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Analisi delle corrispondenze multiple

Nel documento La comunicazione parlata 3 (pagine 149-159)

Sistemi fonetici in contatto

4 Analisi dei dati

4.3 Analisi delle corrispondenze multiple

Una prima analisi esplorativa compiuta su tre variabili (Varianti, Contesto fonetico e Sillaba) e presentata nel Grafico 1 ha lo scopo di illustrare proprio le caratteristiche distribuzionali dei diversi foni. È necessario però ricordare che, dato l‘elevato numero di modalità della variabile Contesti fonetici15 e il ridotto campione di osservazioni, l‘attendibilità e la solidità dell‘analisi non sono molto elevate e danno luogo a valori anomali nell‘estrazione dei fattori. Pur con queste cautele, la lettura del grafico appare notevolmente informativa.

15 Sono in ogni caso stati eliminati per questa analisi i contesti con frequenze inferiori a 4 per un data set analizzato di 297 occorrenze.

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Grafico 1: ACM, distribuzione dei foni (Varianti, Sillaba, Contesto fonetico)

A un primo sguardo appare immediatamente una suddivisione in tre nuvole di punti-modalità delle variabili lungo i due assi individuati. Il ruolo più significativo nella spiegazione della varianza della matrice è svolto dalla variabile Contesti fonetici che risulta in completa sovrapposizione con quella dei tipi sillabici attestati (Sillaba). La dimensione 2 distingue a sinistra i contesti fonetici intervocalici (con al centro RV e VRRV) e a destra quelli caratterizzati da nessi consonantici (CRV e VR). La dimensione 1 scompone ulteriormente i gruppi consonantici in pre- (in alto) e post-consonantici (in basso). Lungo la dimensione 2 (intervocalico – nesso consonantico) i foni si possono ordinare in questo modo: approssimante/tap/vibrante16, vocale rotacizzata/cancellazione (al centro dell‘asse e quindi non

fortemente influenzati da questa dimensione), fricativa

sonora/fricativa sorda. La dimensione 1 distingue principalmente tra le due fricative: da un lato, quella sonora si associa a contesti RC (non necessariamente sonora), mentre, dall‘altro, la sorda mostra una maggiore propensione a occorrere in nessi CR dove la consonante è

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per lo più un‘occlusiva sorda (pre, tra, kri ecc.). Da notare ancora (a) che la cancellazione non sembra attirata nell‘area di nessuna delle nuvole e si pone anzi vicino all‘origine, mostrando così una sostanziale indipendenza da criteri distribuzionali e (b) che la vocale rotacizzata sembra invece esibire associazione ai nessi RC (cfr. in particolare i valori dei contesti orn, art, irk, ark sull‘asse 2).

Un‘interpretazione preliminare di questo piano cartesiano rivela la forte dipendenza degli allofoni di R dalla distribuzione attraverso i contesti e, in particolare, da criteri non di tipo strutturale (posizione di testa o coda sillabica), ma come è prevedibile di tipo lineare come la tripartizione in posizione V_V, _C o C_. In prima approssimazione si potrebbe sostenere che a requisiti energetici come quelli richiesti dalla posizione intervocalica si associ un determinato fascio di allofoni con caratteristiche di alta sonorità ed energia, mentre in presenza di nessi consonantici sembra prevalere l‘effetto coarticolatorio della consonante che (a) nel caso di RC può assumere la forma di vocale rotacizzata > vocale rotacizzata con rumore > fricativa sonora, mentre (b) nel caso di CR (spesso con C occlusiva sorda) assume la forma di una fricativa sorda.

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Una volta chiarito lo schema generale di distribuzione dei foni è possibile introdurre alcune variabili funzionali che agiscono dall‘esterno sul micro-sistema linguistico in esame. Nel Grafico 2 sono rappresentate, sempre in uno spazio bidimensionale, le relazioni tra Variante, Sillaba e Parlante. La variabile Contesto fonetico è stata qui sostituita da Sillaba senza significative perdite di informazione, poiché, come si è potuto constatare nel Grafico 1, la sua posizione nel piano coincideva largamente con quella dei singoli contesti.

Nell‘interpretare i fattori individuati nel Grafico 2 è opportuno essere consapevoli che si stanno osservando variabili che agiscono su livelli diversi: mentre il Grafico 1 ci informa sulle relazioni immediate tra le caratteristiche della sequenza prodotta e la selezione dell‘allofono, nel Grafico 2 la relazione che possiamo osservare tra il parlante e la distribuzione dei foni è evidentemente esterna e tipicamente sociolinguistica.

La dimensione 2 suddivide i foni in modo quasi perfettamente complementare sulla base del parlante, individuando così due sottosistemi indipendenti l‘uno dall‘altro, quello di JAS a sinistra e quello di CHR a destra. Sulla base di questo fattore emergono così due varietà distinte di italiano di tedescofoni, contraddistinte nel nostro esempio dalla presenza di due insiemi complementari di foni: tap, vibrante e fricativa sorda per JAS; fricativa sonora, approssimante, vocale rotacizzata e cancellazione per CHR. I suoni con valori più estremi sull‘asse 2 – tap (-1,119) e vibrante (-1,072) per JAS, vocale rotacizzata (0,893) e cancellazione (1,109) per CHR – sono evidentemente quelli più fortemente (quasi esclusivamente) associati con un determinato parlante.

Tale partizione è di notevole interesse sociolinguistico poiché costituisce una prima, anche se esile, prova empirica dell‘esistenza di almeno due varietà di italiano di tedescofoni altoatesini. Le ragioni che sarebbero alla base di questa differenziazione così marcata riguardo alla distribuzione delle /R/ non è chiara e purtroppo nemmeno investigabile in questo studio. Tuttavia, le ipotesi che si possono formulare si indirizzano soprattutto verso la possibile influenza esercitata dalle varietà di dialetto tirolese (meranese e pusterese) che, nel contatto con l‘italiano, trasferirebbero i relativi sotto-sistemi di suoni.

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La dimensione 1 invece distingue i suoni all‘interno delle due varietà sulla base del criterio distribuzionale. In questo modo si avranno: per la varietà di JAS, tap e vibrante associate al contesto intervocalico e, molto distante e perciò distinta, la fricativa sorda legata alla posizione post-consonantica CRV; mentre nella varietà di CHR i suoni sono ordinati a partire dall‘approssimante, alla vocale rotacizzata, alla fricativa sonora e quindi alla cancellazione. La presenza della variabile Parlante rende meno chiaro il pattern di distribuzione emerso nel Grafico 1 schiacciando in particolare VR e CRV, i due contesti con presenza di nessi consonantici, lungo il medesimo asse, ma mettendo altresì in evidenza come per JAS la distribuzione tra tap e vibrante da un lato e fricativa sorda dall‘altro sia nettamente legata ai contesti, mentre la maggiore centralità (vicinanza a zero) sulla dimensione 1 della vocale rotacizzata, della fricativa sonora e della cancellazione indicherebbe una distinzione tra questi suoni meno motivata dalla distribuzione contestuale.

Infine, l‘aggiunta della variabile Stile all‘analisi rappresentata nel Grafico 2 non sembra mostrare schemi significativi e degni di interesse17, questo forse a causa del fatto che una possibile relazione tra il compito comunicativo, lungo l‘opposizione parlato letto vs parlato spontaneo, risulta poco coerente con la struttura relazionale già espressa. Dunque per stabilire se lo stile comunicativo eserciti una qualche azione sugli allofoni delle due varietà di italiano si possono percorre due strade alternative: una è quella di aumentare la dimensionalità dello spazio, l‘altra è di eseguire due analisi parallele sulle due varietà di italiano. La prima pista mostra che una terza dimensione non soltanto non porta un contributo significativo alla spiegazione della varianza dei dati, ma aumenta di molto le difficoltà di lettura della rappresentazione grafica.

Le due analisi (delle quali per ragioni di spazio non si possono mostrare i piani) compiute sulle variabili Variante, Sillaba e Stile dei due sotto-campioni di JAS e CHR mettono invece in rilievo un pattern simile legato alla dimensione stilistica che si applica però a oggetti-suoni diversi. Procedendo con ordine, se la prima dimensione in entrambe le analisi si riferisce alla già delineata opposizione distribuzionale tra contesti intervocalici e ―consonantici‖, la

17 Il contributo di Stile alla varianza della dimensione 1 è 0,084 mentre a quella della dimensione 2 è 0,217.

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dimensione ortogonale che potremmo definire ―stilistica‖ oppone lo stile di lettura di parole a quello di frase e del map task. Questi ultimi sarebbero dunque accomunati da valori abbastanza simili sull‘asse 2 e piuttosto vicini all‘origine, mentre la lettura di parole sarebbe distinta e occuperebbe una posizione distante nel semipiano inferiore18.

La distinzione tra i due parlanti avviene per quanto riguarda il fono associato a uno stile di lettura di parole in isolamento e, quindi, si presume avvertito come più formale, o atteso secondo la norma. Nel caso di CHR si tratta della fricativa uvulare sorda (si noti en passant, fono prototipico nel tedesco standard), mentre in quello di JAS della vibrante uvulare.

Dunque la variabile Stile svolge un ruolo all‘interno della rete di relazioni distinguendo da un lato la lettura di parole dagli altri stili elocutivi, e dall‘altro il fono ritenuto più adatto a uno stile di parlato letto. Come ultima osservazione va ricordato che la variabile Stile, come tutte quelle qui adoperate, può nascondere al proprio interno fattori e indicatori distinti. Nel passaggio da un compito comunicativo come il Map Task alla lettura di parole in isolamento può cambiare non soltanto l‘assetto articolatorio e la velocità di esecuzione, ma anche l‘impegno cognitivo che può interessare in modo differente i vari processi cognitivi (attenzione, motivazione ecc.). Infine, queste potenziali fonti di variabilità si innestano evidentemente sulla dimensione socio-comunicativa composta da norme, rappresentazioni e aspettative relative ai comportamenti situazionalmente adeguati. In definitiva, sappiamo molto poco di ciò che si cela sotto le variabili indagate, tuttavia le mappe tracciate, anche se da una notevole ―distanza‖, forniscono un quadro preliminare sulla macro-struttura della variazione allofonica nei suoni /R/ nelle varietà di italiano di tedescofoni in Alto Adige.

5 Conclusioni

Lo studio effettuato sul campione considerato ha parzialmente confermato le precedenti descrizioni dell‘italiano di tedescofoni

18 La posizione centrale di lettura frasi e map task è legata alla maggiore massa (si potrebbe dire frequenza relativa nel campione) rispetto alle occorrenze di lettura di parole.

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altoatesini e ha consentito di tratteggiare un più ampio quadro di variazione allofonica anche grazie all‘analisi spettrografica.

Inoltre dall‘analisi delle corrispondenze multiple sono emersi schemi che evidenziano chiaramente i rapporti tra le variabili considerate. Particolarmente significativi sono quelli che vincolano il fenomeno sul piano sistemico sulla base di criteri distribuzionali, ovvero per contesti fonetici, e quelli che legano la variazione di /R/ al tipo di parlante o allo stile comunicativo sul piano extralinguistico.

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The pragmatic ground of flores rhetoricae

Carlotta Viti

Universität Jena, Universität Zürich

[email protected]

Abstract

The present contribution provides comparisons between recent studies of pragmatics and the ancient tradition of rhetoric. In particular, we observe the naturalness of rhetorical figures and poetic style in spoken discourse. This claim is supported by two main pieces of evidence. First, the written texts of Latin and Ancient Greek were profoundly different from the written texts of their daughter languages, since in the former orality had a much more prominent role. Second, certain rhetorical figures – particularly metaphor – have been proven to be by no means limited to writing, but rather as being relevant phenomena of everyday spoken conversation. The same may hold true for other rhetorical figures of meaning as well as of form.

1 Introduction

The early Indo-European languages are often neglected in studies of spoken communication, owing to the fact that they are available only in written documents and often display patterns that are at odds with syntactic principles of constituency, adjacency, government, etc. as well as with pragmatic principles of clarity that are normally observed in natural languages. These seemingly aberrant patterns are usually considered as being artificial, literary creations, and are often relegated in the domain of rhetorical figures (flores rhetoricae), cf. Curtius (1963); Lausberg (1990); Üding and Steinbrink (1994); Maurach (1995), etc. (§2).

However, the earliest documents of languages such as Ancient Greek, Latin, Vedic, Hittite, etc. clearly reflect a ‗pragmatic communicative mode‘ in Givón‘s (1979) terms, according to which clauses show a

This paper is part of the project ‗Die Informationsstruktur in älteren indogermanischen Sprachen‘ funded by the Deutsche Forschungsgemeinschaft and performed at the Friedrich-Schiller University of Jena under the direction of Prof. Dr. Rosemarie Lühr. I am grateful to Frau Lühr and to my colleague Dr. Susanne Schnaus for their help and support.

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loose, appositive, and mainly paratactic linkage, where coreference is often not established by syntactic means, but rather by comprehension of the whole context, as well as of the background knowledge of the speech act participants (§3). Moreover, some rhetorical figures such as metaphor have been convincingly shown not to be limited to literary texts, but rather to be pervasive of daily spontaneous conversations (Lakoff and Johnson, 1980) (§4.1). It is conceivable that the same pragmatic grounding may be also identified in other flores rhetoricae, such as accumulation, alliteration, anacoluthon, asyndeton, hyperbaton, etc. (§§4.2, 5).

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