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Alternare gli abiti: dal costume orientale all’«habit noir» occidentale

Nella seconda tappa dell’itinerario del protagonista in Oriente, Beirut, il tema del

déguisement si ripresenta fin dal suo sbarco in città. Egli avverte immediatamente la

necessità di trasformare nuovamente il suo aspetto e desidera aggiungere all’abito acquistato al Cairo degli elementi che lo aiutino ad assimilarsi agli abitanti della Siria:

J’avais grande envie d’ajouter à mon costume un détail de parure spécialement syrienne, et qui consiste à se draper le front et les tempes d’un mouchoir de soie rayée d’or, qu’on appelle caffieh, et qu’on fait tenir sur la tête en l’entournant d’une corde de crin tordu; l’utilité de cet ajustement est de préserver les oreilles et le col des courants d’air, si dangereux dans un pays de montagnes.224

Sceglie un caffieh particolarmente luminoso e vi aggiunge un ornamento, una corda di crine intrecciato, che possa proteggergli collo e orecchie dalle correnti d’aria delle montagne. Questo abbigliamento gli conferisce l’aspetto di un Re magio: «je me trouvais la mine d’un roi d’Orient»225. Indossare l’abito locale e immergersi nella folla variopinta

permette al viaggiatore di liberarsi dell’abito scuro, simbolo di una civiltà in lutto poiché priva di valori guida. Egli percepisce la piacevole sensazione di essere contemporaneamente il protagonista e l’osservatore di uno dei dipinti di Joseph Vernet che, pur essendo un noto paesaggista del XVIII secolo, non mancava mai di dare rilievo alle figure umane che animavano le scene delle sue opere: «Suis-je bien le fils d’un pays grave, d’un siècle en habit noir et qui semble porter le deuil de ceux qui l’ont précédé? Me voilà transformé moi-même, observant et posant à la fois, figure découpée d’une marine de Joseph Vernet.»226

223 G. de Nerval, Voyage en Orient, op. cit, p.228. 224 Ivi, p.401.

225 Ibid. 226 Ivi, p.404.

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Come sperimentato al Cairo, l’abito locale diventa per il viaggiatore un vero e proprio lasciapassare che gli assicura una certa libertà: egli può circolare ovunque osservando le usanze dei locali senza destare in loro sospetti. Può anche assistere a cerimonie religiose alle quali non avrebbe diritto di partecipare altrimenti come quella in onore della sepoltura di un santone residente da tempo a Beirut.

Tuttavia, vestire l’abito occidentale in Oriente può offrire anche dei vantaggi. Ne è un esempio l’episodio in cui il protagonista si presenta alla corte del pascià d’Acri. Durante il viaggio a bordo di un vaporetto inglese per raggiungerne la dimora, incontra un viaggiatore marsigliese che, avendo vissuto a lungo in Turchia, conosce molto bene le usanze orientali e gli suggerisce preziosi consigli sugli abiti da indossare alla corte del pascià al momento dell’udienza: «[…] Il faut reprendre le costume européen, sans cela vous seriez obligé de prendre votre tour d’audience, et il ne serait peut-être pas aujourd’hui.»227 Indossare l’abito

occidentale è quindi un punto di forza per il viaggiatore che spera così di essere ricevuto in giornata dal pascià senza dover attendere un appuntamento. Appena arrivato a palazzo si rende conto della correttezza delle parole del compatriota e si compiace di avergli prestato ascolto:

En voyant dans la cour les chevaux et les esclaves des visiteurs, je reconnus que le Marseillais avait eu raison de me faire changer de costume. Avec l’habit levantin, je devais paraître un mince personnage; avec l’habit noir tous les regards se fixaient sur moi.228

La sala d’attesa è piena di visitatori locali e, se egli viene immediatamente ricevuto dal pascià senza attendere il suo turno, è solo poiché l’abito che veste gli attribuisce una posizione favorevole. Il protagonista trova tuttavia l’accoglienza del sovrano molto fredda rispetto a quella immaginata. Il governatore turco finge di non saper comunicare in francese e di conoscere soltanto l’italiano, offre al viaggiatore uno chibouk (una pipa turca) e una tazza di caffè e gli rivolge una domanda di cortesia, il tutto secondo il buon costume orientale. Dal momento che la conversazione non si anima ulteriormente, l’ospite, stupito e al contempo deluso dall’impersonalità dei modi del pascià si affretta a congedarsi. All’uscita dal palazzo, viene tuttavia fermato da un ufficiale di corte che, stando gli ordini del sovrano, gli assegna due cavas incaricati di accompagnarlo ovunque egli desideri recarsi in città. Ignaro delle ragioni della gentilezza di quel gesto in contrasto con l’accoglienza ricevuta poco prima dal governatore, il protagonista si reca dal marsigliese

227 Ivi, p.532.

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per chiedergli maggiori delucidazioni. Parlando con i due cavas, il francese comprende che il pascià desidera offrire al suo compatriota una cena nel proprio palazzo. Non potendo rifiutare un invito ufficiale, quest’ultimo si reca nuovamente a corte dopo il tramonto. Questa volta la sala d’attesa è vuota e l’accoglienza del governatore è completamente diversa. Saluta il suo ospite calorosamente, gli si rivolge in francese e gli offre un’intera cena, non solo la pipa e il caffè come aveva fatto al mattino. Di fronte allo stupore del protagonista che si lamenta di essere stato «traité en touriste vulgaire»229, il governante turco spiega quali ragioni lo hanno precedentemente spinto a riceverlo «en pacha».230

Koichiro Hata che in Voyageurs romantiques en Orient ha analizzato questa scena, offre due possibili interpretazioni della risposta del pascià: «Vous [Gérard] venez bien me voir en habit noir!...»231 Secondo la prima, i postulanti nella sala d’attesa, grazie all’abito

occidentale indossato dal viaggiatore, hanno riconosciuto in lui la presenza di un «Frangui»,232 un europeo, e per questo hanno accettato che venisse immediatamente ricevuto senza che fosse costretto ad aspettare il proprio turno come loro. Tuttavia, se il pascià a quel punto lo avesse accolto come un amico e non come uno straniero, il suo comportamento avrebbe rischiato di essere interpretato come una forma di adulazione. Invitando il viaggiatore per la cena, al riparo da occhi indiscreti, il pascià sarebbe stato invece lungimirante: da un lato avrebbe previsto l’astio che un’accoglienza “all’europea” avrebbe suscitato negli orientali e dall’altro avrebbe immaginato la delusione che un’udienza “all’orientale” avrebbe provocato nell’ospite. Il secondo incontro informale sarebbe quindi l’occasione per il governatore di scusarsi della freddezza del comportamento da lui tenuto al mattino giustificandolo alla luce dei rapporti di forza interni al paese.

La seconda interpretazione, al contrario, mette in dubbio che le ragioni dell’invito a cena possano essere ricondotte alla volontà del pascià di porgere le sue scuse al viaggiatore amico ferito nei suoi sentimenti. Il governante avrebbe piuttosto voluto dar prova di conoscere la cultura occidentale appresa durante il suo soggiorno a Parigi come rivela l’artificialità dei suoi gesti durante la cena:

[…] je trouvais dans la pièce suivante le pacha, qui fumait assis sur l’appui de la fenêtre, et qui, se levant sans façon, me donna une poignée de main à la

229 Ivi, p.545.

230 Ibid. 231 Ibid. 232 Ivi, p.544.

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française. «Comment va-t-il? Vous êtes-vous bien promené dans notre belle ville? me dit-il en français; avez-vous tout vu?»233

Lontano dall’essere spontaneo e dettato da un legame di amicizia, l’atteggiamento del pascià deriverebbe unicamente dalla sua volontà di compiacere l’ospite il cui habit noir gli conferisce una certa autorevolezza:

Quoi que l’on fasse, et si loin que l’on puisse aller dans la bienveillance d’un Turc, il ne faut pas croire qu’il puisse y avoir tout de suite fusion entre notre façon de vivre et la sienne. Les coutumes européennes qu’il adopte dans certains cas deviennent une sorte de terrain neutre où il nous accueille sans se livrer lui-même; il consent à imiter nos mœurs comme il use de notre langue, mais à l’égard de nous seulement. Il ressemble à ce personnage de ballet qui est moitié paysan et moitié seigneur; il montre à l’Europe le coté gentleman, il est toujours un pur Osmanli pour l’Asie.234

Indipendentemente da quelli che fossero i veri intenti del pascià, l’episodio è degno di nota poiché dimostra come la scelta dell’abito da indossare in Oriente non sia soltanto una scelta di gusto, bensì possa provocare conseguenze sia sul piano personale che su quello sociale.