3 ARGOMENTI NON LINGUISTICI CONTRO IL PRINCIPIO D
4.2 AMBIGUITÀ
Un numeroso corpus di minacce alla composizionalità invoca espressioni sintatticamente e lessicalmente identiche (almeno in apparenza) che sono però ambigue tra significati diversi. La difesa del principio nega l’esistenza di serie ambiguità sintattiche, che possono essere sempre ricondotte a analisi sintattiche diverse, e accetta unicamente ambiguità lessicali (omonimi: stesso significante per significati diversi). In questo modo i significati delle parti e la sintassi
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contribuiscono sempre per il proprio specifico valore, anche se ciò può non essere evidente in superficie.
4.2.1 Ambiguità lessicali: Aggettivi
Sui contrasti notati da Quine (1960) tra i diversi colori denotati da “rosso” in mela rossa opposto a capelli rossi, e tra mela rossa (rossa all’esterno) e pompelmo rosa (rosa all’interno) si costruisce l’argomento della apparente non composizionalità dei sintagmi composti da un nome ed un aggettivo.
(16) a. La mela è rossa. b. Il cocomero è rosso.
(17) a. Gianni è un bravo pianista. b. Gianni è un brava persona.
Il contenuto di rossa in (16a) indica il colore della buccia, mentre in (16b) il colore della polpa; il contenuto di “bravo” in (17a) indica la competenza nel suonare il piano, mentre in (17b) l’onestà e la lealtà. Opposizioni di questo tipo sono frequentissimi nei vocabolari di tutte le lingue, e suggerirebbero che il contenuto proposizionale di questi sintagmi non possa essere determinato univocamente dai significati delle parti componenti.
Keenan (1974) afferma che l’interpretazione di una parola funzionale dipende dall’interpretazione del suo argomento, ma non viceversa. Come Keenan nota, le funzioni matematiche sono spesso definite disgiuntivamente nel modo illustrato in (11), dove le P(i) sono proprietà mutuamente esclusive di possibili argomenti della funzione f:
(18) f(x)= … se P1(x)
…se P2 (x)
… altrimenti
Queste funzioni, dette induttive, costituirebbero il valore composizionale di un aggettivo come “rosso”: l’aggettivo non denota significati diversi con argomenti diversi, ma il valore ottenuto applicando la funzione al suo argomento varia a seconda dell’argomento. La
dipendenza della funzione dal suo argomento è del resto inerente alla nozione stessa di funzione e per questo compatibile con il principio di composizionalità.
I significati da determinare composizionalmente possono essere di due tipi: significati linguistici (convenzionali) o contenuti proposizionali (vero-condizionali: il loro valore semantico). La distinzione tra questi tipi di significato è correntemente accettata in filosofia del linguaggio e cattura anche i dati esposti sopra. Significati linguistici e contenuti proposizionali sono collegati l’uno all’altro dal contesto (le circostanze linguistiche ed extralinguistiche in cui viene usata una espressione complessa). Il significato linguistico di un sintagma [N [A]] è trivialmente composizionale: è semplicemente un N che è A (per mela rossa: una mela che è rossa). Il suo contenuto proposizionale implica invece anche le condizioni contestuali necessarie e sufficienti per l’applicazione di A a N (per mela rossa: una mela che ha la buccia rossa, che è il requisito per distinguerla da altri tipi di mele). Szabo (2001) formalizza questa idea attraverso l’introduzione di una variabile nascosta nella Forma Logica di ciascun aggettivo, a cui attribuire contestualmente un valore. In questo modo è salvato il parallelismo tra sintassi e semantica richiesto da una versione forte del principio di composizionalità. Alternativamente in una visione meno forte del principio, la dipendenza dal contesto degli aggettivi può essere vista come un esempio di “sottospecificazione semantica” al livello lessicale (Bach (1994), Reimer (2002)).
Casi anche più estremi ma dello stesso tipo riguardano i significati delle preposizioni e dei verbi leggeri come fare, avere, prendere etc. .
4.2.2 Ambiguità di portata
Le frasi con quantificatori o altri operatori presentano spesso interpretazioni ambigue, che dipendono dall’estensione del dominio dell’operatore (portata ampia o ristretta). Una frase come (19) è ambigua tra due letture:
(19) Ogni linguista conosce due lingue.
(19) può significare ci sono due lingue in particolare (per esempio, l’inglese e l’italiano) che ogni linguista conosce (lettura specifica); oppure che tutti i linguisti conoscono due lingue di loro scelta (lettura non specifica). L’ambiguità dipende dal fatto che il SN quantificato due lingue assuma portata ampia (lettura specifica) o ristretta (lettura non specifica) sul SN quantificato ogni linguista. A prima vista dunque una espressione complessa composta dagli stessi elementi
lessicali combinati nella stessa forma sintattica può dar luogo a due interpretazioni, contro la composizionalità.
L’ipotesi per cui la rappresentazione sintattica accessibile al sistema senso-motorio (la Forma Fonologica) non coincide necessariamente con quella accessibile al sistema logico- cognitivo (la Forma Logica) ha portato ad un modello specifico della Facoltà del Linguaggio (il modello “Y”) in grado di fornire al componente semantico una rappresentazione sintattica più esplicita di quanto la forma dell’enunciato farebbe presupporre, anche nei casi in questione.
(19) infatti sarebbe fonologicamente, ma non sintatticamente ambigua: benché venga pronunciata esattamente nello stesso modo, l’applicazione della regola sintattica di sollevamento del quantificatore (Quantifier Raising, QR) post Spell-Out restituisce due diverse Forme Logiche, corrispondenti ad una delle due interpretazioni possibili:
(20) a. [due lingue]i ogni linguista conosce ti
b. [ogni linguista]i [due lingue]ii ti conosce tii
Un argomento simile contro il principio di composizionalità viene dalle frasi seguenti:
(21) a. Tutti i filosofi del mondo possono entrare in questa stanza. b. Tutti i filosofi neozelandesi possono entrare in questa stanza.
Nel primo caso l’interpretazione è (preferibilmente) distributiva: ogni singolo filosofo ha il permesso di entrare in questa stanza. La seconda frase può avere però anche interpretazione collettiva: l’insieme dei filosofi neozelandesi non esaurisce la capienza questa stanza. La differenza nell’interpretazione delle due frasi non sembra dipendere dalla forma dell’enunciato, ma dalla nostra conoscenza del mondo (quanti filosofi ci sono nel mondo e quanti in Nuova Zelanda) – dunque, da fatti in linea di principio non contemplati dalla composizionalità. Il problema è aggirato se invece si sostiene che la differenza dipenda dalle due diverse Forme Logiche generate dal sollevamento del quantificatore “tutti” rispetto al modale “possono”.
4.2.3 Genericità
È noto che l’interpretazione di SN determinati può dar luogo a due letture, come nell’esempio seguente:
(22) a. Il cane è il miglior amico dell’uomo. b. Il cane è in giardino.
In (22a) il SN il cane denota il genere della famiglia dei Canidi; in (22b) un esemplare specifico appartenente a quel genere. È l’occorrenza in un determinato contesto che disambigua la lettura adeguata per ciascuna delle frasi. Il duplice significato che lo stesso sintagma può assumere pone un problema alla composizionalità “dal basso verso l’alto” (bottom-up) delle frasi in (22), se si ritiene che l’interpretazione generica o esistenziale del SN dipenda dall’interpretazione della frase nel suo complesso, e non viceversa8. Partee (1984), seguendo Carlson (1980), argomenta che questi dati non costituiscono un controesempio alla composizionalità dell’enunciato, se si analizzano come casi di ambiguità di selezione locale. Il SN il cane non è intrinsecamente ambiguo: se così fosse, anche le frasi in cui compare dovrebbero esserlo9. I SN determinati denotano invece per Carlson sempre nomi di genere:
ma se sono selezionati come argomento di un predicato individual-level (predicati di livello individuale, che esprimono proprietà naturali o comunque relativamente regolari e stabili) daranno luogo ad una predicazione generica; se argomento di un predicato stage-level (predicati di stadio, che fanno riferimento ad eventi più o meno circoscrivibili da coordinate spazio- temporali) daranno luogo ad una predicazione episodica. È dunque composizionalmente che si determina il significato di queste frasi.
Pelletier (1994) riporta un'altra serie di esempi in cui un soggetto determinato ha una lettura diversa da quella attesa secondo la composizionalità:
(23) Il primo uomo andò sulla luna nel 1969.
(24) La persona più alta di solito gioca centro a basket.
8 Il fatto che una frase possa contenere contemporaneamente SN generici e non generici, come in una
interpretazione di (i), mostra che la genericità non può essere un tratto dell’intera frase: (i) Il professore stava spiegando il motore diesel.
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In realtà, è possibile che accada: (i) Il cane è molto intelligente.
In (i) il cane può denotare sia l’intera specie che un singolo esemplare. L’ambiguità si attribuisce solitamente alla presenza o meno di un operatore di Genericità nella Forma Logica della Frase (Carlson (1977, 1980), Kratzer (1988), Chierchia (1998)).
Comunque si intenda il significato del soggetto – che sia referenziale e quindi selezioni la prima persona in assoluto o la persona più alta in assoluto, o che un sintagma del tipo “il primo uomo” designi una funzione su mondi possibili che in ogni mondo possibile sceglie la prima persona o la più alta di quel mondo – qualcosa nel predicato rende una interpretazione idiosincratica del soggetto: (23) e (24) non significano che il primo uomo sia atterrato sulla luna nel 1969, o che la persona più alta del mondo abbia di solito la proprietà di giocare centro, ma che il primo uomo che atterrò sulla luna lo fece nel 1969, e che il giocatore più alto di una squadra di basket di solito giochi centro in quella squadra.