nel paese d’origine
Il livello di studi dei migranti appartenenti alle prime generazioni partite per l'estero non supera le scuole medie. A Ghardimaou i pionieri venivano da famiglie modeste, che non avevano i mezzi per offrire ai figli la prosecuzione degli studi. Queste generazioni furono le prime a beneficiare di programmi di istruzione di
massa, a un'epoca in cui, in Tunisia e soprattutto nelle regioni più isolate, l'istruzione non godeva di una grande considerazione sociale. I figli di questi migranti, al contrario, hanno spesso ottenuto il diploma, e talvolta continuato gli studi all’università o per ottenere dei diplomi professionali. Questo allungamento degli studi coincide con il rafforzamento delle politiche dell'istruzione nella Tunisia degli anni 1990, e con il cambiamento di mentalità della popolazione, che comincia a comprendere l'importanza sociale di una qualifica accademica. I figli dei migranti sono stati quindi spinti a studiare dai genitori, che disponendo di risorse economiche maggiori potevano farli beneficiare di corsi privati nel pomeriggio. La volontà dei genitori di evitare loro le difficoltà dell’esperienza migratoria, non ha tuttavia impedito il perpetuarsi di una concezione della migrazione come di un modello di successo. Nell'ambito della popolazione studiata, molti giovani diplomati cercano di lasciare il paese, anche in modo irregolare, anche se sono consapevoli che non troveranno lavoro se non nell'agricoltura o nell'edilizia.
L'economia tunisina è caratterizzata da un alto livello di disoccupazione, anche tra i diplomati, che l'offerta di lavoro non riesce ad assorbire. La "fuga dei cervelli" è un fenomeno che caratterizza il paese: oltre ai lavoratori non qualificati che trovano lavoro nei settori non specializzati dell'economia europea, la Tunisia vede anche partire molti giovani altamente qualificati.
A Ghardimaou, i giovani che hanno terminato gli studi non trovano lavoro corrispondente alla loro qualifica. Questo, da una parte a causa della mancanza di una politica di sviluppo realizzata dallo Stato in questa regione, e dall'altra, per la forte inerzia della burocrazia e a causa della corruzione. L'impressione di non poter creare nulla di redditizio in questa regione è molto diffusa e scoraggia qualsiasi volontà d’investimento.
Allo stesso modo, chi ha lavorato nel settore agricolo a Berre-‐l'Étang, e ha appreso le tecniche di coltura moderne che potrebbero essere utilizzate nella regione agricola nei dintorni di Ghardimaou, non riescono a implementarle. Qualsiasi innovazione è scoraggiata dalla mancanza di sovvenzioni statali e dalla mancanza di interesse dei proprietari delle terre, che traggono profitto dal basso costo della manodopera agricola e non sono quindi interessati alla modernizzazione delle colture.
In generale, nel paese d'accoglienza, i migranti, oltre ad apprendere nuove tecniche, possono anche entrare in contatto con un sistema di valori differente. I migranti che fanno parte del circuito migratorio Berre-‐Ghardimaou che sono stati intervistati in Francia durante la loro esperienza migratoria, non hanno veramente avuto la possibilità di integrarsi nella società locale. I migranti regolari vivono in alloggi messi a disposizione dal comune oppure sono alloggiati dai datori di lavoro. Gli irregolari, che vivevano in un accampamento di roulotte costruito in mezzo ai campi finché non venne distrutto dalla polizia nel 2008 su ordine del prefetto, trovano oggi alloggi precari in capanne costruite vicino al luogo di lavoro. Il luogo d’incontro e di vita sociale è il caffè del centro di Berre-‐l'Étang. Questo caffè è gestito da un tunisino e la clientela è composta esclusivamente da maghrebini. Il contatto con i locali è ridotto e si limita ai datori di lavoro e ai commercianti sul mercato. Gli orari di lavoro nei campi e l'emarginazione dei migranti non facilitano l'incontro con gli abitanti di Berre, che, da parte loro, tollerano la presenza pubblica dei lavoratori agricoli, ma non cercano un contatto. Non esistono associazioni locali di supporto a questi migranti che potrebbero permettere degli scambi sociali.
La volontà di avvicinarsi alla società d'accoglienza tuttavia esiste da parte dei migranti. Molti si impegnano per riuscire a stabilire relazioni d'amicizia con i loro datori di lavoro, alcuni riescono anche a giocare nella squadra di calcio locale oppure a entrare in contatto con francesi grazie a internet, o a farsi degli amici durante i weekend passati a Marsiglia.
Per i migranti irregolari il contatto è spesso più difficile. La paura di essere presi dalla polizia limita molto di spostamenti e aumenta la diffidenza, complicando le relazioni sociali. Tuttavia, rimane anche tra questi migranti la volontà di diventare parte della società d'accoglienza. I tentativi di molti di sposarsi con locali, che a prima vista possono sembrare solo una strategia per ottenere i documenti, si rivelano essere l'unica possibilità per integrarsi in Francia. Trovare una moglie, avere dei documenti, permetterebbe di vivere una vita normale e di investire in relazioni interpersonali con i locali:
«Se trovo una moglie qui, lascerò la mia. Continuerò a sostenerla, così come i miei figli. Ma mi sono sposato con lei troppo presto. Non ci conoscevamo bene. Ho voglia di scoprire come si vive una vita qui, avere degli amici francesi e uscire liberamente per strada. Voglio trovare una donna con cui condividere delle cose, che mi comprenda di più. (…) Mia figlia porta il niqab. Le dico tutti i giorni che non è obbligata a farlo; che può essere amica dei ragazzi. Deve fare attenzione a non fare cose inopportune in pubblico, ma deve anche fregarsene del giudizio degli altri. Sa, la gente a Ghardimaou è molto tradizionalista. Bisogna fare attenzione. Sono anche preoccupato per mio figlio. Ho paura che cada nella rete dei salafisti. Ci sono molti giovani qui che, non trovando lavoro, ora partono per la jihad in Siria! »
-‐Intervista con Mohammed, 13 luglio 2012 a Berre l’Étang-‐
Al contrario, i discorsi dei migranti incontrati nella loro città d'origine sono meno espliciti. Infatti, sembra difficile per i migranti trasferire i valori della società d'arrivo di cui si sono appropriati, presso la famiglia rimasta al bled. Il controllo sociale sembra troppo forte per riuscire a vivere nello stesso modo in cui si vive in Francia. Il giudizio della società d'origine è molto importante nella vita quotidiana dei migranti e delle loro famiglie. Spesso il migrante preferisce non rendere problematiche le relazioni familiari, interrotte per lungo tempo, e non interviene quindi nelle questioni relative alla morale religiosa o tradizionale. Il rischio di rottura con la famiglia è molto alto per i giovani migranti, che rientrano dalle loro prime esperienze migratorie:
«Mia madre e mia sorella non mi lasciano in pace con il fatto che devo fare la preghiera. So che mio padre mi capisce: ha vissuto in Francia a lungo. Ma preferisce non dire nulla.»
-‐Intervista con Ahmed, 6 giugno 2012 a Ghardimaou-‐