Modelli alternativi di formazione del contratto: i Principi UNIDROIT del commercio internazionale e i Principles of European Contract
6. Da un quadro d’insieme si coglie che la buona fede si trova
diffusamente nei Principi ove appare come una guida della quale non si può far a meno, e negli ordinamenti di civil law e in quelli di common law364. Impone il rispetto di essa anzitutto l’art.1.102, luogo centrale dell’intero apparato dei Principi, che proprio nel riconoscere l’autonomia contrattuale assoggetta il suo esercizio alle regole di buona fede e correttezza. Nel commento che segue l’art. 1.201 ove tali clausole sono richiamate ai fini della valutazione della condotta delle parti, si sottolinea che la correttezza e l’equilibrio sono dovute nella formazione nell’adempimento e nell’attuazione degli obblighi delle parti. Ognuna delle parti ha il dovere di osservare condotte ragionevoli, di correttezza e di mostrare il necessario rispetto per gli interessi dell’altra parte. Ciò sembra non comportare una novità rispetto al nostro ordinamento: la nostra dottrina, infatti, ha sempre affermato che la buona fede oggettiva impone a ciascuna parte di preservare gli interessi altrui che non rientrano in una specifica tutela giuridica contrattuale o extracontrattuale; sennonché per taluni, il dovere di solidarietà incontra il suo limite nell’interesse proprio del soggetto: la parte del rapporto obbligatorio, in altri termini, è sì tenuta ad attivarsi per salvaguardare l’utilità dell’altra, ma non sino al punto di subirne un apprezzabile sacrificio365.
Altra interpretazione dell’art. 1.102 può essere quella che porta a leggere nella buona fede una regola che impone un totale impegno di cooperazione del soggetto. Essa imporrebbe una serie di obblighi accessori
364 Sulla buona fede e common law, si v. le osservazioni di G.CRISCUOLI, Buona fede e ragionevolezza, in Riv. dir. civ., 1984, I, p. 709 ss.; A.DE VITA, Buona fede e common law
(attrazione non fatale nella storia del contratto), in Riv. dir. civ., 2003, p. 251; A.MONTI,
Buona fede e assicurazione, Milano, 2002, p. 41.
365 Così C.M. BIANCA, La nozione di buona fede quale regola di comportamento contrattuale, in Riv. dir. civ., 1983, I, p. 205.
125 all’obbligo principale di prestazione, preordinati alla migliore realizzazione dello scopo obbligatorio senza danno per le parti366.
Specificazioni di questa clausola si ritrovano all’art. 2.301 ove si impone a ciascuna parte di non svolgere (iniziare o proseguire) trattative contrattuali in mancanza di una reale volontà di concludere un accordo con l’altra parte, all’art. 2.302 che stabilisce di non rilevare informazioni confidenziali fornite dall’altra parte367, ed ancora all’art. 4.109 nel quale si impone di non trarre vantaggio iniquo dalla dipendenza, dalle difficoltà economiche o altra debolezza dell’altra parte. Come già rilevato per le regole UNIDROIT, la disposizione richiamata consente al contraente che al momento della conclusione del negozio si trovasse in una «situazione di dipendenza» o in una «relazione di fiducia» con la controparte, o «in una situazione di
bisogno economico», di «necessità urgenti», di chiedere l’annullamento del
contratto ove «l’altra parte era o avrebbe dovuto essere a conoscenza di ciò» e soprattutto ove abbia ritratto dalla situazione un vantaggio ingiusto368. Sempre in analogia ai Principi UNIDROIT, sussiste l’alternativa all’annullamento: il giudice potrà (art. 4. 109, 2° co.) «modificare il contratto in modo da metterlo
366 Cfr. E.BETTI, Teoria generale delle obbligazioni, Milano, I, 1953, p. 89 ss. L.MENGONI, Obbligazioni di «risultato» e obbligazioni di «mezzi», in Riv. dir comm., 1954, p. 336 ss.;ID., La parte generale delle obbligazioni, in Riv. crit. dir. priv., 1984, II, p. 507 ss., F.BENATTI,
Osservazioni in tema di doveri di protezione, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1960, p. 1342: ID., voce «Doveri di protezione», in Digesto civ., Torino, 1991, VII, p. 221 ss.; R.
SCOGNAMIGLIO, Contratti in generale, in Tratt. di dir. civ. Grosso e Santoro –Passarelli, IV –
2, Milano, 1977, p. 266; C. CASTRONOVO, voce «Obblighi di protezione», in Encicl. Giur.
Treccani, Roma, 1990, vol. XXI, p. 1 ss; A.DI MAJO, La responsabilità contrattuale, Torino,
2002, p. 19 ss; ID. Delle obbligazioni in generale. Artt. 1173-1176, in Commentario del
codice civile Scialoja e Branca, diretto da F.GALGANO, Bologna-Roma, 1988, p. 121 ss.
367 V. RICCIUTO, La responsabilità precontrattuale nella prospettiva dei Principles of European Contract Law, in AA.VV., Il contratto e le tutele. Prospettive di diritto europeo, a
cura di S.MAZZAMUTO, Torino, 2002, p. 143, osserva che «nella disposizione in esame non
vi è un (espresso) riferimento alla buona fede e tuttavia la valenza ricostruttiva e sistematica di questa categoria concettuale e la valenza costitutiva per l’intero fenomeno contrattuale della culpa in contraendo devono intendersi che nel senso che è confidenziale ogni informazione che le parti si siano scambiate nel corso delle trattative e che “secondo buona fede”, deve considerarsi “funzionalmente” rivolta alla conclusione o alla eventuale esecuzione del contratto, non altrimenti liberamente utilizzabile.»
368 Secondo U. PERFETTI, L’ingiustizia del contratto, Milano, 2005, p. 353 nella norma in esame «non è l’iniquità in sé e dunque l’ingiustizia delle ragioni di scambio che rileva, la tutela essendo condizionata dalla concomitanza della condizione di minorazione dell’altra parte, condizione di cui la prima deve aver approfittato onde conseguire un vantaggio sostanzialmente ingiusto, o ingiustificabile».
126 in armonia con quanto avrebbe potuto essere convenuto nel rispetto della buona fede e della correttezza». La buona fede è altresì criterio fondamentale
quando si tratta di far emergere clausole tacite del contratto (art. 6.102). Esse attribuiscono al debitore il diritto di correggere una prestazione inesatta, prima che il tempo per l’adempimento sia scaduto (art. 8.104), e il diritto di non adempiere in natura l’obbligazione contrattuale tutte le volte che ciò comporti per il debitore uno sforzo ed una spesa irragionevoli (art. 9.102). Altro ricorrente richiamo è al principio di ragionevolezza, laddove si afferma (art. 1.302) che «è da ritenersi ragionevole ciò che chiunque in buona fede e nella
stessa situazione delle parti dovrebbe considerare ragionevole».
Si discorre nuovamente di buona fede a proposito di clausole abusive non oggetto di trattativa individuale (art. 4.110). Tale disposizione costituisce invero una «generalizzazione all’intera disciplina dei contratti della norma contenuta nella direttiva CE n. 13/93 sulle clausole abusive e nell’art. 1469 bis co. 1 cc»369. L’art. 4.110 assume una grande importanza: non solo per il suo contenuto, effettivamente simile alle disposizioni comunitarie di analogo tenore, quanto per la sua estensione. La disciplina dettata infatti per i soli consumatori nella direttiva del 1993, viene qui a rivestire una portata generale, sì da distaccare nettamente la valutazione dell’abusività dallo status individuale dei contraenti. I Principi inoltre non riportano cataloghi di clausole considerate inique. Nei contratti tra professionisti un’elencazione di tali clausole da considerare per sé inique è generalmente ritenuta del tutto impraticabile. La mancata allegazione di siffatta lista, tuttavia, non impedisce ai giudici ed agli arbitri di trovare ispirazione in quella dell’allegato della direttiva CE, laddove si tratti la clausola generale dell’art. 4.110. L’ampliamento dell’ambito di applicazione avviene però con una variazione sull’effetto che comporta il significativo squilibrio e la contrarietà a buona fede. La disposizione in esame prevede l’annullabilità, mentre l’art. 1469 quinquies ora art. 36 del Codice del Consumo discorre di efficacia. Il commento fornisce una spiegazione a questo
369 Così C.CASTRONOVO, Prefazione, cit., p. XXXIII. Il riferimento è ora ovviamente agli artt. 33 ss. del codice del Consumo.
127 mutamento di traiettoria: posto che i principi non contengono un elenco di clausole e la clausola generale è di per sé aperta, normalmente in mancanza di precedenti non sarà possibile affermare se una clausola è abusiva, pertanto non è stata prevista come conseguenza della vessatorietà l’inefficacia della clausola, ma l’annullabilità che appare più in armonia con le altre disposizioni incluse nel capitolo dei PECL dedicato all’invalidità.
In linea generale, si coglie l’intenzione dei Principles di definire più nettamente i comportamenti contrari alla buona fede, per garantire, in forme più incisive e sicure, una maggiore certezza per coloro che conducono operazioni contrattuali in ambito internazionale.