3. Le neuroscienze in tribunale
3.2. La nuova prova scientifica
3.2.2. Ammissibilità
Il contrasto analizzato in precedenza tra chi sostiene che la “nuova” prova scientifica debba trovare il suo referente normativo nell’art. 189 c.p.p. e chi ritiene, invece, che questa possa essere ricondotta ai tradizionali mezzi di prova, influenza anche la fase dell’ammissione. Per quanto riguarda le prove atipiche, infatti, in fase di ammissione – fase antecedente a quella di assunzione – l’art. 189 c.p.p. prevede una valutazione circa l’idoneità della prova ad assicurare
103 TONINI P., La Cassazione accoglie i criteri Daubert sulla prova scientifica. Riflessi sulle massime di esperienza, in Dir. pen. proc., 11/2011, p. 1343.
104 Cass. pen., Sez. IV, 13.12.2010, n. 43786.
105 Cass. pen., Sez. IV, 13.12.2010, n. 43786.
106 Cass. pen., Sez. IV, 13.12.2010, n. 43786.
107 TONINI P., La Cassazione accoglie i criteri Daubert sulla prova scientifica. Riflessi sulle massime di esperienza, in Dir. pen. proc., 11/2011, p. 1344.
32 l’accertamento dei fatti e, quindi, una sua almeno potenziale utilità. Parte della dottrina108 ritiene che tale valutazione non sarebbe invece necessaria, in quanto già effettuata dal legislatore in via generale, in relazione alle prove tipiche, presupponendosi ex lege (art. 190 c.p.p.) la loro astratta idoneità a contribuire all’accertamento della vicenda giudiziaria. Inoltre, a proposito dell’interrogativo se il giudice, nell’accertamento dell’idoneità probatoria, debba seguire la valutazione della comunità scientifica o debba effettuare un controllo diretto, sembra preferibile la seconda opzione, in modo tale da attribuire al giudice l’effettivo ruolo di “guardiano del metodo”109. Questa visione del ruolo del soggetto giudicante solleva, tuttavia, dei dubbi:
innanzitutto, il giudizio relativo all’idoneità probatoria e all’affidabilità di un nuovo metodo scientifico, essendo già difficile per la comunità scientifica, lo è a maggior ragione per il giudice; oltretutto, si corre il rischio che, di fronte a possibili contrasti tra gli esperti, in relazione a nuove impostazioni non ancora condivise in modo unanime, il giudice dichiari inammissibili le nuove prove scientifiche basate su questi criteri, seguendo le indicazioni di esclusione dell’art. 189 c.p.p. Questo rischio non si corre, invece, se si fa riferimento alla tesi che riconduce la nuova prova scientifica ai tradizionali mezzi di prova della perizia o della consulenza tecnica;
i sostenitori di tale tesi, infatti, ritengono che il controllo debba riguardare il giudizio di rilevanza-idoneità del mezzo di prova, per quanto riguarda la capacità di “veicolare elementi di prova da cui inferire o smentire l’affermazione probatoria”110. In tal modo il giudice non deve operare una distinzione, relativamente ai criteri di ammissione da utilizzare, in base al tipo di prova scientifica in questione, ossia i criteri che valgono per i mezzi di prova tipici, se si tratta di una prova scientifica “comune” oppure i criteri più rigidi dell’art. 189 c.p.p., se si tratta di una prova scientifica “nuova”. Non sarà, quindi, necessario per il giudice verificare quale possa essere, in concreto, la forza persuasiva dell’assunzione della prova scientifica, in quanto questa analisi verrà effettuata nel momento della valutazione finale della prova, in occasione del giudizio111.
108 Vedi SCALFATI A./SERVI D., Premesse sulla prova penale, in SCALFATI A. (a cura di), Prove e misure cautelari, in Trattato di procedura penale, diretto da SPANGHER G., vol. 1, Utet, Torino, 2009, p.32.
109 Vedi in tal senso DOMINIONI O., La prova penale scientifica. Gli strumenti scientifico-tecnici nuovi o controversi e di elevata specializzazione, Milano, 2005, p. 210; TARUFFO M., Le prove scientifiche nella recente esperienza statunitense, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1996, p. 239; DOMINIONI O., In tema di nuova prova scientifica, in Dir.
pen. proc., 2001, p. 1063.
110 UBERTIS G., Il giudice, la scienza e la prova, in Cass. pen., 2011, p. 4116.
111 RIVELLO P.P., La prova scientifica, in UBERTIS/VOENA (diretto da), Trattato di procedura penale (XVIII), cit., p.
127 ss.
33 3.2.2.1. Art. 188 c.p.p. Libertà morale e ricerca della verità
Abbiamo analizzato, nei capitoli precedenti, il funzionamento di alcuni strumenti che sarebbero in grado di scoprire la menzogna; è necessario, ora, esaminare la possibilità teorico-pratica di applicare le suddette tecniche al processo penale. Un importante limite all’ingresso di questi metodi di indagine circa la menzogna è rappresentato dal principio del diritto processuale penale contenuto nell’art. 188 c.p.p., il quale sancisce che “Non possono essere utilizzate, neppure con il consenso della persona interessata, metodi o tecniche idonei ad influire sulla libertà di determinazione o ad alterare la capacità di ricordare e di valutare i fatti”. L’espressione
“metodi o tecniche” allude agli strumenti di narcoanalisi, ipnosi, lie detector e simili, ma fa un implicito riferimento anche a qualsiasi intervento manipolante e degradante che venga utilizzato per accertare la responsabilità dell’imputato, con l’obiettivo di provocarne la confessione o di convalidare quanto affermato dai testimoni112. Non è facile trasferire sul piano pratico il significato delle espressioni “influire sulla capacità di determinazione” e “alterare la capacità di ricordare e valutare i fatti”; la migliore dottrina113 insegna che il nostro codice esclude l’utilizzo di qualsiasi delle tecniche sopra citate, a prescindere dalla loro affidabilità e dal riconoscimento della comunità scientifica. Il divieto di ingresso nel processo penale degli strumenti in questione è desumibile anche dalle norme sull’interrogatorio e sulla testimonianza e dall’art. 314 c.p.p. sulla perizia, le quali impediscono un certo tipo di indagini psichiche:
l’unica arma a disposizione di colui che interroga è la persuasione. Per questo motivo il consenso dell’interessato o il carattere innocuo di tali tecniche non valgono a giustificarne l’utilizzo, infatti ciò non implica che la prova sia ammissibile, né che rispetti i principi del nostro processo114. Il legislatore ha inteso dare una definizione ampia del concetto di autodeterminazione processuale, considerandola libertà di scelta difensiva, ma anche garanzia di non essere sottoposti a coercizione: questa garanzia si ricollega al concetto di libertà morale.
La libertà morale comprende sia la libertà di autodeterminazione, sia il rispetto delle capacità mnemoniche o valutative, con il conseguente divieto di metodi che possano alterarle; ciò rappresenta per il legislatore un interesse talmente prioritario, da superare l’esigenza di accertamento processuale. È necessario tenere presente, tuttavia, che esistono molteplici tecniche che si prefiggono come obiettivo quello di identificare la verità, e bisogna stare attenti ad evitare una generalizzazione a tal proposito, in quanto le differenze tra questi metodi possono essere, in alcuni casi, molto consistenti. Prendendo in considerazione strumenti come il
112 CORDERO F., Procedura penale, Milano, Giuffrè, 2005, p.620.
113 CORDERO F., Procedura penale, cit.; vedi anche CORDERO F., Procedura penale, Giuffrè, Milano, 1983, p. 456.
“Il lie-detector, la narcoanalisi e simili espedienti sono invece esclusi dal processo”.
114 CORDERO F., Procedura penale, cit., p. 456.
34 poligrafo, la narcoanalisi, l’ipnosi, l’fMRI ed il Forensic-IAT, è possibile notare in quale misura essi differiscano tra loro. Innanzitutto, può risultare notevole la differenza relativa al dato ottenibile: ad esempio, tramite l’ipnosi, possono ottenersi dichiarazioni rese in stato di vigilanza alterata, mentre, tramite una tecnica di neuroimaging come l’fMRI, mappature di attività ematica cerebrale; inoltre, si trovano differenze anche a livello di validità scientifica, ossia se il dato misura effettivamente ciò che si assume di misurare: il Poligrafo basa la sua funzione sulla correlazione tra livello di stress e menzogna, mentre l’fMRI si basa sul fatto che il processo cognitivo del mentire presenta determinati correlati neurali. Infine, anche il grado di rispetto della libertà morale è differente: la coazione operata dalla Narcoanalisi consiste nell’alterazione artificiale dello stato di coscienza tramite l’uso di un farmaco, mentre la misurazione dei tempi di risposta per mezzo del Forensic-IAT rappresenta un metodo di comune testing psicologico, in cui il livello di etero-determinazione è praticamente nullo115. Senza dubbio, l’esigenza di accertamento processuale non può superare il limite dell’intangibilità dei diritti fondamentali ed inviolabili del soggetto: l’autorità procedente non può sottoporre l’indagato o la persona informata dei fatti a “macchine della verità”, e lo stesso non può fare un perito per stabilire se un dichiarante risponda alle domande in modo sincero o meno. Ciò deriva dalla nozione ampia di autodeterminazione processuale proposta dal legislatore: essa è intesa non solo come libertà di scelta difensiva, ma anche come garanzia di non poter mai essere oggetto di alcun tipo di coercizione; tale garanzia rimanda al concetto di libertà morale o psichica116. Si potrebbe, però, pensare di ammettere l’uso di strumenti come il Forensic-IAT da parte del soggetto indagato che voglia dimostrare la propria estraneità ai fatti, non avendo altre possibilità di dimostrare la sua innocenza; in effetti, l’art. 111 Cost., che si occupa di definire le principali caratteristiche del processo penale, stabilisce la possibilità per la persona accusata di ottenere “l’acquisizione di ogni altro mezzo di prova a suo favore”. Una prova scientifica ad elevato grado di affidabilità potrebbe, dunque, rientrare nell’ambito del diritto alla prova costituzionalmente garantito117. Non solo: anche in casi in cui il giudice ha a propria disposizione solo la prova che deriva dalla
115 SAMMICHELI L./FORZA A./DE CATALDO NEUBURGER L., Libertà morale e ricerca processuale della verità:
metodiche neuroscientifiche, in BIANCHI/GULOTTA/SARTORI (a cura di), Manuale di neuroscienze forensi, cit., pp.
247-248.
116 MAZZA O., L’interrogatorio e l’esame dell’imputato nel suo procedimento, Milano, Giuffrè, 2004; vedi anche FELICIONI P., Accertamenti sulla persona e processo penale, Ipsoa, Milano, 2007 e VASSALLI G., Scritti giuridici, III, Il processo e le libertà, Giuffrè, Milano, 1997.
117 SAMMICHELI L./FORZA A./DE CATALDO NEUBURGER L., Libertà morale e ricerca processuale della verità:
metodiche neuroscientifiche, cit., p. 254.
35 dichiarazione della parte offesa (es. violenza sessuale), potrebbe risultare utile ricorrere al Forensic-IAT per testarne la credibilità, in mancanza di altri riscontri probatori118.
3.2.2.2. Il ruolo degli esperti
In questo panorama giuridico, in cui il giudice è tenuto a valutare il grado di affidabilità e di idoneità probatoria di una determinata teoria scientifica, viene ridefinito anche il ruolo degli esperti, i quali non sono tenuti solo a formulare il proprio giudizio, ma anche a presentare i relativi studi esistenti e a fornire al giudice tutti gli elementi di giudizio necessari. Per quanto concerne il perito, nel nostro sistema giuridico egli non è un ausiliario del giudice, nonostante nel gergo giudiziale venga spesso definito come tale; al contrario, nel processo inquisitorio il perito somministrava le cognizioni al giudice, divenendo inutile nel caso in cui l’organo giudicante godesse di sufficiente competenza tecnica o scientifica. Il perito è oggi “organo utile alle parti prima che al giudice; sugli argomenti esorbitanti dal consueto scibile apporta le premesse necessarie al contraddittorio”119. Gli articoli 226, co. 1, c.p.p. e 373, co. 1, c.p.
regolano lo statuto giuridico del perito, in cui viene sancito l’impegno di adempiere l’ufficio con lo scopo di far conoscere la verità e il divieto di fornire un parere mendace o di affermare fatti non conformi al vero; in particolare, il perito fornisce un parere mendace se consapevolmente basato in modo artificiale su informazioni erronee, al punto da modificare il quadro delle indagini. La questione se nel caso concreto la fattispecie di reato si sia integrata esige peraltro che si tenga presente il modo in cui si articola la formazione della prova:
dall’attività del perito rivolta ad assolvere il proprio incarico, alla relazione peritale e, infine, all’esame. Il perito deve fornire le sue conoscenze tecniche e scientifiche in modo corretto ed autonomo, ma, necessariamente, riceverà impulsi, nella formazione della prova, anche dalla dialettica tra consulenti tecnici, pubblico ministero, difensore e giudice; su questo terreno risulta più agevole valutare se egli abbia adempiuto l’obbligo di verità120.
Anche il consulente tecnico è tenuto a presentare lo scenario degli studi e a fornire al giudice gli elementi di giudizio, ma la sua posizione giuridica risulta diversa da quella del perito. In particolare, nonostante venga richiesto ai consulenti tecnici dell’accusa e della difesa di assumere l’impegno di verità, ciò non si traduce in un obbligo di verità e, per la sua
118 SAMMICHELI L./FORZA A./DE CATALDO NEUBURGER L., Libertà morale e ricerca processuale della verità:
metodiche neuroscientifiche, in BIANCHI/GULOTTA/SARTORI (a cura di), Manuale di neuroscienze forensi, cit., p.
247 ss.
119 CORDERO F., Procedura penale, IX ed., Milano, 2012, p. 785.
120 DOMINIONI O., L’esperienza italiana di impiego della prova scientifica nel processo penale, cit., p. 44.
36 inadempienza, non è prevista una responsabilità penalmente rilevante; si può parlare, semmai, di un onere di verità, in base al quale verrà giudicata l’attendibilità dell’operato del consulente tecnico121. Il problema che sorge è quello relativo alla dialetticità probatoria, la quale necessita, almeno, che lo statuto giuridico di chi forma la prova sia di carattere paritetico. Ma questo non sembra accadere nella prassi: il perito viene incaricato dal giudice ed è obbligato penalmente alla verità, mentre il consulente tecnico nominato dal pubblico ministero è tenuto solo ad un onere di verità, esattamente come quello nominato dalla difesa. Risulta necessario, di conseguenza, stabilire un ordine paritetico all’interno dello schema di dialetticità probatoria;
sarà poi questa a stabilire quale teoria tecnica o scientifica acquisisca il maggior peso ai fini dell’accertamento processuale122.