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2. The Remains of the Day: cenni generali sul romanzo.

2.2. Stevens in viaggio tra dignity e greatness.

2.2.1. Nazismo e professionalità.

Il primo episodio in cui si nota chiaramente quanto sia sbagliato il concetto di “dignità” di Stevens è quello che riguarda il licenziamento di Ruth e Sarah, due giovani ebree che lavorano, ormai da parecchio tempo, a Darlington Hall, e i cui servizi sono sempre stati soddisfacenti. Il lettore ha già ricevuto informazioni circa i rapporti diplomatici che Lord Darlington sta intrattenendo con Ribbentrop e con Sir Oswald Mosley e, conseguentemente, ha preso atto dell’atmosfera razzista che grava sulla country house257. Stevens informa anche della possibile relazione amorosa tra Lord Darlington e Caroline Barnet, figura nota per il suo antisemitismo258. Tutti questi

dettagli, però, non sono riferiti esplicitamente dal maggiordomo: Stevens si limita a raccontare gli eventi legati a Darlington Hall, tuttavia, il lettore comprende nell’immediato le implicazioni di tali avvenimenti.

Nel 1932, in preparazione a importanti incontri diplomatici a cui avrebbero partecipato anche personaggi legati al nazismo, Lord Darlington comunica a Stevens: “We cannot have Jews on the staff here at Darlington Hall” (p. 155). Il maggiordomo sembra inizialmente sorpreso all’udire un tale ordine, impartito in nome della “safety and well-being” (p. 155) degli ospiti di Lord Darlington, tuttavia si limita a obbedire, poiché, come si è appreso, la sua priorità è di essere un great butler. Proprio per non rischiare di perdere il posto di lavoro, Stevens non può esprimere la propria opinione, nonostante, come egli stesso afferma, “my every instinct opposed the idea of their dismissal” (p. 156). Egli si oppone, dentro di sé, alla decisione di Lord Darlington, ma può solo essere d’accordo con l’opinione del suo datore di lavoro, in quanto “a butler

256 L. R. COOPER, “Novelistic Practice and Ethical Philosophy in Kazuo Ishiguro’s The Remains of

the Day and Never Let Me Go”, in S. Groes, B. Lewis (eds), op. cit., p. 110.

257 P. SLOANE, op. cit., p. 10. 258 A. MARCUS, op. cit., p. 132.

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who is forever attempting to formulate his own ‘strong opinions’ on his employer’s affairs is bound to lack one quality essential in all professionals: namely, loyalty” (p. 210)259. Stevens pensa a quanto sia sbagliato, per un servant, dare il proprio giudizio su questioni di tale importanza, e in questo modo cerca di autoconvincersi che la decisione del master sia giusta260.

Per mostrare dignità, quindi, Stevens non solo deve nascondere le proprie emozioni, ma deve obbedire ciecamente agli ordini dei superiori senza controbattere. La reazione di Miss Kenton alla notizia è diametralmente opposta a quella di Stevens261. La donna si rifiuta di credere alle sue orecchie, non vuole accettare ciò che sta accadendo, in quanto la relazione che Miss Kenton intrattiene con Ruth e Sarah non è solo di natura professionale, ma anche personale, infatti le chiama per nome262. Le prove a sostegno delle due ragazze sono la lealtà, l’onestà e la professionalità, quindi, secondo Miss Kenton, non possono essere licenziate. Secondo Stevens, “we must not allow sentiment to creep into our judgement” (pp. 156-57, corsivo mio), tuttavia, Miss Kenton sta solo traendo conclusioni logiche e basate sulla professionalità263 e cerca di proteggere Ruth e Sarah appellandosi alla moralità: “Does it not occur to you, Mr Stevens, that to dismiss Ruth and Sarah on these grounds would be simply – wrong?” (p. 157). Entrambi i personaggi sanno che la decisione di Lord Darlington è sbagliata, ma, a differenza di Stevens, la donna cerca di opporsi, non si limita ad accettare ciecamente un ordine, infatti prende una decisione264: “If my girls

are dismissed, I will leave also” (p. 157). La risposta di Stevens ormai è un ritornello a cui il lettore è abituato: “Surely I don’t have to remind you that our professional duty is not to our own foibles and sentiments, but to the wishes of our employer” (p. 157). L’ultima decisione, come in qualsiasi ambiente lavorativo, è sempre del capo, mentre il compito dei dipendenti è di eseguire gli ordini dei superiori per non rischiare il licenziamento265. Stevens crede che un maggiordomo non debba esternare il proprio parere a coloro che detengono il potere, in quanto, non avendo la capacità di cambiare

259 L. VIKJORD, op. cit., p. 3. 260 M. F. H. KHALAF, op. cit., p. 177. 261 M. TERESTCHENKO, op. cit., p. 85.

262 R. ATKINSON, “How the Butler Was Made to Do It: The Perverted Professionalism of The Remains

of The Day”, in The Yale Law Journal, 105, 1, 1995, p. 190.

263 Ibidem, pp. 192-93.

264 M. TERESTCHENKO, op. cit., p. 86. 265 R. ATKINSON, op. cit., pp. 185-86.

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la società, egli non è obbligato a mettere in dubbio i fondamenti morali della stessa266.

Per Stevens non vale la pena obiettare l’opinione di Lord Darlington nemmeno nella privacy dei suoi pensieri, ovvero nell’unica occasione in cui potrebbe, invece, farlo267. Un anno dopo questa triste vicenda si viene a sapere che Miss Kenton non ha mantenuto la promessa fatta a Stevens. La donna si giustifica in questo modo: “It was cowardice, Mr Stevens. Simple cowardice. Where could I have gone? I have no family, only my aunt. I love her dearly, but I can’t live with her for a day without feeling my whole life is wasting away. […] I feel so ashamed of myself” (p. 161). A volte fare la cosa giusta significa pagare un prezzo troppo alto, perciò Miss Kenton ha scelto il male minore: “to hurt rather than be hurt”268. Questo non vuol dire che Miss Kenton e Stevens siano persone malvage, ma agire facendo indirettamente del male agli altri è spesso il risultato della combinazione di fattori sociali e del sentirsi legittimati dall’autorità269. Lo stesso Lord Darlington riconosce di aver sbagliato e si sente in colpa per aver licenziato Ruth e Sarah, di conseguenza solo da questo momento Stevens può esprimere apertamente il suo parere sulla vicenda270 confrontandosi con Miss Kenton, la quale è convinta che Stevens fosse pienamente d’accordo con Lord Darlington. Solo un anno dopo scopre che anche il maggiordomo, in realtà, si opponeva al licenziamento, e questo le avrebbe potuto garantire una sofferenza minore, perché condivisa: “I suffered all the more because I believed I was alone” (p. 162). Il lettore ha l’impressione che, se Stevens avesse risposto a Lord Darlington anziché obbedire ciecamente al suo ordine, avrebbe potuto impedire il licenziamento di Ruth e Sarah e, forse, anche avvertirlo sui pericoli di appoggiare il nazismo271. La radice del problema risiede sempre nel concetto di “dignità” di Stevens, tuttavia egli avrebbe potuto agire in questo modo anche senza venir meno al suo mantra. La domanda che sorge spontanea, a questo punto, è la stessa che Miss Kenton pone a Stevens: “Why, Mr Stevens, why, why, why do you always have to

pretend?” (p. 162), a cui il maggiordomo ovviamente non risponde. Per Stevens

“pretending is the essence of his professional life”272, ma questo atteggiamento intacca

266 L. R. COOPER, “Novelistic Practice and Ethical Philosophy in Kazuo Ishiguro’s The Remains of

the Day and Never Let Me Go”, in S. Groes, B. Lewis (eds), op. cit., p. 107.

267 L. R. FURST, op. cit., p. 546. 268 R. ATKINSON, op. cit., p. 207. 269 M. TERESTCHENKO, op. cit., p. 88. 270 L. VIKJORD, op. cit., p. 3.

271 R. ATKINSON, op. cit., p. 196. 272 Ibidem, p. 213.

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anche la sua vita personale, in quanto non permette a coloro che gli stanno intorno di comprenderlo caratterialmente e di capire anche le motivazioni del suo comportamento273. Stevens sa fingere senza mostrarlo esteriormente, senza creare un’identità artificiale, e questa è la differenza tra “enacting a butler’s part and being a butler”274 e, quindi, anche una caratteristica fondamentale dell’essere un grande maggiordomo. Stevens, infatti, afferma che “the great butlers are great by virtue of their ability to inhabit their professional role and inhabit it to the utmost. […] They wear their professionalism as a decent gentleman will wear his suit” (pp. 43-44), mentre per i maggiordomi che Stevens definisce “merely competent”, “being a butler is like playing some pantomime role; a small push, a slight stumble, and the façade will drop off to reveal the actor underneath” (p. 43).

Alcuni critici hanno analizzato il romanzo come “a story about professionalism with a protagonist and narrator who explicitly insists on moral analysis”275. I due

atteggiamenti opposti di Stevens e Miss Kenton sono collegabili a due modi operandi in ambito giuridico, rispettivamente alla neutral partisanship e al moral activism. Stevens, appoggiando Lord Darlington nel licenziamento di Ruth e Sarah, è come un avvocato che aiuta il proprio cliente a esercitare i propri diritti, seppur in modo immorale. Stevens, il neutral partisan, svolge comunque il suo lavoro e non spetta a lui chiedersi se il suo cliente stia agendo seguendo la morale: basta convincersi che sia così276. I critici della neutral partisanship, tuttavia, ritengono che non sia giusto

difendere qualcuno che è palesemente nel torto o che agisce per fini subdoli. Miss Kenton, la moral activist, è ricordata da Stevens, all’inizio del romanzo, per il suo “exemplary professionalism” (p. 10), ma, dopo aver ricevuto la notizia del licenziamento delle due giovani, la sua reazione non è professionale come Stevens si sarebbe aspettato. La donna non ha un atteggiamento neutrale, per lei la decisione di Lord Darlington è semplicemente sbagliata: vi si oppone personalmente e, comunicando la sua intenzione di lasciare il posto di lavoro, assume su di sé la responsabilità delle conseguenze morali dell’ingiusto licenziamento. Chi segue questo secondo approccio ritiene che gli avvocati non dovrebbero solo rifiutarsi di assistere i propri clienti in cause moralmente sbagliate, ma dovrebbero anche far loro capire

273 Ibidem, pp. 212-13.

274 M. TERESTCHENKO, op. cit., p. 80. 275 R. ATKINSON, op. cit., p. 181. 276 Ibidem, pp. 187-88.

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quale sia l’alternativa più giusta277. La neutral partisanship e il moral activism sono

concordi in un punto: l’avvocato deve sempre far riflettere il cliente sulla moralità delle sue scelte, in modo da scoraggiarlo nel compiere ciò che, secondo l’avvocato stesso, è moralmente sbagliato. Questo atteggiamento è chiamato moral isolationism, e c’è un aspetto particolare in cui si manifesta. Stevens e Miss Kenton non comunicano a dovere tra di loro, e, nel caso di Stevens, fallisce anche la comunicazione con Lord Darlington, dando vita a un disastro sia personale che professionale: Ruth e Sarah perdono il lavoro, Miss Kenton vive col senso di colpa per non aver lasciato Darlington Hall come da promessa e per aver sposato un uomo che non ama e Stevens si dichiara implicitamente complice di Lord Darlington, sprecando così la possibilità di vivere dignitosamente278.

La vita professionale non è pienamente soddisfacente né per Miss Kenton né per Stevens, e ciò ha conseguenze anche sul piano personale, come si è visto. Inoltre, sia la neutral partisanship che il moral activism possono essere, in certi casi, approcci sbagliati o estremi, ma offrono entrambi la possibilità di far sentire la propria voce, possibilità che né Stevens né Miss Kenton hanno sfruttato. Le due teorie dicono al lettore che i due personaggi hanno sbagliato, ma non spiegano perché hanno sbagliato o come evitare l’errore. Per farlo bisogna concentrarsi sul carattere dell’agente, sulla sua disposizione mentale: solo così si può capire cosa abbia spinto l’agente a comportarsi in un determinato modo279.

Stevens nega, quindi, la sua compartecipazione al licenziamento di Ruth e Sarah perché non vuole ammettere di esserne l’agente: egli non capisce le macchinazioni che stanno dietro alla politica e, pertanto, non può esserne moralmente responsabile. Miss Kenton, come Stevens, ha una libertà limitata, eppure riconosce le azioni immorali e cerca di evitare di esservi coinvolta280.

Il romanzo è stato definito “a direct criticism of British engagement with fascism”281. Tale critica si esplica soprattutto nel rapporto tra Lord Darlington e

Stevens. Da un punto di vista postmodernista, si è parlato del cosiddetto “effetto farfalla” per spiegare i cambiamenti storici in atto nel romanzo: degli eventi di minima

277 Ibidem, pp. 190-91. 278 Ibidem, pp. 194-95. 279 Ibidem, pp. 216-17.

280 L. R. COOPER, “Novelistic Practice and Ethical Philosophy in Kazuo Ishiguro’s The Remains of

the Day and Never Let Me Go”, in S. Groes, B. Lewis (eds), op. cit., p. 112.

281 C. BERBERICH, “Kazuo Ishiguro’s The Remains of the Day: Working Through England’s

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rilevanza possono avere conseguenze significative282. Il testo è stato poi interpretato

come un romanzo storico postmoderno, in quanto accentua il conflitto tra storia pubblica e memoria privata già presente in altri romanzi storici come Guerra e pace, ma, spostando l’ago della bilancia dalle grand narratives e dai grandi personaggi della storiografia all’esperienza delle persone comuni nella vita di tutti i giorni, rinnova la tradizione della microstoria283 e, soprattutto, riconosce nella dimensione del piccolo la sola ormai frequentabile dopo la privatizzazione della sensibilità politica e la decostruzione della metafisica.

Sia la figura del maggiordomo che quella del lord rappresentano stereotipi inglesi largamente utilizzati284. Sia Stevens che Lord Darlington, negli anni Venti e Trenta, agiscono secondo quelli che credono essere gli ideali della società del tempo e servono una causa nazionale, ma quando negli anni Cinquanta le loro scelte si rivelano sbagliate, entrambi sono vuoti e impotenti285. Stevens svolge lo stesso ruolo delle mogli dei diplomatici nel campo delle relazioni internazionali, infatti “he works behind the scenes, sacrificing his own interests and desires for those of the important individuals he serves”286. È sempre attraverso i suoi occhi che il lettore può osservare

Lord Darlington, e all’inizio del romanzo si nota chiaramente l’atteggiamento difensivo del maggiordomo nei confronti del master:

A great deal of nonsense has been spoken and written in recent years concerning his lordship and the prominent role he came to play in great affairs, and some utterly ignorant reports have had it that he was motivated by egotism or else arrogance. […] Whatever may be said about his lordship these days – and the great majority of it is, as I say, utter nonsense – I can declare that he was a truly good man at heart, a gentleman through and through (pp. 63-64).

Stevens unisce l’immagine pubblica e privata di Lord Darlington, ovvero l’immagine del simpatizzante dei nazisti e quella del datore di lavoro buono e gentile, per dimostrare come tutto ciò che di male è stato detto sul suo employer sia basato su false accuse287. Il maggiordomo difende Lord Darlington per autoconvincersi che la fiducia

riposta nel proprio datore di lavoro non sia stata sprecata288.

282 M. A. M. EMARA, op. cit., pp. 8-9. 283 J. M. LANG, op. cit., pp. 145-48.

284 C. BERBERICH, “Kazuo Ishiguro’s The Remains of the Day: Working Through England’s

Traumatic Past as a Critique of Thatcherism”, in S. Groes, B. Lewis (eds), op. cit., p. 126.

285 C. F. WONG, “Kazuo Ishiguro’s The Remains of the Day”, cit., pp. 498-99. 286 J. M. LANG, op. cit., p. 151.

287 Ibidem, p. 156.

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Tra gli assidui visitatori di Darlington Hall ci sono numerosi personaggi storici: John Maynard Keynes, uno dei consiglieri finanziari del Trattato di Versailles, secondo il quale le sanzioni monetarie inflitte alla Germania sono troppo elevate e possono causare crisi economiche e un’altra guerra, Lord Halifax, Ministro degli Esteri, Herr von Ribbentrop, ambasciatore di Hitler a Londra che riesce a ottenere l’appoggio delle classi sociali più alte, e, come si è già detto, Oswald Mosley289. È

grazie a questi personaggi che, secondo Stevens, “debates are conducted, and crucial decisions arrived at, in the privacy and calm of the great houses of this country” (p. 121). Sarebbe sbagliato dire che Stevens non abbia un’opinione politica o che le sue conoscenze in merito siano errate, in quanto egli sa perfettamente cosa sta accadendo a Darlington Hall290, ma deve cercare, con la sua narrazione, di giustificare tali eventi e anche di autogiustificarsi, per mostrare quanto egli sia stato corretto e fedele a Lord Darlington291. L’obiettivo di Stevens è ricostruire il contesto storico in cui Lord Darlington ha preso le sue decisioni e scusarsi per il suo comportamento e per quello dell’employer: questi sono due aspetti della narrazione di Stevens che, spesso, si sovrappongono292.

Man mano che il viaggio del maggiordomo prosegue, i valori di cui inizialmente egli è tanto sicuro iniziano a vacillare. Stevens è stato studiato come un personaggio postmoderno, caratterizzato da conflitti interiori e col mondo esterno, diviso tra passato e presente e tendente a eliminare i ricordi più dolorosi o quelli che evocano in lui emozioni indesiderate293. L’ansia di cui è vittima Stevens si manifesta nelle contraddizioni e nelle incongruenze presenti nella sua narrazione: all’inizio del romanzo egli è orgoglioso di lavorare per un uomo importante come Lord Darlington, ma, confrontandosi con persone esterne alla country house e vedendo nuovi luoghi, inizia a provare vergogna per il suo passato, arrivando a negare di aver lavorato per Lord Darlington. La prima volta ciò avviene quando la Ford di Mr Farraday subisce un guasto e Stevens si deve fermare presso una grande casa di campagna per farsi aiutare dall’autista che vi lavora. L’uomo, che conosce la cattiva reputazione dell’ex proprietario di Darlington Hall, chiede al maggiordomo: “You mean you actually used

289 C. BERBERICH, “Kazuo Ishiguro’s The Remains of the Day: Working Through England’s

Traumatic Past as a Critique of Thatcherism”, in S. Groes, B. Lewis (eds), op. cit., pp. 122-23.

290 Ibidem, p. 124.

291 L. R. FURST, op. cit., p. 549. 292 M. A. M. EMARA, op. cit., p. 13. 293 M. F. H. KHALAF, op. cit., p. 175.

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to work for that Lord Darlington?” e Stevens risponde prontamente: “Oh no, I am employed by Mr John Farraday, the American gentleman who bought the house from the Darlington family” (p. 126). Subito dopo c’è una seconda negazione da parte di Stevens, che avviene quando una coppia americana amante della cultura inglese, i Wakefield, arriva in visita alla country house. Mrs Wakefield chiede al maggiordomo: “But tell me, Stevens, what was this Lord Darlington like? Presumably you must have worked for him” e il maggiordomo risponde: “I didn’t, madam, no” (p. 130). Accade quindi che “Stevens can easily defend Lord Darlington in front of the reader, because the reader cannot question him, but he does his utmost to avoid discussions regarding Lord Darlington with people he encounters in person”294: per non ricordare tutto ciò che di negativo Lord Darlington possa aver commesso, Stevens reprime tali ricordi come fa con le sue emozioni.

Un’altra affermazione di Mrs Wakefield permette al lettore di interrogarsi su quanto sia autentica la greatness di Lord Darlington: “This arch here looks seventeenth century, but isn’t it the case that it was built quite recently? Perhaps during Lord Darlington’s time? […] It’s very beautiful. But it is probably a kind of mock period piece done only a few years ago” (p. 129). Emerge il rapporto tra apparenza e realtà, in quanto sia Darlington Hall che il suo ex proprietario sono dei “mock period pieces”. Mrs Wakefield si aspetta di vedere una tipica country house inglese ricca di oggetti antichi e di prestigio, ma la greatness di Darlington Hall è falsa quanto quella di Lord Darlington, come evidenzia la vergogna provata da Stevens295, che lo spinge non solo a evitare di parlare di Lord Darlington col suo nuovo datore di lavoro, ma anche, presso il villaggio di Moscombe, a fingere di essere un gentiluomo, passando dall’essere il braccio destro di Lord Darlington all’essere il souvenir di un americano296. Tuttavia, Stevens afferma di non essere “embarrassed or ashamed of my association with his lordship” (p. 132).

Il maggiordomo non si rende conto del significato che le sue azioni, seppur minime, abbiano sulla nazione, e ne è un esempio un episodio legato all’argenteria. Stevens è particolarmente orgoglioso del modo in cui si occupa di essa, tanto da poter citare “numerous occasions when the silver at Darlington Hall had a pleasing impact upon observers” (p. 143). Tali “observers” sono gli ospiti di Darlington Hall, ma

294 K. JOHANSSON, op. cit., p. 20. 295 M. A. M. EMARA, op. cit., p. 17. 296 R. TRIMM, op. cit., p. 196.

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Stevens non riconosce il significato delle loro visite, poiché, per lui, è più importante preoccuparsi che l’argenteria sia lucidata alla perfezione, in modo da riflettere gli standard della country house. Egli, infatti, afferma: “these were figures who held real influence in British life: politicians, diplomats, military men, clergy. […] But I drift. I was in fact discussing the silver” (p. 146)297.

Dopo aver divagato, Stevens racconta un episodio riguardante Lord Halifax e Herr Ribbentrop in cui l’argenteria ha giocato un ruolo decisivo per determinare le sorti dell’Inghilterra. Lord Halifax arriva a Darlington Hall per incontrare Ribbentrop, ma è nervoso, e per farlo calmare Lord Darlington gli mostra la casa. Dopo due o tre