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La pericolosità sociale

5. Neuroscienze ed etica del diritto: dal libero arbitrio al significato della pena

5.2. Seconda parte. Aspetti critici e prospettive future

5.2.2. La pericolosità sociale

L’interesse crescente verso i progressi neuroscientifici non si limita alla questione di un ritorno al modello nosografico della malattia mentale, ma esercita una notevole influenza anche sulla concezione di pericolosità sociale dell’imputato. La nozione di pericolosità sociale nasce come compromesso tra le idee di reato e di diritto penale appartenenti alla Scuola Positiva e quelle proprie della Scuola Classica: nel primo caso, il reato è frutto di fattori criminogenetici253 e la conseguente funzione dello Stato è quella di difendere la società, per mezzo di una pena che impedisca all’autore di attuare o di reiterare la propria condotta colpevole e che duri fino a quando la sua pericolosità non venga meno; nel secondo caso, invece, il reato si traduce in un fatto dannoso o pericoloso, il quale va represso per mezzo di una pena di durata proporzionale alla gravità del fatto. Con il Codice Rocco, viene operata una sintesi di queste due visioni, dando vita al cosiddetto sistema del “doppio binario”: l’irrogazione di una pena viene associata, così, alla funzione repressiva e sottoposta all’accertamento della colpevolezza e dell’imputabilità dell’imputato, mentre il concetto di “pericolosità”254 viene collegato alle misure di sicurezza, applicate ai soggetti autori di reato imputabili, se la pena da sola non appare sufficiente a realizzare il suo obiettivo, e ai non imputabili come misura esclusiva.255 L’applicazione della misura di sicurezza conseguente all’accertamento della pericolosità sociale dell’imputato diventa quindi solo eventuale e di carattere non permanente, essendo obbligatorio un riesame del reo, una volta decorso il periodo di durata minimo per qualsiasi misura di sicurezza, al fine di verificare la persistenza o meno di una condizione di pericolosità256; cosa ancora più importante, l’irrogazione di una misura di sicurezza viene vincolata alla commissione di un reato, a differenza di quanto ritenuto dagli esponenti più radicali della Scuola Positiva. Alcune preoccupazioni sorgono, però, in merito all’impatto che le concezioni neuroscientifiche

253 COLLICA M.T., La crisi del concetto di autore non imputabile “pericoloso”, in Diritto penale contemporaneo, rivista online, 2012, p. 1.

254 Art. 203, comma 1, c.p. “Agli effetti della legge penale è socialmente pericolosa la persona, anche se non imputabile o non punibile, la quale ha commesso taluno dei fatti indicati nell’articolo precedente, quando è probabile che commetta nuovi fatti previsti dalla legge come reato.”

255 COLLICA M.T., La crisi del concetto di autore non imputabile “pericoloso”, cit., pp. 1-2.

256 Art. 208, comma 1, c.p. “Decorso il periodo minimo di durata, stabilito dalla legge per ciascuna misura di sicurezza, il giudice riprende in esame le condizioni della persona che vi è sottoposta, per stabilire se essa è ancora socialmente pericolosa.”

72 potrebbero produrre sull’accertamento della pericolosità: l’idea, infatti, che a determinate anomalie cerebrali o genetiche possa corrispondere una “predisposizione” al crimine finirebbe per facilitare la prognosi di pericolosità sociale dell’imputato, con conseguente aumento dell’applicazione di misure di sicurezza. Tale timore sembra essere giustificato anche dall’introduzione della legge n. 81 del 2014257, con la quale il legislatore ha stabilito che il giudizio circa la pericolosità sociale deve essere effettuato sulla base delle caratteristiche soggettive del soggetto, senza tener conto delle sue condizioni di vita familiare e sociale; viene aggiunto, inoltre, che “non costituisce elemento idoneo a supportare il giudizio di pericolosità sociale la sola mancanza di programmi terapeutici individuali”. La legge in questione ha sollevato molte critiche, soprattutto da parte della giurisprudenza, proprio in relazione alle neuroscienze. Si è pensato, infatti, che la presa in considerazione delle sole caratteristiche soggettive del reo ai fini dell’accertamento della pericolosità sociale possa, in qualche modo, suggerire un ritorno al paradigma che associa la malattia mentale alla pericolosità; ciò rischierebbe di portare ad ipotesi predittive di pericolosità basate su fattori biologici258. L’intento del legislatore, tuttavia, era quello di affrontare e risolvere problemi applicativi. Ad esempio, il fatto di voler limitare il concetto di pericolosità sociale alle qualità soggettive del reo è stato un modo per combattere l’idea di influenza dei fattori ambientali sul comportamento, portata spesso all’estremo dai magistrati di sorveglianza259: tanto è vero che, spesso, venivano prorogate delle misure di sicurezza solo sulla base della mancanza di strutture di accoglienza sul territorio di appartenenza del reo, o di assistenza familiare260.

Con una sentenza del 2015261, la Corte Costituzionale ha cercato di ridimensionare la portata della legge n. 81 del 2014, attribuendole una lettura che mostrava come, in realtà, le basi cognitive della pericolosità sociale non venissero modificate. La valutazione circa la pericolosità sociale dell’imputato rimane, dunque, legata anche alle condizioni di vita familiare

257 Legge 30 maggio 2014, n. 81, Disposizioni urgenti in materia di superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari, G.U.R.I. n. 52.

258 MERZAGORA BETSOS I., Colpevoli si nasce, cit., p. 110 s.; RONCO M., Sviluppi delle neuroscienze e libertà di volere, cit., p. 80 ss.

259 Cfr. PELISSERO M., Pericolosità sociale e doppio binario. Vecchi e nuovi modelli di incapacitazione, Torino, 2008, p. 107 ss.; GARGANI A., Misure di sicurezza. Disposizioni generali, in G. DE FRANCESCO (a cura di), Le conseguenze sanzionatorie del reato, Torino, 2011, p. 474 ss.

260 Per approfondimenti, vedi CALVANESE e./BIANCHETTI R., L’internamento in ospedale psichiatrico giudiziario:

le revoche delle misure nelle ordinanze del magistrato di sorveglianza di Mantova (anni 1992-2003), in Rass.

penit. crim., 2005, p. 27 ss.

261 Corte Cost., n. 186/2015, consultabile online al seguente sito: http://www.giurcost.org/decisioni/2015/0186s-15.html. La Corte ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 1, della legge 30 maggio 2014, n. 81, «nelle parti in cui stabilisce che l’accertamento della pericolosità sociale “è effettuato sulla base delle qualità soggettive della persona e senza tenere conto delle condizioni di cui all’articolo 133, secondo comma, numero 4, del codice penale” e che “non costituisce elemento idoneo a supportare il giudizio di pericolosità sociale la sola mancanza di programmi terapeutici individuali”».

73 e sociale, ma, nei casi che riguardano l’applicazione di misure di sicurezza segreganti ad un soggetto infermo di mente, è necessario attribuire un peso maggiore agli elementi strettamente soggettivi.262 In ogni caso, la nozione di pericolosità sociale si mostra, ancora oggi, piuttosto vaga e soggetta a manipolazioni. Due sono, in particolare, gli aspetti critici da esaminare: da un lato, la fondamentale distinzione tra diagnosi e prognosi di pericolosità, dall’altro, il problema riferito ai soggetti non imputabili, circa la loro assegnazione a strutture che svolgano la duplice funzione di cura e di difesa sociale, in seguito alla recente chiusura degli O.P.G. (Ospedali Psichiatrici Giudiziari), se ritenuti socialmente pericolosi, e la rimessione in libertà, in caso contrario.

5.2.2.1. Distinzione tra diagnosi e prognosi

Il concetto di pericolosità sociale risulta problematico da definire, non solo dal punto di vista concettuale, ma anche da quello normativo: l’articolo 203 c.p.263, infatti, definisce tale istituto in maniera molto generica, soprattutto a causa dell’indeterminatezza dei criteri contenuti nell’art. 133 c.p.264, a cui fa riferimento; tali criteri sembrano focalizzare l’attenzione maggiormente sulla condotta di vita del reo e, solo in misura minore, sul reato commesso.

Innanzitutto, occorre tenere in considerazione la distinzione tra diagnosi e prognosi di pericolosità sociale. Per diagnosi si intende l’individuazione di elementi che permettono di valutare la propensione di un soggetto a porre in essere condotte violente, analizzando la sua capacità criminale; la prognosi, invece, consiste in un calcolo circa il grado effettivo di probabilità ed il livello di verosimiglianza in base a cui l’evento dannoso potrebbe ripetersi265. La prognosi, nello specifico, è connessa alla probabilità di recidivismo e necessita di un esame

262 COLLICA M.T., Gli sviluppi delle neuroscienze sul giudizio di imputabilità, cit., pp. 29-35.

263 Art. 203 c.p.: “Agli effetti della legge penale, è socialmente pericolosa la persona, anche se non imputabile o non punibile, la quale ha commesso taluno dei fatti indicati nell'articolo precedente, quando è probabile che commetta nuovi fatti preveduti dalla legge come reati. La qualità di persona socialmente pericolosa si desume dalle circostanze indicate nell'articolo 133.”

264 Art. 133 c.p.: “Nell'esercizio del potere discrezionale indicato nell'articolo precedente, il giudice deve tener conto della gravità del reato, desunta:

1) dalla natura, dalla specie, dai mezzi, dall'oggetto, dal tempo, dal luogo e da ogni altra modalità dell'azione;

2) dalla gravità del danno o del pericolo cagionato alla persona offesa dal reato;

3) dalla intensità del dolo o dal grado della colpa.

Il giudice deve tener conto, altresì, della capacità a delinquere del colpevole, desunta:

1) dai motivi a delinquere e dal carattere del reo;

2) dai precedenti penali e giudiziari e, in genere, dalla condotta e dalla vita del reo, antecedenti al reato;

3) dalla condotta contemporanea o susseguente al reato;

4) dalle condizioni di vita individuale, familiare e sociale del reo.”

265 COLLICA M.T., La crisi del concetto di autore non imputabile “pericoloso”, in Diritto penale contemporaneo, cit., p. 11.

74 attento di tutte le possibili variabili capaci di influenzare la condotta del reo266. La problematicità di questo tipo di valutazione sta nell’incertezza e nell’indeterminatezza di un giudizio prognostico che possa “predire” il futuro comportamento del delinquente. La differenza di tale impostazione rispetto a quella positivista che prevedeva uno stretto legame tra infermità mentale e pericolosità sociale e l’internamento in un manicomio giudiziale come necessaria conseguenza sta nel fatto che quest’ultima comportava una grave compromissione delle libertà individuali, ma dal punto di vista della certezza non era criticabile, mentre l’impostazione attuale si presta maggiormente al libero apprezzamento del giudice, proprio a causa della sua indeterminatezza267. Soprattutto negli ultimi anni, si è diffusa la convinzione circa la possibilità di formulare giudizi di carattere prognostico, grazie all’utilizzo di metodi statistici e probabilistici - primo tra tutti quello della causalità268 - i quali, tuttavia, non sarebbero in grado di condurre a risultati sufficientemente certi ed univoci, se si tratta di prevedere il comportamento umano; questo genere di giudizio, reso ancor più complicato, in quanto deve essere formulato ex ante relativamente ad un evento umano non ancora accaduto, rischia, così, di rendere la pericolosità sociale una “finzione giuridica”269. Essendo, inoltre, possibile una pluralità di metodi per valutare la pericolosità sociale, si ritiene270 che quello preferibile sia un metodo combinato: da un lato, vengono analizzate le componenti soggettive del reo, attraverso esami psichiatrici della sua personalità; dall’altro, viene oggettivizzata l’analisi, per mezzo di dati statistici e sociologici. Tale metodo presenta, tuttavia, l’inconveniente di richiedere il contributo di molteplici esperti delle diverse discipline, che risulta necessario ai fini di un’analisi così complessa, con conseguenti costi maggiori da sostenere. È anche per questi motivi che, nella maggior parte dei casi, si finisce per attribuire il giudizio sulla pericolosità sociale dell’imputato al libero apprezzamento del giudice, che, per quanto autorevole, non sembra essere sufficientemente determinato, né univoco, per poter stabilire se un soggetto commetterà nuovamente un reato, se non sottoposto ad un’adeguata misura di sicurezza271. In questo panorama, il contributo delle neuroscienze potrebbe risultare significativo nella fase di diagnosi della pericolosità sociale, poiché l’individuazione degli elementi che consentono di

266 SODDU M., La valutazione criminologica della pericolosità sociale e della recidiva, in Brain Factor, ISSN 2035-7109, edizione 14-07-2015, p. 9.

267 COLLICA M.T., La crisi del concetto di autore non imputabile “pericoloso”, cit., p. 11.

268 MERZAGORA BETSOS I., Le probabilità nella psicopatologia forense, in Riv. it. med. leg. 4/2015, p. 1475 ss.

269 COLLICA M.T., La crisi del concetto di autore non imputabile “pericoloso”, cit., pp. 12-13.

270 PARIENTE F./VERUCCI M./MARCHETTI M., La pericolosità sociale da vizio di mente, in GIUSTI G. (a cura di), Trattato di medicina legale e scienze affini, Padova, 1999, p. 682; vedi anche VOLPINI L./MANNELLO T./DE LEO G., La valutazione del rischio di recidiva da parte degli autori di reato: una proposta, in Rass. penit. crim., 2008, p. 149.

271 COLLICA M.T., La crisi del concetto di autore non imputabile “pericoloso”, cit., pp. 13-14.

75 operare una stima della propensione del reo a mettere in atto condotte criminali potrebbe essere arricchita, ad esempio, dalle conoscenze sulla genetica comportamentale o dalle tecniche di brain imaging, al fine di ottenere un’analisi più completa della “capacità criminale” del soggetto. Per quanto riguarda la fase di prognosi della pericolosità sociale, invece, le neuroscienze, così come i criteri utilizzati finora, non sarebbero in grado di fornire una certezza causale in merito alla domanda se il reo commetterà nuovamente in futuro un reato. Ad uno stadio più avanzato di sviluppo tecnico e scientifico, però, potrebbero, comunque, fornire dati in più che permettano di diminuire la probabilità di errore nei giudizi prognostici di pericolosità sociale, sottraendo questi ultimi al solo libero apprezzamento del giudice.

5.2.2.2. Le conseguenze sanzionatorie per i non imputabili. Dagli OPG alle REMS

Per quanto riguarda le conseguenze sanzionatorie per gli autori di reato non imputabili e ritenuti socialmente pericolosi, fino al 2015272 nella maggior parte dei casi veniva applicata la misura dell’internamento negli Ospedali Psichiatrici Giudiziari (OPG); molti dubbi sono stati sollevati, tuttavia, in merito alla reale efficacia di tale trattamento, che sembrava esercitare un’influenza di carattere coercitivo, più che terapeutico273. Questo tipo di struttura presentava, infatti, in linea generale, le stessa caratteristiche del carcere, finendo per allontanarsi dagli scopi verso i quali avrebbe dovuto essere indirizzata: non solo rischiava di non risultare utile ai fini terapeutici, ma, in molti casi, gli internati tendevano a sviluppare ulteriori comportamenti violenti, anziché diminuirli, venendo meno, così, anche il fondamentale obiettivo di difesa della società274. Uno degli aspetti più problematici degli OPG, oltre alle pessime condizioni igienico-sanitarie in cui si trovavano gli internati, lasciati spesso a loro stessi e sottoposti a misure disumane di costrizione e di isolamento275, era costituito dal raggruppamento, all’interno dello stesso tipo di struttura, di situazioni molto diversificate le une dalle altre: dai tossicodipendenti o alcolisti agli infermi di mente, dai ricoverati provvisori ai condannati assegnati alle Case di Cura e di

272 Il d.l. 211/2011 (convertito nella legge 9/2012) ha stabilito la chiusura degli OPG per Febbraio 2013 (prorogata poi al 2015) e l’apertura delle REMS (Residenze per l’Esecuzione delle Misure di Sicurezza).

273 FORNARI U./CODA S., Dall’ospedale psichiatrico giudiziario al territorio, in Riv. it. med. leg., 2001, p. 42 ss.;

vedi anche: COLLICA M.T., Ospedale psichiatrico giudiziario: non più misura unica per l’infermo di mente adulto e pericoloso, in Dir. pen. proc., 2003, p. 300 ss.; ID., Vizio di mente, cit., 211 ss.; FORNARI U., L’ospedale psichiatrico giudiziario. Alcune proposte di revisione, Fed. Medica, XXXVIII/8, 1985, p. 861.

274 COLLICA M.T., La crisi del concetto di autore non imputabile “pericoloso”, cit., p. 16.

275 “Relazione sulle condizioni di vita e di cura all’interno degli ospedali psichiatrici giudiziari”, Commissione parlamentare di inchiesta sull’efficacia e l’efficienza del servizio sanitario nazionale, 2011, consultabile online al seguente sito:

https://www.senato.it/documenti/repository/commissioni/servizio_sanitario16/Relazione_OOPPGG_doc_XXII-bis_4.pdf; FUGGIANO B., C’erano una volta gli O.P.G., adesso ci sono le R.E.M.S., in https://www.fattodiritto.it/cerano-una-volta-gli-o-p-g-adesso-ci-sono-le-r-e-m-s/, (consultato il 31.08.2018).

76 Custodia, ai detenuti con infermità sopravvenuta276. Da un lato, quindi, gli OPG risultavano inidonei a perseguire tanto lo scopo terapeutico quanto quello della difesa sociale, mentre dall’altro, la totale remissione in libertà del soggetto, in seguito alla dichiarazione di assenza di pericolosità sociale, rischiava di lasciarlo abbandonato a se stesso, senza alcun tipo di assistenza. Di fronte ad una simile realtà, “sia che si escluda la pericolosità sociale per sottrarre i sofferenti psichici ad una struttura ritenuta unanimemente antiterapeuta, sia che la si riconosca al solo scopo di non abbandonarli al loro destino, gli psichiatri forensi finiscono comunque consapevolmente per falsare le proprie conclusioni, vittime di un fardello di responsabilità non più sopportabile”277. La legge n. 9 del 17 Febbraio 2012 ha stabilito, così, la chiusura degli OPG e la contestuale apertura di un nuovo tipo di struttura, la REMS (Residenza per l’Esecuzione delle Misure di Sicurezza), che ha come obiettivo principale quello di occuparsi della gestione sanitaria dei pazienti; si tratta, infatti, di strutture riabilitative, all’interno delle quali i ricoverati vengono curati in prospettiva di un reinserimento sociale e non sottoposti ad un regime equivalente a quello carcerario. Con la chiusura, nel 2017, dell’ultimo OPG presente in Italia, le REMS sono aumentate su tutto il territorio, ma, attualmente, i posti disponibili scarseggiano di fronte al numero sempre maggiore di soggetti ai quali viene assegnata questo tipo di misura di sicurezza detentiva, nonostante le modifiche normative del 2014278 spingessero nella direzione di considerarle come extrema ratio279. Ciò rischia di ricreare le stesse dinamiche che dominavano gli OPG.

Se, da un lato, le misure di sicurezza destinate ai soggetti non imputabili ritenuti socialmente pericolosi sembrano seguire, nonostante le difficoltà, l’obiettivo di assicurare il trattamento più adeguato alle diverse condizioni, evitando che la misura di sicurezza detentiva si trasformi in un equivalente del carcere, dall’altro, resta il problema circa la prognosi della pericolosità sociale. Sono sempre di più, infatti, i periti che tendono ad assumere un atteggiamento rinunciatario nei confronti di questo tipo di analisi: essi ritengono che la natura necessariamente ascientifica del giudizio sulla pericolosità sociale impedisca di poter affermare con assoluta certezza se un determinato soggetto commetterà nuovamente in futuro un reato o meno. Ci si chiede, a questo punto, se conservi ancora un senso il mantenimento della figura della pericolosità sociale come presupposto per l’applicazione delle misure di sicurezza. La questione si articola su due piani: il primo riguarda la mancanza di “procedure standardizzate,

276 Vedi artt. 206, 219, 222 c.p.

277 COLLICA M.T., La crisi del concetto di autore non imputabile “pericoloso”, cit., p. 17.

278 Legge 81/2014.

279 DI NICOLA P., Vademecum per tentare di affrontare (e risolvere) il problema dell’assenza di posti nelle Residenze per l’Esecuzione delle Misure di Sicurezza (REMS), in Diritto penale contemporaneo, 2017, p. 2.

77 indispensabili per consentire quel controllo di affidabilità dall’esterno necessario per far assurgere la perizia psichiatrica al rango di prova scientifica”280; il secondo concerne la presunta efficacia delle conseguenze sanzionatorie stabilite per i soggetti socialmente pericolosi: è giusto e utile rinchiuderli coattivamente all’interno di strutture come le REMS (certamente più consone rispetto agli OPG), anche se sono stati dichiarati non imputabili e, quindi, non punibili?

Devono prevalere le esigenze di sicurezza pubblica o le garanzie individuali?