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Altre classificazioni dell’advertising comparativo

5 (segue) La definizione giuridica

8. Altre classificazioni dell’advertising comparativo

Se l’elencazione precedente definisce a grandi linee un primo profilo delle varie forme di comparazione pubblicitaria, tenendo conto della determinatezza del confronto e della riconoscibilità dei concorrenti, questa non chiude l’argomento.

Altre classificazioni sono state proposte54, in base a: a) maggiore o minore ampiezza del confronto con riguardo al numero

delle marche e dei prodotti comparati; b) attributi dei prodotti in ordine ai quali il paragone viene attuato; c) maggiore o minore contenuto fattuale del confronto; d) obiettivi strategici che ispirano la comparazione.

Seguendo il primo criterio, è possibile effettuare una distinzione, in quanto la tecnica pubblicitaria comparativa può essere impiegata per confrontare una marca, un prodotto, un servizio con: un solo prodotto (servizio) o una sola marca concorrente; più prodotti (servizi) o più marche concorrenti; tutte le marche, i prodotti o i servizi presenti sul mercato; i propri prodotti o servizi (quando l’ultima versione presenti miglioramenti o innovazioni tecnologiche rispetto alle precedenti).

Riguardo al punto b), il paragone può avere ad oggetto un solo attributo, ovvero più caratteristiche o una valutazione qualitativo-

prestazionale complessiva, anche in rapporto al prezzo.

In riferimento al maggiore o minore contenuto fattuale del confronto, invece, si individua una vasta gamma di ipotesi che spaziano dall’estremo della comparazione razionale (adottando il c.d.

approccio americano o hard sell, aggressivo, ma fattuale), che

analizza i dati tecnici dei vari prodotti, a quello della semplice enunciazione della superiorità del prodotto su presupposti meramente emotivi, suggestivi, e privi di sostanziale correttezza (c.d. approccio

britannico o soft sell, più cortese, ma anche più pungente e meno

basato sui fatti)55. Quest’ultima fattispecie corrisponde a quella particolare forma di comunicazione promozionale che da noi viene indicata con il termine di “pubblicità comparativa suggestiva”. Ad oggi è consentita in pochissimi Paesi tra cui gli USA, ma è assolutamente bandita in altri ordinamenti giuridici statuali e

54 OLIVIERO in La pubblicità comparativa con casi risolti, Maggioli Editore, 2013

e FUSI-TESTA-COTTAFAVI in Le nuove regole per la pubblicità comparativa, Christian Marinotti s.r.l., Milano, 2000.

55 In argomento, BELLER, The law of comparative advertising in the U.S and the

autodisciplinari poiché, esaltando le qualità del prodotto attraverso il mero richiamo ad opinioni, emozioni e considerazioni personali, il fruitore del messaggio viene colpito più da immagini evocative che da stime tecniche. Se questo tipo di comparazione venisse portata all’estremo, come ha dimostrato la “bellicosa” vicenda a colpi di spot tra Coca-Cola e Pepsi, non avrebbe alcuna utilità per il consumatore; ecco perché gli ordinamenti europei accettano difficilmente questa tecnica. Inoltre, nel nostro sistema giuridico, un messaggio comparativo-suggestivo sarebbe inammissibile. La pubblicità comparativa è sinonimo di informazioni oggettive e dettagliate, quella suggestiva sfrutta, piuttosto, il coinvolgimento emotivo. L’accostamento degli aggettivi suddetti, pertanto, appare come un ossimoro. Anche la direttiva europea, il decreto legislativo italiano e il nuovo art. 15 C.A.P. (in vigore dal ’99) sembrano aver condiviso queste considerazioni critiche sul tema. In quest’ottica, infatti, hanno legittimato la pubblicità comparativa diretta e indiretta, solo per stimolare un confronto oggettivo, tra una o più caratteristiche

essenziali, pertinenti, verificabili e rappresentative dei beni

(servizi) considerati56.

Infine, rispetto agli obiettivi strategici menzionati nel punto d), oltre alle pubblicità di posizionamento del prodotto, per aumentare la

market share sul mercato dello stesso, per sfruttare l’appeal della

marca comparata al fine di elevare allo stesso livello quella pubblicizzata e alla pubblicità di combattimento, di ritorsione o effettuata per atti emulativi, troviamo la c.d. pubblicità di partnership.

56 Queste condizioni di esercizio della comparazione pubblicitaria sono elencate

nell’art. 4 D.lgs. 67/2000 che modifica il decreto 74/1992 aggiungendo l’art. 3-bis –

Condizioni di liceità della pubblicità comparativa che alla lettera c) dispone quanto

riportato. L’art. 1 della direttiva 97/55/CE modifica la direttiva 84/450/CE introducendo l’art. 3-bis con le medesime condizioni di liceità riprese poi dal decreto legislativo. Infine, il nuovo art. 15 C.A.P., in vigore dal 13 dicembre 1999, sancisce che sono ammesse tutte le forme di comparazione, ma “solo quando siano

utili ad illustrare, sotto l’aspetto tecnico o economico, caratteristiche e vantaggi per confrontare obbiettivamente caratteristiche essenziali, pertinenti, verificabili e rappresentative”.

Coloro che scelgono di usufruire di questa pubblicità optano per una

promozione reciproca, ovvero, “attraverso l’accostamento mirato di

due marche, solitamente prestigiose e note al grande pubblico, cercano di valorizzare reciprocamente i propri brand, posizionando i propri prodotti nel medesimo standard qualitativo”57.

Dobbiamo aggiungere, per completezza, che alcune distinzioni sono state proposte anche per i messaggi che veicolano la comparazione, utilizzando i criteri più disparati. Tra queste classificazioni troviamo quelle effettuate:

- in ragione della loro funzione tattica: si distingue tra messaggi

associativi (fanno emergere la parità o similarità dei prodotti

comparati) e dissociativi (al contrario, sottolineano gli elementi di differenza).

- in base alla struttura argomentativa: si parla di messaggi one-

sided (vertono esclusivamente sulla rilevanza degli elementi

positivi del bene o servizio reclamizzato) e two-sided (prendono in considerazione anche gli aspetti negativi, ma affermano la prevalenza di quelli positivi).

- a seconda che il messaggio si limiti ad affermare la superiorità del prodotto sui concorrenti, senza ulteriori specificazioni, o che, al contrario, cerchi di fornire prove e spiegazioni a supporto di quanto sostenuto. In quest’ultimo caso, a sua volta, troveremo vari tipi di messaggi in virtù dei mezzi di supporto utilizzati (tabelle, grafici, istogrammi che riassumono i risultati dei test comparativi; le Demo, ossia dimostrazioni visive delle proprietà o del funzionamento del prodotto; confronto tramite

57 OLIVIERO in “La pubblicità comparativa con casi risolti”, Maggioli Editore,

2013, pag. 23. Ivi troviamo l’esempio di una casa automobilistica che afferma di montare quei determinati pneumatici o di utilizzare un olio o un carburante in particolare. E’ evidente che il valore della prima marca si riversa anche sui prodotti pubblicizzati della seconda e, viceversa, la rinomanza della seconda marca oontribuirà ad esaltare la qualità della prima.

la formula side-by-side; indagini demoscopiche, blind tests ecc.)

Tutte queste fattispecie comparative individuate grazie ai vari criteri adottati, ci dimostrano come non sia possibile effettuare una classificazione completa e dettagliata in grado di includere ogni ipotesi di questo tipo di pubblicità. Tutt’al più si potrebbe semplicemente costruire uno schema con casi e sottocasi che, oltre ad essere complesso, non avrebbe utilità sostanziale per analizzare il fenomeno dal punto di vista giuridico.