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Come suggerito da una delle prime guide di viaggio del XIX secolo, Guide du

voyageur à Constantinople et dans ses environs (1839) redatta dal geografo Frédéric

Lacroix, il periodo migliore per visitare la capitale ottomana era il mese del Ramazan durante il quale nelle ore notturne la città si animava di luci e colori. Sia Nerval nel 1843 che il protagonista di Voyage en Orient dieci anni dopo visiteranno Costantinopoli proprio in quel momento dell’anno in cui in tutta la città si respira un’aria di festa tale che neppure i funerali riescono a rattristare:

J’éprouve quelque embarras à parler si souvent de funérailles et de cimetières, à propos de cette riante et splendide cité de Constantinople […] Mais c’est qu’en ce pays la mort elle-même prend un air de fête. Le cortège grec dont j’ai parlé tout à l’heure n’avait rien de cet appareil funèbre de nos tristes enterrements.292

291 G. de Nerval, Voyage en Orient, op. cit, p.203. 292 Ivi, p.576.

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Questa descrizione potrebbe stupire il lettore dell’Itinéraire di Chateaubriand dal momento che lo scenario presentato è completamente diverso. Agli occhi del predecessore, infatti, la «capitale des barbares» appariva all’insegna del mutismo e della desolazione:

Vous arrivez sans cesse d’un bazar à un cimetière, comme si les Turcs n’étaient là que pour acheter, vendre et mourir. Les cimetières sans murs, et placés au milieu des rues, sont des bois magnifiques de cyprès : les colombes font leurs nids dans ces cyprès et partagent la paix des morts. […] Aucun signe de joie, aucune apparence de bonheur ne se montre à vos yeux.293

Se l’immagine che i due autori nelle loro opere offrono della capitale turca è così diversa, pur avanzando entrambi a più riprese le loro pretese di veridicità, la causa è da ricercarsi nelle loro differenti intenzioni. Nonostante Chateaubriand nella prefazione della prima edizione dell’Itinéraire paragonasse il ruolo del viaggiatore a quello dello storico poiché «son devoir est de raconter fidèlement ce qu’il a vu ou ce qu’il a entendu dire», 294 in realtà egli era mosso da un obiettivo politico, ovvero l’esaltazione del popolo greco soggiogato da quello turco. Come evidenziato da Philippe Antoine, l’Itinéraire è infatti ricco di giudizi di valore e notazioni affettive (o dispregiative) poiché l’autore vuol dimostrare che il regime di oppressione tipicamente imposto dal governo turco era, a prescindere, fonte di rovina e lo era anche per gli abitanti e i paesaggi di Costantinopoli. Giustamente Tzvetan Todorov ha rilevato che un récit di siffatto genere non può essere considerato “vero” dal punto di vista della realtà oggettiva ma senz’altro sincero secondo l’interpretazione della medesima da parte di Chateaubriand: «j’aurai atteint le but que je me propose, si l’on sent d’un bout à l’autre de cet ouvrage une parfaite sincérité.»295

Anche l’Oriente descritto da Nerval non è sempre fedele alla realtà che ha potuto osservare durante il suo viaggio ma egli, ansioso di soddisfare la sua sete di evasione dalla prosaica società occidentale, lo accoglie come uno spazio esteticamente e umanamente ricco di possibilità. È per questo motivo che, attraverso lo sguardo del suo personaggio, egli si impegna a spogliarsi dei propri pregiudizi sulla “bontà” o meno di un popolo rispetto a un altro, restituendo, di fatto, un’immagine più oggettiva della realtà.

Con la stessa vivacità di toni con cui viene presentata la capitale ottomana nei primi capitoli delle Nuits du Ramazan, vengono poi narrate le avventure del protagonista nella misteriosa città delle Mille e Una Notte. Come già avvenuto al Cairo, egli assiste a danze locali e gioca al baccarà. Anche il gioco, infatti, in quanto fenomeno umano che

293 F.-R. de Chateaubriand, Itinéraire de Paris à Jérusalem, op. cit, p. 257. 294 Ivi, p.56.

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presuppone l’interazione di più individui, può essere considerato una forma di espressione culturale e l’episodio offre al protagonista un’ulteriore occasione per riflettere sul regime di tolleranza che regna a Costantinopoli nonostante la varietà etnica delle popolazioni che vi convivono: «[…] je n’avais fait que me réjouir comme tous les Francs de Péra, dans une de ces nuits de fêtes auxquelles les gens de toutes religions s’associent dans cette ville cosmopolite.»296

Il protagonista assisterà a due rappresentazioni teatrali e ne approfitterà per sottolineare come uno degli errori più diffusi fra i viaggiatori fosse quello di ricercare nei luoghi visitati i piaceri offerti dal proprio paese. Già Rousseau nel suo Discours sur l’origine et les

fondements de l’inégalité parmi les hommes aveva criticato coloro che lasciavano le loro

terre cercando altrove delle “copie” di se stessi poiché questo li rendeva incapaci di notare «ces traits qui distinguent les nations»:

Depuis trois ou quatre cents ans que les habitants de l’Europe inondent les autres parties du monde et publient sans cesse de nouveaux recueils de voyages et de relations, je suis persuadé que nous ne connaissons d’hommes que les seuls Européens.297

Nel capitolo dell’opera di Nerval intitolato Visite à Péra, il viaggiatore, attratto da una grande affiche che pubblicizza l’inizio dei tre mesi della stagione teatrale nella capitale ottomana, decide di assistere alla rappresentazione del Buondelmonte in cui recita nelle vesti di protagonista l’attrice Ronzi-Tacchinardi298 e dirige l’orchestra il maestro Donizetti.299 La piattezza dei toni con cui Nerval descrive il succedersi degli eventi al termine dello spettacolo lascia percepire la totale assenza di entusiasmo nello spettatore che, infatti, non si è recato in Oriente per ritrovarvi la propria cultura di origine:

La représentation se passa comme dans un théâtre italien quelconque. La Ronzi fut couverte de bouquets, rappelée vingt fois; elle dût être satisfaite de l’enthousiasme byzantin. Puis chacun ralluma sa lanterne, les ambassadeurs et les banquiers firent avancer leurs voitures, d’autres montèrent à cheval.300

296 Ivi, p.604.

297 J.-J. Rousseau, Discours sur l’origine et les fondements de l’inégalité parmi les hommes in T. Todorov,

Nous et les Autres, op.cit, p.28.

298 Nerval confonde due cantanti d’opera italiane: Josephine Ronzi (1800-1853), sposa del cantante Joseph de

Begnis, che andò in pensione nel 1843, e Fanny Tacchinardi (1818-1867), figlia del tenore Nicolas Tacchinardi. (Vedi nota 894.2 di G. de Nerval, Voyage en Orient, op. cit, p.894).

299 Giuseppe Donizetti (1788-1856) aveva composto la musica della guardia del sultano Mahmoud II

(Marche du sultan Mahmoud).

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Diverso è lo slancio che il protagonista mostra quando assiste agli spettacoli di marionette al teatro d’ombre cinesi in piazza del Seraskier:

On peut s’arrêter un instant aux spectacles de la place du Sérasquier, à ces scènes de folie qui se renouvellent dans tous les quartiers populaires, et qui prennent partout une teinte mystique inexplicable pour nous autres Européens. Qu’est-ce que par exemple ce Caragueuz, ce type extraordinaire de fantaisie et d’impureté, qui ne se produit publiquement que dans les fêtes religieuses ? N’est-ce pas un souvenir égaré du dieu de Lampasque, de ce Pan, père universel que l’Asie pleure encore ?301

Nerval, creando un personaggio disposto all’accoglienza delle tradizioni culturali diverse dalla propria, dimostra di aver pienamente recepito il suggerimento di Rousseau:

Le principal but qu’on doit se proposer dans ces voyages est sans contredit d’examiner les moeurs, les coutumes, le génie des autres nations, leur gout dominant, leurs arts, leurs sciences, leurs manufactures, et leur commerce. 302

5 Colori, odori e sapori

La cucina è il riflesso della cultura di un paese: mettere insieme i prodotti che si trovano in natura in modo da armonizzarne odori e sapori riflette non solo la personalità del singolo ma anche le tradizioni della collettività a cui egli appartiene. Gustare ricette e piatti locali è uno dei vari modi con cui un viaggiatore può avvicinarsi all’alterità limitando l’atteggiamento etnocentrico ed istintivo che lo porterebbe a ricercare in terra straniera i piatti della propria cultura gastronomica. Ogni singola cucina è il risultato sia della storia evolutiva di un popolo, ovvero della sua capacità di sfruttare la disponibilità di animali e piante commestibili e di adeguarsi al clima del territorio in cui vive, ma anche del suo

background culturale. Accogliere le abitudini alimentari del paese di cui si è ospiti aiuta

quindi a condividerne le tradizioni. Il cibo, infatti, non sopperisce soltanto ai bisogni fisiologici dell’individuo ma contribuisce anche alla creazione di legami sociali. Il termine “compagno” deriva etimologicamente dal latino cum-panis che significa “condividere il pane con qualcuno” e dalla sua radice hanno origine parole che si possono rapportare allo stare insieme e al mettere in comune. Nella maggior parte delle scene di questo capitolo, il cibo sarà un importante trait-d’union fra il protagonista e gli orientali di cui egli non

301 Ivi, p.628.

302 J.-J. Rousseau, Discours sur l’origine et les fondements de l’inégalité parmi les hommes in F. Fiorentino,

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conosce i codici legati alla condivisione del cibo. Svariate vivande verranno offerte ripetutamente al viaggiatore in segno di accoglienza e di ospitalità durante il suo pellegrinaggio ed egli si mostrerà sempre ben felice di accettarle. Il suo atteggiamento di rispetto e di apertura verso le usanze alimentari altrui gli consentirà così di mostrare la sua graduale trasformazione da turista ad abitante locale.