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4. Porto Marghera: la nascita e il tramonto del polo industriale

4.7 L’infondatezza degli addebiti colposi delle fattispecie di omicidio nella sentenza del

Prima di procedere all’esame degli addebiti di colpa rimproverati, i giudici del Tribunale di Venezia si soffermano sulla ricostruzione dell’imputazione colposa. Secondo l’organo giudicante, nell’ambito del giudizio di colpa, la prevedibilità dell’evento lesivo deve basarsi necessariamente sul criterio della migliore scienza ed esperienza presente in un determinato settore ed in un preciso momento storico, costituito dall’epoca in cui viene iniziata la condotta. L’agente, al tempo della condotta, deve poter prevedere e riconoscere un evento, come collegato alla violazione di un dovere di diligenza cui la sua condotta deve uniformarsi, e ciò avviene ove sussistano leggi scientifiche di copertura che permettano di associare ad una certa condotta determinati effetti120. Ciò implica, che ove si sia accertato che una sostanza è potenzialmente produttrice di effetti lesivi con determinate caratteristiche, ‹‹va ricompreso nell'ambito della prevedibilità anche il possibile evento di morte, come sviluppo analogo degli effetti suddetti integranti un grave danno alla salute››121

. Non rientrano invece nell'ambito della prevedibilità, se non supportati da idonee acquisizioni scientifiche, ‹‹effetti concreti determinanti un tipo di evento del tutto diverso da quello fino ad allora ipotizzabile ed avente una del tutto distinta consistenza in termini scientifici di autonome caratteristiche, sotto il profilo della maggior gravità del danno cagionabile alla salute››122

. Con la conclusione, secondo cui non può ritenersi in colpa l'agente che non abbia avuto la possibilità di rappresentarsi ‹‹non tanto gli esatti sviluppi dell'azione lesiva, ma certamente la tipologia delle conseguenze cui il proprio eventualmente negligente operato può dar luogo››123

.

Il datore di lavoro, ai sensi dell’art. 2087 c.c., è gravato dall’obbligo di protezione e di controllo sui prestatori di lavoro, tale obbligo va correlato alla legislazione vigente all’epoca della condotta, e, in secondo luogo, al patrimonio delle

120 Ivi, pag. 180.

121 Ivi, pag. 451. 122 Ibidem. 123 Ibidem.

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conoscenze tecniche disponibili dallo stesso datore. Tale che, l’adeguamento alle nuove conoscenze scientifiche deve essere tempestivo, ma, tuttavia, esigibile allorquando tali conoscenze costituiscano un patrimonio scientifico sufficientemente consolidato, alla luce delle acquisizioni degli organismi internazionali operanti in materia. In questo senso, secondo i giudici del Tribunale di Venezia, non si può rimproverare all’imputato un evento sulla base di una norma il cui scopo era quello di evitare una tipologia di eventi diversi, ancorché lesivi dell’integrità fisica, ma in un momento temporale in cui la possibilità di verificazione dell’evento effettivamente occorso non costituiva un patrimonio scientifico consolidato. Affermare la sussistenza di responsabilità colposa significherebbe sanzionare un agire ‹‹genericamente inosservante››, giacché l’agente deve sempre potersi rappresentare le conseguenze del proprio agire. Dunque, l’imputazione dell’evento lesivo non può avvenire sulla base di un criterio meramente oggettivo, ma sulla base del ‹‹criterio costituito dalla prevedibilità ed evitabilità dell’evento medesimo, secondo la migliore scienza ed esperienza di quel momento storico e di quel settore specifico››124

.

Sulla base di tali considerazioni di carattere generale, i giudici passano all’applicazione dei principi suddetti alla vicenda in esame.

L’organo giudicante osserva che l’accertamento della causalità ha confermato che l’esposizione massiccia al Cvm, collocabile negli anni ’50 e ’60, ha indotto una malattia professionale denominata angiosarcoma epatico (evento lesivo verificatosi). Gli studi più accreditati hanno evidenziato un rapporto dose-risposta tra l’esposizione alla sostanza anzidetta e l’insorgere della patologia tumorale, per cui l’adozione di misure di contenimento all’esposizione al Cvm avrebbe impedito con elevata probabilità il verificarsi dell’evento lesivo. Tali condotte però, nella ricostruzione operata dal Tribunale, sarebbero da considerare esigibili solo a partire dal 1974, momento a partire dal quale esisteva una conoscenza scientifica maggiormente consolidata in ordine alla cancerogenicità del Cvm. Del resto osservano i giudici, le stesse regole cautelari vigenti negli anni ’50 e in particolare gli art. 20 e 21 del d.P.R n. 303/1956, la cui inosservanza è contestata dall’accusa, non erano finalizzate in una prospettiva ex ante ad evitare l’insorgere dell’angiosarcoma epatico, ma ad eliminare o circoscrivere il rischio di altre

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tipologie, di eventi lesivi all’epoca noti e collegati alla diffusioni di polveri nell’ambiente lavorativo: dermatiti, sindrome di Raynaud, asbestosi, giammai patologie tumorali. Con la conseguenza, dunque, che l’angiosarcoma epatico non concretizza il rischio che le norme cautelari erano volte a prevenire.

Ricostruendo la colpa sul concetto di pericolo, i giudici ritengono che il giudizio di prevedibilità ed evitabilità debba basarsi sulle medesime leggi causali utilizzate per la spiegazione del decorso causale e, collocandosi in una prospettiva ex ante, esaminano le conoscenze scientifiche disponibili per l’agente modello all’epoca in cui si collocano le esposizioni incriminate. Si tratta di reperire le leggi scientifiche, disponibili nel momento in cui viene omessa la condotta diligente, che consentano all’agente di prevedere e associare al proprio agire determinati effetti. In tal senso, i giudici osservano che l’impresa e gli imputati hanno adottato tempestivamente tutte le modifiche e gli interventi imposte dalle necessità del caso ed integranti le misure tecnologicamente più avanzate e genericamente praticate non appena la cancerogenicità del Cvm venne accertata sulla base di un fondamento scientifico certo. Ciò avvenne nel 1974, a seguito degli studi del prof. Maltoni e della comunicazione dei casi di angiosarcomi nel lavoratori dell’azienda Goodrich. Sebbene antecedenti a tali accadimenti, gli studi del prof. Viola necessitavano di adeguato sviluppo, e vengono ritenute dai giudici conoscenze pioneristiche: fino al 1974 ‹‹non esisteva un patrimonio scientifico né consistente né tantomeno consolidato›› circa la cancerogenicità del Cvm per l’uomo125. Dunque, nell’arco temporale antecedente al 1974 non era prevedibile secondo la miglior scienza ed esperienza disponibile, che il Cvm potesse provocare effetti cancerogeni ovvero malattie di natura e portata diverse dalla sindrome di Raynaud e dall’acrosteolisi .

Il Tribunale sottolinea che la responsabilità per colpa, specifica e soprattutto generica, esige la prevedibilità di eventi tipici, e sono tali quelli la cui possibilità di verificazione fosse nota, sulla base di conoscenze scientifiche consolidate, già al tempo della condotta. Diversamente si dilatata sino alla imputabilità oggettiva il concetto di responsabilità colposa.

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Tali considerazioni inducono i giudici ad affermare la mancanza dei profili di colpa ascritti agli imputati, sia di colpa specifica che generica, poiché l'evento è divenuto prevedibile, sulla scorta delle conoscenze scientifiche disponibili per l’imprenditore modello, soltanto dal 1974 e, da quell'epoca in poi, la Montedison ha adempiuto agli obblighi di prevenibilità dell’evento attraverso condotte idonee ad eliminare o ridurre al minimo le esposizioni al Cvm.

Prevedibilità e obbligo di prevenibilità valgono per l’arco temporale antecedente al 1974, esclusivamente per gli eventi dannosi conseguenti alla sindrome di Raynaud e all’acrosteolisi, già scientificamente noti all’epoca della condotta. Tuttavia, alla luce delle considerazioni svolte nella sentenza in esame, non può ‹‹ravvisarsi alcuna forma di continuità o di correlazione tra le predette patologie e quelle tumorali, assolutamente distinte quanto a tipologia e formazione e quindi integranti un tipo di evento diverso e non prevedibile››126. Trattandosi di condotte riferite agli anni ’50 e ’60, ne consegue che i reati di lesioni colpose a danno dei lavoratori affetti da sindrome di Raynaud e l’acrosteolisi, sono dichiarati estinti per la sopravvenuta prescrizione.

4.8 Il giudizio di appello e la sentenza di condanna per i reati di cui agli art.