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Azione volontaria e libertà cosciente. Gli esperimenti di Libet

5. Neuroscienze ed etica del diritto: dal libero arbitrio al significato della pena

5.1. Prima parte. La questione filosofica: tra libertà e determinismo

5.1.2. Azione volontaria e libertà cosciente. Gli esperimenti di Libet

“Se la volontà degli uomini fosse libera, cioè ognuno potesse agire come gli talenta, tutta la storia sarebbe una serie di casi fortuiti slegati. Se anche un solo uomo fra milioni di uomini nel corso di un millennio avesse la possibilità di agire liberamente, e cioè a suo talento, evidentemente un solo libero atto di quell’uomo, contrario alle leggi, annienterebbe la possibilità dell’esistenza di qualsiasi legge per tutto il genere umano. Se invece esiste una sola legge che governi le azioni degli uomini, non può esistere la libertà dell’arbitrio, poiché la volontà degli uomini deve essere soggetta a questa legge. In questa contraddizione consiste il

222 Ad es. FISCHER J.M./RAVIZZA M., Responsibility and control: a theory of moral responsibility, Oxford University Press, Oxford, 1999.

223 Ad es. KANE R.H., The significance of free will, Oxford University Press, Oxford, 1996; BILGRAMI A., Self-knowledge and resentment, Harvard University Press, Cambridge, 2007.

224 DE CARO M./LAVAZZA A./SARTORI G., La frontiera mobile della libertà, in DE CARO/LAVAZZA/SARTORI, Siamo davvero liberi? Le neuroscienze e il mistero del libero arbitrio, cit., pp. IX-XI.

63 problema del libero arbitrio, che dai tempi più remoti ha preoccupato i maggiori ingegni dell’umanità, e dai tempi più remoti è stato posto in tutto il suo significato.”225

Così Tolstoj, nell’epilogo di Guerra e Pace, racchiudeva il suo pensiero circa la negazione di un potere di libera scelta per l’essere umano. Oggi, come abbiamo visto, il concetto di libero arbitrio viene nuovamente messo in discussione, soprattutto a seguito del recente sviluppo delle neuroscienze226. La riflessione sul funzionamento della nostra mente alla luce delle teorie neuroscientifiche e sulle possibili ripercussioni di queste ultime sui vari aspetti della vita, portano, inevitabilmente, ad affrontare la questione anche da una prospettiva di carattere filosofico. Le neuroscienze, infatti, attraverso il loro metodo di indagine basato su dati empirici, suggeriscono un’idea di essere umano in quanto organismo fisico sottoposto alle leggi della materia e soggetto psichico in balia di circostanze e situazioni227. Come si inseriscono, in un simile contesto, la volontà e la libertà umana? Fondamentali, a questo proposito, sono le ricerche condotte da Benjamin Libet228, lo scienziato che studiò la relazione tra l’attività cerebrale e l’intenzione cosciente di eseguire un certo movimento volontario, utilizzando tecniche di indagine neurofisiologica. Solitamente si ritiene che, in un atto volontario, la volontà cosciente di agire compaia nel momento in cui iniziano le attività cerebrali che conducono all’azione; se così fosse, l’atto volontario inizierebbe e sarebbe determinato dalla mente cosciente. E se, invece, non fosse così? Proprio da questo punto è partito Libet all’inizio della sua ricerca: “sarebbe mai possibile che la volontà cosciente di agire appaia dopo l’inizio delle attività specifiche del cervello che portano alle azioni volontarie – in altre parole, prima che la persona sia consapevole della sua intenzione di agire?”229.

Gli esperimenti di Libet sembrano rispondere al quesito in modo affermativo, in quanto hanno permesso di accertare che la consapevolezza sensoriale presenta un ritardo di un sostanziale periodo di tempo, in cui si verificano determinate attività cerebrali. Se anche l’intenzione di agire fosse ritardata del periodo di tempo necessario al compimento di attività della durata di circa 500 millisecondi, parrebbe possibile sostenere che l’attività cerebrale che dà inizio ad un atto volontario cominci molto prima che la volontà cosciente di agire si sia formata. Si è scoperto, nello specifico, che il processo di iniziazione del cervello inizia proprio 550

225 TOLSTOJ L., Guerra e pace, Mondadori, Milano, 1951, tomo IV, p. 382.

226 DE CARO M./LAVAZZA A./SARTORI G., La frontiera mobile della libertà, in DE CARO/LAVAZZA/SARTORI, Siamo davvero liberi? Le neuroscienze e il mistero del libero arbitrio, cit., p. VII.

227 LAVAZZA A., I tanti volti della responsabilità, in DE CARO/LAVAZZA/SARTORI (a cura di), Quanto siamo responsabili? Filosofia, neuroscienze e società, cit., p. XVI.

228 Benjamin Libet, nato a Chicago il 12 aprile 1916 e morto a Davis il 23 luglio 2007, è stato un famoso neurofisiologo e psicologo, ricercatore e docente presso la University of California di San Francisco.

229 LIBET B., Mind time. Il fattore temporale nella coscienza, cit., p. 127.

64 millisecondi prima dell’atto liberamente volontario; la consapevolezza della volontà cosciente di compiere l’azione compare, invece, solo tra i 150 e i 200 millisecondi prima dell’azione stessa. Ciò significa, dunque, che il processo volontario inizia a livello inconscio circa 400 millisecondi prima che il soggetto sia consapevole della sua intenzione di agire230. Durante alcuni dei suoi esperimenti, Libet invitava i partecipanti a compiere un movimento del polso quando avessero voluto e a indicare il preciso momento in cui pensavano di aver deciso di dare inizio al movimento, con il fine di analizzare la relazione tra la coscienza dell’inizio di un atto e la dinamica neurofisiologica sottostante. Per riuscire a stabilire il momento in cui il soggetto diventava cosciente della volontà di muovere il polso, era stato ideato uno strumento costituito da un quadrante d’orologio circolare con un cursore luminoso che si muoveva velocemente ai suoi margini e impiegava 2,56 secondi a rotazione; l’orologio permetteva di stabilire, in modo preciso, il momento in cui il soggetto percepiva di aver deciso di piegare il polso: egli, infatti, doveva indicare in quale posizione era il cursore quando aveva preso tale decisione. Si poteva calcolare, così, il momento della consapevolezza rispetto all’inizio del movimento, tramite l’utilizzo di un elettromiogramma231. L’elettroencefalogramma mostrava il cosiddetto potenziale di prontezza motoria (Bereitschaftspotential), un incremento graduale dell’attività elettrica, che viene considerato un indicatore della preparazione motoria cerebrale dei movimenti volontari; questo potenziale elettrico risulta assente o ridotto prima dei movimenti involontari o automatici. Mettendo a confronto il tempo soggettivo della decisione e quello neurale, si era scoperto, dunque, che il potenziale di prontezza motoria inizia nelle zone studiosi successivi233 che li hanno ripetuti in contesti di laboratorio ancora più raffinati. Essi

230 LIBET B., Mind time. Il fattore temporale nella coscienza, cit., pp. 127-128.

231 DE CARO M./LAVAZZA A./SARTORI G., La frontiera mobile della libertà, in DE CARO/LAVAZZA/SARTORI, Siamo davvero liberi? Le neuroscienze e il mistero del libero arbitrio, cit., pp. XI-XII.

232 Cfr. ad es. BENNET M.R./HACKER P.M.S., Philosophical Foundations of Neuroscience, Blackwell, Oxford, 2003;

KANE R. (a cura di), The Oxford Handbook of Free Will, Oxford University Press, Oxford-New York, 2002; LEVY N., Neuroethics: Challenges for the 21° Century, Cambridge University Press, Cambridge, 2007; MELE A.R., Decisions, Intentions, Urges, and Free Will: Why Libet Has Not Shown What He Says He Has, in CAMPBELL/O’ROURKE/SHIER (a cura di), Explanation and Causation: Topics in Contemporary Philosophy, The MIT Press, Cambridge, 2007, pp.

241-263; WEGNER D.M., The illusion of Conscious Will, the MIT Press, Cambridge, 2002.

233 Cfr. ad es. HAGGARD P./EIMER M., On the relation between brain potentials and the awareness of voluntary movements, in Experimental brain research, 126, 1999, pp. 128-133; SIRIGU A. et al., Altered awareness of

65 mostrano che le nostre azioni non sono veramente causate dalle intenzioni, perché queste ultime sono precedute, nel lavoro causale, dai processi neurali234.

Nonostante gli esiti di queste ricerche sembrino suggerire una limitazione del libero arbitrio, Libet tratta l’argomento in termini differenti: dagli esperimenti è risultato, infatti, che il soggetto diventa cosciente della decisione di piegare il polso circa 200 millisecondi prima dell’inizio del movimento; ciò significa che rimane aperta una “finestra temporale”, ossia un lasso di tempo nel quale il soggetto potrebbe decidere se compiere l’azione o meno. Per questo motivo, Libet ritiene che il concetto di autodeterminazione sia da ricollegare al libero veto, piuttosto che al libero arbitrio: la capacità di autodeterminarsi del soggetto starebbe, appunto, nella decisione di porre o meno un veto sul compimento dell’azione. È possibile che i fattori su cui si basa la decisione di veto nascano da processi inconsci precedenti a questo. “Tuttavia, la decisione cosciente di mettere il veto potrebbe comunque essere presa senza che i processi inconsci precedenti forniscano un’indicazione specifica e diretta per quella decisione. In questo modo, una persona può accettare o rifiutare in modo cosciente il programma preparato dal complesso di tutti i processi cerebrali inconsci precedenti. La consapevolezza di quella decisione di veto può richiedere di essere preceduta da processi inconsci, ma il contenuto di quella consapevolezza (la reale decisione di veto) è una caratteristica separata che non necessita del medesimo processo”235.

5.1.2.1. Implicazioni sul concetto di libero arbitrio

Fino a poco tempo fa, alcuni importanti concetti, quali la libertà e la capacità di autodeterminazione, venivano affrontati prevalentemente da un punto di vista filosofico e giuridico, quindi in chiave teorica. Con lo sviluppo delle neuroscienze, questi concetti hanno acquisito una nuova dimensione, essendo possibile, a questo punto, un’indagine più estesa, arricchita da nuovi dati empirici e scientifici; ciò in quanto le metodologie proprie di questa disciplina possono essere applicate, nella pratica, all’analisi del comportamento umano, attraverso lo studio dei suoi correlati psichici e neurali e della capacità dell’uomo di autodeterminarsi. Molte ricerche empiriche236, tra cui quelle di Libet, suggerendo che il

voluntary action after damage to the parietal cortex, in Nature Neuroscience, 7, 2004, pp. 80-84; SOON C.S. et al., Unconscious determinants of free decision in the human brain, in Nature Neuroscience, 11, 2008, pp. 543-545; DI FRANCESCO M., Neurofilosofia, naturalismo e statuto dei giudizi morali, in Etica&Politica, IX, 2007, PP.

126-143.

234 LIBET B., Mind time. Il fattore temporale nella coscienza, cit., p. 127 ss.

235 LIBET B., Mind time. Il fattore temporale nella coscienza, cit., p. 151.

236 SOON C.S. et al., Unconscious determinants of free decision in the human brain, in Nature Neuroscience, 11, 2008, pp. 543-545; BECHARA A./DAMASIO H./TRANEL D./DAMASIO A.R., Deciding advantageously before

66 processo volitivo inizi nell’inconscio e che il cervello si prepari ad agire molto prima che il soggetto diventi consapevole di aver preso la decisione di eseguire un determinato movimento, metterebbero in discussione la concezione di libero arbitrio così come è sempre stata da noi intesa in senso classico, ossia la capacità di compiere un’azione in modo volontario e cosciente237. Ma quando si può dire che un’azione che abbiamo compiuto è stata compiuta liberamente? Affinché si possa affermare che il compimento di un’azione sia dovuto al nostro libero arbitrio, sono necessarie due condizioni: il soggetto deve trovarsi di fronte a due o più corsi d’azione alternativi, e proprio quel soggetto deve determinare, liberamente, senza imposizioni, quale dei due corsi d’azione si attualizzerà, conservando la possibilità che, in ogni caso, avrebbe potuto compiere un’azione diversa da quella che ha scelto238. Può succedere, così, che un soggetto presenti deficit neuropsicologici e non sia in grado di prospettarsi alternative all’unica scelta d’azione per lui possibile, oppure non sia nelle condizioni di poter inibire il comportamento sbagliato; in simili casi il libero arbitrio, per come viene inteso comunemente, risulterebbe, senza dubbio, fortemente limitato239. Nel dibattito sul libero arbitrio, ciò che mette d’accordo molti contendenti240 consiste nel fatto che le azioni eseguite dall’uomo sotto l’influenza di condizionamenti coattivi non sono libere; si può operare, a tal proposito, una differenziazione tra condizionamenti esterni ed interni. In relazione ai primi, si fa riferimento ad impedimenti esterni che ostacolano in modo determinante l’esecuzione dell’azione (es.

voglio rallentare la velocità del mio veicolo, ma i freni sono stati manomessi241); ma i condizionamenti possono anche provenire dall’interno: il disturbo ossessivo-compulsivo, ad esempio, costringe chi ne soffre a ripetere, in modo continuativo, gesti non voluti. Dunque, che si creda o meno all’esistenza del libero arbitrio, molti ammettono che queste circostanze rendono impossibile la libertà per l’uomo. Oltre a questo tipo di condizionamenti, è possibile rilevarne altri di carattere strutturale: il codice genetico, l’educazione ricevuta, il contesto sociale e familiare, il luogo di nascita etc. Tutti questi condizionamenti rappresentano il

knowing the advantageous strategy, in Science, 275, 1997, pp. 1293–1295; KOECHLIN E./BASSO G./PIETRINI P./PANZER S./GRAFMAN J., The role of the anterior prefrontal cortex in human cognition, in Nature, 399, 1999, pp. 148–151.

237 SARTORI G./GNOATO F., Come quantificare il libero arbitrio, in DE CARO/LAVAZZA/SARTORI, Siamo davvero liberi? Le neuroscienze e il mistero del libero arbitrio, cit., pp. 167-168.

238 DE CARO M., Il problema filosofico della responsabilità, in DE CARO/LAVAZZA/SARTORI (a cura di), Quanto siamo responsabili? Filosofia, neuroscienze e società, cit., pp. 27-28.

239 ROSKIES A.L., Esiste la libertà se decidono i nostri neuroni?, in DE CARO/LAVAZZA/SARTORI, Siamo davvero liberi? Le neuroscienze e il mistero del libero arbitrio, cit., p. 51 ss.

240 Per un approfondimento sul dibattito, vedi DE CARO/LAVAZZA/SARTORI, Siamo davvero liberi?, cit.; SINNOTT-ARMSTRONG W./NADEL L. (a cura di), Conscious will and responsibility: a tribute to Benjamin Libet, Oxford University Press, New York, 2010.

241 L’esempio è riportato da LO SAPIO L., Libero arbitrio e neuroscienze: verso un modello naturalistico delle scelte coscienti, in Rivista internazionale di filosofia e psicologia, vol. 6 (2015), n° 3, p. 518.

67 contesto di vita nel quale ogni uomo si sviluppa e matura le proprie esperienze; si può parlare, quindi, di una libertà condizionata: ci sono momenti della vita in cui non si è liberi, perché le possibilità sono ridotte, e ci sono soggetti meno liberi di altri “perché il loro itinerario di vita non ha consentito la stabilizzazione di molteplici percorsi esperienziali”242. Le conseguenze derivanti dall’idea di una libertà frutto dei percorsi esperienziali del soggetto, possono essere così sintetizzate: in primo luogo, le posizioni compatibiliste e incompatibiliste non rappresentano più il nucleo del dibattito sul libero arbitrio; in secondo luogo, la libertà viene intesa non in senso assoluto, ma come condizionata; infine, le distanze tra filosofia e neuroscienze cognitive si riducono243.

5.1.2.2. Il vantaggio di credere nel libero arbitrio

Il dibattito sul libero arbitrio non rappresenta soltanto una questione di carattere puramente filosofico, ma finisce per produrre un importante impatto sul mondo e sulla società in cui viviamo, andando ad influenzare vari aspetti della nostra vita. Ci si chiede, infatti, che cosa succederebbe se gli uomini non credessero all’esistenza della libertà umana, se il mondo venisse presentato come governato da leggi deterministiche non sottoposte al nostro controllo;

cambierebbe la nostra concezione di responsabilità? Sarebbe possibile giustificare ogni azione compiuta, se non si può essere ritenuti responsabili delle proprie azioni? A tal proposito, sono stati condotti alcuni esperimenti244, allo scopo di verificare se il prospettarsi di una visione deterministica del mondo e, conseguentemente, dell’essere umano, potesse incoraggiare le persone ad adottare comportamenti immorali. I partecipanti venivano suddivisi in due gruppi, uno dei quali veniva sottoposto ad una visione deterministica, tramite la lettura di libri in cui si afferma che gli scienziati ritengono ormai che il libero arbitrio sia solo un’illusione, mentre l’altro si trovava di fronte ad una visione neutra, tramite la lettura di passaggi dello stesso libro che, però, non facevano alcun riferimento al libero arbitrio. In seguito, ai partecipanti era richiesto di risolvere dei problemi aritmetici al computer, dopo aver comunicato loro l’esistenza di un guasto tecnico, a causa del quale apparivano le risposte corrette ai quesiti durante il tentativo di risoluzione, cosa che poteva facilmente essere evitata premendo la barra spaziatrice nel momento in cui veniva visualizzato il problema; veniva, inoltre, richiesto ai soggetti di risolvere i problemi onestamente. Gli esiti dell’esperimento hanno dimostrato che i soggetti sottoposti ad una visione deterministica tendevano con maggior frequenza ad imbrogliare,

242 LO SAPIO L., Libero arbitrio e neuroscienze: verso un modello naturalistico delle scelte coscienti, cit., p. 521.

243 LO SAPIO L., Libero arbitrio e neuroscienze: verso un modello naturalistico delle scelte coscienti, cit., p. 518 ss.

244 VOHS K.D./SCHOOLER J.W., The value of believing in free will, in Psychological science, 19, 2008, pp. 49-54.

68 quindi a non premere la barra spaziatrice. Anche altri studiosi245, successivamente, si sono occupati dell’impatto che una visione deterministica del mondo potrebbe avere sulle persone.

Sono stati effettuati, così, altri esperimenti per dimostrare che non credere nel libero arbitrio possa favorire atteggiamenti antisociali: alcuni dei partecipanti venivano esposti ad affermazioni contrarie al libero arbitrio, mentre altri ad affermazioni a favore o neutre.

Sottoposti a diversi contesti, i primi presentavano, così, una maggiore aggressività e una minore inclinazione a porre in essere comportamenti altruistici, al contrario dei secondi. Oltre a ciò, risulta interessante notare che i soggetti a cui era stata presentata una visione neutra, tendevano ad assumere atteggiamenti più in linea con quelli adottati dai soggetti indotti a credere all’esistenza del libero arbitrio, suggerendo che le persone siano predisposte a credere nell’esistenza della libertà umana. Gli esperimenti fin qui citati suggeriscono l’idea che una visione deterministica del mondo potrebbe causare effetti non irrilevanti sulla società. Si pensa, infatti, che, se le persone sono convinte di avere un controllo consapevole sulle proprie azioni, il senso di responsabilità aumenta, così come i comportamenti altruistici e prosociali246.

245 BAUMEISTER R.F./MASICAMPO E.J./DE WALL C.N., Prosocial benefits of feeling free: disbelief in free will increases aggression and reduces helpfulness, in Personality and social psychology bulletin, 35, 2009, pp. 260-268.

246 RIGONI D./BRASS M., La libertà: da illusione a necessità, in DE CARO/LAVAZZA/SARTORI, Siamo davvero liberi?

Le neuroscienze e il mistero del libero arbitrio, cit., pp. 81-83.

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5.2. Seconda parte. Aspetti critici e prospettive future