Al momento dell'indipendenza, il saldo migratorio diventa negativo. A seguito della decolonizzazione, l'esodo dei capitali, la partenza dei dirigenti europei e la regressione della produzione portano a una disorganizzazione dell'economia e a una diminuzione della crescita industriale. Questa situazione è gestita da una politica di ristrutturazione di tipo dirigista e protezionista. Il contesto di crisi economica spinge 75 000 persone a lasciare la Tunisia tra il 1955 e il 1965 (G. Simon, 1979, pag. 54).
In particolare, per quanto riguarda la Francia, la situazione amministrativa dei migranti si modifica rispetto al passato. Prima dell'indipendenza, i tunisini non dovevano seguire alcuna procedura amministrativo per soggiornare in Francia. Dal 1956, sono obbligati ad avere un titolo di soggiorno che permette loro di lavorare e di rimanere in Francia oltre i tre mesi previsti dal visto turistico, che viene automaticamente consegnato al loro arrivo sul territorio francese. In qualsiasi altro caso, la situazione dei migranti è definita irregolare dalla legge francese, la persona è quindi passibile di essere arrestata dalla polizia ed espulsa. Tuttavia, in questo periodo, le migrazioni nella pratica non sono ancora controllate dai governi in modo severo.
Il vero aumento del flusso migratorio avviene tra il 1964 e il 1973. Le ragioni di questo fenomeno si ritrovano, da un lato, nella situazione di crisi socio-‐economica della Tunisia, ma anche nella congiuntura economica favorevole di molti paesi europei, soprattutto Francia e Germania, ma anche della Libia, che attirano un gran numero di migranti tunisini.
La crescita economica europea richiede un numero di lavoratori superiore alla disponibilità di manodopera nazionale. Il settore dell'edilizia è in crescita in Francia, grazie anche alla costruzione e ristrutturazione di alloggi destinati ai coloni che rientrano in madrepatria. In Libia, tra il 1961 e il 1971, l'aumento esponenziale dello sfruttamento del petrolio deve affrontare una mancanza di manodopera nazionale e deve quindi fare appello ai paesi vicini (G. Simon, 1979).
Nel 19698 trova applicazione il primo accordo di manodopera con la Francia . Una
serie di istituzioni sono create in Tunisia per definire e gestire la selezione, la preparazione e l'accompagnamento dei migranti in Francia. Vengono forniti due tipi di contratti. Da una parte i contratti anonimi implicano una prerogativa dell'amministrazione tunisina per quanto riguarda la scelta dei candidati all'emigrazione. Questa scelta dipende dal tasso di disoccupazione regionale, da criteri di età, o ancora dalla corruzione (G. Simon, 1979). D'altra parte, per i contratti nominativi, il datore di lavoro in Francia assume direttamente un lavoratore conosciuto. Questo si realizza, generalmente, grazie ai legami famigliari, oppure durante il soggiorno di tre mesi previsto dal visto turistico. In generale, la maggioranza delle partenze continua a realizzarsi al di fuori dei canali ufficiali. I migranti occupano frequentemente posti di lavoro non dichiarati e ottengono il titolo di soggiorno grazie a successive regolarizzazioni.
La circolazione tra i due paesi diventa, da questo momento, costante e intensa. Tale circolazione si organizza, in parte, con il controllo delle istituzioni dello Stato che si occupano della gestione delle migrazioni, ma soprattutto grazie all'aiuto delle reti sociali e familiari che già esistono in Francia. La solidarietà familiare tra persone rimaste in Tunisia e i migranti, e l'efficacia delle filiere migratorie hanno notevolmente influenzato l'intensificazione della circolazione verso l'Europa. L'appello di manodopera straniera trova quindi una forte risposta nei lavoratori tunisini, che cercavano una soluzione alla loro situazione precaria in un paese in crisi economica. Negli anni 1970, il fallimento della politica protezionista realizzata nel periodo della decolonizzazione, è seguito da un orientamento più liberale che avvantaggia le imprese straniere che vogliono collocarsi sul mercato del lavoro tunisino. Tale situazione ha aggravato lo squilibrio e il debole tasso di attività del paese portando a una crisi economica e finanziaria di notevoli proporzioni. Il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale offrono alla Tunisia un aiuto per
8 Accordo firmato nel 1963 ma ritirato in seguito alla nazionalizzazione delle terre e
all'espropriazione dei proprietari francesi in Tunisia. Sarà ripreso nel 1969 a seguito della liberalizzazione della politica economica tunisina e la necessità di manodopera presente in Francia in quegli anni.
sviluppare un Piano di Aggiustamento Strutturale, imponendo una politica economica di rigore, il cui obiettivo era la diminuzione del debito pubblico. Tale politica comprende importanti privatizzazioni, la deregolamentazione del mercato dell'occupazione, la diminuzione della capacità di occupazione da parte dello Stato e una precarizzazione del lavoro dipendente (G. Simon, 1979).
L'avvio del Piano di Aggiustamento Strutturale corrisponde, oltre all'accordo di manodopera con la Francia, all'accordo d'associazione allo spazio economico europeo nel 1969. Nel 1973, una parte predominante della bilancia commerciale (59,8%) pende verso i paesi della CEE, mentre solo il 10% degli scambi commerciali si realizza con i paesi del Maghreb (G. Simon, 1979, pag. 103). La Tunisia esporta in Europa principalmente materie prime a basso costo e importa prodotti manifatturieri più costosi. La conseguente dipendenza viene in parte aumentata dalla migrazione, in quanto fattore di spinta della domanda di importazione di prodotti dai paesi di accoglienza.
A quell'epoca, la Tunisia si trova in una nuova situazione di squilibrio e di dipendenza verso i paesi europei e verso la Francia in particolare. Le politiche sociali tunisine, applicate per ridurre le ineguaglianze e la crescita demografica, non riescono a fermare le partenze. La limitazione delle nascite, e la promulgazione del
Code de Statut Personnel9non hanno avuto un effetto immediato. Inoltre, le autorità
incoraggiano l'emigrazione considerandola come un "male necessario10” per la
gestione della disoccupazione e per l’entrata di valuta estera.
Un altro fattore che intensifica i flussi migratori è lo sviluppo del turismo. Questo ha come risultato una crescita economica, il progresso dei trasporti marittimi e aerei e la diffusione di modi di vita occidentali. Gildas Simon lo definisce "l'apertura dello spazio geografico e mentale dei tunisini": la dipendenza economica e il contatto
9 Il Codice dello Statuto Personale, promulgato nel 1956 dal presidente della Tunisia, Habib
Bourguiba, comprende una serie di leggi progressiste per l'instaurazione della parità tra uomini e donne in molti settori.
culturale intensificano i legami con l'Europa ma anche la percezione delle disparità tra le due società (G. Simon, 1979).
Oltre a questo, il turismo e l'istruzione di massa offrono dei mezzi di promozione sociale e spingono a una rivalutazione delle gerarchie tra gruppi sociali. Se il turismo si sviluppa unicamente sulle coste, la diffusione dei mass-‐media si realizza su tutto il territorio e avvicina tutto il paese ai valori della società di consumo occidentale. I segni esterni di ricchezza diventano primari quando si tratta di redistribuzione dei ruoli sociali.
Le inchieste realizzate negli anni 1970 (A. Bouaroui e S. Sahli, 1974), in merito ai motivi delle partenze dei tunisini, sono rivelatrici in questo senso. Una percentuale dell'82% di tunisini desiderano emigrare, di questi, il 73% giustifica la voglia di partire con ragioni economiche, tra cui la mancanza di lavoro (disoccupazione o sottoccupazione). Tuttavia, il 50% di coloro che parte, ha un lavoro stabile. Questo si spiega con il fatto che, anche chi lavora, subisce comunque un reddito basso, che non permette di assicurare i nuovi bisogni, come l'istruzione dei bambini, la modernizzazione della casa oppure l'ambizione di salire la scala sociale. L'emigrazione, in effetti, si situa, per tanti tunisini, in una logica di ricerca di miglioramento della propria posizione nella scala sociale, affrancandosi dalla tutela familiare o dalla pressione sociale diffusa. L'emigrazione è anche un mezzo per allargare i propri orizzonti e per soddisfare la volontà di autonomia e indipendenza in relazione alle strutture sociali tradizionali.
Dal punto di vista dei bisogni e delle aspirazioni, la società tunisina tende ad allinearsi sempre di più alle società consumistiche dei paesi industrializzati, mentre i mezzi, i livelli di produzione e le entrate rimangono inferiori.