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La prima scena che vede il protagonista di Voyage en Orient partecipare ad uno dei divertimenti offerti dalla capitale egiziana, ovvero una festa di matrimonio, è già stata presa in esame nel sottocapitolo IV.2.1. In questa sede ne saranno analizzati alcuni aspetti non ancora trattati.

Dominique Casajus ha evidenziato come Nerval, oltre ad aver attinto all’opera Manners

and costums of the modern Egyptians280 di Edward-William Lane per le descrizioni degli abiti dei partecipanti, si sia attenuto alle parole dello scrittore inglese anche per la rappresentazione del corteo nuziale. Egli, tuttavia, a differenza di Lane impreziosisce la scena di colore locale:

[…] des hommes presque nus, couronnés comme des lutteurs antiques, combattaient au milieu de la foule avec des épées et des boucliers; mais ils se bornaient à frapper le cuivre avec l’acier en suivant le rythme de la musique, et, se remettant en route, recommençaient plus loin le même simulacre de lutte.281

Inoltre, per aggiungere un tocco di allegria al corteo descritto dal predecessore che il critico Nozaki ha definito “lugubre”, Nerval si ispira anche ad un’opera pittorica, Marche

d’un mariage dans la ville du Caire (1799) di Louis François Cassas, che probabilmente

aveva avuto modo di vedere a Parigi. Fra gli elementi ripresi dal dipinto dell’artista francese vi sono, per esempio, gli strumenti musicali che in Voyage en Orient risvegliano il protagonista dal suo sonno e che, creando un’atmosfera semi-onirica, gli ricordano quella delle feste di Natale in Borgogna e in Provenza:

Une sorte de gaieté patriarcale et de tristesse mythologique mélangeait ses impressions dans cet étrange concert, où de lamentables chants d’église

280E.-W. Lane, Manners and costums of the modern Egyptians : « Sometimes before bridal processions of

this kind, two swordsmen, clad in nothing but their drawers, engage each other in a mock combat … » (cit. in D.Casajus, Qu’alla-t-il faire au Caire ? Le Voyage en Orient de Gérard de Nerval, op. cit, p.79)

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formaient la base d’un air bouffon propre à marquer les pas d’une danse de corybantes.282

Numerosi commentatori si sono interrogati senza trovar risposta se Nerval abbia realmente partecipato ad un matrimonio durante il suo soggiorno al Cairo. Dominique Casajus, senza risolvere questo quesito, offre un’originale interpretazione sul significato dell’episodio all’interno dell’opera. La studiosa propone un parallelo fra la scena del matrimonio e l’esperienza del viaggio in Oriente compiuto dall’autore nel 1843:

N’est-ce pas là, racontée sous la métaphore d’une nuit de fête, l’histoire même du voyage de Nerval: une dérive entre l’ennui et la rêverie, avec quelques furtives rencontres que la maigreur de son bagage linguistique réduisait à bien peu de choses. S’il y a une « réalité » derrière ce mariage nocturne, c’est de ce côté-là qu’il faut la chercher.283

Les Femmes du Caire è una sezione particolarmente ricca di episodi in cui il

protagonista è coinvolto in festeggiamenti tradizionali. Diversi studiosi di Nerval si sono soffermati ad approfondire la cerimonia per il ritorno dei pellegrini dalla Mecca. Nella lettera inviata il 2 maggio all’amico Gautier, l’autore raccontava di aver assistito durante il suo soggiorno al Cairo ad alcuni usi «très curieux»: la pasqua dei Copti, che in Voyage en

Orient non è menzionata, la festa della nascita del Profeta, della quale nell’opera compare

soltanto un riferimento e il ritorno dei pellegrini dalla Città Santa che è ampiamente descritta nel capitolo La caravane de la Mecque.

Jean Guillome e Claude Pichois, nelle note all’edizione della Pléiade di Voyage en

Orient, affermano che nel 1843, anno in cui Nerval si trovava al Cairo, il ritorno dei

pellegrini era avvenuto fra il 3 e il 31 marzo. Dal momento che, secondo le ricostruzioni dei biografi, l’autore era arrivato nella capitale egiziana il 7 gennaio e vi era rimasto fino a inizio maggio, è verosimile che egli abbia preso parte all’evento. Di conseguenza le impressioni del suo personaggio potrebbero corrispondere a quelle che egli stesso aveva provato durante la sua personale esperienza.

In Voyage en Orient spiega che il ritorno dei pellegrini era uno dei più grandi eventi che si tenevano annualmente nella capitale egiziana ed era la chiara dimostrazione di come in Egitto la religione caratterizzasse ogni aspetto della vita degli uomini, comprese le feste. A colpire maggiormente il protagonista, che vi partecipa dopo aver indossato l’abito locale, è

245 Ibid.

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l’aria di festa che si respira in ogni stradina polverosa del Cairo: gli spettatori vestono abiti variopinti e il suono di cembali e tamburi regola la marcia della processione:

C’était comme une nation en marche qui venait se fondre dans un peuple immense, garnissant à droite les mamelons voisins du Mokattam, à gauche les milliers d’édifices ordinairement déserts de la Ville des Morts.284

Di fronte a tale spettacolo, lo spettatore si sente proiettato in una dimensione extra- temporale ed ha la sensazione di assistere ad una scena delle crociate la cui verosimiglianza è accentuata dalla sfilata degli squadroni di guardia del viceré addobbati con corazze e caschi luccicanti. Nerval descrive le bandiere dai mille colori, le selle dei cavalli ricche di decorazioni in oro e pietre preziose e le portantine dalle tinte scintillanti delle donne. L’attenzione del protagonista si concentra poi sul Mahmil, l’arca santa contenente l’abito di Maometto285, che viene portata in città nel pomeriggio e il cui arrivo è

preannunciato da un boato di acclamazioni, suoni di tromba e rumori di cannoni. Essa diventa il nuovo centro del corteo e il viaggiatore, per rispettare l’uso locale, imita i pellegrini e gli spettatori che si inginocchiano nella polvere per rendere omaggio al Profeta e, al grido di Allah, segue il Mahmil fino alla cittadella.

Nell’episodio descritto nel capitolo la Caravane de la Mecque Nerval non fa cenno ad un’usanza molto singolare prevista dalla cerimonia di ritorno dei pellegrini dalla Città Santa a cui invece faceva riferimento nella lettera a Gautier: per l’occasione il capo degli

hadjis286poteva passare a cavallo sopra le schiene della folla di credenti. Egli probabilmente aveva assistito realmente ad una scena simile dal momento che vi accenna anche in una lettera del 2 maggio 1843 al padre in cui si legge:

J’ai vu des fanatiques qui s’étaient mis dans un état d’exaltation analogue à celui des convulsionnaires se coucher sur le ventre en grand nombre sous le pas du cheval de l’émir des pèlerins; le cheval trotte sur un chemin de dos humains sans leur faire de mal à ce qu’ils disent. […] Il y a eu seulement un Nègre qu’on a été obligé de relever; mais ils prétendent qu’il n’était pas blessé mais tombé en convulsions.287

L’usanza, che sicuramente aveva colpito l’autore durante il suo viaggio, viene descritta in alcuni capitoli successivi a quello della Caravane de la Mecque e viene attribuita ad un’altra festività, la Dohza : «Le cheik ou l’émir de la caravane devait passer à cheval sur

284 Ivi, p.232.

285 In realtà contiene un libro di preghiere o il corano (vedi Voyage en Orient, nota 233.2 p.835)

286 È un titolo onorario attribuito a un musulmano che ha completato il pellegrinaggio di Hadji in Mecca. 287 G. de Nerval, Œuvres complètes, op. cit, t.I, pp.1397-8.

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le corps des derviches tourneurs et hurleurs qui s’exerçaient depuis la veille autour des mâts et sous des tentes.»288

L’autore nella sua narrazione non si sofferma sull’estraneità o la singolarità di quella pratica ma, al contrario, la paragona alle manifestazioni di eccitamento religioso dei convulsionari, una setta di giansenisti fanatici sorta nella Parigi del XVIII secolo: «Les esprits forts du quartier franc prétendent que c’est un phénomène analogue à celui qui faisait jadis supporter aux convulsionnaires des coups de chenet dans l’estomac.»289 Nerval

in tutta la sua opera mostra volontariamente come usi e costumi degli orientali, a prima vista straordinari, trovino invece degli equivalenti nella realtà occidentale. Già La Bruyère un secolo prima, nella sua opera Les Caractères ou les Mœurs de ce Siècle (1688), constatava come uno dei più grandi timori dell’uomo nel confrontarsi con l’alterità fosse vedervi il riflesso dei propri atteggiamenti:

La prévention du pays, jointe à l’orgueil de la nation, nous fait oublier que la raison est de tous les climats, et que l’on pense juste partout où il y a des hommes: nous n’aimerions pas à être traités ainsi de ceux que nous appelons barbares; et s’il y a en nous quelque barbarie, elle consiste à être épouvantés de voir d’autres peuples raisonner comme nous.290

Un ultimo aspetto del folclore locale che compare nella sezione Les Femmes du Caire, ma non certo ultimo per importanza, è la danza. Nerval dedica a questo tema il sottocapitolo Las khowals, uno dei più ricchi di humour di tutta l’opera. La danza orientale vanta origini molto antiche e i movimenti sensuali che essa prevede sono una sorta di inno alla vita, alla natura e alla fertilità. Inizialmente praticata solo da donne durante riti la cui partecipazione era esclusa agli uomini, passò poi ad accompagnare preghiere e momenti di aggregazione. Fra gli studiosi occidentali che maggiormente si interessarono a questo aspetto della cultura egiziana vi fu proprio Edward-William Lane che dedicò all’argomento il capitolo Public dancers del suo Manners and Costums of the Modern Egyptians. A seguire, un crescente interesse per questo aspetto della cultura orientale si registrò a partire dalla Campagna d’Egitto di Napoleone. I movimenti sinuosi delle danzatrici che si esibivano nei luoghi pubblici non passarono inosservati agli orientalisti che dedicarono ampio spazio a questo argomento nei loro scritti. Si sviluppò così un vero e proprio immaginario attorno alla figura della danzatrice orientale al quale Nerval non manca di offrire il suo contributo in Voyage en Orient.

288 G. de Nerval, Voyage en Orient, op. cit, p.244. 289 Ivi, p.245.

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Il protagonista si prepara ad assistere ad una danza di almées, cantanti e ballerine orientali, in uno dei caffè della capitale ignorando che esse non si esibiscono più in pubblico e sono state sostituite dai cosiddetti khowals la cui identità sarà rivelata soltanto alla fine dell’episodio. In un primo momento, rimane colpito dai copricapi d’oro delle fanciulle da cui fuoriescono fluenti trecce dorate, dai movimenti sinuosi delle loro anche, dal tintinnio degli anelli che ne decorano gli abiti e da quello dei bracciali che risuonano al ritmo dei movimenti di braccia e piedi. Secondariamente, ne osserva i tratti del volto: due di loro hanno i lineamenti delicati, lo sguardo vivo e le guance leggermente incipriate; la terza ha invece una lunga barba! «Ô vie orientale, voilà tes surprises!»291 Una volta terminata la danza, da un esame più attento di tutte le ballerine, il viaggiatore si renderà conto che in realtà si tratta di uomini e non celerà la sua perplessità.

Nerval, ancora una volta, coinvolgendo il suo personaggio nelle tradizioni orientali, dimostra l’incongruità fra i pregiudizi del pubblico francese della sua epoca e la realtà dei fatti. I suoi connazionali, attenendosi ai resoconti degli orientalisti, immaginavano le danzatrici orientali come donne voluttuose e disponibili quando, in realtà, erano ormai state sostituite, nelle esibizioni pubbliche, da uomini.