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Fonte: www.eia.gov

La volontà della Cina di imporsi come potenza militare marittima mondiale oramai è constatabile grazie ad una varietà di indicatori e documenti governativi, molti dei quali espressi nel paragrafo precedente: senza dubbio, la costruzione della Nuova Via della Seta Marittima è un mezzo fondamentale per giungere a questo scopo.

È giusto individuare tuttavia quali sono i fattori che caratterizzano le politiche di affermazione navale cinesi.

Un punto di partenza della nostra analisi possono essere le considerazioni sulla dipendenza energetica cinese da petrolio ed idrocarburi effettuata nel paragrafo precedente: da esse verranno delineate alcune teorie che potranno spiegare il

framework sul quale la strategia marittima cinese si organizza.

È infatti dalla dipendenza energetica delle grandi potenze mondiali che nasce l'importanza dei chokepoints marittimi. Questi ultimi, chiamati “colli di bottiglia” o “strozzature” in lingua italiana, sono definiti come dei ristretti passaggi marittimi (corrispondenti ad uno stretto, o un canale) situati sulle più importati rotte marittime mondiali (identificate anche come Sea Lines of Communication, cioè “linee di commercio marittimo”), fondamentali per il commercio15. In tutto il mondo vi sono numerosi chokepoints marittimi, tuttavia per la loro importanza strategica ed energetica i più rilevanti sono i seguenti: lo stretto di Malacca nell'Oceano Indiano, lo stretto di Hormuz in Medio Oriente, il Canale di Suez che collega il Mar Mediterraneo e il Mar Rosso, il Canale di Panama tra l'Atlantico e l'Oceano Pacifico, i tre stretti danesi che collegano il Mar Baltico con il Mare del Nord e lo stretto di Bab – El – Mandeb il quale, situato nel golfo di Aden, si trova tra Gibuti e lo Yemen e consente l'accesso al Canale di Suez.

15 EMON,C.; STEVENS,P. Maritime Choke Points and Global Energy Sistem: creating a way forward, Chatam House International (1/2012), pag. 2.

Riferendosi ai colli di bottiglia situati sulle Sea Lines of Communications (“Linee di commercio Marittimo”) fu lo stesso Mahan a sottolinearne l'importanza strategica. “Chiunque abbia il potere di assicurarsi il controllo di queste linee di commercio marittime” disse il geografo nella sua opera The influence of seapower upon history “impedendone l'accesso degli avversari, sarà in grado di condizionare profondamente l'essenza stessa del vigore della propria nazione”16. Attraverso i chokepoints – che rappresentano un “passaggio obbligato” delle rotte commerciali mondiali - transita più della metà del trasporto mondiale di petrolio e di gas naturale. Per esempio, attraverso il Canale di Suez il commercio di greggio raggiunge la quota di 3,8 milioni di barili al giorno, mentre attraverso Hormuz transitano 17 milioni di barili di petrolio al giorno. Attraverso lo stretto di Malacca, il più piccolo chokepoint asiatico in dimensioni, ne passano 15,2 milioni17.

Vi sono numerosi motivi che rendono i chokepoints così importanti strategicamente.

In primo luogo, uno di questi è la possibilità che le nazioni litorali (come l'Egitto nel canale di Suez, o l'Iran nel caso dello stretto di Hormuz) possano operarne una chiusura, come accaduto al Canale di Suez tra la Guerra dei Sei giorni nel 1967 e la guerra dello Yom Kippur nel 197518.

Durante quel periodo vi fu un aumento esponenziale dei costi del trasporto marittimo e delle distanze: per la spedizione di merci da Mumbai a Londra servivano 11000 miglia nautiche (era necessario transitare dal Capo di Buona Speranza), al contrario delle 6200 necessarie durante l'apertura del Canale19. In quegli otto anni anche la percentuale del commercio tra i 79 paesi dipendenti dalle rotte passanti per Suez subirono un crollo del 20%.

La chiusura dei “colli di bottiglia” è una minaccia che è periodicamente utilizzata dalle grandi potenze asiatiche e medio- orientali. L'Iran all'inizio del 2016 ha minacciato di minare l'accesso allo stretto di Hormuz, per contrastare la presenza statunitense ed impensierire il governo di Washington20.

Una simile eventualità avrebbe degli effetti disastrosi non solo sul commercio e sui rapporti economici bilaterali: le grandi potenze fortemente dipendenti dall'esportazione energetica subirebbero un aumento dei prezzi estremamente dannoso per le loro economie, sia per quelle ancora in lenta ripresa dopo la crisi del 2008 (come quelle della statunitense) sia per le nazioni in cui la stabilità economica riveste ancora un forte significato politico (come è il caso della Cina).

Le tensioni geopolitiche attorno ai colli di bottiglia riguardano anche il fatto che le maggiori potenze mondiali sono interessate a mantenere il commercio energetico transitante attorno ai chokepoints libero, senza bisogno del pagamento di nessuna tariffa21. Oltre agli Stati Uniti, anche Europa e Giappone sono sempre stati storicamente dipendenti dal

16 MAHAN, A. The influence of seapower upon history, Patianos Classics, Poland (1890).

17 Per tutti i dati riguardo al trasporto di energia attraverso i chokepoints: Oil Transit chokepoints, U.S. Energy information administration, International Tanker Owners Pollution Federation, 2015.

18 FEYRER, J. The 1967 – 1975 Suez closure: lessons for trade and trade – income link, VOX policy portal (2009).

19 FEYRER,J. Distance, trade and income – the 1967 to 1975 Closing of the Suez Canal as a natural experiment, Darthmouth College (2009) pag. 4.

20 JOHNSON, K. Iran's Hollow threats to close the Strait of Hormuz, Foreign Press (05/2016).

commercio di petrolio sulle rotte eurasiatiche: questo scenario però in futuro è soggetto a cambiamenti in quanto gli Stati Uniti sono sempre meno dipendenti dalle importazioni di petrolio al di fuori dell'Emisfero Occidentale. Paesi come la Cina, al contrario, lo sono sempre di più22.

Ed è proprio lo stato asiatico ad essere maggiormente dipendente dal più trafficato dei chokepoints mondiali: lo stretto di Malacca.

Tramite il passaggio che collega l'Oceano Indiano all'Oceano Pacifico la Cina importa l'80% del suo fabbisogno energetico23, unito a gran parte dei suoi commerci.

L'area nella quale questo fondamentale “collo di bottiglia” è situato, tra Singapore e Malesia, è costituita da un insieme di tensioni geopolitiche che animano i mari del sud–est asiatico, il Mar Giallo e il Mar della Cina. Le isole del Mar Cinese Meridionale per esempio sono contese e rivendicate da ben sette stati: Cina, Taiwan, Vietnam, Filippine, Indonesia, Thailandia e Brunei.

Le tensioni non sono ancora sfociate in un aperto conflitto armato: tuttavia, esercitazioni militari e dispiegamento di navi della Marina sono una pratica comune di deterrenza nell’area del Mar Cinese meridionale24. Anche gli Stati Uniti sono lì presenti, in quanto coscienti dell'importanza commerciale e militare di quel conteso spazio marittimo e determinati a tutelare le alleanze con i Paesi dell'Asia Orientale25.

Ad aggiungere insicurezza ad un così importante stretto commerciale vi è un'altra minaccia: la pirateria. Le caratteristiche geografiche dello Stretto (che, attorno a Singapore si restringe raggiungendo un'ampiezza di 2,8 km) uniti alla sua importanza commerciale (attraverso di esso transitano circa 60000 navi all'anno, circa tre volte quelle che invece passano il canale di Panama26), rendono Malacca uno dei tratti commerciali marittimi più pericolosi del mondo. La percentuale di attacchi di pirateria ai danni di navi commerciali sviluppatesi in questo particolare “collo di bottiglia” ha fatto dello Stretto “la patria della pirateria mondiale27”. Gli attacchi ai danni delle navi commerciali registrati tra lo Stretto di Malacca e il Mar Cinese Meridionale nell'anno 2015 sono 108, una cifra ancora significativa nonostante la riduzione rispetto agli anni precedenti28.

La dipendenza cinese nei confronti di Malacca per quello che riguarda il commercio marittimo, unito agli incalcolabili danni commerciali per la fornitura energetica nel caso della chiusura di questo chokepoint è diventata evidente agli occhi

nazionale”, gli Stati Uniti hanno sempre perseguito la politica del mantenere libero il passaggio attraverso gli stretti commerciali navigabili. Il mantenimento di questa politica è stato supportato anche dall'azione delle missioni della marina militare

statunitense per la libertà della navigazione.

22 EMON, C.; STEVENS, P. Maritime Choke Points and Global Energy Sistem: creating a way forward, Chatam house international (1/2012), pag. 2.

23 Dati UNCTAD 2013, v. SHAOFENG,C. China's Self – Extrication in the“Malacca's Dilemma”and implications, Peking University (2013), pag.7.

24 KECH, Z. China's Newest Maritime Dispute, The Diplomat (19 October 2014). 25 Ibid.

26 SJOLEN, S. Malacca centre of world's piracy, Market Analysis (12/2015). 27 Ibid.

del governo di Pechino. Nel 2003, il presidente Hu Jintao ha coniato la definizione riguardo all'eccessiva dipendenza dello stato asiatico dallo Stretto come il “Dilemma di Malacca”29: un problema che è in cima alla lista degli obbiettivi da risolvere per il governo cinese, al fine di stabilizzare lo sviluppo economico della nazione.