informative? Barbara Gili Fivela
3 La percezione degli eventi tonali
Al fine di verificare la realtà percettiva degli accenti tonali e dei toni di confine individuati nei materiali di produzione e di appurare se si tratti di eventi discreti, sono stati organizzati test di percezione categorica in cui gli eventi indagati sono stati considerati a coppie nel contesto tonale più simile possibile (Gili Fivela, 2008)6. I risultati
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Il paradigma è quello proposto in Lieberman et al. (1957). La percezione si considera categorica se i soggetti riescono ad identificare e discriminare stimoli che siano stati manipolati acusticamente in modo da rappresentare un continuum di variazione tra due categorie. I soggetti devono identificare elementi appartenenti a due categorie diverse, in modo che le loro risposte dimostrino un passaggio brusco, e non graduale, nell‘identificazione di una o
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mostrano che mentre si riscontra percezione categorica nel caso di accento di confine intermedio alto vs basso - nel contesto della distinzione tra domande polari e affermazioni - non si individua percezione categorica nel caso dell‘accento ascendente vs ascendente-discendente e dell‘accento ascendente-discendente vs ascendente-ascendente-discendente - che esprimono focus ristretto, focus contrastivo e focus ampio. Di fatto i soggetti che hanno partecipato agli esperimenti sono stati in grado di interpretare categoricamente gli stimoli (in particolare identificando chiaramente quelli agli estremi del continuum), ma non attraverso percezione categorica (ossia senza che un picco di discriminazione in corrispondenza degli stimoli di transizione tra le due categorie, nella parte centrale del continuum).
Nello studio relativo agli accenti tonali sono stati variati separatamente lo scaling e l‘allineamento dei bersagli tonali, creando un continuum di stimoli che, a parte gli estremi, erano sempre ambigui per le caratteristiche di almeno un correlato. I risultati hanno mostrato che gli estremi di manipolazione sono stati identificati come appartenenti a diversi insiemi, in alcuni casi a seconda della manipolazione sia dell‘allineamento che dello scaling (si veda il confronto tra accento ascendente-discendente vs ascendente), in altri casi a seconda della variazione del solo scaling (si veda il confronto tra accento discendente vs ascendente-discendente, almeno per gli stimoli creati a partire dall‘enunciato base contrastivo). Risultati di un recente studio (Gili Fivela, in prep.), effettuato sulle stesse coppie di accenti manipolando coerentemente allineamento e scaling, hanno confermato l‘interpretazione categorica degli stimoli all‘estremo del continuum ma l‘assenza di percezione categorica. I risultati mostrano che l‘interpretazione categorica può avvenire prestando attenzione a diversi correlati – qui, allineamento e scaling – o ad uno solo – ad esempio l‘allineamento (con differenti strategie a seconda del soggetto). Inoltre, soprattutto nel confronto tra accento dell‘altra categoria. Inoltre, nel momento in cui si richieda ai soggetti di discriminare coppie di stimoli adiacenti nel continuum di variazione fonetica, ci si aspetta che siano in grado di discriminare solo gli stimoli di transizione tra le due categorie, quelli corrispondenti a circa il 50% di identificazione. Di fatto ci si aspetta che i membri di una categoria presentino caratteristiche omogenee e siano discriminabili solo gli elementi di transizione tra categorie.
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discendente e ascendente, lo scaling influisce chiaramente sulla percezione delle categorie, determinando scarsi livelli di percezione di una categoria quando i suoi valori siano coerenti con la categoria opposta (quindi uno slittamento verso la categoria opposta nella fase di identificazione). Di fatto, comunque, non si può parlare in alcun caso di percezione categorica quando si considerino gli accenti tonali, ma solo di interpretazione categorica (Ladd and Morton, 1997). Al contrario, la percezione è risultata categorica nel caso degli eventi di confine legati alla differenziazione di domande e affermazioni: gli stimoli sono stati infatti identificati come appartenenti a due categorie diverse, con un passaggio brusco nei giudizi di appartenenza all‘una e all‘altra; inoltre gli stimoli corrispondenti alla transizione tra le due categorie sono stati chiaramente discriminati.
Nel tentativo di trovare evidenza circa la discretezza delle categorie fonologiche, in modo da poter sostenere agevolmente che svolgano un ruolo linguistico, è stato anche svolto un compito di imitazione degli stessi continua di stimoli7. Per quanto i soggetti che hanno partecipato agli esperimenti di imitazione siano pochi, i risultati indicano che essi possono imitare gli stimoli come se appartenessero a insiemi discreti, supportando l‘ipotesi dell‘esistenza di categorie distinte. Tuttavia i risultati mostrano anche una differenza a seconda dell‘evento tonale considerato e quindi della categoria: i soggetti imitano il continuum di stimoli realizzando due pattern discreti nel caso del continuum tra un accento ascendente ed uno ascendente-discendente, mentre la discretezza è meno evidente nel caso dell‘imitazione del continuum tra un accento discendente ed uno ascendente-discendente. D‘altro canto i soggetti producono pattern chiaramente discreti nel caso della presenza di un tono di confine alto ed uno basso, in relazione alla differenza tra affermative e domande polari. Quindi l‘eterogeneità degli eventi considerati si riscontra sia nel test di percezione categorica che in quello di imitazione, benché i parlanti usino in
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Nel caso del test di imitazione (Pierrehumbert and Steele, 1989), si chiede ai soggetti di imitare gli stimoli che rappresentano il continuum di variazione per verificare se, nella produzione, realizzino elementi dalle caratteristiche chiaramente ascrivibili a due categorie distinte (piuttosto che riprodurre il continuum di variazione dall‘una all‘altra – cfr. Gili Fivela, 2008 per una discussione più approfondita).
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produzione tutti gli elementi tonali testati, associando ad essi diverse funzioni e significati.
Se dovessimo considerare come fonologici solo gli eventi per cui si sono ottenuti risultati coerenti in tutti i test, dovremmo sostenere che solo il tono di confine alto e basso, che differenziano le domande polari dalle affermazioni, appartengono al sistema fonologico. Questo comunque corrisponderebbe a considerare come una distinzione dicotomica quella che sembra piuttosto essere un distinzione in termini di grado tra risultati più o meno simili a quelli attesi per la presenza di categorie linguistiche (ad un estremo, infatti, abbiamo sia percezione categoriale che capacità di imitazione del pattern e all‘altro estremo abbiamo l‘assenza di percezione categorica e diversi gradi di accuratezza nell‘imitazione).
L‘ipotesi qui sostenuta è che i significati e le funzioni associate agli eventi tonali indagati possano essere rilevanti nello spiegare i diversi risultati dei test percettivi. La mancanza di percezione categorica può essere spiegata con riferimento al fatto che, in molti dei casi qui considerati, i pattern tonali sono effettivamente non discreti, prima di tutto a causa dei significati e delle funzioni che ricoprono: funzioni e significati, poi, rispetto ai quali l‘intonazione rappresenta informazione aggiuntiva rispetto a quella di base contenuta nell‘enunciato (ad esempio, il contenuto lessicale e semantico del sintagma potrebbe già essere sufficiente a correggere un‘affermazione precedente). Tuttavia, l‘interpretazione categorica degli stimoli agli estremi del continuum di manipolazione, insieme alla capacità di produrre eventi tonali discreti imitando un continuum di variazione mostra l‘esistenza di categorie.
Inoltre i soggetti potrebbero riuscire più facilmente a produrre elementi discreti piuttosto che a percepire in modo categorico gli eventi (come se fossero discreti), in modo analogo a quanto osservato da Labov (1994), e si può ipotizzare che questo dipenda da un‘asimmetria tra produzione (in questa sede, nel parlato letto, semi-spontaneo e in quello ottenuto nei test di imitazione) e percezione (in questa sede, la percezione categorica). Peraltro sono numerosi i lavori che evidenziano le differenze tra percezione e produzione, benché talvolta con esiti discordanti. Ad esempio Labov (1994) riporta che i parlanti sono in grado di produrre ciò che non riescono a percepire, mentre Warren et al. (in press) riscontrano che i soggetti percepiscono differenze che non sono in grado di produrre. Sulla base della
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discussione precedente, però, si potrebbe anche ipotizzare che i soggetti percepiscano il continuum di variazione (ossia differenze interne alle categorie) perché solitamente vi prestano attenzione, visto che grazie alle variazioni ricevono informazioni rilevanti (infatti, i risultati di percezione mostrano un cambiamento abbastanza graduale nell‘identificazione dei pattern). D‘altro canto, quando i soggetti siano forzati a realizzare un evento tonale o un pattern, codificano le informazioni importanti per veicolare il messaggio: quando devono esclusivamente imitare un enunciato possono non riuscire ad identificare informazioni rilevanti a parte il significato principale o la funzione principale espressi dal pattern scelto. Non a caso, il compito di imitazione è stato proposto da Pierrehumbert and Steele (1989) proprio ipotizzando che i parlanti producano degli andamenti intonativi corrispondenti alle categorie rappresentate dagli estremi del continuum, senza modificazioni graduali. In ogni caso, la complessità dei risultati ottenuti nei test di percezione categorica, unita al fatto che gli eventi tonali sono chiaramente differenziati, almeno per via di come i parlanti li usano nei materiali di produzione, suggerisce che il compito di percezione categorica non sia ideale per verificare il ruolo linguistico delle informazioni intonative; infatti l‘interpretazione categorica degli stimoli agli estremi del continuum può essere sufficiente a garantire l‘esistenza di più eventi intonativi e a mostrare che i soggetti usano le informazioni per interpretare il messaggio, indipendentemente dal fatto che percepiscano categoricamente i cambiamenti intonativi.
Al fine di ottenere ulteriori dati circa l‘esistenza di vere e proprie categorie intonative, che forniscano informazioni linguistiche, è stato effettuato un test ulteriore, prendendo in considerazione la coppia di accenti intonativi rispetto alla quale si erano ottenuti i risultati meno chiari. In questo caso, ai soggetti era richiesto di spostare due carte su un tavolo, sulla base di una sequenza di tre istruzioni, di cui la centrale poteva corrispondere ad una correzione rispetto all‘istruzione precedente (questo test è stato chiamato card game task - Gili Fivela, 2008). I risultati hanno mostrato che i soggetti correggono la loro mossa precedente nei casi in cui lo stimolo si trovava all‘estremo di variazione corrispondente all‘andamento contrastivo. In ogni caso, i soggetti non si comportano in modo coerente con la presenza di percezione categorica (di fatto non è stato individuato un brusco cambiamento delle azioni di risposta in corrispondenza della parte
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centrale del continuum di stimoli), ma è chiaro che utilizzano le informazioni legate alla variazione intonativa. Quindi i soggetti percepiscono il continuum di variazione perché normalmente ricevono informazioni da tale continuum. Tuttavia essi usano il continuum per prendere decisioni categoriche circa il gioco di carte, correggendo o meno la loro mossa precedente.
Quindi, come già sottolineato da Kohler (2006), la percezione di categorie può essere considerata più importante della percezione categorica. In questo senso, la capacità dei soggetti di associare gli stimoli agli estremi del continuum a due diversi insiemi di funzioni, così come il loro uso delle informazioni percepite per prendere diverse decisioni rispetto a delle azioni, si considera sufficiente a mostrare che sono state percepite due categorie intonative diverse.
4 Sfumature di significato, codifica di più informazioni, ed