legislazione interna, con l’avvertenza che, qualora i mezzi e le procedure nazionali non risultassero in grado di garantire l’efficienza dell’azione di restituzione, si renderebbe necessario un intervento in tal senso, alla luce dell’obbligo di cooperazione.

La dottrina ha in proposito evidenziato che la circostanza che la direttiva 2014/60 si limiti a prevedere che tali attività debbano essere svolte dalle autorità centrali, disinteressandosi del soggetto che concretamente provvederà all’esercizio di esse in ogni Stato membro, implica che l’attribuzione delle funzioni non discende direttamente dalla norma di diritto UE, ma da un atto dello Stato membro424.

Il fine generale della direttiva, espressamente affermato nel quinto considerando, è quello di istituire «una cooperazione amministrativa tra gli Stati membri per quanto riguarda i loro patrimoni nazionali, in stretto collegamento con la loro cooperazione nel settore delle opere d’arte rubate, prevedendo, in particolare, la registrazione, presso l’Interpol e gli altri organismi qualificati che elaborano elenchi analoghi, di oggetti culturali perduti, rubati o usciti illecitamente e facenti parte dei loro patrimoni nazionali e delle loro collezioni pubbliche». Da ciò l’ulteriore precisazione, nel medesimo considerando, che per poter portare avanti tale consultazione e cooperazione tra loro, le autorità centrali degli Stati membri devono avvalersi di un modulo ad hoc, quello del sistema

d’informazione del mercato interno (IMI), stabilito dal regolamento UE n. 1024/2012, specificamente adattato per i beni culturali, che possono

423 De Ceuster, Les régles communitaires en matère de restitution de biens culturels ayant quitté

illecitement le territoire d’un Etat membre. Analyse de la directive 93/7/CEE du 15 mars 1993,

cit., pag. 68; L. Pasquali, Commento art. 76, in G. Famiglietti – N. Pigniatelli (a cura di),

cit., pag. 549.

utilizzare anche per diffondere tutte le informazioni pertinenti correlate a casi relativi a beni culturali rubati o usciti illecitamente dal loro territorio425. In concreto, unitamente al generico obbligo di cui all’art. 5, comma 1, le autorità centrali degli Stati membri sono tenute:

a) a individuare, su richiesta dello Stato membro interessato, un determinato bene culturale uscito illecitamente, localizzandolo sul territorio ed identificandone il possessore e/o il detentore. Allorché uno Stato membro intenda avvalersi della cooperazione di un altro, dovrà necessariamente formulare un’apposita istanza nella quale dovrà essere allegata qualsiasi informazione in suo possesso, utile per agevolare la ricerca, in particolare per quanto concerne l’ubicazione, vera o presunta, del bene (art. 5.1). L’attività di ricerca non costituisce un’obbligazione di carattere generale ma piuttosto un’obbligazione specifica, in quanto la ricerca avviene su domanda dello Stato membro interessato e riguarda un bene determinato426. I mezzi e le procedure necessarie per svolgere la suddetta ricerca sono quelli previsti dagli ordinamenti dei singoli Stati membri;

b) a notificare, a norma dell’art. 5.2, agli Stati membri interessati, il ritrovamento, sul proprio territorio, di un bene culturale sul quale sussistono validi motivi per ritenere che sia stato illecitamente esportato;

c) a facilitare la verifica dell’interesse culturale del bene, da parte delle autorità competenti dello Stato membro richiedente. Al riguardo, la direttiva 2014/60/UE dispone che tale accertamento debba essere effettuato, a cura dello Stato interessato, entro sei mesi dalla notifica, con ciò discostandosi dalla precedente direttiva 93/7, che limitava il termine in questione a due mesi (vedi infra, par. 4);

d) a prendere tutti i provvedimenti di natura cautelare necessari alla conservazione del bene culturale illecitamente uscito ed individuato, fino al momento in cui non venga esperita l’azione di restituzione. In particolare, l’art. 5.4 della direttiva, prevede che ogni Stato membro sia

425 L. Pasquali, Commento art. 76, in G. Famiglietti – N. Pigniatelli (a cura di), cit., pag.

549.

tenuto a prendere, qualora si renda necessario, in cooperazione con lo Stato membro interessato, le misure idonee a garantire la conservazione del bene culturale e a impedire (art. 5.5), per mezzo degli opportuni provvedimenti provvisori, che esso venga sottratto alla procedura di restituzione;

e) a svolgere il ruolo di intermediario tra il possessore e/o il detentore e lo Stato membro richiedente ai fini della restituzione. A tal fine le autorità competenti dello Stato membro richiesto, conformemente alle loro leggi nazionali, possono promuovere, fatta salva l’azione di restituzione, l’esecuzione di una procedura di arbitrato, alternativa alla fase contenziosa, a condizione che vi sia il consenso dello Stato richiedente, del possessore e/o del detentore.

Al riguardo, taluni autori hanno ritenuto che un tale obbligo fosse l’unico avente natura processuale, fra quelli assegnati alle autorità centrali degli Stati membri, qualificando gli altri come aventi natura tipicamente amministrativa427. Tale definizione, tuttavia, non è stata pienamente condivisa dalla dottrina in quanto non si tratta di un’attività di carattere processuale in senso proprio. Invero, l’art. 76 del codice limita l’azione delle competenti autorità a favorire la composizione amichevole di ogni controversia relativa alla restituzione, ovvero allo svolgimento di un’attività prodromica all’attività contenziosa di risoluzione della controversia, nel caso di specie a carattere arbitrale428.

Infine, la circostanza che la direttiva disponga che la procedura di arbitrato debba essere svolta in conformità alla legislazione nazionale, ha indotto alcuni commentatori a non condividere la posizione di quanti sostengono che la procedura de qua non designi un vero e proprio

arbitrato, da concludersi con un vero e proprio lodo vincolante, quanto

427 In tal senso: A. Catelani, La circolazione dei beni culturali. Commento alla legge 30

marzo 1998, n. 88, Giuffrè, Milano, 1998, pag. 37.

428 L. Pasquali, Commento art. 76, in G. Famiglietti – N. Pigniatelli (a cura di), cit., pag.

piuttosto una mera risoluzione amichevole della controversia429. La dottrina che non condivide questa interpretazione, afferma che, dalla lettera dell’articolo in esame, emerge chiaramente come esso faccia riferimento ad un arbitrato in senso proprio430.

Sotto il profilo della celerità nella risoluzione della controversia attinente la restituzione, la dottrina ha ritenuto che il nostro legislatore — preso atto della difficoltà di ottenere in tempi brevi una pronuncia in merito, attese le lungaggini della giustizia civile italiana — abbia esplicitamente previsto il ricorso all’arbitrato, procedura sovente utilizzata per risolvere il problema431. Peraltro, lo stesso legislatore europeo aveva avanzato tale ipotesi, pur lasciando la concreta realizzazione ai singoli Stati membri432.

Nel trasporre, sul punto, la direttiva, l’art. 76 del codice Urbani ha omesso di chiarire in maniera esplicita che è, comunque, fatta salva la possibilità di ricorrere all’azione di restituzione, possibilità che, invece, la disciplina comunitaria richiama espressamente. Nonostante la poca chiarezza dispositiva, la norma in esame non appare foriera di diversità rispetto a quella contenuta nella predetta direttiva e ciò in quanto il ricorso all’arbitrato dipende, in ogni caso, dalla volontà comune delle parti e pertanto, è fatta salva la facoltà di esercitare l’azione di restituzione come configurata al successivo art. 77. D’altronde, un’opposta lettura — nel senso di ritenere non percorribile l’azione di restituzione perché non espressamente menzionata dall’art. 76 — comporterebbe l’inadempimento, da parte dell’Italia, degli obblighi imposti

429 Ivi, pag. 553; De Ceuster, Les régles communitaires en matère de restitution de biens

culturels ayant quitté illecitement le territoire d’un Etat membre. Analyse de la directive 93/7/CEE du 15 mars 1993, cit., pag. 71.

430 L. Pasquali, Commento art. 76, in G. Famiglietti – N. Pigniatelli (a cura di), cit., pag.

553.

431 A. Catelani, La circolazione dei beni culturali. Commento alla legge 30 marzo 1998,

cit., pag. 37.

432 L. Pasquali, Commento art. 76, in G. Famiglietti – N. Pigniatelli (a cura di), cit., pag.

dall’ordinamento europeo per non aver trasposto correttamente la direttiva433.

3. La legittimazione attiva e passiva all’esercizio dell’azione di