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L’amministratore di sostegno e le dichiarazioni anticipate di trattamento

IL TESTAMENTO BIOLOGICO

2.4 L’amministratore di sostegno e le dichiarazioni anticipate di trattamento

La disciplina dell’amministrazione di sostegno nasce con l’intento di tutelare il beneficiario, di promuovere la persona e rappresenta l’ambito perfetto per garantire il riconoscimento della libertà di autodeterminazione di ciascuno, intesa, anche, come il potere della persona interessata di decidere sui trattamenti sanitari a cui vorrà essere sottoposta. Lo sviluppo e il riconoscimento di tale libertà derivano dallo sviluppo del concetto di salute, che non è più solo una mera “assenza di malattia”, ma riguarda il benessere fisico e psichico

195 Art. 4, comma 2, delle Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento in www.parlamento.it

196

Art. 4, comma 1, delle Norme in materia di consenso informato e di disposizioni

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e tutti gli “aspetti interiori della vita” così come vengono vissuti dal soggetto interessato197.

La nuova legge in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento, riconoscendo alle persone incapaci il diritto “alla valorizzazione delle proprie capacità di comprensione e di

decisione”198, affida all’amministratore di sostegno il compito di far valere il consenso informato, espresso o rifiutato, dell’interessato, “tenendo conto della volontà del beneficiario, in relazione al suo grado

di capacità di intendere e di volere”199.

La legge appena approvata dal Senato prevede espressamente che il soggetto, all’interno delle disposizioni anticipate di trattamento,

197

G. Pagliani, Trattamenti sanitari, fine vita e amministrazione di sostegno, Giur.

merito, fasc.7-8, 2009. Crf a R. Masoni, Vivere è un diritto, non un obbligo: amministrazione di sostegno e consenso ai trattamenti sanitari e di fine vita, in Giur. merito, 2008, 676.

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Art. 3, comma 1, delle Norme in materia di consenso informato e di disposizioni

anticipate di trattamento in www.parlamento.it

199 Art. 3, comma 4, delle Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento in www.parlamento.it. La giurisprudenza aveva esteso

l’ambito di intervento dell’amministratore di sostegno, il quale è legittimato ad esercitare anche i diritti personalissimi del beneficiario: infatti è “ormai acquisito dal

nostro ordinamento il principio per cui il “sostegno” normativo della “cura” della persona non si limita alla sfera economico – patrimoniale, ma tiene conto dei bisogni e delle aspirazioni dell’essere umano ricomprendendo ogni attività della vita civile giuridicamente significativa” (Tribunale Modena, decreto 28 giugno 2004 in P.

Tozzo, D. Rodriguez, M. Bolcato et al., Amministrazione di sostegno e direttive

anticipate di trattamento, in Rivista italiana di medicina legale e del diritto in campo sanitario, 2016, 3, pp. 1051-1076 ) e questo comporta “il coinvolgimento anche di quel diritto – dovere di esprimere il c.d. consenso informato a terapie mediche e/o interventi” (Tribunale Modena, decreto 28 giugno 2004 in P. Tozzo, D. Rodriguez, M.

Bolcato et al., Amministrazione di sostegno e direttive anticipate di trattamento, cit. ). L’istituto dell’amministrazione di sostegno, quindi, è utilizzato come strumento di attuazione delle disposizioni anticipate di trattamento grazie alla “sua duttilità e

agilità applicativa”. Così P. Tozzo, D. Rodriguez, M. Bolcato et al., Amministrazione di sostegno e direttive anticipate di trattamento, cit.

La giurisprudenza, per colmare l’assenza di una legge che fosse in grado di dare certezza alla gestione della parte finale della vita, riteneva che l’atto di nomina dell’amministrazione di sostegno potesse contenere anche disposizioni sul fine vita; è possibile infatti che la persona, nonostante sia perfettamente capace di intendere e di volere, possa chiedere ad un rappresentante di trasmettere le proprie indicazioni sui trattamenti sanitari che vuole ricevere o che vuole rifiutare, nel caso in cui perda la capacità di autodeterminarsi. Così A. Gorgoni, Amministrazione di

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possa indicare una persona di fiducia, il fiduciario, che avrà il compito di farne le veci e di rappresentarlo in modo da far valere la propria volontà; prima di questa legge, il soggetto che otteneva la nomina dell’amministratore doveva chiedere espressamente al giudice tutelare di affidare al soggetto designato il potere di negare il consenso ai trattamenti medici indicati nell’atto di nomina200; l’amministratore di sostegno avrebbe avuto, poi, il compito di dare esecuzione alla volontà del soggetto in caso di sopravvenuta incapacità, rispettando, ovviamente, le indicazioni lasciate dal beneficiario prima della perdita totale o parziale della propria capacità201. Le norme in materia di consenso informato e di

200

A. Gorgoni, Amministrazione di sostegno e trattamenti sanitari, cit.

201

M. Piccinni, U. Roma, Amministrazione di sostegno e disposizioni anticipate di

trattamento: protezione della persona e promozione dell’autonomia, Rivista Trimestrale di Diritto e Procedura Civile, fasc.2, 2014, p. 727.

Il beneficiario, prima del testo normativo appena approvato, doveva chiedere al giudice una nomina pro futuro dell’amministratore di sostegno “in previsione della

propria eventuale futura incapacità, mediante atto pubblico o scrittura privata” ( ex

art. 408 c.c. ) affinché curasse gli interessi relativi alla salute del soggetto. Tribunale di Parma, decreto 2 aprile 2004 in P. Tozzo, D. Rodriguez, M. Bolcato et al.,

Amministrazione di sostegno e direttive anticipate di trattamento, cit. Nel caso in

esame, il beneficiario era capace di intendere e di volere, ma a seguito di un intervento chirurgico avrebbe potuto perdere la capacità di autodeterminarsi. Il giudice accolse la richiesta di nomina anticipata dell’amministratore di sostegno in modo che, se si fosse reso necessario, questi avrebbe potuto far valere la volontà del soggetto divenuto incapace. Generalmente, il rischio che il soggetto potesse perdere la propria capacità era possibile, perché, tendenzialmente, si tratta di soggetti o affetti da una malattia progressivamente invalidante ( si pensi all’Alzheimer, ad esempio ), o perché sottoposti ad un intervento chirurgico molto complesso e rischioso. Il ricorso all’istituto dell’amministrazione di sostegno era, altresì, ammesso come strumento di protezione nel caso di incapacità a seguito di eventi imprevedibili. Va sottolineato che la persona, nel momento in cui ricorreva al giudice tutelare, era perfettamente capace di intendere e di volere e, soprattutto, era in piena salute. La particolarità di questa ipotesi ha creato uno scontro a livello giurisprudenziale tra chi sottolineava la necessità di garantire una tutela al soggetto che potrebbe trovarsi in stato di incapacità e chi invece riteneva necessaria, per la nomina dell’amministratore, una contestuale situazione di impossibilità. In un decreto, il giudice Guido Stanzani ( Tribunale di Modena, decreto 5 novembre 2008 in www.studiolegale.leggiditalia.it ) ha riconosciuto la validità della nomina anticipata dell’amministratore di sostegno, perché, a suo avviso, riconoscere l’attualità dell’effettiva necessità dell’intervento come elemento imprescindibile della nomina, avrebbe promosso un’applicazione riduttiva della misura, in quanto non sarebbe stato possibile adottarla per tutte quelle situazioni di emergenza

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disposizioni anticipate di trattamento, all’interno dell’art. 4, prevedono espressamente che la persona, nelle DAT, “in previsione di

un’eventuale futura incapacità” possa indicare la persona del

fiduciario, in modo che questa possa attuare la volontà del soggetto in caso di incapacità; con questa previsione viene definitivamente smentita quella corrente dottrinaria che riteneva che una nomina pro

futuro del rappresentante della persona beneficiaria avrebbe

comportato il rischio di avere tanti provvedimenti inutili, visto che l’incapacità è eventuale e non certa202. La nuova legge affida espressamente all’amministratore di sostegno il compito di dare attuazione alla volontà del beneficiario che non è più in grado di farla valere autonomamente, tanto da ammettere che l’amministratore abbia il compito di promuoverla anche quando non vi sia alcuna

imprevedibili, come un ictus o un incidente stradale. In questo caso una persona di 53 anni, in salute e capace, designò, con scrittura privata autenticata, la moglie e la figlia come amministratore di sostegno, affidando loro il potere di rifiutare, in caso di una sopravvenuta incapacità, le procedure mediche indicate all’interno dell’atto stesso. Tale impostazione è sostenuta sia dall’art. 406 c.c., che prevede il beneficiario tra i soggetti che possono presentare il ricorso per la nomina dell’amministratore di sostegno, sia dal già citato art. 408 c.c., che parla di “eventuale futura incapacità” e sottolinea come la contestualità dell’esigenza di protezione è necessaria solo per dare esecuzione al decreto. Tribunale di Firenze, decreto 22 dicembre 2010 in www.studiolegale.leggiditalia.it

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Questa tesi veniva confermata dalla Corte di Cassazione la quale aveva stabilito che la procedura di nomina dell’amministratore di sostegno “implica il manifestarsi

della condizione di infermità o incapacità della persona” ( Corte di Cassazione, sentenza 20 dicembre 2012, n. 23707 in www.italgiure.giustizia.it ) e che quindi doveva essere attivata solo quando la situazione di impossibilità di provvedere ai propri interessi fosse stata attuale; con la nuova disciplina viene fugato ogni dubbio: se la persona è capace di intendere e di volere può indicare all’interno delle DAT la propria persona di fiducia, mentre se è incapace di intendere e di volere, la persona sarà rappresentata dal proprio amministratore di sostegno che, qualora non sia già stato individuato, verrà nominato dal giudice proprio per dare attuazione alla volontà del soggetto incapace. L’istituto dell’amministrazione di sostegno, perciò, può essere utilizzato nel caso in cui il soggetto beneficiario versi in uno stato di incapacità: se il soggetto ha lasciato proprie volontà scritte circa i trattamenti sanitari, all’amministratore spettano i compiti attuativi della volontà del beneficiario riguardo tali trattamenti, così che possa dare esecuzione al concetto di dignità e di identità personale del soggetto tutelato; qualora, invece, il beneficiario non abbia lasciato alcuna disposizione scritta, il compito dell’amministratore di sostegno sarà quello di informare correttamente i sanitari della volontà già espressa del soggetto beneficiario.

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disposizione anticipata del soggetto incapace. Prima di tale intervento normativo, vi erano due correnti interpretative: una corrente rigida che, ponendo al centro la riserva di legge in materia di trattamenti sanitari obbligatori, riteneva impossibile sostituire la persona nell’esternalizzazione della propria volontà e promuoveva, quindi, l’estensione dell’ambito di applicazione dell’istituto dell’interdizione; una corrente meno formalista, che, al contrario, ammetteva l’attribuzione del potere di esprimere la volontà dell’interessato, previo intervento del giudice tutelare, all’amministratore di sostegno. Questo orientamento era supportato soprattutto dalla giurisprudenza: un esempio è il decreto del 3 ottobre 2008203 con cui il giudice del Tribunale di Bologna respinse la richiesta di interdizione promossa dai genitori di una ragazza in stato vegetativo permanente da tre anni, ritenendo più opportuna, invece, la nomina di un amministratore di sostegno, in quanto sufficiente per tutelare adeguatamente gli interessi della ragazza204. In realtà, anche senza l’intervento della nuova disposizione era accettabile l’estensione di tali poteri all’amministratore di sostegno, infatti l’art. 404 c.c. prevede che l’esigenza della cura della persona e l’impossibilità di procedervi autonomamente giustificano l’intervento di un amministratore di sostegno, affinché possa garantire il rispetto e il soddisfacimento degli interessi del beneficiario; inoltre, anche all’interno dell’articolo 408 c.c. è espressamente disposto che la “scelta dell’amministratore di

sostegno avviene con esclusivo riguardo alla cura e agli interessi della persona”205. L’amministratore di sostegno è chiamato infatti ad agire secondo il best interest del beneficiario e deve essere in grado di

203

www.altalex.com

204

G. Pagliani, Trattamenti sanitari, fine vita e amministrazione di sostegno, cit.

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rappresentare l’interesse esclusivo dell’incapace206. Nel caso Englaro207, la Corte di Appello di Milano sottolineò come “nello

strutturare ed enunciare il principio di diritto, la Suprema Corte non ha ritenuto che fosse indispensabile la diretta ricostruzione di una sorta di testamento biologico effettuale di Eluana, contenente le sue precise dichiarazioni anticipate di trattamento (advance directives), sia pure rese in modo non formale: ma che fosse necessario e sufficiente piuttosto “accertare se la richiesta di interruzione del trattamento formulata dal padre in veste di tutore riflettesse gli orientamenti della figlia”208.

Il riconoscimento della libertà di autodeterminazione della persona, che ricomprende, ovviamente, il diritto alla salute e il diritto di poter rifiutare cure, terapie ed interventi su se stesso, è fondamentale. Tale libertà, dal momento in cui è indubbiamente riconosciuta alle persone che sono pienamente autonome e capaci di intendere e di volere, deve essere altrettanto riconosciuta anche a coloro che non hanno più piena autonomia e capacità; la persona incapace “deve essere

rispettata e tutelata nei suoi diritti fondamentali, a partire dal diritto alla vita e dal diritto alle prestazioni sanitarie, a maggior ragione

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Corte di Cassazione civile, Sez. I, sentenza 16 ottobre 2007 n. 21748 in www.studiolegale.leggiditalia.it sul Caso Englaro.

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Eluana Englaro, a seguito di un incidente stradale nel 1992, riportò “un

gravissimo trauma cranio-encefalico con lesione di alcuni tessuti cerebrali corticali e subcorticali, da cui derivò prima una condizione di coma profondo, e poi, in progresso di tempo, un persistente stato vegetativo con tetraparesi spastica e perdita di ogni facoltà psichica superiore, quindi di ogni funzione percettiva e cognitiva e della capacità di avere contatti con l’ambiente esterno” in

www.altalex.com. Il padre della paziente, tutore della figlia interdetta, chiese al giudice civile l’autorizzazione ad interrompere le cure che la mantenevano in questo stato vegetativo permanente e che l’aiutavano a sopravvivere solo sul piano fisico. A seguito di una lunga e faticosa battaglia legale, la Corte di Appello di Milano, con decreto 9 luglio 2008, ricostruì la volontà presunta di Eluana Englaro e accolse il reclamo proposto dal Sig. Beppino Englaro, quale tutore di Eluana Englaro, di autorizzazione ad interrompere il trattamento di sostegno vitale artificiale di quest’ultima.

208

Corte di Appello di Milano, decreto 9 luglio 2008 in

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perché in condizioni di estrema debolezza e non in grado di provvedervi autonomamente”209. Per garantire la piena tutela dei soggetti incapaci, diviene fondamentale l’istituto dell’amministratore di sostegno, tanto che, in assenza di precise disposizioni del beneficiario, il giudice può autorizzare la sospensione di qualsiasi trattamento medico richiesta dall’amministratore di sostegno “sempre che tale istanza sia realmente espressiva, in base ad elementi

di prova chiari, univoci e convincenti, della voce del paziente medesimo, tratta dalle sue precedenti dichiarazioni ovvero dalla sua personalità, dal suo stile di vita e dai suoi convincimenti, corrispondendo al suo modo di concepire, prima di cadere in stato di incoscienza, l’idea stessa di dignità della persona”210. Non a caso all’interno delle norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento c’è un articolo dedicato agli incapaci e al ruolo dei loro rappresentanti; in particolare è dato rilievo al ruolo fondamentale che l’amministratore di sostegno svolge nella promozione e valorizzazione della persona beneficiaria della misura, la quale viene rappresentata, se necessario, anche per gli atti personalissimi, anche nei rapporti con i medici e con il personale sanitario, così che venga sempre espressa e manifestata la sua volontà, anche quando non può farlo autonomamente.

2.5 L’eutanasia

La nuova legge in materia di disposizioni anticipate e di consenso informato non disciplina l’eutanasia, che quindi non è ancora ammessa all’interno del nostro ordinamento. Il tema dell’eutanasia è ovviamente attuale, perché a richiedere tale pratica sono le persone

209

Corte di Cassazione, Sez. I Civ., sentenza 16 ottobre 2007, n. 21748 in www.studiolegale.leggiditalia.it

210

Corte di Cassazione, Sez. I Civ., sentenza 16 ottobre 2007, n. 21748 in www.studiolegale.leggiditalia.it

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gravemente malate, affette da mali incurabili come il cancro, dal morbo di Alzheimer o da malattie neurologiche a decorso degenerativo.

La riflessione sul tema dell’eutanasia coinvolge molte questioni etiche, morali e religiose oltre che prettamente giuridiche; tali questioni, nonostante siano tutte importanti per arricchire il dibattito sulla materia e tutte meritevoli di considerazione, in quanto intervengono sulla spiritualità e sulla scelta individuale del singolo, non possono e non devono imporsi l’una sull’altra, perché la nostra Costituzione è una costituzione pluralista, quindi vocata a garantire e riconoscere il rispetto di tutti gli orientamenti morali e religiosi.211 La Costituzione è una per un’intera collettività, la quale è composta da tanti individui, ciascuno con il proprio credo, il proprio convincimento e la propria morale: il dibattito sull’ammissibilità dell’eutanasia nel nostro ordinamento deve considerare che la Costituzione abbraccia ognuno di questi orientamenti senza discriminazione alcuna e deve adottare una soluzione sul tema, che tenga conto di questo scopo, in modo da lasciare poi alla singola persona la scelta, strettamente personale, di avvalersi o meno dello strumento212. Il diritto alla salute sancito nell’art. 32 Cost. è composto da due profili: quello collettivistico, che considera la salute come salute della collettività, la quale è il fondamento per poter imporre i trattamenti sanitari al singolo; a quello che contempla il diritto alla salute come diritto del singolo, della persona. Quest’ultima impostazione è quella che deve prevalere, così da ritenere come elemento principale la tutela della salute del singolo, con il limite del rispetto dalla sua volontà. L’art. 32, insieme al diritto ad essere curato, riconosce espressamente il diritto

211

T. Checcoli, Profili costituzionali dell’eutanasia, in Atti di disposizione del proprio

corpo, Pisa, 2007, pp. 301 – 317.

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di non curarsi, di ammalarsi, fino al diritto a lasciarsi morire213; il diritto alla salute, espresso all’interno dell’art. 32, “subisce” gli effetti dell’art. 13 della Costituzione quando sancisce la libertà personale intesa come limite e, allo stesso tempo, garanzia contro uno Stato che potrebbe cadere in “un paternalismo di natura talora coattiva”214. L’eutanasia è legale, attualmente, solo in pochi paesi ed in Europa è ammessa in Olanda215 e in Svizzera, dove l’ordinamento assume “un atteggiamento estremamente individualista e anti impositivo”216, tanto da permettere agli stranieri di avvalersi delle pratiche di eutanasia attiva217.

Il termine eutanasia, nel pensiero filosofico antico, sta per “buona

morte”, vale a dire una morte naturale, accettata serenamente e

senza alcuna sofferenza, ove possibile218.

213

T. Checcoli, Profili costituzionali dell’eutanasia, cit.

214

T. Checcoli, Profili costituzionali dell’eutanasia, cit.

215 La legge 10 aprile 2001 ha introdotto una scriminante che ha parzialmente

depenalizzato l’eutanasia: l’eutanasia è penalmente punita a meno che il medico abbia procurato la morte del paziente su richiesta dello stesso, oppure se lo ha aiutato a suicidarsi in presenza dei requisiti espressamente individuati dalla legge. Il medico non è punibile se:

- sia convinto la domanda del paziente è volontaria e oggetto di attenta riflessione; - sia convinto che le sofferenze del paziente sono insopportabili e senza miglioramento;

- abbia adeguatamente informato il paziente sulla sua situazione clinica e sulle sue possibilità di cura;

- ritiene, insieme al paziente, che non esistano altre soluzioni nella situazione in cui si trova il paziente;

- si sia confrontato con un altro medico indipendente, totalmente estraneo alla cura del paziente, che, dopo la visita, si è espresso per iscritto sul rispetto dei requisiti precedenti;

- abbia praticato l'interruzione della vita con tutto il rigore medico richiesto. Così in G. Casaburi, Le decisioni di fine vita: una prospettiva europea, Corriere Merito, 2010, 3.

216

G. Casaburi, Le decisioni di fine vita: una prospettiva europea, cit.

217

Tra i vari casi, si ricorda quello di Dj Fabo che, grazie all’aiuto dell’Associazione Luca Coscioni, è andato in Svizzera per porre fine alla propria vita, segnata da un incidente che lo ha reso tetraplegico.

218S. Canestrari, Le diverse tipologie di eutanasia: una legislazione possibile,

in Rivista italiana di medicina legale, 2003, 5/1, pp. 751-775. Esistono varie tipologie di eutanasia: l’eutanasia eugenetica volta a eliminare soggetti malati o disabili, perché non considerati idonei alla vita in base a discutibili ricostruzioni della società; l’eutanasia economica utilizzata per ridurre l’impatto sulle finanze pubbliche del

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L’eutanasia terapeutica, l’unica accettabile per la società moderna, si distingue in eutanasia attiva, in eutanasia indiretta e in eutanasia passiva. Questa distinzione è di grande rilievo per inquadrare il ruolo assunto dal medico sulla morte del paziente, oltre che quello del paziente stesso, il quale in un caso procederà autonomamente, mentre nell’altro dovrà avvalersi dell’intervento del personale medico. Distinguere tra eutanasia passiva e attiva non sempre risulta facile o utile: visto che il medico ha “il dovere di salvaguardare la

salute del paziente”219, non sembra possibile distinguere realmente la condotta passiva da quella attiva, in quanto sospendere una terapia farmacologica salvavita su richiesta del paziente può configurarsi