4. The Remains of the Day: la versione cinematografica.
4.4. Modifiche principali rispetto al romanzo.
Si è vista, nel romanzo, la vergogna provata da Stevens nei confronti del proprio passato, che lo porta a rinnegare, per due volte, di aver lavorato per Lord Darlington. Anche nel film compaiono le due negazioni, ma sono traposte in modo diverso. La prima negazione ha luogo di fronte a un negoziante, anziché a un autista, proprio nella prima scena di questa macrosequenza.
In una delle scene successive, lo spettatore conosce il futuro marito di Miss Kenton, Mr Benn che, come Stevens, è un maggiordomo. Egli, nel romanzo, è identificato brevemente come una vecchia conoscenza della domestica, e tutto ciò che si sa di lui è filtrato attraverso i dettagli conferiti da Miss Kenton a Stevens. Il film, avendo la possibiltà di raccontare gli eventi anche dal punto di vista di Miss Kenton, assegna un ruolo più prominente a Mr Benn e mostra gli sviluppi della storia d’amore, che diventa più credibile perché presentata direttamente585. Essendo colleghi, Mr
584 G. RONDOLINO, D. TOMASI, op. cit., p. 144. 585 A. FREIHOLTZ, op. cit., pp. 21-22.
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Benn e Stevens intrattengono spesso delle conversazioni incentrate sugli argomenti degli incontri diplomatici a cui partecipano i rispettivi employers. Solo Mr Benn, tuttavia, pare rendersi conto dell’immoralità degli ideali dibattuti alle conferenze, mentre Stevens ammette la sua volontaria cecità, causa di tutti i suoi mali, con un’unica, significativa frase: “I hear nothing, Mr Benn”. Tale affermazione è stata interpretata come il disinteresse di Stevens nei confronti delle opinioni politiche di Lord Darlington e come la conseguente fiducia nel valore morale dell’employer. Evidentemente, quindi, l’autoinganno che caratterizza il maggiordomo nel romanzo, che si esplica anche attraverso il negare di aver lavorato per Lord Darlington, è presente anche nell’adattamento586.
L’entrata in campo di Miss Kenton provoca una reazione in entrambi gli uomini: Mr Benn, con i suoi gesti impacciati, suggerisce allo spettatore di essere attratto dalla donna, mentre Stevens, non appena la domestica esce nuovamente dalla stanza, pronuncia, ancora una volta, un’unica, significativa frase: “I’d be lost without her”. Lo spettatore capisce quali siano i veri sentimenti provati dal maggiordomo, ma questi vengono smentiti subito dopo facendo riferimento al valore professionale, non sentimentale, della domestica. In un’altra scena, inoltre, Stevens afferma: “Miss Kenton, you mean a great deal to this house”. Segue un breve, imbarazzante silenzio che permette allo spettatore di riconoscere che, poiché il maggiordomo non riesce a esporre i suoi sentimenti, “this house” corrisponde allo stesso Stevens, l’importanza della domestica viene legata alla casa, e non, sentimentalmente, al maggiordomo. Si tratta di una trasposizione dello stesso atteggiamento remissivo adottato da Stevens nel romanzo nei confronti di Miss Kenton.
Per quanto riguarda le scene concernenti le due cameriere ebree, l’adattamento riporta delle modifiche rispetto al romanzo. Nel testo, le due giovani si chiamano Ruth e Sarah, con evidente riferimento alle rispettive figure bibliche, e si presentano indirettamente al lettore solo nel momento in cui Lord Darlington decide di licenziarle. Nel film, i nomi sono cambiati in Elsa e Irma, più “germanici”, per sottolineare la doppia identità delle cameriere, che sono sia ebree che rifugiate tedesche. Elsa e Irma sono riprese in altre due occasioni precedenti alla scena del loro licenziamento, precisamente quando vengono assunte da Lord Darlington, il quale vorrebbe conoscerle per poter mettere in pratica il suo tedesco, e, in un secondo momento,
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mentre sono intente ad accendere il fuoco nel camino con, in sottofondo, la voce fuori campo di Lord Darlington che, alla scrivania, legge tra sé e sé il passo di un testo fortemente antisemita. La scelta di mostrare Elsa e Irma in più occasioni rispetto al romanzo si motiva con la volontà di far familiarizzare lo spettatore con i personaggi prima che questi vadano incontro al loro destino587, ma anche di esplicitare l’antisemitismo di Lord Darlington e la sua apertura nei confronti dei nazisti. Inoltre, se sia nel romanzo che nell’adattamento la motivazione principale del licenziamento delle due giovani ebree è la sicurezza e il benessere degli ospiti presenti alla conferenza, nel film Lord Darlington aggiunge un’altra giustificazione, molto più diretta: “They’re Jews”.
Un altro cambiamento rilevante, sempre a livello dei personaggi, riguarda la figura di Lisa, il cui nome, nell’adattamento, è modificato in Lizzie. Sia il romanzo che il film presentano il momento in cui la giovane viene assunta, ma mentre il testo descrive in tre brevi righe l’episodio in cui la giovane decide di lasciare il lavoro per sposarsi con un altro membro dello staff, un generico “second footman”, il film rappresenta sullo schermo gli incontri tra Lizzie e Charlie, che lo spettatore ha già visto in alcune scene precedenti, e, pertanto, rispetto al romanzo, crea un background più ricco di informazioni in cui collocare la vicenda. In questo modo, i personaggi diventano più dinamici e le loro storie sono rese più coinvolgenti588. Non solo nel caso
di Lizzie, ma anche per quanto riguarda Charlie o Mr Benn, siamo in presenza del fenomeno che Genette definisce “estensione” , il quale corrisponde all’aggiunta di un blocco testuale589 ma, in questo caso, si verifica precisamente con l’aggiunta di svariati personaggi, che contribuiscono a complicare l’azione590.
In una delle scene successive compare la seconda negazione di Stevens, che non avviene di fronte ai Wakefield, come nel romanzo, ma al Dr Carlisle, a Moscombe. Tale modifica si è resa necessaria in quanto il nuovo proprietario di Darlington Hall è Mr Lewis, che ha già frequentato la country house in passato, quando Lord Darlington era ancora vivo, e quindi sa che Stevens, al tempo, era già in servizio. Tuttavia, il maggiordomo confessa, in seguito, al Dr Carlisle di aver mentito e ammette di aver servito Lord Darlington. Ciò prova i sentimenti contrastanti di
587 A. FREIHOLTZ, op. cit., pp. 22-23. 588 Ibidem, p. 23.
589 G. GENETTE, op. cit., p. 308. 590 Ibidem, p. 318.
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Stevens nei confronti dell’ex master591: da una parte egli è orgoglioso di aver lavorato
nel miglior modo possibile per una persona che continua a considerare onorevole, dall’altra è consapevole delle decisioni sbagliate prese dal Lord e delle conseguenti disgrazie. Inoltre, a differenza di quanto avviene nel romanzo, in cui Stevens afferma: “I can’t even say I made my own mistakes” (p. 256), in questa scena, riferendosi implicitamente alla mancata storia d’amore con Miss Kenton, il maggiordomo dichiara: “In a very small way, I did make my own mistake, but I might still have a chance to set mine right”.
Come si è potuto osservare, nel romanzo vi è un episodio significativo in cui, grazie all’argenteria, Stevens riesce a creare un’atmosfera confortevole per l’incontro decisivo tra Lord Halifax e Herr Ribbentropp. Nel testo, Stevens riflette su tale episodio che, per lui, è motivo di orgoglio e implica l’aver servito Lord Darlington nel migliore dei modi. Nel film, tuttavia, la scena si limita a un’unica affermazione da parte di Lord Darlington: “Lord Halifax was very impressed with the silver. Told him it was all your doing. Sent his compliments”. La dichiarazione è modificata rispetto a quella presente nel romanzo: “Lord Halifax was jolly impressed with the silver the other night. Put him into a different frame of mind altogether” (p. 144). Nel romanzo, la funzione dell’episodio è di illustrare la cecità di Stevens di fronte alle implicazioni della visita di Lord Halifax e Herr Ribbentropp. Il film, invece, non può trasporre sullo schermo le sezioni riflessive del romanzo, perciò rende l’episodio dell’argenteria attraverso un’unica affermazione e affida il compito di esprimere le “opinioni politiche” di Stevens alle conversazioni che il maggiordomo intrattiene con altri personaggi, ad esempio, come si è visto in precedenza, con Mr Benn. In questo modo, lo spettatore non ha bisogno di interpretare le informazioni implicite contenute nelle dichiarazioni di Stevens, ma le riceve direttamente. Se nel romanzo, ad esempio, è il lettore che interpreta l’analfabetismo emotivo di Stevens come la causa di tutte le sue disgrazie, nel film è Miss Kenton che afferma: “Why, Mr Stevens, why do you always have to hide what you feel?”. Nel testo è presente la stessa frase, anche se il verbo “pretend” sostituisce la locuzione “hide what you feel”, che è più diretta e descrive meglio l’atteggiamento del maggiordomo.
In questa macrosequenza, infatti, si delinea nel dettaglio la contrapposizione tra il carattere di Stevens e quello di Miss Kenton, simboleggiata, a mio avviso, anche
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dai luoghi in cui sono inquadrati i due personaggi. Miss Kenton, già all’inizio del film, viene spesso mostrata all’aperto, nel giardino di Darlington Hall, o nella serra, circondata da fiori e piante e, quindi, da una miriade di colori. Ciò sottolinea il suo carattere affabile, solare e aperto, ma anche orgoglioso, pronto a far valere le proprie opinioni e, talvolta, “esplosivo”. Stevens, invece, raramente viene ripreso all’aperto e, quando questo avviene, egli sembra non essere totalmente a proprio agio, come accade nella scena in cui tenta di informare il figlioccio di Lord Darlington dei “facts of life”. Di solito, il maggiordomo viene presentato all’interno della country house e ciò implica che la sua personalità sia chiusa, statica ed esageratamente introversa. Simbolicamente, ogni qualvolta Miss Kenton porta dei fiori, corrispettivo della sua personalità, nello studio di Stevens, la donna esprime le proprie emozioni, apre sé stessa. Stevens, invece, rifiuta il gesto di cortesia e, pertanto, rifiuta di aprirsi nei confronti della domestica, rimanendo, anche metaforicamente, nel buio e nell’angustia del suo studio.
In una delle sequenze successive Lizzie comunica a Miss Kenton di avere l’intenzione di sposare Charlie. La sera stessa la domestica incontra Stevens durante quello che si scoprirà essere l’ultimo dei loro incontri serali. Miss Kenton, improvvisamente e, apparentemente senza motivo, inizia a piangere. La macchina da presa si pone di fronte ai personaggi, in modo da riprenderli entrambi. La luce intradiegetica del camino, ovvero una fonte luminosa che fa parte della messa in scena592, proveniente da dietro la macchina da presa, illumina intensamente il volto della domestica, evidenziandone l’espressione turbata e addolorata. Mentre Stevens, trovandosi alle spalle della donna, e quindi più lontano, è ripreso in mezza figura, Miss Kenton è inquadrata in primo piano e, mentre parla e, allo stesso tempo, piange, il suo volto si isola, perde il contatto con l’ambiente circostante e permette allo spettatore di vedere ciò che non esiste nello spazio, ovvero i sentimenti e gli stati d’animo. Si crea un senso di intimità tra il personaggio e lo spettatore, ed è proprio questo che innesca i meccanismi di identificazione593. Questo avviene perché i diversi tagli di inquadratura hanno un ruolo decisivo nella produzione del senso del film, e il primo piano, appunto, riguarda la dimensione psicologica del personaggio, lo mostra a tutto tondo594.
592 G. RONDOLINO, D. TOMASI, op. cit., p. 63. 593 Ibidem, pp. 83-84.
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Ma cosa spinge Miss Kenton a piangere di fronte a Stevens? Del resto, Stevens le ha solo chiesto un confronto su alcune questioni prettamente professionali. Eppure, forse è proprio questo il motivo. Miss Kenton ha appena perso una buona aiutante, la quale ha scelto di abbandonare la carriera in nome del matrimonio. Le parole di Lizzie, “we have each other, that’s all anyone can ever need”, la fanno riflettere sul futuro e sull’essere vittima di un amore che, apparentemente, non è corrisposto.
Proprio per questo, Miss Kenton sceglie di sposare Mr Benn. Tale decisione non è comunicata a Stevens, come avviene nel romanzo, ma direttamente a Mr Benn, in una scena che lo mostra in un pub, insieme a Miss Kenton, durante un “day off” della domestica. La scena è focale anche perché permette allo spettatore di inquadrare i veri sentimenti della donna nei confronti di Stevens attraverso due espedienti: il primo, definibile “verbale”, consiste nel riferirsi costantemente a Stevens durante la conversazione con Mr Benn, il secondo, “non-verbale”, riguarda l’espressione facciale della domestica durante il bacio con Mr Benn e le implicazioni emotive di tale espressione. Miss Kenton è vistosamente infastidita, poco coinvolta mentalmente e sentimentalmente, atteggiamento che connota il non voler intraprendere una relazione con Mr Benn.
Nel romanzo, nel passaggio in cui Stevens incontra Miss Kenton a Weymouth, il maggiordomo comunica alla domestica l’evolversi delle condizioni di salute di Lord Darlington come conseguenza della cattiva reputazione creatasi intorno all’uomo in seguito alla guerra: “his lordship was virtually an invalid. And the house became so quiet. I would take him tea in the drawing room and, well… It really was most tragic to see” (p. 247). Nel film tale episodio viene reso in modo suggestivo: la stanza in cui è presentato Lord Darlington, inserito in un totale, è quasi interamente buia, se non fosse per due piccole lampade e per la luce che filtra attraverso la porta lasciata aperta da Stevens. Lord Darlington è piegato su sé stesso e, avvolto da una coperta, è assorto nei suoi pensieri, tanto da essere spaventato dall’arrivo del maggiordomo. Ciò comunica allo spettatore il deperimento sia fisico che mentale del personaggio negli ultimi anni della sua vita. La pioggia costituisce, in questa scena, un suono ambiente, in quanto avvolge tutta la rappresentazione595, connotando malinconia e tristezza. L’elemento atmosferico appena citato compare spesso nelle ultime scene dell’adattamento, in stretta correlazione con le emozioni dei personaggi e, in
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particolare, di Stevens, che sta per comprendere di aver sprecato la propria esistenza. In generale, l’assenza di luce caratterizza la maggior parte delle scene finali del film, pertanto Darlington Hall diventa un luogo privo di vivacità e di luminosità, e anche la musica tende ad assumere sfumature più drammatiche. Questi espedienti si rivelano efficaci per comunicare allo spettatore che qualcosa, a livello della narrazione e della psicologia dei personaggi, sta cambiando.
Miss Kenton, infatti, comunica a Stevens di aver accettato la proposta di matrimonio di Mr Benn. Ancora una volta non sono le parole, bensì sono i gesti e le espressioni facciali del maggiordomo a far trapelare le emozioni. Mentre Stevens afferma: “I simply haven’t time to stand here with you engaging in idle talk, Miss Kenton”, la domestica scompare gradualmente nell’ombra della sua stanza, e tale spostamento fisico ha anche un significato metaforico, in quanto la donna, scegliendo di sposarsi, scompare definitivamente dalla vita del maggiordomo. Le parole calme e decise pronunciate da Stevens ne contraddicono l’atteggiamento da persona gelosa e indispettita per la decisione di Miss Kenton, emozioni che emergono esplicitamente nella scena successiva, quando il maggiordomo fa cadere, accidentalmente, una bottiglia di vino, che va in frantumi e porta l’uomo a esclamare: “Oh damn it! Blast!”. È un impeto di rabbia, un sentimento che lo spettatore non ha mai avuto l’occasione di osservare in Stevens e che non compare nel libro. In effetti, nel testo Stevens si dirige nella cantina per prelevare una bottiglia di vino, ma il passaggio in cui la bottiglia si rompe è assente. Si tratta quindi di un’aggiunta volta a illustrare la gelosia provata da Stevens e la capacità del maggiordomo, almeno in situazioni di privacy e almeno in parte, di manifestare le sue emozioni.
Infatti, quando si ritrova di fronte a Miss Kenton, Stevens continua a rinnegare i propri sentimenti, e, in questo, il film gioca abilmente con le aspettative dello spettatore. Anche nell’adattamento il maggiordomo sente, dal corridoio, la domestica che piange, all’interno della sua stanza. A questo punto bisogna introdurre il concetto di auricolarizzazione, che sta al suono come l’ocularizzazione sta al punto di vista. Cosa sente il personaggio? Trovandosi all’esterno, Stevens non può sentire il pianto di Miss Kenton come se si trovasse di fronte a lei, ma, avendo degli ostacoli davanti a sé, ovvero la porta e il muro, sente solo un suono sommesso e lontano, che viene sentito allo stesso modo dallo spettatore, il quale deve essere immaginato nel corridoio insieme al maggiordomo. Si parla quindi di auricolarizzazione interna primaria, cioè
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di un suono che ha una dimensione soggettiva596, nel senso che è ancorato al
personaggio e alla sua posizione. Stevens decide di entrare nella stanza, mentre la macchina da presa, dopo aver eseguito una carrellata sui suoi lenti passi, si ferma per inquadrare Miss Kenton, china sul pavimento. A questo punto, lo spettatore immagina una situazione narrativa in cui Stevens, ad esempio, chiede alla domestica il motivo del pianto e si scusa per il suo atteggiamento insolente, scaturito dalla gelosia. Niente di tutto questo avviene: il maggiordomo rimane in piedi e, come nel romanzo, rimprovera Miss Kenton per un errore compiuto da una delle inservienti. Mentre Stevens parla, lo spettatore vede il volto di Miss Kenton, segnato dalle lacrime, pertanto, in questo caso, non vi è nemmeno la possibilità di osservare l’espressione facciale del maggiordomo per poterne interpretare le emozioni. Ancora una volta siamo di fronte a un capo impassibile che impartisce ordini alla propria sottoposta, altro indizio che suggerisce l’impossibilità di portare la relazione tra i due personaggi su un livello strettamente personale. Seppure Stevens riesca a nascondere e sopprimere i sentimenti, ora lo spettatore è consapevole del fatto che, almeno, li possiede, in quanto ha potuto osservarlo direttamente.
Un altro cambiamento sostanziale rispetto al romanzo riguarda l’inattendibilità di Stevens. La domanda che ci si pone è: questo particolare tipo di narrazione, senza il quale l’essenza del romanzo andrebbe persa, viene trasposto anche sullo schermo? Poiché gli eventi sono presentati direttamente agli occhi dello spettatore, si può dire, innanzitutto, che viene a mancare l’impostazione manualistica del romanzo e, di conseguenza, si perde la figura dell’addressee. Molti ritengono che il film mantenga alcune delle caratteristiche che rendono Stevens un narratore inattendibile597, come la riluttanza a mostrare i propri sentimenti e il senso del dovere. Tuttavia, la macchina da presa mostra gli avvenimenti in modo oggettivo, per cui anche ciò di cui Stevens dà una visione parziale viene illustrato in modo più definito, come avviene, ad esempio, quando vengono mostrati nel dettaglio i contenuti delle lettere di Miss Kenton attraverso l’espediente della voce fuori campo. Non essendoci un narratore inattendibile, ma solo tracce di esso, lo spettatore ha la possibilità di fidarsi maggiormente di ciò che vede sullo schermo, nonché di capire che tipo di persona è Stevens e di riconoscere il suo comportamento come sbagliato598. Il film, quindi,
596 Ibidem, p. 242.
597 J. KARLSSON, op. cit., p. 2. 598 Ibidem, pp. 11-12.
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permette ugualmente di comprendere la natura dell’atteggiamento del maggiordomo, compito che, nel romanzo, viene svolto dall’espediente del narratore inattendibile. Si può dire che, se Stevens avesse svolto la funzione di narratore anche nel film, la sua narrazione sarebbe stata sicuramente inattendibile599.