Ghardimaou è un villaggio di 19 688 abitanti51nel Nord-‐Ovest della Tunisia, vicino
alla frontiera algerina. Il centro urbano è situato in una valle circondata da montagne, dove si trova una serie di piccoli villaggi che vivono di agricoltura, dell'allevamento e del commercio illegale con l'Algeria. La mancanza di occupazione e l'insufficienza degli investimenti in questa regione isolata e dimenticata dallo Stato sin dall'epoca dell'indipendenza, spinge molti giovani a partire, soprattutto uomini, verso le città della costa e all'estero. Questo contribuisce alla destrutturazione demografica e socio-‐economica della
regione. La principale attività economica è la coltivazione del grano, dell'orzo e dell'ulivo. Questa attività non è però redditizia, a causa dei metodi di cultura tradizionale,
delle difficoltà di
commercializzazione dei raccolti, dello smembramento delle terre e dell'assenza di irrigazione. La zona
industriale vicina è di dimensioni ridotte e non risponde alle necessità dell'offerta di lavoro. Il contrabbando con l'Algeria è importante per l'economia di questo villaggio frontaliero. I prodotti importati sono principalmente la benzina e il bestiame, ma anche gli elettrodomestici e i materiali da costruzione.
Secondo i dati di uno studio del ministero dello sviluppo regionale e della pianificazione del 2012, l'offerta di lavoro e il tasso di occupazione sono molto bassi e il numero di imprese è di 50 ogni 1000 abitanti. Il tasso di lavoro dipendente è del
10% della popolazione attiva, questo dimostra le piccole dimensioni delle imprese esistenti. La maggioranza delle persone non ha un'entrata fissa. Le ricchezze forestali non vengono sfruttate, a causa della mancanza di mezzi e di formazione adatta, ma anche a causa dei freni del dominio esclusivo dello Stato e la concessione limitata di autorizzazioni.
Per quanto riguarda i dati legati alle migrazioni, secondo il direttore dell’OTE52 di
Jandouba, nel 2010 la provincia ha visto la partenza di 30 000 persone, di cui 6 000 famiglie. La destinazione preferita dai migranti di questa regione è la Francia.
Secondo l’OTE53, infatti, il 73,6% dei migranti si concentrano soprattutto nelle ville
di Ajaccio, Nizza, Marsiglia e Lione.
La mancanza si statistiche regionali sul profilo socio-‐economico delle persone che partono e sulle condizioni delle loro partenze sono state in parte compensate dal presente studio attraverso una fase di ricerca quantitativa. Il campione di 100 persone è stato selezionato in funzione di criteri economici, scegliendo in numero equo migranti provenienti da quartieri più e meno agiati. Secondo i risultati del questionario i migranti che lavorano nell’agricoltura o come muratori in Francia sono l’81%. Questo dato è legato al fatto che la rete sociale dei migranti di Ghardimaou è installata soprattutto nella zona agricola di Berre l’Etang (Bouches-‐ du-‐Rhône, vicino a Marsiglia) e ad Ajaccio.
Sulla base dei risultati del questionario si può constatare che il 21% dei migranti hanno avuto, o possiedono attualmente, un contratto stagionale in Francia (contratto OMI), 39% hanno avuto, o possiedono attualmente, dei permessi di soggiorno d’altro tipo, e che il 40% non hanno attualmente un permesso di soggiorno. Solo il 4% dell’insieme dei migranti intervistati a Ghardimaou non è mai stato in condizione irregolare, mentre il 31% delle persone non hanno mai avuto il permesso di soggiorno. Il 65% restante ha avuto, durante l’esperienza migratoria,
52 L’organizzazione dei Tunisini all’Estero è un organizzazione governamentale, nata nel 1988, il
cui obbiettivo è di fornire al governo i dati utili per le politiche d’inquadramento e di assistenza ai tunisini che vivono all’estero e alle loro famiglie. Tuttavia dopo la rivoluzione quasta organizzazione è stata oggetto di numerose accuse di rappresentare lo strumetno di sorveglianza politica dei migranti da parte del regime dittatoriale.
53 I metodi statistici dell’OTE sono oggetto di numerose critiche. Sono ripresi qui per indicare
dei periodi che vanno da qualche mese a una decina d’anni di situazione irregolare sul territorio francese alternati a periodi di regolarità.
L’alta incidenza della condizione d’irregolarità che caratterizza i migranti di Ghardimaou è spiegabile in gran parte per il tipo di rete sociale che lega questa città all’Europa. Questa è infatti composta in maggioranza di lavoratori salariati e non di
imprenditori (che sono solo l’8%54) che possano assumere e quindi dare la
possibilità alla famiglie o agli amici di entrare regolarmente in Francia. Le reti sociali di migranti installati all’estero stabilmente, più caratteristiche delle città della costa tunisina o del sud, come Tatawine, integrano i nuovi migranti nelle loro attività
coinvolgendoli in una strategia collettiva di migrazione (H. Boubakri, 2006).
3.2. L’EVOLUZIONE DEL CONTESTO INTERNAZIONALE E GLI
EFFETTI SUI PERCORSI MIGRATORI
Il paragrafo che segue ha come obiettivo di rispondere alla prima parte della problematica. Si analizzerà quindi come l'interazione tra i fattori macro, micro e
meso ha influenzato i percorsi dei migranti originari della città rurale di
Ghardimaou.
Nel corso della prima parte, si affronterà la questione dei motivi delle partenze, con l'obiettivo di individuare le differenze tra le generazioni di migranti.
Secondo la stessa logica, i successivi due capitoli, destinati all'analisi dei percorsi migratori, sono divisi secondo il periodo di partenza dei migranti. In questo senso, durante le nostre inchieste, abbiamo osservato che il fenomeno più evidente sono i cambiamenti che caratterizzano i percorsi migratori tra le varie generazioni. Si può quindi distinguere tra i migranti partiti prima della metà degli anni 1980, le cui condizioni di partenza erano facilitate dalla forte richiesta di manodopera da parte dei paesi europei e da un minore controllo dei flussi migratori, e i migranti partiti in seguito, in un momento di congiuntura socio-‐economica meno favorevole e nell'ambito di un quadro giuridico-‐politico europeo che limita fortemente l'immigrazione. Un secondo sottogruppo è quello relativo ai diversi status riservati ai migranti nel paese di accoglienza. Per quanto riguarda la prima generazione di migranti l'esperienza di chi aveva un contratto stagionale, caratterizzata da continui viaggi di andata e ritorno tra la Francia e la Tunisia, si differenzia da quella di chi, al contrario, aveva un permesso di soggiorno di lunga durata e non era obbligato a rientrare alla fine della stagione agricola ed era quindi in grado di gestire liberamente i propri spostamenti. Tra i migranti più giovani, partiti dopo gli anni 1980, distingueremo invece tra chi ha regolarizzato la sua situazione amministrativa all'estero e chi, al contrario, non riesce, o non è ancora riuscito, ad avere un permesso di soggiorno, uscendo dallo status di "straniero irregolare". Per ogni categoria analizzeremo il tipo di mobilità, vale a dire la partenza, il periodo all'estero e le condizioni di ritorno.
3.2.1. Le ragioni delle partenze: effetto pull e causa cumulativa
delle migrazioni.
Se la situazione sociale, economica e politica della regione d'origine può influenzare la composizione e l'ampiezza dei flussi migratori, la decisione di partire è una decisione presa a livello familiare. Spesso per il candidato alla migrazione, l'accordo della famiglia è indispensabile. Il progetto migratorio è condiviso e organizzato insieme, con l'obiettivo di rafforzare l'economia familiare, colpita dalla crisi economica delle campagne.
Per i primi flussi importanti di migranti verso l'estero (1960-‐1970), “l’effetto pull” sembra essere alla base della decisione di partire. Ghardimaou è nota per essere una delle prime città tunisine la cui popolazione, in cerca di lavoro, è stata attirata dalla Francia. L'alto numero di contratti stagionali destinati a questa regione, gli stipendi più vantaggiosi (grazie al tasso di cambio più favorevole all’epoca), o anche semplicemente le voci che assicuravano la facilità di trovare un impiego, hanno spinto un gran numero di abitanti a saltare la tappa migratoria che normalmente li avrebbe portati a cercare lavoro nelle città costiere più ricche.
Al contrario, l'effetto pull è più debole per le generazioni più recenti. Per queste, i motivi personali e la volontà di sostenere le famiglie sembrano essere più importanti al momento di prendere la decisione di partire.
Infatti, sulla base delle interviste con questi giovani migranti, le motivazioni sono molto varie: il disoccupato che non riesce a trovare lavoro in Tunisia spera di avere più fortuna all'estero; chi ha un lavoro malpagato (lo stipendio medio in Tunisia è 300 Dinari Tunisini al mese, ovvero 150 euro) vuole migliorare la sua condizione; altri, per pagare la festa di matrimonio (circa 5000 euro) e riuscire ad acquistare una casa e una automobile, partono per guadagnare di più e più velocemente. Anche chi ha una situazione economica favorevole, spesso grazie alle migrazioni delle generazioni precedenti, cerca condizioni migliori altrove perché ha l'impressione che la realizzazione delle sue idee e progetti sia impedita da una burocrazia lenta, caratterizzata da una forte corruzione e dagli ostacoli tipici di un sistema dittatoriale che esercita un pesante controllo su tutte le attività dei cittadini. È
necessario osservare che, quasi due anni dopo la rivoluzione, non si vede ancora, a livello di amministrazione locale, un profondo cambiamento per quanto riguarda la corruzione (secondo la relazione annuale di Amnesty International la corruzione
sarebbe aumentata nel 201155). Infine, un caso particolare è quello dei giovani
partiti da bambini con i genitori, senza visto, negli anni 1970 e 1980, che non sono stati regolarizzati dai genitori (spesso per mancanza di informazioni). Al compimento del 18º anno di età sono dovuti rientrare in Tunisia e ora sognano di raggiungere il padre e il luogo in cui sono cresciuti56.
L'esistenza di una rete migratoria stabile è molto importante come possibilità per i giovani di Ghardimaou di proiettarsi in un futuro in Francia. Anche se la sicurezza di trovare un lavoro è bassa, ed è accompagnata da una migliore consapevolezza, rispetto alle generazioni passate, delle condizioni di vita precarie all'arrivo nel nuovo paese, molti giovani sanno che saranno accolti, almeno durante i primi mesi, da membri della loro famiglia o da amici. Possono immaginare il luogo dove arriveranno grazie alle foto, ai racconti dei migranti che rientrano per le vacanze, e possono vedere delle immagini su Google Earth, oppure iscriversi sulla pagina Facebook del giornale locale, oppure al gruppo Facebook dei migranti già partiti da tempo. Il mantenimento dei legami sociali via Internet è una pratica che caratterizza soprattutto le giovani generazioni. I giovani di Ghardimaou utilizzano questi strumenti per informarsi regolarmente sulla disponibilità di lavoro, ma anche per mantenere i contatti con gli amici o con i genitori. Questo contatto permanente rafforza il legame virtuale con il potenziale paese di emigrazione e facilita la proiezione della propria vita in un altro luogo.
Ritroviamo un'altra specificità per quanto riguarda le ultime generazioni di migranti, dovuta all'aumento del livello di studi e alla diffusione dei media di massa che trasmettono anche i canali europei: sempre più spesso i motivi che spingono a partire sono la volontà di proseguire gli studi superiori o per soddisfare la propria
55 Rapporto di Amnesty International, Tunisia 2011 :
http://www.amnesty.org/fr/region/tunisia/report-2011, consultato il 12 novembre 2012.
56 Al compimento dei 18 anni è obbligatorio richiedere il permesso di soggiorno, difficile da ottenere
curiosità e vedere con i propri occhi quello che si conosce grazie alla televisione o a Internet. I giovani sono attirati dallo spirito d'avventura e dalla curiosità di scoprire e fare esperienza di un mondo basato su valori differenti. L'avvicinamento dell'Europa, incrementato dalla diffusione di Internet rappresenta dunque un fattore pull aggiuntivo dall’Europa.
Tuttavia, i giovani sono più consapevoli, rispetto alle generazioni precedenti, anche degli ostacoli che dovranno affrontare. I racconti dei migranti che, nel momento in cui il progetto migratorio fallisce, sono più portati a parlare dei lati negativi del paese d’accoglienza, apre ai giovani gli occhi sul "paradiso" Europa. Questo aspetto è stato osservato nelle testimonianze raccolte a Ghardimaou, ma anche in altre parti della Tunisia, durante le ricerche precedenti. Si osserva una certa presa di coscienza delle difficoltà che un migrante regolare, e ancor più se irregolare, deve affrontare durante il suo percorso. Sono consapevoli che l'Europa non è un "paradiso" per tutti. La scelta di partire viene presa, quindi, in modo consapevole. Un esempio ne è il fatto che chi vuole emigrare illegalmente non cercherà di trasferirsi nei paesi del Golfo, perché tutti sanno che in questi paesi è ancora più difficile ottenere un visto di lavoro, e nel caso in cui lo si ottenga, le condizioni del contratto di lavoro per i migranti sono più dure rispetto all'Europa e la libertà è più limitata. Inoltre, è difficile emigrare in questi paesi poiché non vi è una rete di persone amiche o familiari che già vi abitano. La scelta di partire è quindi molto ponderata e, fondamentalmente, alimentata dalla speranza:
«Se ci sono persone che riescono a lavorare e abitare in Europa, perché non io? Anche io voglio tentare la fortuna»57.
-‐Intervista con Abdullah, 18 maggio 2012 a Ghardimaou58-‐
La decisione di partire sembra più combattuta che in passato, anche se i dubbi sono nascosti dietro a un discorso sicuro e coraggioso. I giovani esitano a correre i rischi di una partenza verso un paese che ha un atteggiamento di chiusura verso di loro.
57 Le interviste sono state tradotte il più fedelmente possibile dal francese.
Ma allo stesso tempo sanno che c'è una possibilità di successo. Coloro che non riescono a proiettare il loro futuro in Tunisia, paese in crisi economica, sociale e identitaria, vivono un dilemma molto forte. Una parte di loro trova una consolazione identitaria nella tradizione e nelle pratiche religiose, che riscoprono, in questo periodo post-‐rivoluzionario, quella libertà che era stata repressa fin dall'epoca del regime di Habib Bourguiba. Altri seguono dei percorsi deviati nella droga e nell'alcol, mentre alcuni corrono il rischio di partire.
Un esempio è quello di una coppia di giovani che ha dovuto sposarsi dopo che la ragazza è rimasta incinta. Sono obbligati a vivere nella casa dei genitori della ragazza, poiché il marito è disoccupato. Al momento dell'intervista, stavano organizzando la loro partenza illegale, per nave, per sfuggire alla pressione delle due famiglie che esprimevano il loro disaccordo e il loro disprezzo per la loro condizione.
Nel corso di altre testimonianze, i migranti, riflettendo sul loro percorso, hanno dichiarato che una componente importante del loro desiderio di lasciare la Tunisia, la loro città, la loro famiglia è la pressione nell'ambito sociale e familiare. La debole possibilità di trovare un lavoro stabile, o perlomeno sufficiente, per poter costruire il proprio futuro, gli impone di vivere nella casa dei genitori e non permette loro di raggiungere il livello di indipendenza necessario per potersi sposare. All'impossibilità di trovare un'indipendenza e di uscire dalle regole rigide della famiglia e della società tradizionale, si aggiunge l'insoddisfazione nella vita sentimentale:
«Non è possibile trovare una ragazza qui. Sono innamorato di mia cugina. Ci inviamo messaggi tutti i giorni. È molto bella e rispettosa. Il problema è che i suoi genitori non ne vogliono sapere. Si sposerà con un migrante che ha appena costruito una casa. Anch'io ho tentato di partire clandestinamente per Lampedusa nel marzo 2011. Ma mi hanno espulso. Non riuscirò mai a sposarmi. Non lavoro regolarmente e quando lavoro guadagno cinque dinari al giorno nei campi oppure su un
banchetto al mercato. Come si fa a costruire una famiglia in queste condizioni?»
-‐Intervista con Ahmed, 17 maggio 2012 a Ghardimaou-‐
Dalla rivoluzione, nei media e negli ambienti intellettuali ci si chiede perché molti giovani che hanno partecipato alla rivoluzione non hanno proseguito il lavoro di ricostruzione e trasformazione del loro paese, ma hanno preferito partire. La discussione con un giovane di Redeyef, una città del bacino minerario, al centro del paese, è stata rivelatrice. Il giovane è sempre stato molto attivo e impegnato politicamente. Ha partecipato alle manifestazioni che hanno portato alla caduta del regime e crede fortemente nel cambiamento. Era sempre stato contro la decisione di partire come harraga, perché crede che con la partecipazione dei giovani la situazione del paese possa cambiare.
Dopo la caduta del regime, però, una volta rientrato alla vita di tutti i giorni e nella routine familiare, ha comunque cercato di partire per mare. Spiega che dopo aver passato settimane nella capitale, circondato da giovani come lui, liberi dal controllo familiare, passando la notte a discutere di politica, d'arte, di musica e scoprendo un rapporto più libero con le donne, non è stato più in grado di riadattarsi alla pressione sociale della piccola città di cui è originario.
In conclusione, le motivazioni delle partenze non sembrano essere particolarmente cambiate con le generazioni. Si cerca di migliorare la propria condizione e quella della propria famiglia, lasciando un paese con poche possibilità economiche, per un altro paese, sperando nel miglioramento delle proprie condizioni di vita.
La differenza generazionale è da ritrovarsi soprattutto nella prossimità virtuale dell'Europa, grazie ai social network che permettono contatti diretti tra persone sulle due sponde del Mediterraneo, e grazie alla diffusione della televisione. La vita all'europea entra quotidianamente in tutte le case tunisine grazie alle serie televisive e ai film, in un ambiente rurale che aveva conosciuto poco la cultura dei coloni, concentrati soprattutto nelle grandi città. Questo avvicinamento è talvolta accompagnato dall'allontanamento della possibilità di poterne fare esperienza
diretta. La causa è il nuovo quadro giuridico e politico che, dagli anni 80, ha creato una barriera nel Mediterraneo per molti tunisini, e in generale per i non europei:
«Nel mio paese mi sento in prigione. La metà delle frontiere sono sul Mediterraneo e io non ho diritto di attraversarle. Gli europei hanno diritto di venire qui, ma noi no, siamo in prigione!»
-‐Intervista con Mohammed, 24 aprile 2012 a Tunisi -‐