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Diffusione e regolamentazione del fenomeno negli United States (cenni)

5 (segue) La definizione giuridica

12. Uno sguardo internazionale: la pubblicità comparativa dagli U.S.A all’Europa

12.1 Diffusione e regolamentazione del fenomeno negli United States (cenni)

Il primo annuncio comparativo negli Stati uniti è stato utilizzato, negli anni ’30, dalla casa automobilistica Plymouth, la quale invitò i potenziali acquirenti a confrontare le proprie vetture con quelle dei tre concorrenti principali (Ford, Chrysler e General

Motors)74 prima di prendere una decisione.

Tuttavia, fino alla prima metà anni ’60, anche negli U.S.A. il confronto nominativo era alquanto raro; si privilegiava, piuttosto, la comparazione indiretta, con un non meglio identificato “brand X”, o, tutt’al più, ci si poteva riferire senza specificazioni al “leading

brand”. Anche oltreoceano, infatti, ricorrevano le preoccupazioni e il

timore che portavano ad escludere il ricorso al confronto diretto: la possibile violazione delle normative sui marchi; l’esigenza di tutelare la reputazione delle imprese e di evitare la denigrazione; la difficile obiettività e completezza di un confronto posto in essere da un concorrente non imparziale; il rischio di confondere il pubblico e indurlo a diffidare della comunicazione pubblicitaria.

Negli anni ‘60, invece, vi fu una radicale “inversione di rotta” che determinò l’ <<esplosione della pubblicità comparativa

73 WILLIAMS –PAGE, Jr., in Comparative Advertising as a Competitive Tool, in

Journal of Marketing Development and Competitiveness, vol. 7 (4), 2013, pag. 49.

diretta>>75. A ciò contribuirono il declino delle altre tecniche pubblicitarie ed un cambiamento di atteggiamento sia da parte delle imprese che dei mass media, in particolare dei network televisivi; essi si offrirono, dopo anni di rifiuti, di trasmettere annunci comparativi in cui il concorrente fosse identificato per nome.

L’uso della pubblicità comparativa diretta dilagò in tutti i settori (bancario e assicurativo, farmaceutico, dell’automobilistica ecc., fino al variegato mercato di beni di consumo) ed assunse proporzioni considerevoli.

Anche i giuristi americani e alcuni operatori professionali del settore furono colti di sorpresa76.

Tra i fattori che hanno favorito l’espansione di questo boom della pubblicità comparativa diretta, troviamo l’attitudine delle campagne comparative a generarne di nuove, ad opera dei concorrenti, per rispondere agli attacchi ricevuti e di produrne altre ancora da parte di quelle imprese che, pur non essendo state identificate esplicitamente nel confronto, siano comunque coinvolte. Non del tutto infondato era, perciò, il timore di una reazione a catena che avrebbe potuto degenerare, turbando il mercato e facendo proliferare la litigiosità tra gli operatori economici, con innumerevoli azioni legali.

Tuttavia, è certo che questo fenomeno, propagandosi, abbia contribuito a suscitare interesse nei confronti della pubblicità comparativa. In particolar modo, destava attenzione il contenuto informativo dell’annuncio che costituiva una prima risposta all’interesse della collettività di ricevere dall’advertising meno suggestione e più informazione. Non è un caso che gli anni sessanta siano conosciuti anche per l’affermazione in tutto il mondo del

75 Così definita da FUSI-TESTA-COTTAFAVI in Le nuove regole per la pubblicità

comparativa, Christian Marinotti Edizioni s.r.l., Milano, 2000, pag. 38.

76 Come osserva FUSI-TESTA-COTTAFAVI in Le nuove regole per la pubblicità

comparativa, Christian Marinotti Edizioni s.r.l., Milano, 2000, pag. 40, la

comparazione, specie diretta, era scoraggiata dalla stessa associazione delle agenzie (l’American Association of Advertising Agencies) che solo nel 1974 prese atto del fenomeno emanando le prime guidelines in argomento.

consumerismo77. Infatti, i destinatari degli accattivanti messaggi pubblicitari, in questo periodo, furono sollecitati all’acquisto delle novità più allettanti, ma, allo stesso tempo, divennero più curiosi e critici 78.

Lo sviluppo della pubblicità comparativa procedette in maniera pressoché deregolamentata (salvo i pochi rimedi previsti dal common

law statunitense) fino al 1971, quando la Federal Trade Commission79

regolamentò e incoraggiò l’utilizzo della pubblicità comparativa divulgata attraverso la stampa nazionale e gli altri mezzi di comunicazione. La FTC credeva, e ritiene ancora, che la comparazione diretta avrebbe potuto accrescere la qualità e quantità delle informazioni rese ai consumatori, agli inserzionisti, ai concorrenti e all’industria della pubblicità. In altre parole, avrebbe contribuito a: garantire la trasparenza del mercato; favorire il posizionamento di nuove imprese e nuovi prodotti; aiutare i consumatori a valutare le alternative di acquisto; incentivare la produzione beni e servizi migliori.

La posizione della Federal Trade Commission è chiara: “La

pubblicità comparativa, se veritiera e non decettiva, è una risorsa

77 Consumerismo: Termine che (in contrapp. a consumismo) indica la tendenza dei

consumatori a organizzarsi in associazioni che si pongono come controparte nei confronti dei produttori per meglio difendersi dalla pubblicità indiscriminata e per esercitare un pubblico controllo sulla qualità e sui prezzi dei prodotti.

http://www.treccani.it/vocabolario/consumerismo.

78 Secondo alcuni autori, non è chiaro fino a che punto gli effetti del comparison

advertising coincidano realmente con le istanze dei movimenti dei consumatori.

Oltre a FUSI-TESTA-COTTAFAVI, anche BRICOLA in Comparazione

pubblicitaria e suggestione: il caso Italia e l’esperienza del diritto anglosassone in Dir. Inf., 1994, ha evidenziato come il diritto britannico e americano si differenziano

da quello europeo anche per il fatto che “la pubblicità comparativa, per essere

lecita, non è necessario che comunichi al consumatore informazioni realmente utili. L’ingannevolezza di un messaggio non viene valutata in funzione della tutela del consumatore, ma si ammette la liceità di forme che esaltano le qualità del prodotto, anche affermando il falso (c.d. puffino) privilegiando una pubblicità che si basa sull’impatto emozionale sul pubblico”. Non deve sorprendere, quindi, la presenza di

campagne che giocano esclusivamente sulla suggestione e non hanno niente di informativo.

79 Nata nel 1914, come agenzia indipendente di regolamentazione, con il potere di

creare e far rispettare la politica antitrust emergente e di condannare i metodi sleali di concorrenza.

importante per i consumatori e li assiste nell’effettuare una decisione razionale di acquisto”.

Durante gli anni ’90, anche se le reti televisive hanno ridotto il loro spazio, gli annunci comparativi sono cresciuti, specialmente nei settori delle telecomunicazioni, bevande e servizi. Il problema principale di questo tipo di pubblicità, durante il ventesimo secolo, è stato lo sconfinamento nella denigrazione. Ciò ha portato all’accusa di numerosi inserzionisti per l’ingiustizia e la dubbia validità delle dichiarazioni contenute nei claim.

In realtà, la disciplina della pubblicità comparativa negli Stati Uniti, si è formata in modo piuttosto frammentato. Essa è stata tracciata attraverso: i regolamenti emanati dalla FTC, le leggi federali e statali, la Common Law, le leggi a tutela dei marchi e i vari codici di autodisciplina. Infine, numerose sono state le cause di private law iniziate dai concorrenti nominati, ai sensi del Lanham Act. Questo corpo di leggi, finalizzato a proteggere i consumatori e chiunque operi nel commercio da tutte le forme di concorrenza sleale e dall’utilizzo ingannevole e/o denigratorio dei marchi registrati (in particolare inibendo lo sfruttamento e la notorietà di immagine altrui), si è dimostrato non molto vincolante. Di fatto, si è lasciata un’ampia libertà alla pubblicità comparativa; non sempre è stata valutata con severità la verificabilità e completezza dei dati utilizzati nel confronto e, talvolta, sono stati considerati leciti persino dei messaggi che evidenziavano alcune caratteristiche e non altre più importanti (ad es. il prezzo e non la dannosità per le medicine, la velocità e non la sicurezza per le automobili).

Negli Stati Uniti, la valutazione del messaggio comparativo, si è focalizzata, soprattutto sulle conseguenze e i risultati prodotti: “Under this approach, an act is considered morally right or wrong

Si è notato, comunque, che l’abitudine alla comparazione pubblicitaria, nonostante il frequente mancato rispetto delle regole fissate dai vari organismi, ha prodotto anche un altro effetto: solo l’1% dei messaggi pubblicitari ha portato, almeno fino alla fine degli anni ’90, a contenziosi giudiziari.

Anche se non è stato possibile individuare con esattezza la diffusione in percentuale dei messaggi comparativi in questo Paese (data la discordanza dei risultati e dei criteri diversi adottati nelle ricerche), si è individuata una tendenza di fondo: una crescita dell’utilizzo negli anni ’70, fino al culmine raggiunto nella seconda metà degli anni ’80 e un certo ridimensionamento nel periodo successivo.

Tali oscillazioni sono dovute al fatto che, sul piano giuridico, anche negli Stati Uniti e negli altri paesi di common law, la comparazione, specie se nominativa, ha suscitato problematiche di rilievo simili a quelle europee. Queste, unite a considerazioni di

marketing e di politica aziendale, ad un utilizzo più consapevole dei

confronti (non più dettato dall’euforia per la novità), hanno indotto ad un ripensamento e ad un contenimento degli investimenti in campagne di comparazione diretta80.

Analizzando brevemente gli strumenti di tutela previsti dall’ampia gamma di leggi e regolamentazioni statunitense81, notiamo

80 Per tutti questi aspetti relativi alla diffusione della pubblicità comparativa e ai

primi tentativi di regolamentazione si vedano: WILLIAMS – PAGE, Jr., in

Comparative Advertising as a Competitive Tool, in Journal of Marketing Development and Competitiveness, vol. 7 (4), 2013, pag. 49-50; I. BAIETTI, in La pubblicità comparativa, EGEA, Milano, 1999, pag. 27-29; FUSI-TESTA-

COTTAFAVI in Le nuove regole per la pubblicità comparativa, Christian Marinotti Edizioni s.r.l., Milano, 2000, pag. 40-41.

81 WILLIAMS – PAGE, Jr., in Comparative Advertising as a Competitive Tool, in

Journal of Marketing Development and Competitiveness, vol. 7 (4), 2013;

BRICOLA in Comparazione pubblicitaria e suggestione: il caso Italia e

l’esperienza del diritto anglosassone in Dir. Inf., 1994; PETTY, The evolution of Comparative Advertising Law: Has the Lanham Act Gone Too Far?, in Journal of Public Policy & Marketing, Vol. 10 (2) Fall. 1991, pag. 161 ss.; FUSI-TESTA-

COTTAFAVI in Le nuove regole per la pubblicità comparativa, Christian Marinotti Edizioni s.r.l., Milano, 2000, pag. 40.

che, contro gli abusi di pubblicità comparativa, il Common Law prevedeva l’azione di << disparagement>>, corrispondente all’azione di c.d. <<Malicious Falsehood>> in Inghilterra. Queste azioni avevano un ambito di applicazione ristretto ed erano previsti specifici oneri probatori per il danneggiato (attore o plaintiff) rispetto a: la sussistenza nel messaggio di un preciso riferimento denigratorio (nominativo o deducibile dal contesto della pubblicità) a scapito di chi agisce; la falsità delle affermazioni riguardanti l’attività economica del concorrente, non essendo sufficiente che le caratteristiche riferite al prodotto reclamizzato siano inveritiere; la malafede (maliciously) del convenuto (defendant), intesa come assenza della buona fede; infine, doveva essere provato il danno subito a causa della pubblicità contro la quale si agiva. Data la difficoltà di quest’ultima prova richiesta, ai fini del risarcimento del danno questa azione non era molto efficace.

Solo in alcuni stati era possibile, inoltre, intraprendere un’azione inibitoria ai sensi dell’Uniform Deceptive Practies Act. Questa legge riteneva sufficiente ai fini probatori l’idoneità ad ingannare della pubblicità in questione, a prescindere dal danno subito e dalla buona o malafede.

Per quanto riguarda il ricorso alle public agencies (FTC e

International Trade Commission) il concorrente leso non ha azione,

ma solo la possibilità di inoltrare un complaint, senza la garanzia che venga effettuata una formal investigation. Eventualmente, dopo aver aperto il procedimento, nel caso in cui sussistano i presupposti necessari, la FTC avrebbe potuto ordinare la cessazione del comportamento sleale. E’ evidente la ridotta probabilità dell’instaurazione di un procedimento da parte della Commission, dato il favor espresso nei confronti della pubblicità comparativa, nonostante siano stati trattati casi di campagne riguardanti la salute, la nutrizione, la qualità o il prezzo di prodotti di consumo.

Anche il rimedio civilistico previsto dal Lanham Trademark

Act, nella versione di revisione del 198882, pur avendo esteso la

propria tutela, non solo alle false indicazioni relative al prodotto reclamizzato, ma anche a quelle riguardanti i concorrenti e, quindi, alle comparazioni pubblicitarie, non si è rivelato abbastanza efficace. Pur essendo usato frequentemente, infatti, copre quasi esclusivamente i casi di comparazione ingannevole. L’unico requisito richiesto all’attore, peraltro, è che il contenuto della pubblicità sia equivoco, non chiaro e che possa trarre in inganno i consumatori o una parte di essi. Non è necessario che l’annuncio sia inequivocabilmente falso.

Questo strumento, rispetto agli altri, ha la peculiarità di prevedere almeno tre rimedi: l’<<injunction>> con la quale può essere eliminata la pubblicità dal mercato; il <<corrective advertising>>, cioè il lancio di una campagna, a spese del soccombente, per correggere e rimediare agli effetti sul pubblico recati dalla pubblicità illecita; infine, il risarcimento del danno.

Per completezza di esposizione, sottolineiamo che la pubblicità comparativa per i professionisti è stata ammessa, in base alle sentenze di alcune corti, già nella metà degli anni ’70, ma solo negli anni ’90 i professionisti hanno accettato l’advertising come un normale mezzo di comunicazione. La American Association of Adverting Agencies (AAAA) ha riconosciuto che se la pubblicità comparativa è resa in modo veritiero e corretto, il consumatore potrà ricevere le informazioni utili alla sua scelta. Tuttavia, è necessaria un’estrema cautela, in quanto tale tipo di tecnica può distorcere i fatti e travisare la verità. Ecco perché il consiglio della AAAA ha stabilito delle linee guida per il comparative advertising83.

82 Essa ha posto un emendamento alla Sec 43 (a), poi revisionata anche nel 1993. 83 Nello specifico, esse richiamano: l’intenzione di informare il consumatore e non

di causare discredito o attaccare ingiustamente il concorrente; l’esistenza di una competitività significativa sul mercato con il concorrente nominato; l’equa e corretta identificazione del concorrente, senza utilizzare toni che possano denigrare i beni o servizi concorrenti; la comparazione “faccia a faccia” di caratteristiche simili, dimensioni o ingredienti dei prodotti; l’obiettivo di un confronto onesto e non di una

In caso di controversia, la polizza per la responsabilità civile di una compagnia commerciale dovrebbe coprire i costi legali e gli obblighi statuiti dalle sentenze contro la compagnia soccombente per la maggior parte dei tort di cui è stata accusata. La copertura si potrebbe espandere con clausole aggiuntive, assicurando la compagnia anche in caso di “Advertising Injury” (ad es. per diffamazione diffusa a mezzo stampa, calunnia, diffamazione, violazione dei diritti di

privacy, pirateria, concorrenza sleale, riproduzione di slogan o titoli,

violazione del diritto d’autore ecc.).