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Costantinopoli non è una meta insolita per i viaggiatori del XIX secolo. Prima di Nerval e del suo personaggio, anche Chateaubriand e Lamartine vi erano stati e, come lui, l’avevano raggiunta via mare. Entrambi i predecessori avevano offerto nei loro récits prima una descrizione d’insieme della capitale turca in lontananza e poi un’altra da una prospettiva più ravvicinata. Per Chateaubriand la prima apparizione di Costantinopoli era

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stata un vero e proprio «coup de baguette de Génie».178 Egli vi era giunto al mattino e la città era miracolosamente emersa dalla bruma lasciandolo sbalordito:

Devant moi le canal de la mer Noire serpentait entre des collines riantes, ainsi qu’un fleuve superbe: j’avais à droite la terre d’Asie et la ville de Scutari; la terre d’Europe était à ma gauche; elle formait, en se creusant, une large baie, pleine de grands navires à l’ancre, et traversée par d’innombrables petits bateaux. Cette baie, renfermée entre deux coteaux, présentait en regard et en amphithéâtre, Constantinople et Galata.179

Pur soddisfacendo il gusto del pubblico per gli scenari esotici e “pittoreschi”, l’autore dell’Itinéraire si era poi apprestato, con un colpo di scena, a rovesciare completamente la visione idillica iniziale. Appena sbarcato nella «capitale des peuples barbares»180, l’incantesimo si era rotto e la città deserta e priva di rumori gli era apparsa come il riflesso del regime dispotico imposto dai governatori ottomani:

Vous voyez autour de vous une foule muette qui semble vouloir passer sans être aperçue, et qui a toujours l’air de vouloir se dérober aux regards du maitre. Vous arrivez sans cesse d’un bazar à un cimetière, comme si les Turcs n’étaient là que pour acheter, vendre et mourir.181

Il silenzio ininterrotto che regna a Costantinopoli sarebbe la conseguenza, quindi, del regime di terrore imposto dai suoi governanti e il despota orientale che soggioga il suo popolo è dipinto come “il serpente che affascina gli uccelli con il suo sguardo per farli sue prede.”182

Un procedimento opposto era stato adottato da Lamartine nel suo Voyage en Orient in cui il désanchentement iniziale aveva lasciato posto a lunghe meditazioni poetiche sulla bellezza dei paesaggi nei quali l’Io del poeta si era immerso armoniosamente. Vista dal mare la città gli era apparsa deludente rispetto alle sue aspettative:

A cette première apparition de Constantinople, je n’éprouvais qu’une émotion pénible de surprise et de désenchantement. Quoi? ce sont là, disais-je en moi- même, ces mers, ces rivages, cette ville merveilleuse pour lesquels les maitres du monde abandonnèrent Rome et les côtes de Naples ? […] Je ne vois rien là à comparer à ce spectacle dont mes yeux sont toujours empreints ; je navigue, il est vrai, sur une belle et gracieuse mer, mais les bords sont plats où s’élèvent

178 Ivi, p.256. 179 Ivi, p.256. 180 Ibid. 181 Ivi, p.257. 182 Ivi, p.258.

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des collines monotones et arrondies. […] Étais-ce la peine de venir chercher un désenchantement si loin?183

Lamartine aveva quindi realizzato, in un primo momento, un esercizio di demistificazione mostrando come la realtà non fosse all’altezza delle rappresentazioni testuali ed iconografiche che avevano nutrito la fantasia di lettori e viaggiatori. Tuttavia, dopo aver trascorso a Costantinopoli alcune settimane, la capitale era apparsa al poeta come un locus amoenus il cui fascino ispirava in lui la rêverie romantica. Egli moltiplicherà i punti di vista elevati restituendo l’immagine di una città circondata da colline verdeggianti e dall’acqua del mare, perfettamente in linea con i canoni settecenteschi del “pittoresco”. Attraverso la sua penna essa si presenterà come un luogo vivace sia dal punto di vista naturalistico che da quello umano e, al mutismo percepito da Chateaubriand, egli contrapporrà un’ampia gamma di sensazioni uditive:

Tous ces bruits, disais-je, se fondaient par instants dans un bourdonnement sourd et indécis, et formaient comme une harmonieuse musique où les bruits humains, la respiration étouffée d’une grande ville qui s’endort, se mêlaient, sans qu’on pût les distinguer, avec les bruits de la nature, le retentissement lointain des vagues et les bouffées du vent qui courbait les cimes aigues des cyprès.184

Nerval, che a differenza dei predecessori non può essere accusato né di “turcofobia” né di “turcofilia”, si limita a presentare l’aspetto della città che grazie alla presenza di elementi comuni sia alla cultura occidentale che a quella orientale viene percepito come variegato: «[Constantinople] est, comme autrefois, le sceau mystérieux et sublime qui unit l’Europe à l’Asie.»185

Esattamente come Chateaubriand e Lamartine, anche l’autore di Voyage en Orient farà poi seguire all’impressione iniziale del suo personaggio alla vista di Costantinopoli via mare, la descrizione degli interni e dell’assetto urbano della città grazie al girovagare del protagonista che, appena arrivato nella capitale ottomana, inizierà a percorrerne le strade senza una meta ben precisa.

La sezione Les Nuits du Ramazan si apre con la visita del viaggiatore, in compagnia dell’amico pittore Camille Rogier stabilitosi in Turchia già da tre anni, del quartiere franco di Pera. Le strade trasudano l’atmosfera parigina: vi sono cabaret, pasticcerie, barbieri, macellai e caffè in cui si possono leggere i giornali locali e stranieri. Anche gli interni delle

183 A. de Lamartine, Voyage en Orient, éd. S.Basch, Gallimard, Paris, 2011, p.678. 184 Ivi, p .695.

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abitazioni rispecchiano la sobrietà del gusto moderno e hanno perso l’atmosfera magica rimasta ormai solo nell’immaginario degli europei:

Ainsi, plus d’arabesques touffues, de plafonds façonnés en gâteaux d’abeilles ou en stalactites, plus de dentelures découpées, plus de caissons de bois de cèdre, mais des murailles lisses à teintes plates et vernies, avec des corniches à moulures simples; quelques dessins courant pour encadrer les panneaux des boiseries, quelques pots de fleurs d’où partent des enroulements et des ramages, le tout dans un style, ou plutôt dans une absence de style qui ne rappelle que lointainement l’ancien goût oriental, si capricieux et si féerique.186

Pierre Martino ha infatti messo in evidenza nel suo saggio L’Orient dans la littérature

française, come, a partire dalla fine del XVII e all’inizio del XVIII secolo, il movimento

orientalista e le relazioni di viaggio in Oriente avessero dato luogo in Francia alla nascita di una vera e propria passione per tutto ciò che si richiamava al gusto esotico. Così, in breve tempo, le porcellane blu di ispirazione persiana avevano iniziato a decorare le tavole da pranzo dei signori francesi, i tappeti erano diventati uno dei principali elementi di arredamento delle abitazioni nobiliari all’epoca di Luigi XIV e in mezzo ai giardini erano sorti dei padiglioni che ricordavano vagamente i minareti ottomani. Questo quadro semi- esotico aveva contribuito a creare l’immaginedel “falso Oriente”:

[…] une pagode ou une potiche de belle porcelaine suffisaient à son évocation; les sultanes ou les mandarins de Crébillon pouvaient se sentir tout à fait à l’aise dans le salon parisien que l’auteur leur donnait comme habituelle résidence ; n’y trouveraient-ils pas les ornements qu’on supposait familiers à leurs yeux, et qui étaient familiers aussi aux lecteurs français?187

Nerval dimostra, attraverso le deambulazioni del suo personaggio, come per i viaggiatori in cerca di esotismo fosse più facile ritrovarne il fascino nei caffè o nei teatri parigini che non nella realtà orientale. Il protagonista di Voyage en Orient, infatti, durante i suoi zigzag nella capitale turca, continuando la visita del quartiere franco, farà tappa al convento dei dervisci rotanti che, trovandosi su una collina, offrirà una vista panoramica sul Petit Champ des Morts, uno dei cimiteri che circondano Pera, e su un quartiere dai tratti tipicamente parigini:

A partir de l’espace verdoyant qui s’étend de l’autre côté de la rue, on se trouve entièrement dans un quartier parisien. Des boutiques brillantes de marchandes de modes, de bijoutiers, de confiseurs et de lingers, des hôtels anglais et

186 Ivi, p.598.

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français, des cabinets de lecture et des cafés, voilà tout ce qu’on rencontre pendant un quart de lieue.188

Da lì il viaggiatore arriverà alla via di Buyukdéré i cui eleganti caffè sono in perfetto stile architettonico occidentale e sono frequentati dai fashionables189 di Pera:

Tout est servi à la française, les glaces, la limonade et le moka. Le seul trait de couleur locale est la présence familière de trois ou quatre cigognes qui, dès que vous avez demandé du café, viennent se poser devant votre table comme des points d’interrogation.190

Più avanti, presso la strada principale del quartiere franco che paragonerà a Rue des Lombards a Parigi, avrà modo di constatare l’ammirazione delle donne turche per i prodotti di pasticceria europei venduti da Mme Meunier.

Di fronte ai segni della fusione di elementi culturalmente variegati, il protagonista eviterà una critica esplicita degli effetti dell’apertura ai costumi occidentali e della conseguente assenza di elementi tipicamente esotici. Tuttavia, affermando di intravedere in questa commistione eteroclita un chiaro segno della tolleranza e della saggezza del popolo turco – «Mais qui croirait encore Constantinople intolérante en admirant l’aspect animé de la promenade franque?»191-, esprimerà implicitamente il rimpianto di tutta la generazione romantica per un’epoca priva di qualsiasi ossessione produttivistica.

L’immagine del turco tollerante non è nuova in realtà. Come sottolinea Francesco Fiorentino, questo stereotipo della saggezza orientale era già presente nelle Lettres sur

l’Egypte (1785-1786) di Claude-Étienne Savary per il quale, però, l’ideale della tolleranza

era legato allo stato di natura in cui viveva il popolo turco che, lontano dall’essere primitivo, lo rendeva poco ansioso, immobile, conservatore, saggio: «il [ignore] nos arts et nos sciences , mais les sentiments délicieux de la nature, sentiments que les livres n’apprennent point, il les connaît, les révère et en jouit.»192

Anche Voltaire nell’Essai sur les moeurs (1756) aveva descritto i turchi come casti, temperanti, coraggiosi e democratici offrendo di essi un’immagine opposta a quella dispotica trasmessa, per esempio, dall’Esprit des Lois (1748) del suo contemporaneo Montesquieu. Quest’ultimo era accusato di aver calunniato ingiustamente la Sublime Porta

188 G. de Nerval, Voyage en Orient, op.cit, p.577. 189 Ivi, p.583.

190 Ibid. 191 Ivi, p.579.

192 C.E. Savary, Lettres sur l’Egypte in F. Fiorentino, Dalla geografia all’autobiografia. Viaggiatori francesi

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i cui crimini non sarebbero stati realmente gravi come egli li aveva descritti. Per esempio, nel capitolo VI dell’Essai, per giustificare l’incendio della biblioteca di Alessandria, Voltaire aveva affermato che, in fondo, gli ottomani così facendo avevano distrutto «un des monuments des erreurs des hommes».193 Nonostante questa sua ostinata parzialità non offrisse una visione oggettiva della società turca, Pierre Martino ha evidenziato come per la redazione della sua opera Voltaire si fosse documentato approfonditamente leggendo ogni genere di scritto sull’Oriente, dai récits dei viaggiatori, alle lettere dei missionari, da opere storiche a studi scientifici. Il suo obiettivo, come poi approfondirà nel suo opuscolo Des

Mensonges imprimées pubblicato nel 1749, era quello di denunciare il metodo adottato dai

viaggiatori nel descrivere le civiltà esotiche. Egli infatti riteneva illecita ogni tipo di conoscenza induttiva che portasse alla definizione delle caratteristiche di un popolo a partire da brevi e settoriali osservazioni:

C’est surtout dans les voyageurs qu’on trouve le plus de mensonges imprimés. Je ne parle pas de Paul Lucas, qui a vu le démon Asmodée dans la haute Egypte ; je ne parle que de ceux qui nous trompent en disant vrai, qui ont vu une chose extraordinaire dans une nation, et qui la prennent pour une coutume ; qui ont vu un abus, et qui le donnent pour une loi. Ils ressemblent à cet Allemand [Smollet] qui, ayant eu une petite difficulté à Blois avec son hôtesse, laquelle avait es cheveux un peu trop blonds, mit sur son album : « Nota bene, toutes les dames de Blois sont rousses et acariâtres.194

Seppure, come rilevato da Francesco Fiorentino, lo stesso Voltaire potrebbe essere accusato di aver sostenuto addirittura la superiorità dell’impero ottomano rispetto al regno di Luigi XIV basandosi su fonti non del tutto attendibili, il suo Essai sur les moeurs sarà l’opera del XVIII secolo che maggiormente rivaluterà i popoli dell’Asia guardando ad essi con uno sguardo nuovo e questo, grazie all’autorevolezza dell’autore, non mancherà di influenzare le successive generazioni di intellettuali.

Si pensi, per esempio, a Lamartine che nel suo Voyage en Orient, invece di ritrarre i turchi come mostri sanguinari come aveva fatto Chateaubriand nel suo Itinéraire, fa incarnare loro virtù quali la nobiltà d’animo, la dolcezza o la serenità:

La figure de ce Turc avait le caractère que j’ai reconnu depuis à l’occasion dans toutes les figures des musulmans que j’ai eu l’occasion de voir en Syrie et en Turquie: -noblesse, douceur et cette résignation calme et sereine que donne à ces hommes la doctrine de la prédestination et aux vrais chrétiens la foi dans la

193 Voltaire, Essai sur les mœurs in P. Martino, L’Orient dans la littérature française, op. cit, p. 318.

194 Voltaire, Des mensonges imprimés et du Testament politique du Cardinal de Richelieu in F. Fiorentino,

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Providence ; […] Ce culte [l’islamisme] est plein de vertus, et j’aime ce peuple, car c’est le peuple de la prière !195

Al luogo comune, tipico dell’immaginario occidentale nei confronti della civiltà turca, secondo il quale l’atteggiamento dei suoi membri è dispotico e intollerante, fin dall’introduzione, anche Nerval oppone l’assetto multietnico della capitale e nella figura del derviscio coglie l’apertura dei suoi abitanti verso le altre religioni. Si tratta di un religioso eterodosso dedito ad una vita da mendicante che rifiuta ogni forma di dogmatismo e di strumentalizzazione politica della religione. Egli è il simbolo di una società che supera ogni forma di integralismo e l’autore sfrutta l’immagine di questo personaggio per criticare indirettamente la società occidentale che si culla nell’atavica presunzione di essere più civilizzata di quella orientale:

J’ai été fort touché à Constantinople en voyant de bons derviches assister à la messe. La parole de Dieu leur paraissait bonne dans toutes les langues. Du reste, ils n’obligent personne à tourner comme un volant au son des flûtes, ce qui pour eux-mêmes est la plus sublime façon d’honorer le ciel.196

L’eterogeneità riscontrata dal protagonista a Costantinopoli è dovuta alla fase di cambiamenti e di riforme che la Turchia sta attraversando a metà del XIX secolo: il Tanzimat. Non a caso tutta la sezione Les Nuits du Ramazan, presenta il punto di vista ambivalente del viaggiatore di fronte a questo movimento di europeizzazione. Da una parte egli appoggia l’opzione progressista secondo la quale la cultura di un popolo deve trasformarsi in funzione delle pressioni storiche e degli influssi di altri paesi; dall’altra ritiene che la modernità occidentale non possa che essere atipica in un Oriente le cui caratteristiche tradizionali devono, al contrario, essere preservate. Sottile è la separazione fra una società tradizionale e una tradizionalista: nella prima sono favoriti i processi di rinnovamento, di apertura e di negoziazione delle identità dei membri che la compongono senza tuttavia cancellare i valori culturali che la caratterizzano; la seconda, rifiutando il contatto con qualsiasi forma di alterità, è destinata all’involuzione. Questo sentimento ambivalente di fronte al nuovo aspetto della Turchia dopo le riforme del Tanzimat sarà comune a tutti i viaggiatori che a metà del XIX secolo raggiunsero quella terra alla ricerca dei tratti caratteristici dell’Oriente delle Mille e Una Notte. Come scriverà Gautier in

Fusains et Eaux fortes (1880):

195 A. de Lamartine, Voyage en Orient, op. cit, p.177. 196 Ivi, p.791.

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Aucune ville ne gagne davantage à être peinte, et aucune aussi n’offre plus de contrastes à l’observateur sérieux. Cette grandeur apparente, cette magnificence éphémère, il appartient à l’Europe de les recueillir et de les fixer à jamais dans le domaine des arts.197

Egli sottolineava l’importanza della letteratura e delle arti visive capaci di fissare ciò che rimane dei costumi tipici degli abitanti locali il cui ritmo di occidentalizzazione è estremamente rapido.

Il protagonista dell’opera nervaliana non si limita a percorrere le strade della città ma si sforza di comprendere i meccanismi interni alla società che vi risiede e di ricercare l’essenza del “vero Oriente”. Come Nerval nel luglio del 1841, anche il suo personaggio arriva nella capitale turca all’inizio del mese del Ramazan durante il quale, dal momento che è vietato mangiare e bere durante il giorno, soltanto durante la notte la parte araba della città si anima con danze e canti tradizionali. Visto il particolare assetto urbano di Costantinopoli in cui il quartiere franco di Pera e quello turco di Stambul sono separati dal Corno d’Oro, per altro non più navigabile dopo il tramonto, l’unico modo per assistere ai festeggiamenti notturni che animano la città e ritrovare un po’ di colore locale è soggiornare direttamente nel quartiere arabo. Così, dopo poco tempo, il viaggiatore si mostra fortemente intenzionato a trovare una sistemazione nella zona turca ma la sua iniziativa non è facilmente realizzabile poiché il principio di separazione fra le diverse comunità qui è molto più rigoroso che non al Cairo.Dapprima chiede consiglio a Camille Rogier che, non essendo in grado di aiutarlo personalmente, lo accompagna da un suo amico, un mercante armeno proprietario di una boutique nel quartiere turco. Informato del progetto, l’armeno respinge immediatamente una simile prospettiva ritenendola completamente insensata:

La pensée que j’avais d’habiter Stamboul lui parut absurde au premier abord, attendu qu’aucun chrétien n’a le droit d’y prendre domicile: on leur permet seulement d’y venir pendant le jour. Pas un hôtel, pas une auberge, pas même un caravansérail qui leur soit destiné; l’exception ne porte que sur les Arméniens, Juifs ou Grecs, sujets de l’empire.198

In tal caso, l’unico modo per infrangere il divieto sembra essere un cambiamento d’identità. Anche l’armeno deve riconoscere che, seppure rischioso, fingersi musulmano permetterebbe al protagonista di stabilirsi a Stambul:

197 T. Gautier, Ouvrages: Fusains et Eaux-fortes, Charpentier, Paris, 1880, p.220. 198 G de Nerval, Voyage en Orient, op. cit, p.606.

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Cependant je [Gérard] tenais à mon idée, et je lui fis observer que j’avais trouvé le moyen d’habiter Le Caire, hors du quartier franc, en prenant le costume du pays et en me faisant passer pour cophte. «Eh bien! me dit-il, un moyen seul existe ici c’est de vous faire passer pour Persan».199

Il mercante spiega che vi è un caravanserraglio chiamato Ildiz-khan dove vengono ricevuti tutti i commercianti asiatici appartenenti alle diverse comunità musulmane. Essi parlano diverse lingue e quindi, per il solo fatto di indossare l’abito orientale, il viaggiatore potrebbe nascondere la propria origine. Trovando l’idea allettante, egli si fa passare per un mercante iracheno giunto a Costantinopoli per fare un rifornimento.

Grazie ad una buona dose di astuzia e di coraggio, riesce così a penetrare nel cuore della città e ad ammirarla come se fosse un cittadino orientale e non un turista europeo: «Si la ville était illuminée splendidement pour qui la regardait des hauteurs de Péra, ses rues intérieures me parurent encore plus éclatantes.»200 Osserva, per esempio, la tradizionale vendita di flaconi e bicchieri d’acqua in Piazza del Seraskier, visita il convento dei dervisci urlatori situato presso Scutari -cittadina su cui la riforma sembra non aver prodotto i suoi effetti- assiste al racconto dell’Histoire de la Reine du Matin et de Soliman, prince des

génies in uno dei principali caffè di Stambul.

Sagacemente Nerval coglie l’occasione per rivolgere la sua accusa agli inglesi che, al