Secondo le statistiche ufficiali dei paesi d'accoglienza e dell'Istituto Nazionale di
Statistica tunisino, nel primo decennio del XXI° secolo l'emigrazione tunisina segue
principalmente due tendenze. Essa si concentra fortemente sui paesi europei, diversificando allo stesso tempo i paesi di destinazione, in un contesto di globalizzazione che facilita l'accesso ai mezzi di comunicazione e di trasporto. Nel 2008, l'82,6% di tunisini, residenti legalmente all'estero, abita in Europa, più della metà di questi in Francia e il rimanente in Italia e in Germania. La Libia rimane comunque la terza destinazione dei tunisini, che cominciano anche a scegliere i paesi del Golfo come nuove destinazioni. In ultimo, gli Stati Uniti e il Canada, ricevono un’immigrazione giovane e sempre più istruita e formata.
La continua presenza di una forte emigrazione dalla Tunisia ha le sue cause in un'economia che non riesce ad assorbire l'offerta di lavoro. La popolazione in età attiva aumenta a seguito del boom demografico degli anni precedenti (tra il 1966 e il 1994 la popolazione tunisina è raddoppiata, passando da 4,5 a 8,8 milioni38), così
come è aumentato il tasso di scolarizzazione, in particolar modo delle donne. Questi fattori regolano la crescita della disoccupazione, che comprende sempre di più dei
34 Articolo 33 della Convenzione di Ginevra del 1952 relativo allo status di rifugiato.
35 La Tunisia non dispone di un sistema di protezione internazionale, nonostante la firma della
Convenzione di Ginevra del 1951 e la Carta dell'Organizzazione Africana che invece lo prevedono.
36 Articolo 13 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo. 37 Articolo 8 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo.
38 F. Sandron, La Baisse De La Fécondité En Tunisie, I dossier di CEPED n° 49, Paris, 1998.
Secondo lo stesso studio, l'abbassamento del tasso di fecondità in Tunisia comincia nel 1967, a seguito delle politiche di pianificazione familiare. Se nel 1966 l'indice sintetico di fecondità era superiore a 7 figli per donna, il numero successivamente decresce fino a meno di 3 figli per donna.
diplomati di livello superiore. Nel 2007 il tasso di disoccupazione in Tunisia (al 14% in un paese di 10 673 000 abitanti) è il più alto dell'Africa del Nord e del medio oriente. Aggiungendo ai disoccupati il numero di coloro che sono sottoccupati, hanno un impiego informale, temporaneo, precario o dequalificante, si arriva a 2 milioni di persone nel 2007, vale a dire il 20%39 della popolazione.
Le migrazioni tunisine in Francia negli anni 2000 sono caratterizzate, nella loro
composizione, da alcune particolarità. Secondo i dati raccolti dall’ANAEM40 e dal
ministero degli interni, la composizione dei flussi migratori regolari vede aumentare il numero di giovani diplomati, e della manodopera qualificata femminile.
Se, al confronto con la migrazione maschile, il numero di donne che emigrano
rimane più basso (36% nel 2004) il tasso di emigrazione femminile è in aumento 41.
Questo fenomeno è spiegabile in gran parte per i ricongiungimenti familiari. La migrazione tunisina di questo ultimo decennio non è più solo quella del lavoratore che emigra temporaneamente e da solo, ma è costituita da famiglie che si trasferiscono in modo duraturo. Per quanto riguarda le migrazioni femminili per motivi di lavoro, queste sono dovute in parte dall'aumento della scolarizzazione e del tasso di attività delle donne (27% della popolazione attiva nel 2007 secondo l’INS), ma anche grazie ad una evoluzione dello status e del ruolo della donna, e
soprattutto grazie all'innalzamento dell'età del matrimonio42, fenomeno che
incoraggia il lavoro, anche se la maggioranza lo abbandona una volta sposata. Secondo l'ultimo censimento generale della popolazione e dell'habitat, realizzato nel 2004, le ragioni dell'emigrazione delle donne sono per il 27% motivi di lavoro, per il 24% motivi di studio, mentre il 44,5% parte per seguire il marito o per sposarsi in Francia all'interno della propria rete sociale.
39 Dati dell’Institut Nationale de Statistique tunisino.
40 Agence Nationale d’Accueil des Étrangers et des Migrations, rinominato nel 2009 Office
Français pour l’Immigration et l’intégration, OFII.
41 Secondo le statistiche dell’ INS.
Per quanto riguarda il fenomeno delle partenze via mare, né l'inasprimento
progressivo della legislazione tunisina nel 200443 contro l'immigrazione illegale, né
la direzione di chiusura presa dalle politiche europee, ne hanno impedito l'aumento.
La migrazione “clandestina” dalla Tunisia
Lo studio condotto da Mehdi Mabrouk, professore di sociologia all'università di Tunisi, spiega la realtà delle partenze irregolari dalla Tunisia e ci aiuta a comprendere meglio lo svolgimento di questo fenomeno.
Secondo le ricerche realizzate, le tre zone identificate come aree di intensa attività migratoria irregolare in Tunisia sono il Cap Bon, scelto per la sua vicinanza alle coste italiane, e in particolare all'isola di Pantelleria (che dista 60 km da Klibia), il "grande Sahel", che comprende le città costiere di Sousse, Monastir, Mahdia e Sfax, vicino a Lampedusa, e la costa a sud di Gabès, in particolare i dintorni delle città di Djerba e Zarzis alla frontiera libica.
Ci sono molti modi per organizzare il viaggio verso l'Italia. La partenza in container su navi mercantili è una tecnica riservata ai giovani che vivono nelle periferie delle città portuali, ed è anche una delle tecniche meno pericolose e meno care (300 o 600 dinari, circa 150-‐300 euro). La maggioranza dei migranti decidono di organizzare il viaggio in modo indipendente, si uniscono ad altri candidati alla partenza, al massimo 5 o 10 persone, di cui almeno una con competenze tecniche, e acquistano una piccola barca (un gommone oppure piccole imbarcazioni di pattuglia). L'utilizzo di barche più grandi è una scelta tipica della regione del Sahel, e comprende essenzialmente persone che vengono dalle zone rurali interne. Questo viaggio è caratterizzato da una più grande organizzazione e il costo si aggira intorno ai 1 500-‐ 2 500 dinari, circa 750-‐1 250 euro. Per quello che riguarda il passaggio dalla frontiera libica, questo metodo è caratteristico delle regioni del sud, e si realizza grazie all'aiuto delle stesse persone che dirigono il contrabbando di merci tra Libia e Tunisia.
Le reti organizzative dei viaggi clandestini si basano sulla fiducia e la solidarietà e comprendono una figura conosciuta per le sue competenze acquisite con l’esperienza diretta, e sono spesso costituite da persone dello stesso quartiere. Le organizzazioni non sembrano avere una gerarchia strutturata. Le reti di grandi dimensioni, che gestiscono le partenze di centinaia di persone instaurano una sorta di relazione commerciale con i migranti. Il passeur è a capo dell'organizzazione, non ha alcun contatto con i migranti e la sua posizione sociale gli permette di avere delle relazioni con le autorità locali, quali la guardia costiera, i doganieri e la polizia di frontiera. Il pilota e il copilota sono coloro che organizzano il viaggio, sono persone che hanno competenze tecniche, oppure migranti che si prendono la responsabilità dell'imbarcazione per non pagare il viaggio. L'individuazione di candidati alla partenza avviene principalmente nei caffè e tramite il passa parola (M. Mabrouk, 2010).
Migrazioni, diaspora e sviluppo economico.
Il contributo delle migrazioni allo sviluppo del paese d'origine interessa e mobilita molti attori nazionali e internazionali.
La tendenza dell'invio delle rimesse dei migranti tunisini all'estero è in aumento nel paese (dal 2000 al 2009 il tasso di aumento delle rimesse in euro era del 5%). Il forte deprezzamento del dinaro rispetto alle valute straniere ha permesso alle famiglie dei migranti di vedere aumentare sensibilmente il beneficio proveniente dalle rimesse. Inoltre, questi contributi in valuta sono molto importanti per gli stati d'origine, in quanto permettono di ridurre il deficit commerciale e di alimentare il paese in valuta estera, contribuendo ad alleviare il peso sulla bilancia dei pagamenti. Inoltre esistono degli accordi tra varie reti bancarie dei paesi di origine e di accoglienza che hanno come obiettivo quello di mobilitare i risparmi dei migranti tunisini e indirizzarli verso attività di sviluppo e d’investimento nel paese d'origine, attraverso conti in dinari oppure in dinari convertibili, come la concessione di crediti per la creazione di imprese.
Il governo tunisino ha anche avviato una serie d’incentivi per facilitare l'investimento dei tunisini all'estero nel paese di partenza. In questo modo, i cittadini tunisini beneficiano degli stessi vantaggi ottenuti dagli investitori stranieri. Un esempio sono i vantaggi fiscali per i tunisini all'estero che decidono di investire in Tunisia, oppure i vantaggi doganali per chi, rientrando nel paese, importa beni personali o commerciali.
Sono numerose le istituzioni che si occupano di promuovere e sostenere gli investimenti dei migranti tunisini e la creazione d’imprese. L'Agenzia per la Promozione dell'Industria (API) lavora nel settore dell'industria, dei servizi e dei trasporti, della comunicazione, dell'istruzione e della formazione professionale, della sanità, delle attività culturali, dell'ambiente, dei lavori pubblici, della promozione immobiliare e dell'informatica. Per quanto riguarda il settore dell'agricoltura e della pesca, i tunisini possono rivolgersi all'Agenzia per la Promozione degli Investimenti Agricoli (APIA), oppure, se interessati al settore turistico, all'Ufficio Nazionale del Turismo Tunisino (ONTT).
Sono stati presi anche accordi con i paesi di accoglienza dei migranti al fine di sostenere lo sviluppo, in cambio della collaborazione nella gestione delle migrazioni e nella lotta contro le migrazioni clandestine. Ad esempio l’accordo quadro del 2008, nominato più in alto, contiene un protocollo per lo sviluppo solidale, e ha come obiettivo il supporto alla creazione di attività produttive, la cooperazione nel settore dell'occupazione e della formazione professionale e universitaria, in particolare per i giovani e per i più vulnerabili. I progetti settoriali di cooperazione francese in Tunisia sono dedicati alle regioni a forte emigrazione, e si occupano, ad esempio, del reinserimento dei migranti che ritornano grazie al meccanismo dei "rientri volontari". Altri obiettivi di questo protocollo sono, ad esempio, una maggiore facilità per il trasferimento dei fondi dei migranti, la mobilitazione delle competenze dei tunisini in Francia ai fini dello sviluppo tecnologico, scientifico ed economico in Tunisia. Tuttavia non esistono studi indipendenti che possano verificare l'efficacia di questi progetti analizzando l'impatto sullo sviluppo del territorio tunisino. Inoltre la crisi finanziaria europea e francese ha portato alla legge del 2009 che riduce del
2.3. 2011: LA RIVOLUZIONE E LA CRISI DI LAMPEDUSA
Il 17 dicembre 2010, Mohammed Bouazizi si suicida per protesta dandosi fuoco a Sidi Bouzid e avviando così il processo rivoluzionario che porta, il 14 gennaio 2011, alla caduta del regime di Zine el-‐Abidine Ben Ali, al potere dal 1987. L'origine del movimento sociale alla base della rivoluzione tunisina può essere fatta risalire al 2008, con la rivolta del bacino minerario di Gafsa, una regione povera ed emarginata all'interno del paese. Questa rivolta viene repressa nel sangue dal governo. Le manifestazioni degli anni 2010 e 2011 presentano le stesse rivendicazioni: la popolazione protesta contro la disoccupazione, la corruzione e la repressione da parte della polizia.
Una buona parte dei motivi alla base della rivoluzione sono gli stessi che spingono i migranti tunisini a partire. In effetti, dal momento in cui il governo e le istituzioni di controllo cadono e cessano di controllare le coste, decine di migliaia di tunisini decidono di prendere il mare verso l'Italia e, in particolare, verso l'isola di Lampedusa. La reazione tardiva del governo italiano di fronte all'aumento degli arrivi, ha causato una situazione insostenibile per i migranti detenuti nei centri di accoglienza sovraffollati di Lampedusa.
Secondo alcuni analisti, il governo italiano avrebbe strumentalizzato questa crisi per ragioni elettorali e per potere richiedere l'aiuto dell'Unione Europea dimostrando che Lampedusa era la porta d'Europa e che la sua gestione doveva riguardare tutti gli Stati membri44 . Non c’è stato seguito a questo appello. Al contrario, la Francia e
la Germania sono entrate in conflitto con l'Italia in merito all'interpretazione degli accordi di Schengen, e hanno riattivato i controlli alle frontiere a seguito dell'arrivo di numerosi tunisini sul loro territorio45.
Nel frattempo, la pressione degli abitanti dell'isola e dei media nazionali e internazionali ha spinto il governo italiano a mettere in atto mezzi adeguati per controllare la situazione. I migranti sono stati spostati in diversi centri situati in altre regioni italiane.
44 http://viedelsud.comunita.unita.it/2012/08/13/lampedusa-terra-dinizio-e-non-di-fine/
Un nuovo accordo tra l'Italia e la Tunisia viene poi firmato il 4 e 5 aprile, a seguito della decisione italiana di concedere permessi di soggiorno temporanei per motivi umanitari di sei mesi (poi prolungati di altri sei mesi) a tutti i migranti arrivati prima della firma dell'accordo stesso (circa 25 000)46. In merito alle espulsioni,
l'accordo prevede che i migranti arrivati dopo la firma dello stesso vengano rimpatriati. Le espulsioni devono essere eseguite a piccoli gruppi e in presenza delle autorità consolari tunisine, al fine di garantire il rispetto dei diritti umani e la dignità della persona. Le due delegazioni hanno anche annunciato una serie di impegni, di cui dalla parte italiana, nel settore dello sviluppo e degli investimenti. La Tunisia dichiara di preparare l'accoglienza di coloro che sono stati espulsi dall'Italia, vale a dire la non incarcerazione, altrimenti prevista secondo la legge, il trasporto verso i luoghi di residenza. Le ONG che hanno lavorato in quei mesi a supporto dei migranti a Lampedusa, hanno denunciato la violazione di questi accordi e descrivono le espulsioni di centinaia di persone con voli charter quotidiani dall'aeroporto di Palermo (G. Breda, G. Jerace Bio, 2011).
La situazione rivela un forte disaccordo e la tensione tra i membri dell'Unione Europea sulla questione migratoria, e ha come conseguenza la messa in causa del trattato di libera circolazione di Schengen, da parte della Francia, durante il vertice europeo del 26 aprile 2011.
Nel dicembre 2012, una delegazione dell'Unione Europea incontra in Tunisia le autorità competenti al fine di trovare un accordo sul "partenariato per la mobilità", nel quadro del rafforzamento della cooperazione tra Tunisia e Unione Europea nel settore delle migrazioni, della mobilità e della sicurezza. Tale accordo prosegue con la stessa logica, collegando le politiche di sicurezza alle promesse di ampliamento delle concessioni dei visti per soggiorni temporanei e, eventualmente, per l'accesso a nuove filiere di migrazione per motivi di lavoro47.
46 Stima del Ministero dell'Interno:
http://www.interno.gov.it/mininterno/export/sites/default/it/sezioni/sala_stampa/notizie/immigraz ione/000069_2011_04_07_informativa_Maroni_alla_Camera.html_1478334785.html
47Rapporto del Forum tunisino dei diritti sociali ed economici, Partenariats Pour La Mobilité UE
Inoltre, la decisione del Consiglio Europeo del 23 e del 24 giugno 2011 di aumentare i mezzi di Frontex, testimonia un atteggiamento di chiusura piuttosto che di solidarietà verso la Tunisia.
Quello che sembra cambiare in Tunisia è l'approccio del potere pubblico verso i tunisini all'estero e la volontà degli stessi di partecipare ai cambiamenti del paese. Come spiega Abderazak Bel Haj Zekri nel suo articolo “La dimensione sociopolitica attuale delle migrazioni in Tunisia” (2011), a seguito della rivoluzione, i responsabili dell'esecuzione dei programmi dedicati ai tunisini espatriati sono stati ritirati dal loro ruolo. Questi programmi intitolati "Inquadramento dei tunisini all'estero" avevano come primo obiettivo, sotto il regime, il controllo e la propaganda presso la popolazione tunisina espatriata.
Il nuovo governo provvisorio tunisino48 ha poi fatto appello alle elites tunisine
all'estero affinché partecipassero alla vita politica del paese e intervenissero nella sua ricostruzione. Oggi sei ministri dell’attuale governo hanno la doppia nazionalità. Le critiche di opportunismo non sono mancate, a causa della loro non partecipazione alla rivoluzione, e a causa del rapporto ambiguo di queste élites con il vecchio regime.
Nel frattempo, le associazioni politiche tunisine nei paesi di accoglienza continuano ad aumentare, organizzando attività nelle città di residenza e in collegamento con la Tunisia. Un esempio è la richiesta, nel febbraio 2011, dell'Associazione dei Tunisini in Francia di assicurare il diritto di voto e l'eleggibilità ai tunisini residenti all'estero.
3.
ANALISI DEI DATI DELLA RICERCA
L'evoluzione del contesto economico e delle politiche internazionali e nazionali ha quindi influito sulla variazione dei flussi migratori tunisini e sulla loro composizione. La "chiusura delle frontiere" europee degli anni 1970 e 1980 ha sconvolto le modalità di partenza, di installazione e di ritorno dei migranti.
In questo capitolo si esporranno i risultati della ricerca svolta sul campo e finalizzata a rispondere alla problematica iniziale. Infatti, a seguito di una prima parte dedicata all'introduzione delle caratteristiche del fenomeno migratorio nella regione del nord-‐ovest tunisino, e più particolarmente a Ghardimaou, si descriverà come i fattori macro, micro e meso influenzano i percorsi migratori dei lavoratori non specializzati di Ghardimaou e, infine, si analizzerà come questi fattori condizionano l'acquisizione di capitale economico, umano e sociale da parte dei migranti.
La regione del nord-‐ovest è stata scelta come area di ricerca perché si tratta di un'importante e antica area di emigrazione, ma anche per la diversità dei profili dei migranti che ne sono originari (stagionali, irregolari e regolari abitanti in Francia con permesso di soggiorno di lunga o corta durata). Per quanto riguarda la mobilità dei migranti stagionali e irregolari di Ghardimaou si è riscontrata l’esistenza di un circuito migratorio consolidato sin dagli anni 1960 tra l’Étang de Berre e Ghardimaou. Infatti, secondo i dati raccolti da Médecin du Monde, l'80% dei lavoratori irregolari a Berre l’Étang sono originari del Comune di Ghardimaou. Le interviste approfondite con sei migranti residenti in questa regione agricola vicino a Marsiglia, sono state utilizzate per completare le interviste svolte con le loro famiglie, incontrate a Ghardimaou, e per poterne contestualizzare le testimonianze.
Prima della ricerca sul campo, è stata svolta una ricerca bibliografica relativa alla storia delle migrazioni tunisine e in particolare di quelle originarie della regione del nord-‐ovest. Utile ci stato lo studio di Gildas Simon: "Lo spazio dei lavoratori tunisini in Francia. Strutture e funzionamento di un campo sociale internazionale", pubblicato nel 1985. Questo studio si basa su una serie d’inchieste relative ai
movimenti migratori, svolte sul territorio tunisino tra gli anni 1960 e 1970. Grazie a questo studio, è possibile constatare che Ghardimaou è una città con una tradizione migratoria piuttosto lunga, se la si confronta con il resto della delegazione di Jandouba. In effetti in questa zona si osserva un alto numero di partenze sin dall'inizio degli anni 1960. Per verificare l’esistenza di differenti tipi di percorsi migratori legati ai diversi periodi di partenza, le interviste sono state condotte con migranti partiti in epoche differenti. L'obiettivo della ricerca era confrontare questi percorsi concentrandosi sul loro impatto sulla situazione familiare, economica e sociale del migrante.
La possibilità di visitare a intervalli regolari durante un anno i migranti della città di Ghardimaou mi ha permesso di intervistare diverse generazioni di migranti e di osservare i cambiamenti dovuti alla migrazione nel contesto d’origine.
3.1. LE MIGRAZIONI NELLA REGIONE AGRICOLA DEL NORD-‐
OVEST
3.1.1. La crisi delle campagne e l’esodo rurale
Analizzando le regioni d'origine dei migranti che si trasferiscono all'estero, si osserva che il fenomeno dell'immigrazione non proviene da tutta la Tunisia in modo omogeneo. Secondo lo studio realizzato nel 1985 da Gildas Simon sulle principali aree di partenza, se il Cap Bon e le regioni dell'interno erano le meno toccate dall’emigrazione, il Sahel centrale, il sud e i paesi del Nord-‐Ovest erano caratterizzati da una maggiore mobilità49. Tunisi è un caso particolare ed ha un
ruolo di tappa intermedia. La capitale è infatti un polo d'arrivo delle migrazioni interne (nel 1975 accoglieva il 58% dei migranti interni), e rappresenta un punto di partenza importante (nel 1975, 1/4 dell'emigrazione verso la Francia partiva da Tunisi, di cui 2/3 dei migranti non originari di Tunisi50). Chi emigrava da Tunisi era,
nella maggioranza dei casi, originario dalle campagne e, a causa delle cattive
49 Queste tendenze migratorie rimangono pressoché inalterate fino ad oggi. 50 Dati dell’INS
condizioni di occupazione e delle difficoltà di integrazione nella società urbana, decideva di proseguire il suo percorso migratorio verso l’estero.
Infatti, se durante la colonizzazione, gli abitanti delle città beneficiarono di una certa crescita economica, la società rurale subiva un processo di espropriazione delle terre, che la privò del 15% -‐ 30% delle terre coltivabili. I coloni approfittarono della