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4. The Remains of the Day: la versione cinematografica.

4.1. Ambientazione e personaggi.

L’inizio di un film è decisivo per creare delle aspettative nel pubblico, nonché una cornice entro cui sviluppare la vicenda. Come viene reso l’inizio del romanzo nell’adattamento? Il primo elemento che lo spettatore nota nei primi secondi del film è il nome di una delle due compagnie che si sono occupate di realizzare l’adattamento, ovvero la Columbia Pictures, con il caratteristico logo che raffigura una donna che regge una torcia come personificazione femminile degli Stati Uniti. Compare, poi, un’immagine in toni seppia che, più che una fotografia, sembra un disegno o una stampa ripresa da un libro e che rappresenta un palazzo le cui sembianze ricordano Buckingham Palace. Uno spettatore, quindi, anche se non ha letto il romanzo, immagina già che la vicenda si svolga in Inghilterra, all’interno di una tipica country

house e in un’epoca più o meno remota nel tempo, come suggerito dalle tonalità

bruno-nere dell’immagine. Sovrapposto al fotogramma della country house, insieme ai primi titoli di testa, è riportato il nome della Merchant Ivory.

Prima di proseguire, occorre fare delle precisazioni di natura terminologica. Le varie unità che compongono un film e che corrispondono, in un libro, ai capitoli, sono chiamate sequenze: esse sono dotate di una certa grandezza e autonomia e caratterizzate da coesione tematico-narrativa. Possono essere suddivise in sottosequenze e inquadrature488. Le inquadrature, oltre a segnalare la distanza tra la

macchina da presa e il soggetto489, riguardano la quantità di spazio presente all’interno

della cornice del fotogramma. Si parla, inoltre, di campo, ovvero la grandezza della quantità di spazio mostrata, e di piano, la grandezza della modalità di presentazione del corpo umano490. Il termine “scena”, invece, è impiegato anche da Genette, nell’ambito della narratologia, per illustrare uno dei cinque rapporti temporali tra la durata della storia e la durata del racconto (che corrisponde alla durata del film) ed è sfruttato anche nel linguaggio cinematografico. Un film è costituito soprattutto da scene, che, non a caso, sono definite come “una successione di immagini che dà vita a un episodio narrativo compiuto”491. Il tempo della storia è uguale a quello del

racconto, come avviene, ad esempio, nei dialoghi. Sia le sequenze che le scene sono

488 A. SAINATI, M. GAUDIOSI, op. cit., p. 27. 489 Ibidem, p. 132.

490 G. CANOVA, Enciclopedia del cinema, Milano, Garzanti, 2002, pp. 577-78.

491 G. RONDOLINO, D. TOMASI, Manuale del film: linguaggio, racconto, analisi, Torino, UTET,

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episodi narrativi compiuti, ma le prime, a differenza delle seconde, presentano salti temporali o spaziali492.

Come si fa a capire che una sequenza è terminata? Di solito c’è un cambiamento, ad esempio negli ambienti o nelle azioni dei personaggi o, addirittura, c’è una novità a livello dell’intreccio, ma frequentemente possono essere impiegate anche le dissolvenze, di cui si è già accennato, che funzionano come la punteggiatura alla fine di un periodo493. Ci sono, poi, varie modalità per passare da un’inquadratura a un’altra. Una delle più particolari è chiamata iris, cioè un effetto che simula un obiettivo circolare che si chiude lasciando posto al nero o a un’altra immagine494. Con qualche variazione, è anche ciò che avviene nei primi secondi di The Remains of The

Day: l’immagine della country house lascia il posto, attraverso un obiettivo circolare

che, anziché chiudersi, si apre, ingrandendosi sempre di più, a una scena in cui si vedono delle automobili che serpeggiano lungo una strada di campagna. Si nota qui l’impiego del campo lungo, in cui lo spazio è il protagonista, essendo rappresentato nella sua estensione, ma il punto di vista è ravvicinato e, quindi, si iniziano a notare gli elementi presenti nel paesaggio495 (in questo caso, le automobili). Inoltre, vi si può osservare anche il cosiddetto establishing shot, un’inquadratura di stabilizzazione, appunto, che fissa le coordinate spaziali della scena496, usata, di solito, all’inizio dei

film per introdurre l’interrelazione dei dettagli che vengono mostrati nelle sequenze successive497, in quanto tale inquadratura è “descriptive or at least evocative of

place”498. Ha questa funzione proprio perché, ancora, i personaggi non sono stati

introdotti499. L’establishing shot corrisponde, talvolta, all’extreme long shot, in cui un personaggio, se presente, occupa una minima sezione dell’inquadratura, che ha, invece, come protagonista, l’ambientazione500.

Soffermiamoci un momento sul concetto di “ambientazione” nei film. Si è visto che Ishiguro, in tutti i romanzi, impiega le ambientazioni in modo metaforico, semplicemente per creare uno sfondo alle vicende in cui si muovono i personaggi. Tuttavia, considerando che il cinema si fonda sulle immagini, nelle opere 492 Ibidem, p. 37. 493 Ibidem, p. 28. 494 Ibidem, p. 58. 495 Ibidem, p. 76. 496 Ibidem, p. 124.

497 S. CHATMAN, op. cit., p. 129. 498 Ibidem.

499 Ibidem.

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cinematografiche ci deve essere un minimo di contestualizzazione spaziale. Il regista può scegliere di impiegare sempre lo stesso ambiente, che può essere, ad esempio, una semplice stanza spoglia, ma tale ambientazione deve essere necessariamente presentata direttamente allo spettatore, in modo che egli riesca a collocare gli avvenimenti in uno spazio più o meno concreto. Il ruolo svolto dall’ambientazione, quindi, non può che essere centrale. Quando si analizza un film, non a caso, si parla di mise-en-scène, ovvero tutti gli aspetti formali di un’opera cinematografica, tra cui, appunto, l’ambientazione, che sono impiegati anche a teatro (ad esempio gli oggetti di scena, i costumi, il trucco e i codici della comunicazione non-verbale), distinti dagli aspetti tecnici, che riguardano invece la luce, il colore o l’angolo della macchina da presa501. Gli elementi che rientrano nella mise-en-scène sono di fondamentale importanza perché permettono di costruire lo sfondo, sia spaziale che temporale, su cui si innestano le vicende rappresentate. In questo primo campo lungo di The

Remains of the Day viene stabilita, quindi, l’ambientazione, e vengono presentati al

pubblico dei primi oggetti di scena, ovvero le automobili. Poiché si tratta di macchine d’epoca, lo spettatore colloca temporalmente la vicenda intorno agli anni Quaranta o Cinquanta, e, osservando un paesaggio di campagna così verde e rigoglioso, sormontato da nuvole grigie cariche di pioggia e culminante in una grande e lussuosa tenuta, il primo luogo che, secondo uno stereotipo abbastanza diffuso, si affaccia alla mente è, come si è detto, l’Inghilterra. Queste immagini danno al pubblico un primo importante indizio sulle vicende rappresentate nel film, ovvero il coinvolgimento di personaggi di spicco, magari dell’alta società, in avvenimenti dai risvolti tutt’altro che insignificanti.

A mio parere, The Remains of the Day appartiene alla terza delle cinque modalità di contestualizzazione del paesaggio classificate da Sandro Bernardi, ovvero al “tempo dei miti” – nel senso etimologico di “racconto”, e, più segnatamente, di racconto funzionale ‒ in cui il paesaggio è semantizzato e integrato nel racconto502. Un tale film, infatti, dove la storia contemporanea e le relazioni internazionali al tempo della Seconda guerra mondiale si intersecano, sarebbe impensabile all’interno di un altro contesto e di un altro paesaggio: la country house e la campagna tipicamente

501 Ibidem, p. 14.

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inglese che fanno da apripista al film stabiliscono, fin dagli esordi, il tono dell’intero adattamento.

Nei primi minuti della sequenza è la musica ad essere la protagonista. Nei film la musica può essere empatica, quando “partecipa direttamente alle emozioni dei personaggi, le sottolinea e le amplifica”503 o anempatica, quando invece è indifferente

nei confronti della scena rappresentata. Secondo alcuni, tuttavia, questa indifferenza non ostacola l’emozione, bensì la rafforza. La musica può svolgere anche la funzione di leitmotiv, nel caso in cui essa sia associata a un personaggio, a una situazione o a un luogo. In questo modo conferisce unità formale al film e si ripete, eventualmente con qualche piccola variazione, ogni volta che compare lo stesso personaggio, la stessa situazione o lo stesso luogo504.

Nel caso della prima sequenza di The Remains of the Day, abbiamo la cosiddetta “musica da film”, cioè una musica che funziona come un commento proveniente dall’esterno della diegesi e che sente solo lo spettatore. Si tratta quindi di un suono over, che non appartiene all’universo del film in quanto è extradiegetico505. È ancora difficile stabilire che funzione abbia la musica all’interno del film. Sembra, infatti, che essa funga da semplice accompagnamento all’immagine e stabilisca il tono dei primi avvenimenti, in quanto si tratta di una musica dal gusto classico, suonata prevalentemente da archi, che dà un senso di inquietudine e crea l’impressione che ci sia qualcosa “in sospeso”.

Il film stabilisce subito la sua identità di adattamento attraverso le parole “Based on the novel by Kazuo Ishiguro”, in corrispondenza delle quali si vede sullo sfondo quella che sarà la principale ambientazione del film, Darlington Hall, e inizia a parlare la voce fuori campo (voice over) di Miss Kenton. Con l’espressione “fuori campo” si intende tutto ciò che fa parte dell’immagine cinematografica ma che non appare nello spazio inquadrato o che non arriva, nel caso del suono, da esso506.

Le parole, in un film, sono “segnali”, ovvero suoni in primo piano, che spiccano rispetto a tutti gli altri507. Esse hanno un ruolo centrale riconducibile a motivazioni psico-cognitive, ovvero alla loro funzione di “contenitori” di

503 Ibidem, p. 153. 504 Ibidem, pp. 152-53. 505 Ibidem, p. 156.

506 G. CANOVA, op. cit., p. 435.

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informazioni. Per lo stesso motivo, i volti umani spiccano rispetto alle altre immagini presenti in una scena.

Attraverso la “grana” della voce, di cui tratta Roland Barthes, si capisce qualcosa del personaggio che sta parlando, ad esempio il sesso, l’identità o l’età508. La

voce fuori campo di Miss Kenton identifica, quindi, un personaggio femminile, probabilmente sui trent’anni, ma, in questo caso, non è la qualità della voce a colpire lo spettatore, bensì è il contenuto di ciò che la donna esprime ad essere rivelatorio per lo sviluppo della storia. Poiché la voce fuori campo appartiene, in questo caso, a un personaggio del racconto, si parla di voce-soggetto509.

In genere, “filmmakers and critics […] show disdain for verbal commentary because it explicates what, they feel, should be implicated visually”510. In questo caso, però, Miss Kenton sta leggendo la lettera che, nel romanzo, Stevens legge tra sé e sé, rendendo il lettore partecipe del suo contenuto solo in terza persona e indirettamente. Il lettore, infatti, sa che la lettera contiene, secondo l’interpretazione di Stevens, una richiesta di aiuto da parte di Miss Kenton, causata dal fallimento del suo matrimonio, ed esprime, quindi, la volontà della donna di tornare a lavorare come domestica a Darlington Hall. Solo dopo ci si rende conto che la lettera esterna il desiderio di comunicare nuovamente con un amico dopo anni di separazione.

La voce fuori campo di Miss Kenton ha l’obiettivo di creare lo sfondo su cui si innestano le vicende. La sua funzione principale, a mio avviso svolta in modo impeccabile, è di riassumere in pochi minuti di film ciò che nel romanzo occupa intere sezioni della narrazione, così che “as the contents of Miss Kenton’s letter are fully revealed in the film, the spectator can for itself see what the letter might imply”511. La domestica ci informa che Darlington Hall, dopo la morte del suo proprietario, è in vendita, ma, visto che nessuno la vuole acquistare, rischia di essere demolita. Citando un articolo di giornale che riporta: “Traitor’s nest to be pulled down”, in cui l’appellativo traitor è riferito a Lord Darlington, lo spettatore capisce che sull’ex proprietario della country house gravano delle accuse, che ancora, però, non vengono rivelate.

508 Ibidem, pp. 159-60. 509 Ibidem, p. 160.

510 S. CHATMAN, op. cit., p. 128. 511 J. KARLSSON, op. cit., p. 11.

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La voice over è stata criticata come il metodo più semplice per adattare un romanzo ed è spesso vista come un modo per rappresentare sullo schermo la focalizzazione interna, perché la voce “sa tutto”. Spesso si considera la voice over uno strumento letterario e se ne auspica un impiego limitato, perché si rischia di porre l’accento su ciò che viene detto piuttosto che su ciò che viene mostrato512.

Personalmente, ritengo che la voce fuori campo, nei primi minuti dell’adattamento, abbia la funzione di introdurre i personaggi, l’ambientazione e le azioni e che, per tutta la durata del film, essa sia stata usata senza eccessi, soltanto nei momenti più opportuni, ovvero quando Stevens e Miss Kenton leggono le lettere che si scambiano e durante una scena in cui Lord Darlington viene ripreso mentre, tra sé e sé, legge un passo di un libro fortemente antisemita mentre, di fronte a lui, le due cameriere ebree svolgono senza sosta, come delle bestie da soma, le faccende domestiche. In questo ultimo caso, l’espediente della voice over è una scelta mirata a esternare indirettamente l’antisemitismo di Lord Darlington e a preparare lo spettatore alla scena successiva, in cui le due giovani vengono licenziate.

La voice over di Miss Kenton si interrompe momentaneamente per presentare quello che sarà il nuovo proprietario di Darlington Hall. Nel giardino della tenuta, infatti, sta avendo luogo un’asta in cui sono venduti i quadri e gli altri oggetti di lusso della country house. Le inquadrature qui sono principalmente dei totali, ovvero ambienti ripresi in modo esaustivo con personaggi e azioni perfettamente collocati al loro interno. Ci viene poi illustrato, attraverso un primo piano, in cui si mostrano la testa e la parte superiore del busto fino alle spalle513, il personaggio di Mr Lewis, che sta comprando sia la casa che tutti gli oggetti presenti al suo interno. Qui viene introdotta una differenza sostanziale rispetto al romanzo, in quanto nel testo il nuovo proprietario di Darlington Hall è Mr Farraday, che nel film, invece, è del tutto assente. Perché questa scelta? Secondo Peter Sloane la motivazione risiede nella volontà di enfatizzare le tensioni anglo-americane che, come si è visto, sono centrali nel romanzo514, ma, a mio parere, questa è una spiegazione parziale, perché anche Mr Farraday è americano, pertanto avrebbe potuto essere traposto, senza problemi, come personaggio, anche nell’adattamento. Mr Lewis, sia nel libro che nel film, conosce già Darlington Hall perché ha partecipato alle importanti conferenze politiche tenutesi

512 A. FREIHOLTZ, op. cit., p. 25.

513 A. SAINATI, M. GAUDIOSI, op. cit., pp. 76-77. 514 P. SLOANE, op. cit., p. 9.

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negli anni Venti, come informa, anche in questa occasione, la voce fuori campo di Miss Kenton. Nel film viene impiegato l’espediente di combinare due personaggi in uno solo, dando vita al cambiamento più importante a livello dei personaggi rispetto all’ipotesto verbale515.

La voice over di Miss Kenton continua mentre la macchina da presa inquadra Stevens che compie delle faccende domestiche. La donna, contemporaneamente, rivela allo spettatore di essere stata domestica di Darlington Hall e di aver lavorato insieme a Stevens. Le immagini mostrate dalla macchina da presa illustrano azioni collegate alle parole di Miss Kenton. Brian McFarlane, invece, afferma che “those words spoken in voice over accompany images which necessarily take on an objective life of their own”516. Le immagini presentate in questa scena, tuttavia, non hanno

un’esistenza oggettiva e indipendente rispetto alle parole, ma servono come accompagnamento al discorso di Miss Kenton.

I problemi legati alla carenza dello staff, di cui nel romanzo il lettore viene informato direttamente da Stevens, nel film compaiono sotto forma di domestici e camerieri che svaniscono nel nulla, per suggerire che queste figure, in passato, vivevano e lavoravano a Darlington Hall, e, nel presente, non più.

Figura 1: dissolvenze.

Queste figure fanno parte della memoria sia di Stevens che di Miss Kenton e, seppure il modo in cui si dissolvono non sia da considerare come un vero e proprio

flashback, esso è comunque un elemento che permette un confronto tra passato e

presente. Nei film, normalmente, i flashback sono usati per illustrare i ricordi di un

515 A. FREIHOLTZ, op. cit., p. 20.

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personaggio517. Si tratta di bruschi e, di solito, brevi ritorni al passato necessari per

spiegare un antefatto che, a volte, diventa il principale elemento di strutturazione di un’opera518. Tuttavia, alcuni studiosi di linguaggio cinematografico ritengono che i

flashback siano legati, nello specifico, alla presenza delle immagini, e che, quando ci

si confronta con immagini che rappresentano una situazione presente e, contemporaneamente, parole che rievocano un evento passato, sia più corretto parlare di analessi, ovvero della rievocazione a posteriori di un avvenimento passato519. Ciò avviene in The Remains of the Day, perché le immagini si riferiscono al periodo in cui Darlington Hall viene acquistata da Mr Lewis, mentre la voce di Miss Kenton rievoca i ricordi del tempo passato trascorso nella country house.

Stevens viene ripreso mentre si affaccia a un corridoio in cui si vede Miss Kenton che svanisce nel nulla esattamente come gli altri personaggi. Questa scomparsa, in particolare, è la rappresentazione della memoria del maggiordomo che torna indietro nel tempo per ricordare i giorni in cui Miss Kenton lavorava a Darlington Hall520.

Come nella lettera presente nel romanzo, nel film la voce fuori campo di Miss Kenton informa lo spettatore dei suoi problemi matrimoniali e della volontà di rendersi utile di nuovo. È a questo proposito che Stevens, nel primo dialogo con Mr Lewis, americano (come si evince dallo spiccato accento in netto contrasto con quello del maggiordomo), informa il nuovo master del viaggio che ha intenzione di intraprendere. Mr Lewis gli consiglia di prendere la sua macchina che, mentre nel romanzo è una Ford, nel film è una Daimler, un’automobile tedesca. Con questa scelta si vuole evidenziare il legame implicito di Stevens all’ideologia nazista e al suo credere nelle gerarchie rigide521, come sottolineato ulteriormente dalle parole di Mr Lewis: “You and that Daimler belong together, Stevens, you were made for each other”.

La struttura temporale del film, quindi, è delineata da subito, ed è uguale a quella del romanzo: gli eventi del passato alla country house si intrecciano con quelli del presente522. Inoltre, il viaggio di Stevens, che si svolge nel presente, negli anni

517 A. SAINATI, M. GAUDIOSI, op. cit., pp. 35-36. 518 G. CANOVA, op. cit., p. 399.

519 G. RONDOLINO, D. TOMASI, op. cit., p. 31. 520 J. KARLSSON, op. cit., p. 10.

521 J. P. McCOMBE, op. cit., p. 88. 522 J. KARLSSON, op. cit., p. 10.

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Cinquanta, può essere visto come la frame o primary narrative, mentre i ricordi del passato sono da considerare come la embedded narrative, a cui, nel film, viene data più importanza523.

Appena Stevens parte, la sua voce fuori campo risponde alla lettera di Miss Kenton, quindi fino a questo momento ci sono due voci fuori campo, entrambe omodiegetiche, perché appartengono a due personaggi interni alla diegesi524. Contemporaneamente, passando alla embedded narrative, varie scene presentano la domestica allo spettatore, fino al suo primo incontro con Stevens, quando la donna viene assunta a Darlington Hall. Da subito, quindi, si comprende che “even though Mr. Stevens is the main character, he is still not present in all scenes”525. Già dal primo

incontro tra i due, il maggiordomo esprime la sua opinione sulle relazioni amorose effimere tra membri dello staff, avvenimenti che egli considera “a major irritation”. Lo spettatore comprende, quindi, che Stevens, nonostante abbia di fronte a sé una ragazza giovane e affascinante, non è incline a intrattenere con lei una relazione che vada oltre la semplice professionalità e, già dalle prime sequenze, ci si accorge di come Stevens sia un uomo pacato, il cui modo di parlare riflette l’aspetto esteriore curato e contenuto, perfettamente conforme alla sua professione. La recitazione di Anthony Hopkins soddisfa le aspettative di chi ha letto il romanzo, il quale immagina il maggiordomo proprio in questo modo: un uomo imperturbabile, che mantiene sempre la stessa espressione facciale e che non si fa sconvolgere dal mondo esterno, o, almeno, così sembra dalle prime inquadrature.

Come si è accennato nell’excursus sull’adaptation theory, in un adattamento