• Non ci sono risultati.

4. Porto Marghera: la nascita e il tramonto del polo industriale

4.8 Il giudizio di appello e la sentenza di condanna per i reati di cui agli art 590 c.p.: dalla

evento generico di danno alla vita o alla salute

Avverso la sentenza del Tribunale di Venezia propongono appello il pubblico ministero e le parti civili. La sentenza della Corte d’Appello ha lasciato sostanzialmente inalterato l’impianto della decisione di primo grado, specie per quanto concerne il tema della causalità, confermando, pertanto, le statuizione dei giudici di prime cure. La decisione di secondo grado fa segnare, invece, un ragguardevole distacco rispetto alla precedente, in ordine ai profili concernenti la colpa, e la rimproverabilità dei fatti oggetto della contestazione.

I giudici della Corte di Venezia sebbene condividano la preoccupazione, espressa nella sentenza impugnata, di evitare che la colpa regredisca verso forme di responsabilità oggettiva, ritengono, tuttavia, che ciò non possa condurre a

146

‹‹soggettivizzarla sino al punto di renderla in concreto inapplicabile, di svuotarla di contenuto››127

.

La Corte intende il concetto di prevedibilità non in riferimento allo specifico evento in concreto verificatosi (angiosarcoma epatico), ma come rappresentabilità di un evento generico di danno alla vita o alla salute. Poiché il giudizio di prevedibilità non deve avere ad oggetto un evento tipico conosciuto o conoscibile in forza di una norma scientifica di copertura generalmente accettata nella comunità scientifica128. Sulla base di tale ricostruzione, i giudici individuano il rischio quale parametro di valutazione della colpa, con la conseguenza che ai fini della prevedibilità non è richiesto, né nella colpa generica né tantomeno nella colpa specifica, la conoscenza da parte dell’agente dei meccanismi causali dell’azione nociva del Cvm, spiegati da una legge scientifica di copertura. D'altro canto, a differenza della causalità, la prevedibilità va valutata con riferimento alle nozioni conosciute o conoscibili all'epoca della condotta.

Passando all’esame del caso di specie, i giudici ritengono erroneo riferire gli obblighi di prevedibilità e prevenibilità dell’evento lesivo all’arco temporale successivo al 1974, momento in cui si è formato un patrimonio scientifico consolidato circa la cancerogenicità del Cvm. Già nel 1969, infatti, a seguito degli studi del prof. Viola, la Montedison si trovava di fronte ad un’ipotesi scientifica seria ed attendibile circa l’effettiva nocività del Cvm. Ciò implica che l’impresa, nelle persone degli imputati (quelli che nel periodo dal 1969 al 1973 rivestivano posizioni di garanzia), in presenza di un serio dubbio sulla nocività del Cvm, doveva ricorrere, senza attendere le validazioni degli studi di Maltoni, alla c.d. “default option”. Quest’ultima identifica ‹‹quell’opzione, scelta sulla base di una politica di valutazione del rischio che sembra essere la migliore in assenza di dati che dimostrino il contrario››129

. La default option inverte il rapporto di accertamento: di fronte al sospetto della possibile cancerogenicità di una sostanza, l'agente deve comportarsi come se fosse cancerogena, per lo meno fino

127

Corte d’Appello di Venezia, sentenza del 15 Dicembre 2004, pag. 722.

128

Nelle ipotesi di colpa specifica, le norme cautelari possono riferirsi a delle situazioni di mero rischio, non dovendo altresì attendere la sussistenza di una legge scientifica di copertura, pur nella generica previsione di dannosità di un determinato comportamento, ai fini della positivizzazione o della cogenza. Mentre nelle ipotesi di colpa generica, laddove ricade sull’agente la prevedibilità dell’evento, quest’ultima ha ad oggetto ‹‹la mera rappresentabilità di un evento generico di danno alla vita o alla salute; nella specie la rappresentazione della potenziale idoneità della sostanza, senza idonee schermature prevenzionali, a dar vita ad una situazione di danno per la salute››.

147

a quando non viene acquisita, questa volta scientificamente, la prova del contrario. Il sospetto della cancerogenicità del Cvm, secondo i giudici, è da ritenersi integrato in ragione degli studi del prof. Viola, e non si potrebbe sostenere, altresì, l’imprevedibilità dell’evento lesivo occorso. Giacché ‹‹la consapevolezza dei potenziali effetti cancerogeni del Cvm, […] ancorata alla sicura conoscenza sulla tossicità e nocività per la salute dei lavoratori, per gli effetti già conosciuti (Sindrome di Raynaud e acrosteolisi)›› rende prevedibile non già l’angiosarcoma epatico, ma ‹‹un grave danno alla salute, ed a quel punto il rischio, seppur ancora non certo, di tumori nei lavoratori››130

.

La Corte contraddice la ricostruzione del giudizio di primo grado, sulla base dell’assunto secondo cui i criteri utilizzati per il riconoscimento dell'esistenza del rapporto di causalità sono diversi da quelli riguardanti l'accertamento dell'elemento soggettivo. Anche se la colpa va accertata con riferimento a tutte le conoscenze disponibili all’epoca della condotta, ciò non significa che debba essere prevedibile il meccanismo causale di determinazione di una certa malattia, ma è sufficiente la consapevolezza in capo all’agente della potenziale idoneità della sostanza a dar vita ad una situazione di danno per la salute.

I giudici evidenziano, inoltre, come nell’ambito del d.p.r. n. 303/1956 il legislatore abbia considerato non solo effetti lesivi per l’integrità fisica correlati al Cvm (il Cvm è sostanza infiammabile ed esplosiva), ma altresì effetti dannosi per la salute: prova ne è l’obbligo previsto di visite mediche trimestrali. In particolare, gli art. 20 e 21 del d.P.R in parola, indicano, quali rimedi per ovviare ai danni che l’azione tossica della sostanza può cagionare alla salute dei lavoratori, l'abbattimento dei vapori e delle polveri nell'ambiente di lavoro. In merito a tali norme, la sentenza della Corte d’Appello contraddice le statuizione compiute dai giudici di prime cure che escludevano una funzione preventiva rispetto all’insorgere delle patologie tumorali. Giacché, ‹‹una volta accertato in forza del modello causale che una determinata condotta sia condizione necessaria di un determinato evento, ed una volta stabilito che quella condotta o viola specifiche norme prevenzionali o è comunque imprudente, negligente o imperita, si

148

risponderà dell’evento di danno in qualsiasi modo, anche nella sua peculiarità non prevedibile, concretizzatosi››131

.

Secondo i giudici d’appello, gli artt. 20 e 21 del d.p.r. 303/1956 sono volti a prevenire l’esposizione a qualsiasi sostanza, gassosa od in polvere, di natura tossica o nociva, a prescindere dal tipo di patologia in concreto insorta. Poiché l’evento che tali norme mirano a scongiurare sarebbe, genericamente, un qualsivoglia danno alla salute, con la conseguenza dunque che la loro violazione fonda un giudizio di colpa, a prescindere dal fatto che l’evento concreto (l’angiosarcoma epatico) fosse o meno contemplato nella cornice di rischio che la norma mirava a prevenire al momento dell’emanazione132

. L'agente è, dunque, chiamato ad uniformare il proprio agire alle norme cautelari ‹‹a prescindere da una specifica prevedibilità di un evento tipico non ancora spiegato nella sua correlazione dalla scienza, e risponderà anche se la sua azione ha cagionato una malattia ancora ignota piuttosto che una nota che, magari, aveva spinto il legislatore a dettare la norma››133

. Secondo tale ricostruzione, la colpa si sostanzia nella violazione di un obbligo di comportamento volto ad evitare genericamente danni alla salute, e non un determinato specifico evento.

Si conclude riconoscendo che ‹‹non può negarsi da parte degli imputati la conoscenza, in tal caso piena e con copertura scientifica e legislativa, della natura epatotossica del Cvm, della sua idoneità quindi ad aggredire almeno l’organo del fegato provocandone gravi malattie. E questo è l’evento oggetto della prevedibilità, sufficiente ad integrare la colpa ove non si sia tenuto un comportamento idoneo ad evitare tale specifico rischio››134. Peraltro non si richiede, e si ritorna al punto di partenza in diritto, ‹‹ per ritenere la sussistenza della colpa in capo all’agente per omicidio o lesioni personali aggravati dalla violazione della normativa antinfortunistica, la prevedibilità dello specifico evento morte o la prevedibilità di quella specifica lesione, ma unicamente la previsione di un grave danno alla salute, che nella specie è resa probatoriamente evidente dalle comprovate conoscenze già dell’epatotossicità e poi del

131

Ivi, pag. 722.

132 G.Civello, op. cit. pag. 82.

133 Corte d’Appello di Venezia, sentenza del 15 Dicembre 2004, pag.722. 134 Ivi, pag. 734.

149

rischio cancerogeno del Cvm nelle alte esposizioni che interessavano gli ambienti di lavoro fino a tutto il 1973››135

.

La Montedison, consapevole della pericolosità del Cvm, avrebbe dovuto intervenire minimizzandone i rischi, secondo la c.d. default option. L’inosservanza di tali obblighi implica che l’agente vedrà addebitarsi tutti gli eventi correlati alla sua condotta, anche quelli la cui morfologia era imprevista o imprevedibile all'epoca della condotta antidoverosa. In riferimento ai reati di omicidio colposo per i casi di angiosarcoma riconosciuti, contrariamente a quanto affermato dal Tribunale, si riconosce che la riferibilità causale delle condotte contestate è accompagnata anche dal rimprovero a titolo di colpa. Si conferma, però, l’avvenuta prescrizione per i reati di lesioni colpose riferibili alle patologie non neoplastiche accertate, non essendo evidente l’innocenza degli imputati.

4.9 Il ricorso per Cassazione degli imputati circa l’addebito colposo nella