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Il concetto di dignità e il principio di autodeterminazione dell’individuo

IL TESTAMENTO BIOLOGICO

2.2 Il concetto di dignità e il principio di autodeterminazione dell’individuo

autodeterminazione della persona e della libertà personale, sancita all’interno dell’art. 13 del testo costituzionale ed infine, trova ulteriore fondamento all’interno dell’art. 32 della Costituzione che dichiara come nessuno può essere obbligatoriamente sottoposto, contro la sua volontà, ad un determinato trattamento sanitario.

2.2 Il concetto di dignità e il principio di autodeterminazione dell’individuo

L’avanzare dell’età, l’impatto di determinate cure, la diagnosi di una malattia terminale o progressivamente invalidante possono incidere e minare il senso di dignità di una persona. Il concetto di dignità è un concetto molto ampio, perché rappresenta il principio fondamentale della tutela della persona e costituisce il punto di riferimento che permetteva e permette all’interprete di comporre un quadro normativo in grado di colmare il “vuoto legislativo”134 che si presentava nella tematica del fine vita: tale principio è espressamente enunciato all’interno della nostra Costituzione, è presente all’interno dell’art. 1 della Carta di Nizza135, al punto da esserne il cardine, oltre ad essere il punto di riferimento nelle convenzioni sulla bioetica, come la Convenzione di Oviedo.

134 F. D. Busnelli, Problemi giuridici di fine vita tra natura e artificio, in Rivista di diritto civile, 2011, 2/1, pp. 153-172.

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L’art. 1 della Carta di Nizza dispone che “La dignità umana è inviolabile. Essa deve

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L’interpretazione del principio nel diritto costituzionale e nella bioetica europea è utilizzata per ricercare dei criteri che permettano di sciogliere i nodi problematici riferibili al fine vita136, proprio perché la dignità della persona è un “riferimento significativo nel quadro assiologico dell’intero diritto europeo”137. Non a caso, l’art. 1 della legge approvata in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento parte proprio dal riconoscimento del rispetto della dignità della persona che, insieme al principio di autodeterminazione, al diritto alla vita e alla salute, costituisce il fondamento della nuova disciplina.

La dignità nel fine vita è una tematica scivolosa perché coinvolge i valori dell’identità personale, le scelte sulla propria salute e sul proprio corpo, vale a dire questioni che hanno una forte componente soggettiva, perché è il risultato dell’interiorità, della percezione e del sentire del singolo individuo ed è il risultato della “autorappresentazione di sé”138 e si pone tra il diritto di scelta del paziente e il principio di indisponibilità del proprio corpo139. La dignità umana assume, inoltre, anche un forte valore oggettivo perché è un connotato della persona e come tale non può essere attribuito o tolto, ma solo riconosciuto o violato140.

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F. D. Busnelli, Problemi giuridici di fine vita tra natura e artificio, cit.

137

P. Morozzo Della Rocca, Capacità di volere e rifiuto delle cure, Europa e Diritto

Privato, fasc.2, 2014, p. 387. 138

P. Morozzo Della Rocca, Capacità di volere e rifiuto delle cure, cit.

139

C. Picciocchi, La dignità nel fine vita: un concetto dirimente?, in Diritto alla fine

della vita, a cura di D’Aloia, Napoli, 2012. 140

E. Mazzoleni, Pensare la dignità umana, in www.academia.edu. Secondo una parte della dottrina, soffermatasi sul profilo soggettivo della dignità, è possibile incorrere nel rischio di giustificare ogni decisione sulla vita e sulla morte arrivando alla “liberalizzazione del suicidio”: questa parte della dottrina sostiene che la libertà di autodeterminazione e la dignità devono essere lette separatamente al fine di evitare che la forza della volontà del singolo e, quindi, la sua autodeterminazione, possano additare come indegne particolari condizioni di vita ( P. Morozzo Della Rocca, Capacità di volere e rifiuto delle cure, cit. ), vita intesa come valore costituzionale indefettibile. Tale orientamento, però, non considera che il bene della vita deve essere bilanciato con altri valori costituzionali come quello di libertà o di

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Il principio di autodeterminazione è la manifestazione del potere della volontà individuale141 e rappresenta l’interesse della persona nel premiare la propria individualità e personalità142: l’idea del soggetto astratto, inteso come “soggetto proprietario” nella passata tradizione codicistica, è ormai sostituita dalla centralità del principio di autodeterminazione143, che trova il proprio riconoscimento all’interno del 2° comma dell’art. 32 della Costituzione, dove si afferma che “Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento

sanitario se non per disposizione di legge”144 e dove si individua come limite alla legge il rispetto della persona umana. La nuova legge, partendo proprio dal 2° comma dell’art. 32 della Costituzione, stabilisce che “nessun trattamento sanitario può essere iniziato o

proseguito se privo del consenso libero e informato della persona interessata, tranne che nei casi espressamente previsti dalla legge”145. Ogni paziente ha, quindi, il diritto di veder rispettato il proprio rifiuto alle cure e alle terapie mediche; altrimenti le cure mediche rischiano di diventare un’offesa alla dignità della persona, così come ogni trattamento terapeutico non espressamente richiesto può rappresentare un “attacco” alla propria libertà di autodeterminazione. Tale diritto è stato riconosciuto prima ancora dalla giurisprudenza che “ha fatto emergere l'ampiezza di tale

autodeterminazione; allora è più corretto, parlare di diritto alla vita (G. Galazzo,

Qualificazione dei trattamenti di nutrizione, in Diritto alla fine della vita, a cura di D’Aloia, Napoli, 2012, pp 199-212 ), che, in quanto tale, non può essere in alcun

modo imposto, perché se si accetta che la persona può essere costretta a vivere o a curarsi, viene violato uno dei diritti inviolabili del nostro ordinamento, quello della libertà personale, espressamente tutelato all’interno dell’art. 13 della nostra Costituzione.

141

E. Giacobbe, Autodeterminazione, famiglie e diritto privato, in Il Diritto di

famiglia e delle persone, 2010, 1/2, pp. 297-334. 142

L. Balestra, L'autodeterminazione nel "fine vita", cit.

143 V. Marzocco, Il diritto ad autodeterminarsi e il “governo di sé”, in Diritto alla fine della vita, a cura di D’Aloia, Napoli, 2012.

144

Art. 32, 2° comma, Costituzione in www.senato.it

145

Art. 1, comma 1, delle Norme in materia di consenso informato e di disposizioni

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principio, nel senso che qualsiasi atto invasivo della sfera fisica, sia di natura terapeutica che non terapeutica, non può avvenire senza o contro il consenso della persona interessata, in quanto l'"inviolabilità fisica" costituisce il "nucleo" essenziale della stessa libertà personale”146. Il principio di autodeterminazione, quindi, assume un ruolo fondamentale nel rapporto medico – paziente, il quale, infatti, non è più un mero destinatario delle determinazioni del medico, ma diviene protagonista di tale rapporto, in quanto ha acquisito il diritto di intervenire nelle decisioni mediche e terapeutiche147 e di compiere scelte che si fondano sulla piena capacità e la piena consapevolezza, al fine di comprendere correttamente le conseguenze e le possibili alternative della scelta compiuta. L’obiettivo è quello di valorizzare e promuovere la “relazione di cura e di fiducia tra paziente e medico che

si basa sul consenso informato”148, che rappresenta “una forma di

rispetto per la libertà dell’individuo e per il perseguimento dei suoi

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Tribunale di Roma, decreto 16 dicembre 2006 in www.eius.it, intervenuta sul caso Welby. Nel 1963 a Piergiorgio Welby fu diagnosticata una distrofia facio- scapolo-omerale, vale a dire, una malattia degenerativa dei muscoli scheletrici che, anche se non dà spazio a guarigione, lascia intatte completamente le funzioni intellettive. Nel 2006, Welby presentò un ricorso d’urgenza al Tribunale civile di Roma, chiedendo l’accertamento del suo diritto di autodeterminazione: reclamava l’accertamento della “propria libera, informata, consapevole e incondizionata

volontà a che sia immediatamente cessata l'attività di sostentamento a mezzo di ventilatore artificiale”. Il Tribunale di Roma riconobbe il “principio di autodeterminazione individuale e consapevole del paziente, protetta da norme di rango costituzionale” ma, allo stesso tempo, negò l’autorizzazione a cessare il

sostentamento del paziente attraverso la ventilazione artificiale perché, secondo i giudici romani, mancava una legge che riconoscesse la validità della richiesta. Welby decise di non aspettare più e, trovando un anestesista disponibile, si fece interrompere il trattamento sanitario che lo teneva in vita e morì. Il “Caso Welby” proseguì dopo la morte di Piergiorgio Welby in quanto l’anestesista, il dott. Riccio, che diede esecuzione alla volontà del paziente, fu iscritto dalla Procura di Roma nel registro degli indagati per la violazione delle norme del codice penale che sanzionano l’omicidio del consenziente. Il 23 luglio 2007, il g.u.p. di Roma pronunciò la sentenza di proscioglimento di Riccio, affermando che l’anestesista agì nell’esclusivo interesse del paziente, eseguendo quello che era il suo dovere di medico, vale a dire assecondare la volontà e la richiesta del proprio paziente.

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L. Balestra, L'autodeterminazione nel "fine vita", cit.

148

Art. 1, comma 2, delle Norme in materia di consenso informato e di disposizioni

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migliori interessi”149e riguarda “la facoltà non solo di scegliere tra le

diverse possibilità di trattamento medico, ma anche di eventualmente rifiutare la terapia e di decidere consapevolmente di interromperla, in tutte le fasi della vita, anche in quella terminale”150. Il consenso informato, che deve essere “acquisito nei modi e con gli strumenti più

consoni alle condizioni del paziente”151 e “documentato in forma

scritta o attraverso videoregistrazioni o, per la persona con disabilità, attraverso dispositivi che le consentano di comunicare”152, rappresenta il punto di incontro tra “l’autonomia decisionale del

paziente e la competenza, l’autonomia professionale e la responsabilità del medico”153. Con il principio del consenso informato è venuto meno quel “rapporto paternalistico”154 tra il medico e il paziente, che, grazie a tale principio, si trovano in una situazione di equilibrio, nonostante le loro posizioni siano caratterizzate da livelli di conoscenza diversi. Il consenso o il dissenso al trattamento terapeutico sono il risultato della scelta terapeutica compiuta dal paziente in maniera consapevole, a seguito delle indicazioni e delle spiegazioni fornite dal medico, il quale ha un dovere di informazione molto ampio che ha per oggetto le condizioni di salute del paziente, la descrizione delle cure e delle terapie mediche proposte, le possibili conseguenze della terapia e del rifiuto della terapia stessa, le eventuali alternative, l’indicazione delle dotazioni della struttura

149

C. Tripodina, A chi spettano le decisioni politiche fondamentali sulle questioni

eticamente controverse? (Riflessioni a margine del “Caso Englaro”), cit.

150 Corte di Cassazione civile, Sez. I, sentenza 16 ottobre 2007, n. 21748 in

www.studiolegale.leggiditalia.it

151

Art. 1, comma 4, delle Norme in materia di consenso informato e di disposizioni

anticipate di trattamento in www.parlamento.it

152 Art. 1, comma 4, delle Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento in www.parlamento.it

153 Art. 1, comma 2, delle Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento in www.parlamento.it

154

E. Falletti, Amministrazione di sostegno e consenso informato a terapia

sperimentale del beneficiario sofferente di alzheimer, in Famiglia e diritto, 2010, 11,

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sanitaria e la descrizione delle varie fasi da cui è composto un intervento complesso155.

Il principio consensualistico è ormai normativizzato: è presente all’interno dell’articolo 33 della legge n. 833/1978 che dispone che per i trattamenti sanitari è necessario “assicurare il consenso e la

partecipazione”156 del paziente e nella Convenzione di Oviedo all’art. 5, il quale afferma che “un intervento nel campo della salute non può

essere effettuato se non dopo che la persona interessata abbia dato consenso libero e informato”157.

È necessario sottolineare che il principio di autodeterminazione deve essere riconosciuto a tutti: il “Nessuno” a cui fa riferimento la Costituzione all’interno dell’art. 32 non può essere riferito solo a coloro che hanno la capacità di intendere e di volere, in quanto risulterebbe fortemente discriminatorio non riconoscere la possibilità di autodeterminarsi anche a coloro che si trovano in stato di

155

All’art. 1, comma 3, delle Norme in materia di consenso informato e di

disposizioni anticipate di trattamento è espressamente previsto che “Ogni persona ha il diritto di conoscere le proprie condizioni di salute e di essere informata in modo completo, aggiornato e a lei comprensibile riguardo alla diagnosi, alla prognosi, ai benefìci e ai rischi degli accertamenti diagnostici e dei trattamenti sanitari indicati, nonché riguardo alle possibili alternative e alle conseguenze dell’eventuale rifiuto del trattamento sanitario e dell’accertamento diagnostico o della rinuncia ai medesimi” in www.parlamento.it Il medico deve infatti ottenere il consenso del

paziente per quella determinata procedura medica: il medico ha, nei confronti del proprio paziente, il dovere di compiere il “massimo sforzo per chiarirgli le condizioni

della terapia ovvero dell’intervento medico”. Così E. Falletti, Amministrazione di sostegno e consenso informato a terapia sperimentale del beneficiario sofferente di Alzheimer, cit. Sul punto, è stata chiara la Corte di Cassazione che ha previsto come

“l’obbligo si estende ai rischi prevedibili e non anche agli esiti anormali, al limite del

fortuito”. Corte di Cassazione, sentenza 30 luglio 2004, n. 14638 in

www.studiolegale.leggiditalia.it

Il trattamento medico è, quindi, legittimo solo se vi è il consenso del paziente, tranne i casi in cui le cure siano imposte per legge. La Corte costituzionale ha individuato come legittimi quei trattamenti obbligatori necessari per la salvaguardia non solo di esigenze individuali, ma anche di esigenze collettive, anche se comunque non è possibile pregiudicare la salute del singolo per tutelare quella degli altri155.

156

Legge n. 833/1978 “Istituzione del servizio sanitario nazionale” in www.handylex.org

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incoscienza158; in alcuni casi, come ad esempio per gli anziani affetti da un disturbo cognitivo, non sempre è possibile ottenere un consenso informato alle cure o alle terapie, ma questo non deve impedire di far valere la volontà e l’autodeterminazione del paziente. Nel caso in cui, infatti, esista una pregressa manifestazione di volontà della persona divenuta incapace, è opportuno dare esecuzione a tale volontà: in questo senso, è chiara la sentenza della Corte di Cassazione159 che ha riconosciuto la possibilità di applicare il principio di autodeterminazione nei confronti di un soggetto non più in grado di intendere e di volere, ristabilendo il legame tra medico e paziente, attraverso la figura del rappresentante legale160. Il medico, quindi, è “tenuto a rispettare la volontà espressa dal paziente di rifiutare il

trattamento sanitario o di rinunciare al medesimo”161. Sembrerebbe, allora, che il diritto di autodeterminazione prevalga sempre sul diritto alla vita: dal momento in cui si riconosce tale diritto, è necessario che questo, quando si accetta di sacrificare il bene vita, sia espressamente manifestato; solo in assenza di una volontà espressa del soggetto interessato è impossibile e illegittimo autorizzare il sacrificio della vita.

158

C. Tripodina, A chi spettano le decisioni politiche fondamentali sulle questioni

eticamente controverse? (Riflessioni a margine del “Caso Englaro”), cit.

159 Corte di Cassazione civile, Sez. I, sentenza 16 ottobre 2007, n. 21748 in

www.studiolegale.leggiditalia.it

160

Prima di questa sentenza, prevaleva il principio di solidarietà secondo cui “in

caso di compromissione dello stato di coscienza, il medico deve proseguire nella terapia di sostegno vitale finché ritenuta ragionevolmente utile evitando ogni forma di accanimento terapeutico”, ex Art. 39, 2° comma, Cod. deont. Med. 2006 in

www.portale.fnomceo.it. La sentenza della Corte di Cassazione ha ribaltato questo orientamento, ed ha attribuito rilievo anche alla volontà presunta della persona in stato di incoscienza.

161

Art. 1, 6° comma, Norme in materia di consenso informato e di disposizioni

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2.3 Il testamento biologico e le disposizioni anticipate di