• Non ci sono risultati.

L’ autodisciplina pubblicitaria e l’adeguamento alla nuova normativa

Evoluzione della disciplina in Italia in attuazione delle Direttive europee

2. Situazione in Italia prima della Direttiva 97/55/CE e importanza dell’ordinamento autodisciplinare

2.3 L’ autodisciplina pubblicitaria e l’adeguamento alla nuova normativa

Se da una parte, nel regime previgente, erano inesistenti norme statuali sulla pubblicità comparativa e mancavano orientamenti univoci di dottrina e giurisprudenza, dall'altra, nello stesso periodo, nacque il più pragmatico e concreto sistema di autonormazione, istituito nel 1966, su basi volontarie, dagli operatori del settore: il Codice di Autodisciplina Pubblicitaria (oggi ribattezzato Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale14).

Questo, anche se vincolante solo nei confronti dei soggetti che vi aderiscono, ha un ambito di operatività molto esteso e ha acquisito, attraverso le decisioni dei suoi organi, soprattutto del Giurì, una rilevante autorevolezza.

L'autodisciplina elaborata dalle strutture associative, rappresentative delle categorie di operatori pubblicitari e dei mezzi di comunicazione, dei professionisti e delle imprese utenti, non poteva non risentire della tendenza del ceto imprenditoriale ad essere contrario all'advertising comparativo, specie quello nominativo e

14 La 61ª ed ultima edizione è entrata in vigore dal 22/03/2016 ed è stata emessa in

occasione del cinquantesimo anniversario dall’istituzione dello IAP (Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria, che governa il settore monitorando e controllando l’attività pubblicitaria attraverso le decisioni del Giurì e le ingiunzioni del Comitato

di Controllo, emanate in applicazione delle norme del Codice, generalmente

rispettate dalla quasi totalità degli operatori pubblicitari) e dall’emanazione del primo C.A.P. Quest’ultimo, pur avendo subito costanti modifiche nel corso degli anni, al fine di conformarsi alle trasformazioni economiche e sociali, e per adeguarsi alle norme legislative nazionali ed internazionali, ha conservato intatti i suoi principi fondamentali, contenuti nelle Norme Preliminari e Generali; esse, infatti, costituiscono i cardini necessari per garantire la comunicazione commerciale come servizio per il pubblico, con riguardo al suo ruolo nel processo economico e alla sua influenza sul consumatore. Ogni comportamento che violi queste finalità è non conforme al C.A.P.

diretto. Ciò poteva essere già apprezzato nel codice morale emanato dall'associazione degli utenti nel 1951, in cui veniva interdetta "ogni

forma pubblicitaria che possa considerarsi nociva al concorrente" e "i confronti diretti con le merci dei concorrenti". Anche nel codice di

lealtà pubblicitaria, del 1966, si è manifestata questa avversione per la comparazione15, concretizzatasi poi nel divieto contenuto nella versione successiva del 1971 (“Non è ammessa la comparazione di un

prodotto con altri specificatamente nominati”) e confermato, seppur

implicitamente, nelle edizioni del 1975 e del 1986. Infatti, queste ultime, utilizzando rispettivamente una formula in negativo e una in positivo, ammettevano la comparazione indiretta solo a determinate condizioni. Il Giurì, allora, le interpretò, non solo come esprimenti la tolleranza verso la comparazione indiretta a determinate condizioni, ma anche la tassativa proibizione di quella diretta.

In definitiva, anche se non vi era un espresso divieto nella legge statuale e, in linea di principio, la giurisprudenza sembrava ammettere il ricorso alla comparazione diretta, quest'ultima risultava preclusa da una disposizione extrastatuale che fungeva da minimo denominatore comune. Quindi, un'impresa non avrebbe potuto pensare, in ogni caso, di servirsi di una comparazione nominativa, poiché, ammettendo che non fosse perseguibile sul piano statuale, avrebbe potuto esserlo su quello autodisciplinare. Peraltro, l'utente pubblicitario, pur non aderente, sarebbe comunque sottoposto al codice di autodisciplina ove si servisse dei mezzi di comunicazione di massa ivi vincolati (quasi tutti)16.

15 Recitava: “Sono ammessi tutti i riferimenti che permettono di differenziare un

prodotto da altri, purché questi ultimi non siano nominati”.

16 Ad oggi, sono soggetti vincolati al codice di autodisciplina coloro che hanno

deciso di aderire volontariamente allo IAP (associazione rappresentativa di categorie innumerevoli di operatori pubblicitari) e tutti coloro che abbiano accettato [di sottoporsi alle regole di autodisciplina] direttamente, o tramite la propria

associazione, ovvero mediante la sottoscrizione di un contratto di pubblicità. In

particolare, la clausola di accettazione è uno strumento giuridico indispensabile per vincolare al codice tutti gli operatori pubblicitari che non appartengono ad un’associazione aderente allo IAP (originata tramite un atto di autonomia negoziale

Quanto precede, può dare l'impressione che l'autodisciplina pubblicitaria abbia frenato il processo evolutivo italiano verso la comparazione. In realtà, sia le norme del C.A.P. che la giurisprudenza dei relativi organi, in particolare del Giurì, hanno anticipato le c.d. condizioni di liceità e la valutazione giuridica della pubblicità comparativa, nonché sono stati espressi principi e criteri prossimi o coincidenti a quelli enunciati dalla direttiva 97/55/CE e recepiti nella legge di attuazione, la cui interpretazione è stata agevolata.

A tal proposito, troviamo conferma di queste affermazioni a partire dalla fine degli anni ‘70, quando, a seguito del C.A.P. del '66 e dell’acquisto di autorevolezza da parte del Giurì, la maggior parte delle sentenze in tema di comunicazione pubblicitaria e di campagne comparative è stata deferita a questo organo, piuttosto che all’autorità giudiziaria. Rispetto alla seconda, il primo ha mostrato minore incertezza e oscillazione nelle sue decisioni. Così, pur essendosi espresso in merito a fattispecie di comparazione indiretta, ha fissato principi e criteri di grande ausilio per la nuova normativa. Tra questi, il principio fondamentale che ha enunciato, sulla scorta del previgente art. 15 C.A.P.17, è quello secondo cui devono privilegiarsi la funzione

informativa della comparazione e l’obiettivo di trasparenza, in modo che i consumatori possano effettuare scelte consapevoli e le imprese possano valorizzare gli sforzi innovativi sui prodotti o servizi da essi offerti sul mercato. Come si può intuire, questo principio favorisce la comparazione, soprattutto di posizionamento, mentre disincentiva i

degli operatori pubblicitari associati vincolante ai sensi dell’art. 1372 c.c.), quando sottoscrivono un contratto con un’impresa che riconosce l’autodisciplina pubblicitaria. Nella pratica commerciale, tale clausola è stata assunta a norma contrattuale consuetudinaria e non può essere ignorata secondo l’ordinaria diligenza; anche se manca una specifica sottoscrizione, è destinata ad operare in virtù degli articoli 1340, 1341 e 1374 c.c. Gli enti firmatari, inoltre, devono impegnarsi a vigilare sui propri associati affinché osservino le norme del C.A.P., diffondendo immediatamente le decisioni del Giurì, riguardanti comportamenti scorretti o recidivi degli associati, che costituiranno un punto di riferimento. OLIVIERO, La

pubblicità comparativa con casi risolti, Maggioli Editore, 2013, pag. 53 ss.

17 Questo ammetteva la comparazione se “utile ad illustrare sotto l’aspetto tecnico

ed economico caratteristiche e vantaggi oggettivamente rilevanti e verificabili dei beni e dei servizi pubblicizzati”.

raffronti meramente suggestivi, irrazionali, immotivati, o basati su aspetti illusori o marginali o che, comunque, non si attengano ai requisiti di veridicità, obiettività e non ingannevolezza che ogni pubblicità deve rispettare.

Da non sottovalutare è, infine, l’adeguamento del C.A.P. alla nuova normativa, con effetto dal 18 maggio 1999, che ha modificato l’art. 15 come segue: “è consentita la comparazione quando sia utile

ad illustrare sotto l’aspetto tecnico ed economico caratteristiche e vantaggi dei beni e servizi pubblicizzati, ponendo a confronto obiettivamente caratteristiche essenziali, pertinenti, verificabili e rappresentative di beni e servizi concorrenti che soddisfano gli stessi bisogni o si propongono gli stessi obiettivi. La comparazione deve essere leale e non ingannevole, non deve ingenerare rischi di confusione, causare discredito o denigrazione. Non deve trarre indebitamente vantaggio dalla notorietà altrui”.

Si nota subito che il riferimento della norma non è più alla sola comparazione indiretta e se ne deve desumere che riguardi anche i confronti nominativi o che individuino i concorrenti; inoltre, i requisiti di ammissibilità richiamano, in sintesi, quanto espresso dalla direttiva 97/55/CE e dal D.lgs. 74/92 come modificato dal D.lgs. 67/2000.

Grazie a questa modifica, le regole autonormative degli operatori pubblicitari e della legge statuale sono diventate pressoché coincidenti, sono stati rimossi dubbi e incertezze sui confini che delimitano la liceità e il divieto dell’advertising comparativo e si sono fornite agli operatori pubblicitari linee guida più sicure e meno approssimative18.

18 FUSI-TESTA-COTTAFAVI in Le nuove regole per la pubblicità comparativa,