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4. Il Diritto amministrativo nella società del rischio

3.1 Ambiti di applicazione del principio di precauzione nell’ordinamento giuridico italiano

3.1.1 Ambiente

Il settore dell’ambiente è sicuramente l’ambito di tutela ontologicamente più ampio, in quanto se identificato con la biosfera – intesa quale parte della terra in cui si riscontrano le condizioni indispensabili per la vita animale e vegetale – contiene al suo interno gli altri settori di disciplina e le esigenze di tutela che da queste promanano, come la salute umana, la sicurezza alimentare, la regolamentazione degli organismi geneticamente modificati o quella sull’emissione di onde elettromagnetiche.

La politica criminale contemporanea, manifesta una dinamica volta ad attirare la tutela dell’ambiente nella cerchia dei compiti del diritto penale, tendenza palesata anche dalle politiche europee come manifestato dall’emanazione della direttiva 2008/99/CE del Novembre 2008 “sulla tutela penale dell’ambiente”. Altresì, sono proprio i numerosi atti comunitari in materia ambientale che contengono riferimenti impliciti o espliciti al principio di precauzione71.

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Cfr. E. Corn, op. cit. pagg. 17-20.

69 Si richiama in questo ambito la sentenza della Corte Cost. 26 giugno 2002 n. 282 dove la Corte ha

affrontato se fosse legittimo o meno il divieto introdotto dalla Regione Marche in ordine all’utilizzo della pratica terapeutica dell’elettroshock, ritenuta pericolosa per la salute, ma utilizzata sul territorio nazionale.

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Ad esempio il settore dei lavori pubblici, in particolare si veda come il principio di precauzione è stato chiamato in ballo anche nella vicenda giudiziaria relativa alla costruzione del ponte sullo stretto di Messina, la pronuncia è quella del TAR Lazio del 31 maggio 2004, n. 5117 e consultabile in forma integrale su www.giustiziaamministrativa.it. Tra gli altri ambiti di tutela connessi a quello della salute in cui si è richiamato il principio di precauzione si ricorda anche quello del doping nello sport, quello della gestione delle risorse ittiche nelle acque internazionali e infine quello della responsabilità da prodotto caratterizzato da un’incertezza scientifica seguita all’introduzione di prodotti sempre nuovi sul mercato.

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Nell’ordinamento giuridico italiano il principio de quo ha trovato un espresso riconoscimento nel testo di legge in materia di tutela dell’ambiente, il d. lgs. n. 152/2006 c. d. codice dell’ambiente è dedicato alla disciplina relativa alla tutela del suolo, delle acque, delle risorse idriche, dell’aria contenendo anche il grosso circa la disciplina sui rifiuti. Esso, presenta una moltitudine di fattispecie penali di natura contravvenzionale poste a tutela delle funzioni amministrative di controllo sulle immissioni pericolose nell’aria, nell’acqua e nel suolo, fondate per lo più sul momento autorizzativo, e fattispecie penali relative al ‹‹superamento dei limiti tabellari delle sostanze inquinanti››72. Ebbene, proprio attraverso questa scelta legislativa, il nostro ordinamento, conosce una varietà di fattispecie punitive improntate ad una logica precauzionale e strutturate in maniera tale da riprendere i connotati tipici degli illeciti precauzionali73. Sebbene il principio di precauzione nel codice dell’ambiente, non sia frequentemente richiamato, questo trova infatti espressa menzione nell’ambito dei principi generali (nel testo dell’art. 3 ter)74, nell’art. 178 che prevede una gestione dei rifiuti improntata al principio di precauzione, e infine solo nelle disposizioni dedicate alla tutela risarcitoria contro i danni all’ambiente (parte IV del codice)75

. A dispetto dei

72 Ibidem.

73 Vedi meglio, supra Cap. II, par. 1. 74

L’art 3- ter del d. lgs. n. 152/2006 stabilisce :‹‹La tutela dell'ambiente e degli ecosistemi naturali e del patrimonio culturale deve essere garantita da tutti gli enti pubblici e privati e dalle persone fisiche e giuridiche pubbliche o private, mediante una adeguata azione che sia informata ai principi della precauzione, dell'azione preventiva, della correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati all'ambiente, nonché' al principio «chi inquina paga» che, ai sensi dell'articolo 174, comma 2, del Trattato delle unioni europee, regolano la politica della comunità in materia ambientale››.

75 L’art. 301 del codice dell’ambiente rubricato attuazione del principio di precauzione richiama

l’applicazione dell’art. 174 par. 2 del Trattato CE contendo un riferimento agli aspetti procedurali legati all’applicazione del principio e gli obblighi di informazione connessi, prevedendo inoltre le misure adottabili dal Ministero dell’ambiente, di seguito il testo: ‹‹ 1. In applicazione del principio di precauzione di cui all'articolo 174, paragrafo 2, del Trattato CE, in caso di pericoli, anche solo potenziali, per la salute umana e per l'ambiente, deve essere assicurato un alto livello di protezione.

2. L'applicazione del principio di cui al comma 1 concerne il rischio che comunque possa essere individuato a seguito di una preliminare valutazione scientifica obiettiva. 3. L'operatore interessato, quando emerga il rischio suddetto, deve informarne senza indugio, indicando tutti gli aspetti pertinenti alla situazione, il comune, la provincia, la regione o la provincia autonoma nel cui territorio si prospetta l'evento lesivo, nonché il Prefetto della provincia che, nelle ventiquattro ore successive, informa il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio. 4. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, in applicazione del principio di precauzione, ha facoltà di adottare in qualsiasi momento misure di prevenzione, ai sensi dell'articolo 304, che risultino: a) proporzionali rispetto al livello di protezione che s'intende raggiungere; b) non discriminatorie nella loro applicazione e coerenti con misure analoghe già adottate; c) basate sull'esame dei potenziali vantaggi ed oneri; d) aggiornabili alla luce di nuovi dati scientifici. 5. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio promuove l'informazione del pubblico quanto agli effetti negativi di un prodotto o di un processo e, tenuto conto delle risorse finanziarie previste

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pochi richiami, l’intera disciplina della tutela dell’ambiente risulta plasmata secondo una prospettiva precauzionale. A conferma di questo si guardi all’esperienza giurisprudenziale della Suprema Corte che sovente in decisioni relative alla salvaguardia dell’ambiente adotta una nozione di “rifiuto” estensiva, strumentale alle esigenze poste dal principio di precauzione. In particolare il principio de quo sembra svolgere, nelle decisioni considerate, un ruolo di espediente retorico, che finisce per dar luogo ad un’estensione dei confini delle fattispecie penali poste a tutela dell’ambiente76

. Emblematica, tra le varie pronunce della Corte di Cassazione, è la decisione della sez. V della Suprema Corte nell’ottobre 200677

. In questo caso la Corte si trova ad affrontare la vicenda relativa alla costituzione di un’associazione per delinquere finalizzata al traffico illecito di rifiuti, in particolare agli imputati si contestava il disastro ambientale colposo cagionato attraverso l’immissione di rifiuti pericolosi nell’ambiente. Il giudizio dinanzi la Corte prende le mosse dall’impugnazione proposta da un imputato (avverso l’ordinanza di custodia cautelare in carcere), secondo il quale, il Tribunale avrebbe confuso le nozioni di “danno ambientale” e “disastro”. La Corte, opera una distinzione tra la nozione di disastro (così detto innominato) caratterizzato dalla diffusione del danno all’ambiente con un conseguente pericolo per la salute collettiva, e la nozione di danno. Successivamente, la stessa Corte rileva come il confine tra il disastro e il danno sia molto sottile, quando quest’ultimo ‹‹sia costituito da una importante contaminazione di siti destinati ad insediamenti abitativi o agricoli con sostanze pericolose per la salute umana›› o addirittura inesistente quando ‹‹l’attività di contaminazione diretta e indiretta assuma connotazioni di durata, ampiezza e intensità tali da risultare, in concreto, straordinariamente grave e complessa››, in particolare nella vicenda in esame, si erano immessi in zone agricole o abitative rifiuti altamente pericolosi e tossici. Ai fini della decisione dei giudici di rigettare il ricorso ritenendolo infondato, la motivazione della sentenza contiene un cenno finale al principio di precauzione. I giudici riconoscono come il fatto indicato dal ricorrente, cioè la presenza a legislazione vigente, può finanziare programmi di ricerca, disporre il ricorso a sistemi di certificazione ambientale ed assumere ogni altra iniziativa volta a ridurre i rischi di danno ambientale.

76 Vedi in tal senso D. Castronuovo, op. cit. cap. V, dove l’autore presenta una rassegna di sentenze della

Corte di Cassazione in cui la Corte adotta una nozione di rifiuto estensiva, funzionale ad allargare le maglie dell’intervento penale in materia di tutela dell’ambiente. Il riferimento al principio di precauzione in questo gruppo di decisioni, potrebbe sembrare prossimo ad un espediente retorico argomentativo e in alcuni casi improprio, visto che non trova applicazioni in contesti connotati da un’incertezza scientifica.

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di una moltitudine di industrie insalubri nel territorio considerato – si tratta della piana di Acerra – non è una circostanza escludente o attenuante la responsabilità, anzi da ciò sarebbe dovuto discendere ‹‹ in ragione del principio di precauzione, un obbligo d’ancora maggiore cautela e di più rigorosa osservanza in termini di legalità delle prescrizioni in tema di raccolta, trasporto, trattamento e smaltimento dei rifiuti››. Tale riferimento al principio di precauzione, quale mero argomento retorico, oltre ad apparire improprio non riguardando situazioni di incertezza scientifica ( trattandosi di un dato fattuale cioè la presenza di molte industrie insalubri sul territorio), può considerarsi, come rilevato da Castronuovo, strumentale all’accrescimento dell’intensità degli obblighi di cautela, penalmente sanzionati, in materia di tutela dell’ambiente78.