La scelta di utilizzare differenti strumenti d'inchiesta ha come risultato la differenziazione del tipo di dati raccolti e delle fasi necessarie alla loro analisi. Le informazioni quantitative che emergono dal questionario sono state analizzate a più riprese durante il periodo dell'indagine, con l'obiettivo di reperire la distribuzione delle variabili, le relazioni tra queste, e identificare i dati incoerenti. Tutto questo è servito a formulare delle ipotesi che hanno successivamente orientato l'inchiesta qualitativa verso le tematiche più importanti. Vista la debole rappresentatività del campione studiato (solo 100 persone hanno risposto al questionario), il suo utilizzo finale non ha come obiettivo la formulazione di statistiche. Tuttavia, questi dati sono stati utili per migliorare la comprensione del fenomeno studiato e aumentare l'affidabilità dei risultati dello studio.
Per quello che riguarda i dati raccolti con i due metodi qualitativi utilizzati, i colloqui semi-‐direttivi e l'osservazione, ho seguito il modello suggerito da D. Bertaux (1997). Le narrazioni della fase di pre-‐inchiesta esplorativa mi sono state utili per approfondire la mia conoscenza della realtà del campo, delineare l'obiettivo di ricerca e formulare domande più precise. Successivamente, le interviste realizzate sono state trascritte nella loro interezza e analizzate giorno dopo giorno, per evidenziare le tematiche ricorrenti e paragonarle ai risultati del questionario
quantitativo e delle interviste precedenti, continuando il processo di valutazione della correttezza delle ipotesi formulate. Le unità tematiche così svincolate hanno permesso di passare dal vissuto al concetto, vale a dire alla struttura tipica del fenomeno studiato.
La fase di osservazione diretta è stata indispensabile per approfondire la comprensione del fenomeno, completando i dati mancanti e cercando di svelare il senso profondo di alcune esperienze, grazie alla conoscenza più approfondita della realtà esplorata.
Una volta terminata la fase di raccolta dei dati, un’ultima rilettura delle trascrizioni è stata indispensabile al fine di comprendere il senso generale dell'insieme della descrizione, di ridefinire le differenti tematiche emergenti dai racconti e di confrontarle. Queste tematiche si riassumono come segue: da una parte la descrizione del percorso migratorio, suddiviso in cause e conseguenze, in relazione alla vita del migrante, della sua famiglia e del gruppo sociale al quale appartiene, nonché il ritorno nel paese d'origine; d'altra parte, il miglioramento del capitale economico, umano e sociale prima e dopo la migrazione.
Dopo un'ultima osservazione sul campo realizzata con lo scopo ulteriore di chiarire gli aspetti che mi sembravano ancora oscuri, ho cominciato la fase di redazione del presente lavoro, sintetizzando e concettualizzando con l'obiettivo di descrivere in modo coerente e solido il fenomeno studiato.
2.
L’EVOLUZIONE DELLE MIGRAZIONI TUNISINE: L’INFLUENZA
DEL CONTESTO SOCIO-‐ECONOMICO E POLITICO NAZIONALE E
INTERNAZIONALE
2.1. DALLA COLONIZZAZIONE AGLI ANNI 1980: CRESCITA
ECONOMICA IN EUROPA E LIBERTA’ DI MOVIMENTO
La migrazione tunisina verso l'estero comincia a diventare un fenomeno importante dopo l'Indipendenza. Da questo momento, essa attraversa fasi differenti la cui ampiezza e composizione varieranno in funzione del contesto economico e politico tunisino e internazionale. In questo capitolo descriveremo queste fasi, tenendo conto delle cause economiche, sociali e politiche delle variazioni dei flussi migratori. Successivamente ci concentreremo, in particolare, sull'evoluzione del quadro giuridico nazionale e internazionale all'interno del quale si inseriscono tali fasi migratorie. Infine, il capitolo si conclude con una parte dedicata alla situazione attuale, considerando gli avvenimenti più significativi relativi alle migrazioni dalla rivoluzione tunisina.
Questo ci permetterà di identificare gli elementi del contesto macro che hanno avuto, e hanno attualmente, un ruolo nelle migrazioni tunisine.
2.1.1. Il periodo coloniale e le migrazioni interne
La Tunisia è uno degli ultimi paesi del bacino mediterraneo ad inserirsi nel sistema delle migrazioni internazionali. Durante la colonizzazione francese la mobilità dei tunisini veniva praticata soprattutto all'interno delle frontiere nazionali. Secondo Gildas Simon in "Etat et Perspectives de l’Émigration Tunisienne" (1977), tra il 1881 e il 1956 (durata del protettorato francese in Tunisia), si osserva un aumento della migrazione interna spinta dalla crescita demografica e dalla rottura dell'equilibrio dei rapporti tradizionali tra città e campagna. In effetti, nella prima metà del 20º secolo, La Tunisia conosce un raddoppiamento della sua popolazione, grazie alla diminuzione della mortalità dovuta all'arrivo di nuovi medicinali, ma anche al miglioramento dei trasporti e dell'alimentazione. L’esplosione demografica non è
equilibrata da uno sviluppo economico altrettanto rapido. Questo porta a una diminuzione del reddito per abitante e all'aumento dell'indebitamento. Nelle campagne, dove abita la maggioranza della popolazione, questo processo ha effetti significativi. Le manifestazioni contro le tasse, le espropriazioni, la trasformazione dei metodi di produzione, sono il risultato di un progressivo isolamento e declino causati dall'accelerazione della centralizzazione della vita economica, amministrativa e dei servizi nelle città costiere. L'aggravamento dello squilibrio tra città e campagne ha spinto un gran numero di persone all'esodo rurale, che abbandonavano le campagne per raggiungere i grossi centri abitati.
La migrazione verso l'estero, invece, rimane esigua. Secondo le statistiche dell’INS7,
nel 1954 il numero dei tunisini in Algeria è tra 10 000 e 12 000 (l'Algeria era ancora colonia francese) e 2 000 in medio oriente, seguendo l'antica tradizione commerciale tra paesi musulmani. In Francia, si conta solo qualche migliaio di tunisini, partiti per proseguire gli studi superiori oppure per rispondere all'appello di manodopera del governo francese durante le guerre mondiali. A quell'epoca, quindi, non vi era una vera e propria migrazione per lavoro, nonostante l'esistenza della libertà di circolazione e di soggiorno in Francia, sia per i tunisini che per i marocchini.
La debole migrazione verso la Francia si spiega con il fatto che le migrazioni interne erano sufficienti, in quel momento storico, a ridurre gli squilibri socio-‐economici interni al paese.
Tuttavia, la meccanizzazione del lavoro, l'aumento dei servizi, le modalità di vita urbana e la scolarizzazione, diventano portatori di una disaffezione verso il lavoro manuale, della diminuzione della necessità di manodopera e dell'evoluzione della famiglia allargata verso la cellula coniugale. Questa trasformazione socio-‐economica costituisce il primo passo verso l'espansione del fenomeno migratorio all'estero.