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Nell’ambito di una breve analisi volta a chiarire la portata che assume l’art 1337 c.c e a sottoporre a revisione critica il rapporto tra regole d

Legalità e legittimità della disciplina dei procedimenti formativi nel sistema italo comunitario.

10. Nell’ambito di una breve analisi volta a chiarire la portata che assume l’art 1337 c.c e a sottoporre a revisione critica il rapporto tra regole d

condotta e regole di validità, appare utile percorrere, anche se solo sommariamente, l’evoluzione storico-giuridica della responsabilità precontrattuale. Sulla scia del codice Napoleone, anche il codice del 1865 non contemplava una disposizione normativa diretta a disciplinare il comportamento delle parti nella fase delle trattative e nella formazione precontrattuale. Non si ammetteva, in coerenza con il dogma volontaristico, un intervento (esterno) del legislatore che imponesse ulteriori limiti ed obblighi alle parti rispetto a quelli che le parti stesse liberamente pattuivano nell’ambito della loro autonomia. La necessità di una regolamentazione del lavoro preparatorio posto in essere dai contraenti al fine di tutelare l’affidamento eventualmente prodotto è stata sollecitata un’autorevole dottrina176 la quale, contrariamente all’orientamento dominante177, affermò agli inizi del secolo

176 G. FAGGELLA, Fondamento giuridico della responsabilità in tema di trattative contrattuali, in Arch. Giur., 1909, p. 128 ss. Sotto il vigore del vecchio codice la dottrina,

dunque, si era posta il problema di determinare una qualche forma di sanzione nei casi di comportamento scorretto di una delle parti (come nel caso di “rottura ingiustificata delle trattative”, di “mancata comunicazione di una causa di invalidità del contratto”, di “informazioni colposamente inesatte”) poichè pur ricorrendosi, sulla base dell’esperienza francese, all’istituto della responsabilità extracontrattuale, si coglieva tuttavia la difficoltà di utilizzare estensivamente la disciplina dell’illecito aquiliano, sperimentando nuove soluzioni anche a seguito della teoria di Jhering. Sul punto, R. JERING, Culpa in contraendo oder

shadensersatz bei nichtgen oder nicht zur Perfection gelangten Ventragen, Jherings

Jahrbucher, 1861, p. 155.

177 G.CARRARA, La formazione dei contratti, Milano, 1915, p. 12; A.NATTINI, Cenni critici sulla c.d. responsabilità precontrattuale, in Dir. comm., 1910, II, p. 235 ss.

59 scorso, l’obbligo di risarcimento nel caso di recesso ingiustificato dalle trattative, revoca della proposta e vendita di cose altrui. E’ con il codice del 1942, sotto l’impulso di una giurisprudenza pìù sensibile alle tesi del Faggella178 che venne introdotta una esplicita norma in tal senso. Benchè la scelta codicistica del 1942 si poneva in coerenza con la tendenza all’adozione di clausole generali, la dottrina di allora palesò un atteggiamento ancora sfavorevole nei confronti dell’art. 1337 c.c., norma che fu letta solo come una mera esemplificazione della fattispecie disciplinata nell’art. 1338 c.c. In sostanza, era tramite l’applicazione dell’art. 1338 c.c. ove si sancisce l’obbligo di risarcimento del danno per responsabilità precontrattuale in capo alla parte che «conosceva» o «doveva conoscere» l’esistenza di una causa di invalidità del contratto che si attuava l’ampio precetto espresso dall’art. 1337 c.c.

Solo più tardi lo strumento del risarcimento del danno ex art. 1337 c.c. assume una sua autonomia di là dal contratto invalido ogni qual volta rilevi la lesione dell’interesse al «corretto» svolgimento delle «trattative». E ciò, sia nelle ipotesi di contratto concluso con rilevante ed ingiustificato ritardo179, sia in quelle di contratto non concluso o contratto inesistente a causa di recesso

ingiustificato dalle trattative180, purché si configuri «l’affidamento della parte che subisce il recesso nella conclusione del contratto, il recesso senza giusto motivo (o causa) dall’altra»181 e il correlativo danno. Va evidenziato che l’autonoma operatività dell’art. 1337 c.c. è per lo più individuata nel caso di recesso ingiustificato delle trattative, ipotesi in cui la decisione di abbandonare le trattative segue ad un contegno sleale e poco corretto del recedente. Anche in relazione a quest’ultima fattispecie, si sono manifestate resistenze riconducibili all’esigenza di preservare il dogma dell’autonomia della volontà

178 Cfr. Cass. Napoli, 18 ottobre 1922, in Corte Napoli, 1922, p. 271; Cass. Napoli, 31 luglio 1923, in Foro it., 1923, I, c. 1005 ss.; App. Venezia, 11 giugno 1924, I, c. 1013 ss. ove si osserva che «la parte che arbitrariamente recede (…) è tenuta verso l’altra al risarcimento dei danni, alla rifusione delle spese e al compenso delle prestazioni occorse».

179 Cass., 16 ottobre 1998, n. 10249, in Danno e responsabilità, 1999, p. 419 ss, con nota di L. Lambo.

180 Cass., 21 gennaio 1985, n. 226, in Resp. civ. e prev., 1985, p. 757, con nota di P.G. MONATERI, Concorso di colpa e affidamento nella responsabilità precontrattuale.

60 negoziale, che si vuole libera particolarmente nella fase precontrattuale. Tuttavia, non esiste una libertà indiscriminata di agire, l’autonomia privata non può esplicarsi in modo arbitrario. Come significamente osservato182, la clausola di buona fede costituisce uno dei «limiti» interni posto dall’ordinamento giuridico diretti a modulare l’arbitrarietà, dunque, essa è strumento di garanzia posto dall’ordinamento giuridico all’esplicazione arbitraria dell’autonomia. Ragionando in questi termini, senza tralasciare che la proposta e l’accettazione sono atti revocabili e che «l’inizio di una trattativa non autorizza nessuno a fare assegnamento sul suo esito positivo, mentre il progressivo sviluppo della contrattazione può maturare al punto da giustificare il convincimento del contraente che l’altra parte è seriamente decisa a concludere l’affare»183, si è compiuto quel passaggio che ha fatto acquisire alla buona fede oggettiva nella fase precontrattuale una rilevanza autonoma.

Più avanti l’operatività della responsabilità precontrattuale si è estesa anche alla fattispecie del contratto concluso184, quindi anche all’ipotesi prevista dall’art. 1440 c.c nel quale si sancisce che «se i raggiri non sono stati tali da determinare il consenso, il contratto è valido, benché senza di essi sarebbe stato concluso a condizioni diverse; ma il contraente in mala fede risponde dei danni». Detta norma è considerata applicazione della clausola di buona fede prevista dall’art. 1337 c.c.185, quindi, anche del principio di solidarietà espresso dalla Costituzione e del principio di proporzionalità, di rilevanza comunitaria186. Secondo un’opinione187, la norma di cui all’art. 1440 cc.

182 G.PERLINGIERI, Regole e comportamenti nella formazione del contratto. Una rilettura dell’art. 1337 codice civile, cit., p. 57.

183 C.M.BIANCA, Diritto civile, III, cit., p. 168, nota 39.

184 G. PATTI, Responsabilità precontrattuale e contratti standard, in Il Cod. Civ. Comm., diretto da P. Schlensinger, (artt. 1337 – 1342), Milano, 1993, p. 95 ss.

185 G. D’AMICO, «Regole di validità» e principio di correttezza nella formazione del contratto. Napoli, 1996, p. 119. note 54 e 56. Cass., 29 marzo 1999, n. 2956, in Rep. Foro it.,

2000, voce Contratto in genere, n. 553.

186P.PERLINGIERI, Equilibrio normativo e principio di proporzionalità nei contratti, in ID. Il diritto dei contratti fra persona e mercato, cit. p. 449, afferma che se il principio di solidarietà, tramite il principio di ragionevolezza e di adeguatezza, è idoneo ad assicurare un

riequilibrio tra interessi disomogenei, non comparabili che coinvolgono interessi non quantificabili, ad esempio, non patrimoniali, il principio di proporzionalità risulta applicabile là dove sia necessario procedere ad un bilanciamento tra interessi omogenei, comparabili e quantificabili, consentendo, quindi, di effettuare una valutazione sul piano equitativo.

61 proprio perché attuativa della buona fede oggettiva è suscettibile di applicazione analogica anche alle fattispecie dell’errore e della violenza incidenti. Detto orientamento sembra in linea con le tesi di chi nel ribadire la non eccezionalità dell’art. 1440 c.c. propone la coesistenza tra validità e risarcimento del danno ai sensi dell’art. 1337 c.c. sì da configurare la categoria del «vizio incompleto»188 ogni qual volta «si fa salva la validità del contratto, perché il vizio non raggiunge la soglia che consente l’impugnazione, ma sussiste ciò non di meno il rimedio risarcitorio, in ragione di una condotta scorretta in contrahendo»189. In definitiva, la norma di cui all’art. 1440 c.c. dimostrerebbe la compatibilità tra validità del contratto e sussistenza di una responsabilità per violazione della regola di buona fede.

11. Il rapporto tra regole di validità e comportamento impone, tuttavia,

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