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OLTRE MAHAN: UN COMPLESSO “RIEQUILIBRIO MARITTIMO”

Gli investimenti all'interno della Nuova Via della Seta Marittima nell'Oceano Indiano, grazie alla loro natura strategico- militare, possono aiutare a fare il punto finale sulla teoria mahaniana applicata alla Cina espressa ad inizio capitolo sul “riequilibrio marittimo”.

La proiezione militare cinese, come inizialmente sottolineato, è stata preceduta da un allineamento ideologico delle linee guida del Partito Comunista. Questo ha rappresentato il frutto di un lungo processo in cui il Partito Comunista Cinese, a partire dal 2008, ha cambiato le sue direttive ufficiali stabilendo che, al fine di garantire una “sicurezza nazionale127” del paese e per proteggere i suoi interessi commerciali, la Cina avrebbe dovuto investire su una modernizzazione della propria

125 Le operazioni di pronto intervento svolte dalla marina dell'EPL si articolano in tre diversi tipi di manovre: supporto a richiesta di navi mercantili che inviano segnali di pericolo, deterrenza in operazioni legate al manifestarsi di una minaccia piratesca nelle sue fasi iniziali, e recupero di navi mercantili già cadute sotto il controllo dei pirati. v. DOSSI, S. Rotte cinesi: teatri marittimi e

dottrina militare, Università Bocconi Editore (2015), Cap. VI pag. 154.

126 EU Naval Force in Somalia: Opreration Atlanta, EU Naval Force key facts and figures (2016; http://eunavfor.eu/key-facts-and-

figures/ data ultima consultazione 28/11/2016).

127 FENG, L. Considerazioni strategiche sulla stabilizzazione dell'ambiente di sicurezza marittima della Cina, Scienze Militari Cinesi (2009), vol.5 pp. 61 – 67.

forza militare navale spingendo le proprie operazioni in “mari lontani128”.

Il progetto della Nuova Via della Seta marittima portato avanti da Pechino ci fornisce, però, un ulteriore strumento di analisi. Ora che i piani di investimento della Cina nei porti dell'area dell'Oceano Indiano sono per la maggior parte noti, qual è – fra le motivazioni trainanti per lo sviluppo militare della Cina indicate in questo capitolo - quella prevalente? Pur rimanendo innegabile che lo sviluppo cinese nell'Oceano Indiano abbia finalità strategiche (come la messa in sicurezza del confine sino–pakistano), si deve immaginare una Cina destinata ad uno “scontro frontale” con l'asse Stati Uniti-India? Fino a che misura, effettivamente, la Cina è impegnata alla “corsa alle basi” descritta dalla “Strategia del filo di perle”? Il problema della dipendenza energetica e del “dilemma di Malacca”, acuito da una crescente integrazione dell'economia del paese asiatico a quella mondiale, rimane la direttrice attraverso la quale si snoda tutto lo schema degli investimenti della Nuova Via della Seta Marittima. Questi ultimi rimangono, come individuato precedentemente, delle vere e proprie scommesse lanciate dal governo di Pechino il quale, al fine di garantire lo sviluppo economico, dovrà essere in grado di mantenere la pace in aree del pianeta storicamente soggette a forti tensioni sociali e militari.

Tuttavia, se si tiene in considerazione proprio l'aspetto centrale dell'iniziativa della New Silk Road, cioè l'ambizione cinese a diventare garante dello sviluppo commerciale pacifico sull'asse eurasiatico, è naturale riconsiderare l'applicazione delle teorie derivate dall'approccio mahaniano, soprattutto quella del “Filo di Perle”.

La rivalità sino–indiana, risalente fino al periodo maoista, ha sicuramente giocato un ruolo importante nella storia cinese: nonostante questo importante elemento storico, a partire dal boom economico indiano che ha portato il paese di Nuova Delhi attorno all'anno 2007 ad entrare nel gruppo dei BRICS, l'atteggiamento di Pechino è cambiato.

Le relazioni sino–indiane, infatti, a partire dai primi anni del ventunesimo secolo sono entrate in un'ottica di cooperazione commerciale, a testimonianza della quale l'India ha fatto l'ingresso nell'organizzazione a guida cinese SCO (Shanghai

Cooperation Organization)129. Il primo ministro cinese Wen Jiabao, nel 2010 si è recato in una storica visita in India,

sancendo che “l'India e la Cina sono entrambi stati estremamente popolosi e con una lunga storia alle spalle” e che nell'ultimo decennio “le relazioni diplomatiche fra i due paesi sono diventate estremamente solide”130.

Sia il governo di Nuova Delhi che quello di Pechino sono membri dell'AIIB, e l'India è il maggior partner commerciale della Cina131.

128 L'espressione “Mari lontani” (远海, Yuan Hai) è usata nella dottrina dello studio della scienza politica cinese per indicare la nuova fase di riequilibrio marittimo cinese. La nuova politica militare, basata sull'intervento marittimo cinese al di fuori delle acque litorali della Cina si distacca quindi dalla classica teoria della “Difesa sulla linea di costa” (近岸防御, Jinan Fangyu) che concentrava tutti gli sforzi militari dell'EPL nella difesa delle coste cinesi e nella questione di Taiwan. v. TANG, F.; HAN, Y. La

marina del popolo avanza lungo il corso segnato dal partito, Scienze Militari Cinesi (2009) vol. 4, pp. 12 – 21.

129 La Shanghai Cooperation Organization è un'organizzazione politica, che prevede una cooperazione economica e militare tra diversi Stati dell'area eurasiatica. E' stata formata il 26 aprile 1996 a Pechino.

130 TUTEJA, A. China and India not rivals, says Jiabao, Tribune of India (15/12/2015).

131 Nel 2015, le esportazioni Indiane in Cina ammontano a quasi 16,4 miliardi di dollari (0,8% delle esportazioni generali indiane). Le materie prime più importate sono cotone, gemme e rame. Per lo stesso anno, le esportazioni cinesi in India ammontano a 59 miliardi di dollari (il 2,3 per cento delle esportazioni generali). In cima alla lista dei materiali importati si trovano macchinari

Per questo motivo, analizzare gli investimenti cinesi all'interno del sistema portuale dell'Oceano Indiano solamente all'interno di una funzione anti–indiana mostra sicuramente una prospettiva limitata di analisi.

Pur suscitando tensioni e perplessità nelle controparti indo–americane132, le buone relazioni e cooperazioni che la Cina intrattiene con i paesi dell'Oceano Indiano hanno una funzione prevalentemente logistica.

Un elemento fondamentale per giungere a questa analisi viene offerto dagli investimenti militari operati dalla Cina a Gibuti.

Se si prendono in considerazione le operazioni anti–pirateria che hanno visto la Cina impegnata dal 2009 nelle acque del Golfo di Aden, si può intuire che porti come Gwadar, Gibuti, Hambantota, svolgono un'importante funzione logistica per la marina dell'EPL impegnata a salvaguardare una così importante rotta commerciale.

Obiettivo della Cina nell’Oceano Indiano è, di conseguenza, quello di ottenere un necessario supporto logistico per le attività nella regione, senza la preliminare conclusione di accordi militari formali133. Si tratta di ciò che in dottrina militare viene definito “posti militari”134, cioè non strutture permanenti gestite in modo diretto, bensì punti di appoggio utilizzati per le più banali esigenze di rifornimento.

In questo modo, pur avendo stabilito una presenza militare oltremare, la Cina può affermare di aver tenuto fede al proprio principio di “non stabilire basi all'estero” senza poter rinunciare al supporto logistico che necessita per portare avanti le sue missioni overseas.

Si può affermare quindi che, osservando gli investimenti cinesi a Gibuti, la Cina non sia protagonista di una vera e propria “corsa alle basi” prevista dalla “strategia del filo di perle” ma, al contrario, essa traduce le proprie amicizie politico– economiche su scala globale in una flessibile rete di supporto logistico locale.