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UN' ALTRA SOLUZIONE AL “DILEMMA”: I GASDOTTI E GLI OLEODOTTI IN BIRMANIA

Un'altra possibile soluzione al problema del “Dilemma di Malacca” e alla dipendenza cinese dal passaggio nello stretto del sud–est asiatico è rappresentata dagli accordi tra la Cina e la Birmania per lo sviluppo di gasdotti ed oleodotti che, partendo dalla regione sud–occidentale cinese dello Yunnan (precisamente dal capoluogo Kunming) proseguirebbero verso il porto birmano di Kyaukpyu.

Il progetto rientra nei piani della Maritime Silk Road, in quanto il capoluogo dello Yunnan è uno dei centri focali del progetto “One Belt, One Road”. Esso rappresenta uno dei punti di inizio della Via Marittima, in quanto connette il paese con altri tre stati ASEAN: Myanmar, Vietnam e Laos42.

A differenza del progetto del Canale di Kra, la cui realizzazione sembra essere rimasta in una situazione di stallo a causa delle varie pressioni politiche e commerciali internazionali, gli accordi tra Pechino e il Governo militare di Yangoon sono stati ratificati da tempo e alcune parti del progetto sono già state realizzate43.

La prima parte dell’accordo per la realizzazione del progetto, firmata nel 2009 tra il ministero dell'energia del Myanmar e la China National Petroleum Corporation attraverso un finanziamento di circa 6 miliardi di dollari, è inerente alla nascita di una complessa rete di gasdotti e oleodotti tra la Cina e la Birmania.

Nel 2013 è stata inaugurata una parte di questa iniziativa, il gasdotto per il trasporto di metano dal porto di Kyaukpyu fino alla città cinese di Kunming, sede delle maggiori raffinerie cinesi. L’opera si estende per 2500 km, ha una capacità di trasporto di 12 miliardi di metri cubi all'anno, e soddisferà circa il sei per cento di consumo di gas annuale dello Stato cinese44. Il completamento della pipeline per il trasporto di metano apre un nuovo corridoio energetico per la Cina, con la possibilità di andare ad attingere alle riserve di gas off – shore della Birmania.

La realizzazione dell'imponente rete di gasdotti ed oleodotti rimane strettamente legata ad una seconda parte degli accordi stipulati tra Cina e Birmania: quelli firmati nel 2009 tra l'allora vice-presidente Xi Jinping, la Citic Group of China e il Myanmar's Ministry of National Planning per lo sviluppo del porto di Kyaukpyu, con una sua zona tecnologica e una nuova rete ferroviaria ad esso legata.

Il consorzio cinese si è occupato della costruzione del deep sea port nella città birmana, il quale offre la possibilità alle navi petrolifere che trasportano gli idrocarburi dai giacimenti offshore birmani di Shwe di arrivare fino all'inizio del gasdotto/oleodotto45.

42 ANEJA, A. New China – Myanmar pipeline bypasses Malacca's trap, The Hindu Times (30/1/2015). 43 MEYER, E. With oil and gas pipelines, China takes a shortcut through Myanmar, Forbes Asia (09/02/2015). 44 HOOK, L. China starts importing natural gas from Myanmar, The Financial Times (29/08/2013).

45 PEPE, I. La Geostrategia marittima della Repubblica Popolare Cinese: dalla Nuova Via della Seta al filo di Perle, Tesi di Laurea Magistrale, Università Ca' Foscari di Venezia (2014) pag.89.

La capacità di Pechino di mantenere tali accordi tuttavia rimane precaria ed il loro esito sembra incerto nel tempo: la Birmania rimane governata da una giunta militare repressiva, e gli accordi firmati dal governo dalla Cina rimangono legati alla difficile situazione politica del paese.

Sono stati sollevati anche numerosi dubbi dalla popolazione sulla nascita dei progetti legati al porto birmano: sia sulla nascita dell'oleodotto a causa dei dubbi sulla ricchezza effettiva che esso porterà al paese, sia sull'impatto ambientale delle

pipelines e del porto.

Tuttavia, una parte dell'opposizione al progetto da parte dell'opinione pubblica è diminuita in seguito all'accordo giunto tra il Governo birmano e il Governo cinese il quale ha promesso, nei primi 30 anni di attività del gasdotto e dell'oleodotto di cedere un totale di 53 miliardi di royalties al Governo del Myanmar. L'accordo include anche un finanziamento di 25 milioni di dollari in progetti per la costruzione di scuole in Birmania e il finanziamento di progetti per il miglioramento delle condizioni della popolazione birmana46.

Nonostante i rischi politici, la concreta possibilità di risoluzione del “dilemma di Malacca” che il progetto offre fa delle

pipelines sino–birmane un'importante soluzione per la sicurezza energetica cinese.

Figura 8 – I gasdotti e gli oleodotti tra Cina e Birmania Fonte: www.ramree.com

La stabilizzazione della dipendenza energetica cinese tramite la risoluzione del “Dilemma di Malacca” rimane una delle “lenti” fondamentali attraverso cui analizzare l'intero insieme di investimenti compiuti dalla Cina all'interno del progetto della Nuova Via della Seta Marittima.

Naturalmente, analizzare tutti i progetti della “One Belt, One Road” solo in base al controllo commerciale e militare dei maggiori chokepoints marittimi mondiali porterebbe ad una conclusione fuorviante: in tutto l'asse eurasiatico gli interessi legati agli investimenti nelle infrastrutture portuali possono variare da un aspetto maggiormente strategico, ad uno che punta ad acquisire maggiori vantaggi logistici e di ottimizzazione dei costi di trasporto.

Tuttavia, se si guardano gli investimenti cinesi in Asia Centrale o in Asia Meridionale, rimane evidente come la volontà di assicurarsi una sicura fornitura energetica di petrolio e di gas naturale – accompagnata da un'efficace proiezione militare della Marina cinese – sia un elemento concreto della strategia del Paese asiatico. A testimonianza di quanto affermato si possono elencare gli investimenti già effettuati nel rilancio del porto pakistano di Gwadar e i nuovi investimenti nel porto di Gibuti in corrispondenza del chokepoint di Bab-El-Mandeb.