3 ARGOMENTI NON LINGUISTICI CONTRO IL PRINCIPIO D
4.1 SINONIMIA
Il principio di composizionalità è strettamente connesso al principio della sostituibilità: infatti, se il significato di una espressione complessa è funzione del significato delle sue parti combinate ordinatamente, evidentemente la sostituzione di una delle parti con una parte che ha lo stesso significato non cambia la composizione dell’enunciato (cf. § 1.3). Questo comporta che se due espressioni sinonime compaiono all’interno di uno stesso contesto linguistico, il significato dell’espressione complessa è preservato. Eventuali controesempi a questa affermazione avrebbero il risultato di minare la validità della composizionalità.
4.1.1 Atteggiamenti proposizionali
La più nota obiezione alla composizionalità viene dall’osservazione che anche se due proposizioni sono sinonime, i valori di verità delle frasi nella quali ricorrono come complementi frasali di un verbo di atteggiamento mentale possono essere diversi. L’esempio, famosissimo, risale a Frege (1892):
(4) Gianni crede che la stella del mattino sia un pianeta.
Nonostante che “la stella del mattino” e “la stella della sera” siano sinonimi (entrambe le espressioni denotano il pianeta Venere), (4) può essere vera e (5) falsa, se Gianni ignora questo fatto. Così, abbiamo una apparente violazione del principio di composizionalità.
La letteratura sugli atteggiamenti proposizionali è amplissima, e non è possibile qui vagliarla nemmeno in parte. Riassumendo le posizioni difese, alcuni pensano che considerazioni come queste mostrino che non esistono sinonimi effettivi nelle lingue naturali; se è così, la composizionalità è triviale. Altri negano l’intuizione che (4) e (5) possano differire nelle loro condizioni di verità e cercano la spiegazione dell’apparenza contraria in termini di implicature (Salmon (1986)); altri abbandonano la composizionalità ma forniscono una semantica ricorsiva (Higginbotham (1986), Segal (1989), Larson e Ludlow (1993)). Infine, altri preservano la composizionalità postulando un indessicale nascosto associato con il verbo di atteggiamento preposizionale (Crimmins e Perry (1989), Crimmins (1992)).
4.1.2 Condizionali
Higginbotham (1986) ha sollevato originariamente il problema che le frasi condizionali incassate violino il mandato della composizionalità. Si consideri la seguente coppia minima:
(6) a. Chiunque può fare successo se lavora sodo. b. Nessuno può fare successo se perde tempo.
Una buona traduzione di (6a) nella logica del primo ordine è (7a); ma la analoga traduzione di (6b) darebbe (7b), che è inadeguata:
(7) a. ∀x (x lavora sodo → x può fare successo) b. ¬∃x (x perde tempo→ x può fare successo)
Una traduzione adeguata di (6b) è in realtà (8):
(8) ∀x (x perde tempo →¬ (x può fare successo))
Questo pone un problema alla composizionalità, dal momento che sembra piuttosto plausibile affermare che la struttura sintattica di (6a) e (6b) sia la stessa e che “se” sia un connettivo condizionale in (6a); ma non sembra apportare lo stesso contenuto in (6b).
L’interpretazione di una frase condizionale incassata appare sensibile alla natura del quantificatore nella frase principale – in violazione della composizionalità.
Una risposta potrebbe essere quella di affermare che “se” non sia un connettivo condizionale in nessuno dei due casi – piuttosto, servirebbe a restringere il dominio del quantificatore, come suggerito nelle parafrasi in (9) (come proposto per le frasi subordinate in generale già da Lewis (1975), Kratzer (1986)):
(9) a. Chiunque lavori sodo potrà avere successo. b. Nessuno che perda tempo potrà avere successo.
Ma questa proposta si scontra subito con le interpretazioni di quantificatori come “la maggior parte di”:
(10) a. La maggior parte degli studenti avrà successo se lavora sodo. b. La maggior parte degli studenti che lavora sodo avrà successo.
(10a) e (10b) non sono sinonime: mentre (10a) afferma che quegli studenti che avranno successo se lavorano sodo sono la maggior parte degli studenti, (10b) significa che tra gli studenti che lavorano sodo un buon numero avrà successo. Il dibattito se una analisi semantica adeguata per le frasi condizionali incassate sotto frasi quantificate possa essere composizionale è aperto (cf. Barker (1997), von Fintel (1998), von Fintel and Iatridou (2002), Higginbotham (2007)).
4.1.3 Anafore interfrasali e ‘donkey’ Partee (1995) presenta la seguente coppia:
(11) a. I dropped ten marbles and found all but one of them. It is probably under the sofa.
‘Mi sono cadute dieci biglie e le ho ritrovate tutte tranne una. È probabilmente sotto il divano.’
b. #I dropped ten marbles and found nine of them. It is probably under the sofa.
‘#Mi sono cadute dieci biglie e ne ho ritrovate nove. È probabilmente sotto il divano.’
Il contrasto di accettabilità tra (11a) e (11b) è riproducibile anche nella traduzione italiana; eppure, il valore di verità della prima frase in (11a) è equivalente al valore di verità della prima frase in (11b). Poiché in questo caso la sostituzione di due espressioni sinonime non è permessa, avremmo un apparente controesempio alla composizionalità. La differenza è ovviamente dovuta al fatto che nella prima frase di (11a) compare un elemento (one, ‘uno’) che può fungere da antecedente per il soggetto della seconda frase, mentre in (11b) no6.
Ma anche per (11a), il legamento anaforico con un elemento esterno al dominio frasale non è così ovvio. Infatti, perché il soggetto della seconda frase sia anaforico con “uno” nella prima frase, è necessario che un quantificatore esistenziale abbia portata ampia sulla congiunzione delle due frasi:
(12) ∃x [biglia(x) ∧¬ho trovato(x) ∧ sotto il divano (x)]
Ma la forma logica del primo congiunto in (11a) (nelle sue parti rilevanti) sarebbe (13):
(13) ∃x [biglia(x) ∧¬ho trovato(x)]
(13) però non compare come costituente del significato di (12): almeno apparentemente dunque il significato dell’espressione complessa in (11a) non si ottiene composizionalmente a partire dai suoi costituenti. Se così fosse, la traduzione di (11a) sarebbe (14):
(14) ∃x [biglia(x) ∧¬ho trovato(x)] ∧ sotto il divano (x)
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Questa sfida alla composizionalità non sembra comunque molto grave, dal momento che la lettura in questione per (9b) è probabilmente disponibile, benché più difficile da ottenere. Szabo (2004) riporta un esempio analogo di Heim, in cui la prima frase manca di un antecedente esplicito per il soggetto della seconda, eppure è facile la sua identificazione:
Ma in questo modo l’occorrenza della variabile corrispondente al soggetto della seconda frase non è legata dal quantificatore esistenziale, e dunque non si ha il legamento anaforico che invece è interpretato.
Ma ci sono diversi fenomeni in cui un trattamento composizionale delle anafore non è immediato. Geach (1967) battezza i casi in cui il pronome anaforico non può essere né una espressione referenziale né una variabile legata, come in (15), anafore ‘donkey’7:
(15) a. Se un fattore ha un asino, lo picchia.
b. ∀x∀y[[fattore(x) ∧ asino(y) ∧ avere(x, y)] → picchiare(x, y)]
Sebbene (15a) contenga due termini indefiniti, normalmente interpretati come sintagmi quantificati esistenzialmente, per rendere conto del suo significato (secondo il quale chiunque sia un fattore picchia tutti i propri asini) è necessario che siano quantificati universalmente (cf. (15b)); questo esempio ci proibirebbe dunque di assegnare uniformemente ad un indefinito una predicazione esistenziale. Inoltre, come per (11a)-(14), perché possano legare l’anafora lo nella apodosi è necessario che i quantificatori esistenziali assumano portata ampia sull’intera formula, nonostante compaiano solo nella protasi della condizionale; mantenendo un trattamento strettamente composizionale, non solo non si otterrebbero le condizioni di verità appropriate, ma il pronome rimarrebbe libero, suggerendo una interpretazione referenziale che non è quella corretta.
Esempi come questi sono stati trattati nell’ambito della Discourse Representation Theory, ma non in modo composizionale; Heim (1982), Groenendijk and Stokhof (1991), e Chierchia (1995) suggeriscono invece una semantica dinamica, che abbandona una concezione del significato in termini di condizioni di verità e che, ancorché composizionale, si rivela in grado di codificare le possibilità anaforiche per contesti più ampi del solo dominio frasale.