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Il testamento biologico e le disposizioni anticipate di trattamento

IL TESTAMENTO BIOLOGICO

2.3 Il testamento biologico e le disposizioni anticipate di trattamento

Ottenere il consenso informato dal paziente può risultare, per il medico, particolarmente difficile nei casi di malattie gravi, come un disturbo cognitivo che può presentarsi nel soggetto anziano, tali da non permettere alla persona malata di potersi esprimere e di manifestare la propria volontà autonomamente.

Le direttive anticipate di trattamento, essendo dichiarazioni di volontà sulle cure che intervengono prima del verificarsi dell’esigenza terapeutica, permettono, invece, alla persona capace di far valere la propria volontà anche col sopravvenire di una condizione di incapacità. Il testamento biologico, secondo il Comitato Nazionale per la Bioetica, è un “documento con il quale una persona, dotata di piena

capacità, esprime la sua volontà circa i trattamenti ai quali desidererebbe o non desidererebbe essere sottoposta nel caso in cui, nel decorso di una malattia o a causa di traumi improvvisi, non fosse più in grado di esprimere il proprio consenso o dissenso informato”162. Lo scopo delle direttive è quello di evitare che, in situazioni di emergenza, l’individuo sia “in balia” di decisioni altrui163, infatti possono essere utilizzate per esprimere la volontà a sottoporsi o meno a determinate cure, oppure come atto di nomina di quei soggetti chiamati ad adottare le scelte mediche in attuazione della volontà dell’autore del testamento: l’art. 4 della legge che interviene a disciplinare le disposizioni anticipate di trattamento, al primo comma, dispone che “Ogni persona maggiorenne e capace di

intendere e di volere, in previsione di un’eventuale futura incapacità di autodeterminarsi e dopo avere acquisito adeguate informazioni

162

Parere 18 dicembre 2003 in www.bioetica.governo.it

163

C. Brignone, Punti fermi, questioni aperte e dilemmi in tema di rifiuto di cure: la

prospettiva civilistica, in Il Diritto di famiglia e delle persone, 2010, 3/2, pp. 1311-

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mediche sulle conseguenze delle sue scelte, può, attraverso le DAT, esprimere le proprie volontà in materia di trattamenti sanitari, nonché il consenso o il rifiuto rispetto ad accertamenti diagnostici o scelte terapeutiche e a singoli trattamenti sanitari. Indica altresì una persona di sua fiducia, di seguito denominata «fiduciario», che ne faccia le veci e la rappresenti nelle relazioni con il medico e con le strutture sanitarie”164.

Le direttive anticipate di trattamento sono una manifestazione della volontà del soggetto che deve formarsi in maniera libera e soprattutto consapevole e che si realizza attraverso il principio del consenso informato. Il contenuto del testamento biologico può avere ad oggetto anche manifestazioni di volontà pro futuro: le direttive anticipate di trattamento, infatti, possono anche basarsi sull’autodeterminazione preventiva165, vale a dire il diritto del soggetto di autodeterminare il proprio futuro in caso di

164 Art. 4, comma 1, Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento, in www.parlamento.it La nuova legge è in grado di fornire

una disciplina sulle DAT, ma ancor prima dell’intervento del legislatore, la giurisprudenza, per sopperire a tale mancanza, faceva riferimento ad un quadro normativo molto ampio: si pensi alla Costituzione italiana, che nell’art. 32 dispone come nessuno può subire contro la propria volontà un trattamento sanitario non obbligatorio, e alle convenzioni internazionali, come la Convenzione di Oviedo ( C. Zorzoli, Il testamento biologico in Italia, in Diritto alla fine della vita, a cura di D’Aloia, Napoli, 2012 , pp. 407-421), che nell’art. 9 afferma che “I desideri

precedentemente espressi a proposito di un intervento medico da parte di un paziente che, al momento dell’intervento, non è in grado di esprimere la sua volontà saranno tenuti in considerazione”. Convenzione di Oviedo in www.unimi.it. La

giurisprudenza ha, inoltre, riconosciuto valore di vere norme giuridiche alle norme deontologiche164, completando così il quadro normativo di riferimento per le disposizioni anticipate di trattamento. Corte di Cassazione, Sez. IV, sentenza 6 luglio 2005, n. 36592 in www.studiolegale.leggiditalia.it Il Codice di deontologia medica del 2006, individuando i principi e doveri dell’attività medica, all’art. 35 prevede che “In ogni caso, in presenza di documentato rifiuto di persona capace, il medico deve

desistere dai conseguenti atti diagnostici e/o curativi, non essendo consentito alcun trattamento medico contro la volontà della persona”. Codice di deontologia medica

2006 in www.salute.gov.it

165

A. Nicolussi, Testamento biologico e problemi del fine-vita: verso un

bilanciamento di valori o un nuovo dogma della volontà?, in Europa e diritto privato,

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sopravvenienza dell’incapacità fisica o mentale166. Grazie all’intervento normativo, non possono più esservi dubbi sul valore pro

futuro delle disposizioni anticipate, perché la norma fa espressamente

riferimento alla previsione di “un’eventuale futura incapacità di

autodeterminarsi”167; viene così definitivamente smentita quella parte della dottrina che riteneva come limite delle disposizioni anticipate di trattamento il fatto che la manifestazione della volontà del soggetto fosse anteriore rispetto al momento in cui il soggetto si sarebbe effettivamente avvalso di tali disposizioni, perché la volontà espressa all’interno delle disposizioni anticipate non era attuale ed era “decontestualizzata” rispetto al momento in cui sarebbe sorta l’incapacità168.

166

L. Milone, Il testamento biologico (Living will), Vita notarile, 1997, pp. 87 s.

167 Art. 4, comma 1, delle Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento in www.parlamento.it

168

Questo limite, secondo questa parte della dottrina, avrebbe inciso sull’attendibilità di tali dichiarazioni perché “solo con riguardo ad una data e

concreta situazione di fatto ed al processo evolutivo di una determinata patologia, possano essere forniti all’interessato precisi elementi in grado di condurre ad una scelta ponderata”168. Così M. Sesta, Riflessioni sul testamento biologico, in Famiglia

e diritto, 2008, 4, pp. 407-411. Questa parte della dottrina ha, inoltre, rilevato che a

causa dell’incapacità dell’interessato, le determinazioni contenute nel testamento biologico non sarebbero revocabili e il soggetto si troverebbe così senza la possibilità di invalidare o modificare le disposizioni precedentemente manifestate. Così M. Sesta, Riflessioni sul testamento biologico, cit. Deve essere considerato, però, che la finalità del testamento biologico è proprio quella di permettere al paziente di esprimere, ora per allora, una determinata volontà con il rischio che quando quella volontà dovrà essere attuata, potrebbe non rappresentarlo più (F. Bonaccorsi, Autonomia privata, integrità fisica e dignità della persona: il problema

del testamento biologico, in Atti di disposizione del proprio corpo, Pisa, 2007, pp.

287-300 ) : infatti, se un soggetto consapevole del fatto che “tutte le disposizioni

anticipate di trattamento possiedono inevitabilmente un carattere precario, contingente ed incerto” decidesse di confermare comunque la sua ferma volontà di

redigerle, “con la sua firma egli manifesterebbe senza equivoci l’intenzione di

assumersi personalmente e pienamente, almeno sul piano etico, tale rischio”, in

modo da evitare che questo rischio, “che egli coscientemente deciderebbe di

correre”, possa invalidare tali dichiarazioni. Parere 18 dicembre 2003 in

bioetica.governo.it. Il paziente può, comunque, modificare la propria volontà in qualsiasi momento. Art. 1, comma 5, delle Norme in materia di consenso informato

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Il medico deve dare attuazione alla volontà del paziente ed è così esente da ogni responsabilità civile o penale; il paziente, d’altro canto, “non può esigere trattamenti sanitari contrari a norme di legge, alla

deontologia professionale o alle buone pratiche clinico-assistenziali; a fronte di tali richieste, il medico non ha obblighi professionali”169. Il medico deve rispettare quanto indicato nelle DAT, ma queste possono essere disattese dal medico stesso, totalmente o parzialmente, se queste “appaiano palesemente incongrue o non corrispondenti alla

condizione clinica attuale del paziente ovvero sussistano terapie non prevedibili all’atto della sottoscrizione, capaci di offrire concrete possibilità di miglioramento delle condizioni di vita”170. Le direttive anticipate hanno, quindi, carattere vincolante per il medico, che però è sempre chiamato a fare una valutazione specifica del caso; per questo all’interno delle disposizioni anticipate di trattamento spesso viene individuato un fiduciario, un soggetto che conosce la persona che ha redatto le DAT, in modo da aver sempre riguardo del miglior interesse del paziente.

169 Art. 1, comma 5, delle Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento in www.parlamento.it. Il limite alla vincolatività delle

disposizioni anticipate era stato già individuato; le direttive dovevano essere ritenute vincolanti per il medico solo se:

- Sono state espresse liberamente da un soggetto maggiorenne, capace di intendere e di volere, adeguatamente informato e consapevole

- Si riferiscono alla condizione clinica in cui il soggetto si trova concretamente

- Non hanno contenuto eutanistico

- Non sono state revocate dal paziente, né espressamente né implicitamente - Non sono diventate inattuale a seguito dei progressi in campo medico. Nel caso venisse meno anche un solo di questi elementi, il valore delle direttive dovrebbe essere ridimensionato e bisognerebbe attribuire loro una vincolatività limitata, in quanto il medico dovrà valutare sia il quadro clinico del paziente, per verificare che corrisponda effettivamente con quello presentato all’interno delle direttive, sia il progresso medico e tecnologico, perché potrebbe rendere inattuali quelle dichiarazioni. Così F. Bonaccorsi, Autonomia privata, integrità fisica e dignità

della persona: il problema del testamento biologico, cit. 170

Art. 4, comma 5, delle Norme in materia di consenso informato e di disposizioni

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Il contenuto delle dichiarazioni anticipate dovrebbe ispirarsi al principio secondo cui ogni persona “ha il diritto di esprimere i propri desideri anche in modo anticipato in relazione a tutti i trattamenti terapeutici e a tutti gli interventi medici circa i quali può lecitamente esprimere la propria volontà attuale”171; ciò esclude che le dichiarazioni anticipate possano entrare in contrasto con i principi e le norme del nostro ordinamento o con le norme della deontologia medica. Le disposizioni anticipate possono contenere indicazioni circa l’intenzione di donare organi o sull’assistenza religiosa, oppure possono indicare le “modalità di umanizzazione della morte ( cure palliative, richiesta di essere curato in casa, ecc .. )”172, oltre che contenere indicazioni sulle preferenze del paziente con riferimento alle varie possibilità diagnostico – terapeutiche di cui potrebbe avvalersi durante il decorso della malattia, oppure potrebbero indicare la richiesta di non attivazione di qualsiasi forma di accanimento terapeutico o il non inizio o la sospensione di ogni altra forma di trattamenti terapeutici di sostegno vitale173. Il testamento biologico può comprendere disposizioni in senso positivo e disposizioni in senso negativo: le direttive in senso positivo sono la scelta di cure, la proposta di interventi palliativi e l’indicazione di una terapia del dolore; direttive in senso negativo sono il rifiuto delle cure e la rinuncia alle terapie174.

Le direttive anticipate di trattamento possono essere funzionali all’esercizio del diritto di chiedere al medico di non iniziare o eventualmente di interrompere trattamenti appropriati, secondo la propria coscienza; ma possono essere anche espressione del diritto a

171

Parere 18 dicembre 2003 in bioetica.governo.it

172 Parere 18 dicembre 2003 in bioetica.governo.it 173 Parere 18 dicembre 2003 in bioetica.governo.it 174

D.Maltese, Il 'Testamento biologico' Relazione al Convegno 'Il testamento

biologico - Direttive anticipate di trattamento- Considerazioni etico - giuridiche', Trieste, 6 aprile 2005, in Rivista di diritto civile, 2006, fasc. 4, pt. 2, pp. 525-533.

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non soffrire. Le cure palliative e la terapia del dolore assumono una particolare rilevanza anche nei confronti delle persone anziane, quando, oltre ad essere affetti da una malattia grave, devono subire i disturbi legati all’avanzare dell’età, che possono creare maggiori disagi175.

Entrambe le misure possono formare oggetto delle disposizioni anticipate di trattamento: l’autonomia del paziente ha assunto un ruolo sempre più centrale anche nel rapporto medico – paziente, tanto da diventare la più forte espressione della libertà individuale ed il testamento biologico rappresenta lo strumento ideale per manifestare la propria volontà in maniera chiara e certa.

All’interno del testamento biologico, inoltre, è possibile manifestare la propria volontà circa l’interruzione del trattamento di nutrizione e idratazione artificiale ( NIA ), che sono considerati dall’attuale legge trattamenti sanitari in quanto prevedono la somministrazione, su prescrizione medica, di nutrienti mediante dispositivi medici176. Tali trattamenti sono somministrati spesso agli anziani in quanto maggiormente a rischio di malnutrizione, a causa dell’invecchiamento

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La nuova legge approvata dal Parlamento, all’art. 2, individua il dovere del medico, nei confronti del paziente, di “adoperarsi per alleviarne le sofferenze”, garantendo un’adeguata terapia del dolore in modo da non far soffrire la persona oltre la soglia del sopportabile; la disciplina delle cure palliative e della terapia del dolore è prevista all’interno della legge n. 38/2010, il cui art. 2 definisce:

le cure palliative come “l'insieme degli interventi terapeutici, diagnostici e

assistenziali, rivolti sia alla persona malata sia al suo nucleo familiare, finalizzati alla cura attiva e totale dei pazienti la cui malattia di base, caratterizzata da un'inarrestabile evoluzione e da una prognosi infausta, non risponde più a trattamenti specifici”; Legge n.38/2010 in

www.trovanorme.salute.gov.it

la terapia del dolore come “l'insieme di interventi diagnostici e terapeutici

volti a individuare e applicare alle forme morbose croniche idonee e appropriate terapie farmacologiche, chirurgiche, strumentali, psicologiche e riabilitative, tra loro variamente integrate, allo scopo di elaborare idonei percorsi diagnostico-terapeutici per la soppressione e il controllo del dolore”. Legge n. 38/2010 in www.trovanorme.salute.gov.it

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Art. 1, comma 5, delle Norme in materia di consenso informato e di disposizioni

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che può provocare il calo delle riserve fisiologiche e a causa della presenza di malattie croniche, anche multiple che possono incidere negativamente sull’assorbimento dei nutrienti177.

Il nuovo testo normativo ha ormai definitivamente risolto ogni dubbio circa la natura delle NIA, così da porre fine al lungo dibattito promosso dalla dottrina e dalla giurisprudenza; mentre la Corte Suprema, con la sentenza n. 21748/2007, ha definito l’idratazione e l’alimentazione artificiali con sondino naso - gastrico come dei trattamenti sanitari, in quanto prevedono un sapere scientifico e per questo devono essere somministrate dal personale medico178, il Comitato Nazionale per la bioetica li definiva come “atti dovuti

eticamente in quanto indispensabili per garantire le condizioni fisiologiche di base per vivere”179, non riconoscendo loro natura di trattamento medico180. L’orientamento generale attribuiva alla NIA la

177 G. Toigo, M. Zamboni , G. Sergi, G. Valerio, S. Boscaro, V. Di Francesco, A. Coin, B.

Ciocchi, E. Deiuri, Linee Guida per la nutrizione artificiale nel paziente anziano, in www.sigg.it

178Corte di Cassazione civile, Sez. I, sentenza 16 ottobre 2007, n. 21748 in

www.studiolegale.leggiditalia.it

179

Parere 30 settembre 2005 in www.bioetica.governo.it

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La questione assumeva un forte significato non solo da un punto di vista bioetico, ma anche sul piano giuridico, perché chi considerava la NIA un trattamento sanitario riteneva che la stessa sarebbe stata assoggettata alle regole del consenso informato e quindi, secondo alcuni, in caso di rifiuto del paziente a tale trattamento, si sarebbe potuto configurare, addirittura, una forma di accanimento terapeutico180, anche se questo si realizza solo quando i trattamenti medici risultano inutili per il miglioramento della vita del paziente e non portano alcun beneficio180. Viceversa, qualora le pratiche di NIA non fossero rientrate nella categoria dei trattamenti sanitari, sarebbero state accettate come “pratiche coattive di nutrizione

artificiale”180, ma un’imposizione dell’alimentazione e dell’idratazione al paziente è legittima solo se vi sono i presupposti dell’art. 13, 2° comma, della Costituzione, poiché la NIA è una procedura fortemente invasiva, perciò, se è compiuta contro la volontà del paziente, determina una restrizione della libertà personale.

La giurisprudenzaha ripreso l’orientamento della Corte di Cassazione assunto nella sentenza n. 21748/2007 circa la definizione della NIA come trattamento sanitario, ed ha sottolineato come necessario il consenso del paziente a sottoporsi al trattamento e il dovere del medico, nel caso in cui il consenso venga meno, di astenersi.

Sotto il profilo scientifico, escludendo il parere del Comitato Nazionale per la bioetica, dai documenti ufficiali delle società specializzate nel campo, si evince il generale e quasi unanime orientamento nel riconoscere la NIA come un

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natura di trattamento medico, ma grazie al recente intervento legislativo in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento sono stati eliminati tutti i dubbi: gli interventi di NIA sono dei trattamenti medici sia dal punto di vista scientifico che da quello giuridico e quindi possono essere oggetto di testamento biologico, il cui contenuto deve essere seguito dal medico che, accertata la consapevolezza del persona riguardo il rifiuto di nutrirsi, “non deve assumere iniziative costrittive né collaborare a

manovre coattive di nutrizione artificiale nei confronti della medesima, pur continuando ad assisterla”181.

Le direttive anticipate di trattamento sono una chiara e certa manifestazione della volontà del soggetto cosciente nel caso in cui venga a trovarsi in una situazione di incoscienza, in cui non è in grado di esprimere il proprio volere autonomamente, come lo stato vegetativo permanente. Grazie agli sviluppi della terapia intensiva, i soggetti che hanno subito un danno gravissimo degli emisferi cerebrali possono sopravvivere in uno stato prolungato di coma, caratterizzato da una completa assenza delle attività della corteccia cerebrale: se questo stato perdura per più di trenta giorni, viene definito stato vegetativo persistente; quando lo stato vegetativo è irreversibile, si parla di stato vegetativo permanente182.

Lo stato vegetativo permanente è “una prognosi di irreversibilità”183; gli individui sembrano vigili, ma non hanno alcuna consapevolezza di sé e del mondo esterno, non sono in grado di provare sensazioni

trattamento medico; inoltre, nel 2000, la Commissione sullo stato vegetativo permanente istituita dal Ministro Veronesi ha precisato come l’idratazione e l’alimentazione artificiale in soggetti in stato vegetativo permanente “perdono i

connotati di atto di sostentamento doveroso e acquistano quello di trattamento medico in senso ampio”180.

181 Art. 53 Codice di deontologia medica 2006 in www.salute.gov.it 182

C. A. Defanti, Soglie. Medicina e fine della vita, Bollati e Boringhieri editore s.r.l, Torino, 2007.

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perché, qualora conservassero una reattività agli stimoli esterni, questa sarebbe solo il frutto di un’attività riflessa, quindi automatica184. Le cause dello stato vegetativo permanente possono derivare da un insulto acuto dell’encefalo di tipo traumatico oppure ipossico – ischemico o emorragico, da malformazioni o da malattie cronico – progressive tra cui, la più comune, la demenza derivante dalla malattia di Alzheimer185.

La demenza porta alla perdita delle capacità intellettive al punto da interferire con le capacità lavorative e relazionali, perché il deterioramento non riguarda solo la memoria, ma anche il ragionamento in astratto, il giudizio, il linguaggio o le abilità visivo – spaziali. Gli anziani che presentano varie forme di demenza sono circa 1,3 milioni e rappresentano il 10% circa dei 13 milioni di ultrasessantenni italiani186. La persona affetta da Alzheimer è condannata ad uno stato di incapacità che peggiora con il passare del tempo al punto da renderla incapace di autodeterminarsi e di scegliere anche sulle questioni basilari, in quanto il deficit è di tipo cognitivo – progressivo.

L’Alzheimer's Disease International, Alzheimer Europe e Federazione Alzheimer Italia, nel 1999, hanno approvato la Carta dei diritti del malato di Alzheimer che sancisce:

“Il diritto del malato ad un rispetto e ad una dignità pari a

quella di ogni altro cittadino;

Il diritto del malato ad essere informato, nelle fasi precoci della malattia, e dei congiunti o rappresentanti legali in qualsiasi fase della stessa, per quanto possibile, sulla sua malattia e sulla sua prevedibile evoluzione;

184

C. A. Defanti, Soglie. Medicina e fine della vita, cit.

185

C. A. Defanti, Soglie. Medicina e fine della vita, cit.

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Il diritto del malato (o del rappresentante legale) a partecipare, per quanto possibile, alle decisioni riguardanti il tipo di cura e di assistenza presente e futura;

Il diritto del malato e di chi si prende cura di lui di scegliere fra le diverse opzioni di cura/assistenza che si prospettano”187. La persona malata di Alzheimer perde la capacità di esercitare il proprio diritto di autodeterminazione, che è diventato ed è considerato come uno dei principi cardine del nostro ordinamento e deve quindi essere riconosciuto e garantito anche alle persone affette da tale morbo, al fine di evitare che queste possano essere ulteriormente mortificate dallo stato in cui si trovano.

La persona affetta dal morbo di Alzheimer solleva questioni etiche a