Dinamica corporea sotto carichi impulsivi e vibratori Valter Parodi
6.1 Analisi della meccanica dell’arresto di un corpo, urti e vibrazioni
Supponiamo il caso della caduta dall’alto di un corpo umano su terreno duro, con atterraggio sui talloni e piegamento degli arti inferiori. In questo caso sarà necessario differenziare l’analisi della fase del contatto col suolo, distinguendo tra i differenti segmenti corporei. Nell’arresto della discesa verticale per primo avviene il contatto del tallone al suolo, che provvede all’arresto della parte distale dell’arto inferiore. Segue poi la rotazione del sistema articolato caviglia-ginocchio-anca che realizza l’arresto della discesa delle parti restanti del corpo
La Fig. 6.1 illustra il modello di riferimento che prende in esame: m = massa estremità distale dell’arto; M = massa delle frazioni restanti del corpo e le costanti elastiche k e K che rappresentano la cedevolezza dei complessi piede + caviglia e arto inferiore.
La Fig. 6.2 descrive la storia temporale delle forze al suolo durante la fase di arresto. Il primo picco corrisponde all’arresto del piede e il secondo a quello del corpo.
Per il rallentamento, il piede e la parte distale dell’arto inferiore avranno a disposizione solo lo spazio di deformazione elastica della suola della calzatura e del pavimento più il cuscinetto del tallone che misura qualche millimetro. Ciò equivale a una decelerazione violenta, con ele-vate forze inerziali corrispondenti. Ovviamente, come conseguenza dell’evoluzione, il sistema
anatomico del piede risulta del tutto adeguato. Riducendo la rigidezza di suola e pavimento, si riduce la deformazione subita dal tallone. Per il rallentamento, la parte superiore del corpo ha a disposizione lo spazio descritto dalla oscillazione verticale, derivante dal movimento degli arti inferiori intorno ai centri di rotazione di caviglia, ginocchio, anca che sono dell’ordine di qualche decimetro. Tale corsa sta nel rapporto di 100 a 1 con la precedente e consente tempi lunghi per l’arresto del corpo; per questo svilupperà accelerazioni assai più modeste. Se non si eseguisse il piegamento degli arti inferiori e si tenessero allineati rigidamente tibia e femore, la corsa di rallentamento si ridurrebbe alla sola deformazione elastica delle cartilagini articolari.
In tale situazione l’asse tibia-femore assumerebbe una rigidezza superiore di circa 100 volte rispetto al caso del piegamento dell’arto e anche il tronco sarebbe sottoposto a decelerazioni e a forze inerziali molto elevate.
Nel caso dell’arresto del piede per contatto col suolo, oppure del tronco sostenuto dagli arti inferiori mantenuti assialmente rigidi, la decelerazione avviene in tempi talmente brevi
Fig. 6.1 Fig. 6.2
Fig. 6.3 Fig. 6.4
che il fenomeno assume un aspetto certamente impulsivo, che è definito con il termine di urto. Ne consegue che per parlare di urto vero e proprio piuttosto che di generiche appli-cazioni di forze dinamiche variabili nel tempo, occorre che tale applicazione si manifesti in tempi molto brevi.
Il problema che sorge è il significato quantitativo da attribuire al termine breve.
La Fig. 6.3 descrive una oscillazione in regime di vibrazione: la frequenza della oscillazione è identica a quella dell’impulso che la provoca.
La Fig. 6.4 descrive una oscillazione dopo un fenomeno d’urto: la frequenza della oscilla-zione libera dipende solo dalla massa e dalla rigidezza del sistema coinvolto. Se il sistema non è continuamente perturbato, per la presenza dello smorzamento, l’oscillazione si riduce fino ad annullarsi ed è chiamata transitorio di smorzamento (Parodi e Martinelli 2008).
Un sistema è soggetto a un urto, o shock meccanico, quando è sottoposto a un impulso di forza o accelerazione che produce forze inerziali, oppure quando è sottoposto a una variazione di velocità, di durata temporale t, inferiore al suo periodo di naturale oscillazione T: t < T.
Quando invece l’applicazione di una forza o di un’accelerazione tempo-variante tende a ripetersi nel tempo assumendo un aspetto oscillatorio, si parla generalmente di eccitazione in regime vibratorio.
I casi più comuni che si riscontrano nella pratica sono:
• quelli autoprodotti, in cui la generazione proviene dagli arti che interferiscono con un’o-stacolo come nella deambulazione;
• quelli importati dall’esterno, in cui le eccitazioni hanno origine da mezzi di trasporto o in situazioni lavorative.
La forma di vibrazione più elementare cui si fa riferimento è una legge sinusoidale, x = X sen (2p f · t), raffigurata nella Fig. 6.2.
La grandezza x considerata come il valore istantaneo dell’intensità può corrispondere a spostamento, velocità, accelerazione o forza, secondo le necessità dello studio dell’eccitazione dinamica. Il valore della grandezza x varia con legge periodica, rimanendo sempre nell’inter-vallo +X –X (X = ampiezza della vibrazione, è il valore massimo raggiunto dall’intensità della grandezza x). Questo regime vibratorio elementare è pressoché inesistente nella realtà che fornisce invece esempi assai più complessi di offesa oscillatoria. Generalmente esiste una certa periodicità in cui non si superano determinati valori d’intensità ma i cicli che si ripetono, anche se abbastanza simili, differiscono sempre fra loro.
Fourier J.B.(1768-1830) ha dimostrato che una vibrazione qualsiasi può essere considerata il risultato della sommatoria di un certo numero di vibrazioni sinusoidali semplici, differenti fra loro per frequenza (fi), ampiezza (Xi) e fase. L’insieme di queste costituenti elementari, che combinate tra loro creano il reale impulso periodico, è detto spettro di frequenza della vibrazione complessiva; l’azione che ne porta a individuare tutte le componenti elementari è l’analisi in frequenza della vibrazione indagata. Dato che in biomeccanica interessano principalmente le quantità degli apporti d’energia ripartiti tra le componenti in frequenza, lo studio si semplifica ricorrendo all’analisi in frequenza. Essa consente di individuare, tra le tante esistenti all’interno dello spettro complessivo, le poche frequenze fondamentali che convogliano la quasi totalità dell’energia in gioco permettendo di concentrare su di esse l’attenzione.
Eccitare un sistema con urti o con vibrazioni significa alterare il suo stato di moto; in altri termini noi iniettiamo o estraiamo in o da esso energia cinetica. Nel caso dell’urto si tratta di una grande quantità in tempi brevissimi; nel caso della vibrazione si tratta invece di un flusso più modesto ma continuo nel tempo. Nascono così problematiche differenti, inerenti alla tolle-rabilità del sistema biologico, sia per i valori estremi con scambio pressoché istantaneo, sia per
fenomeni di flusso costante e continuo nel tempo. Per questo motivo i due fenomeni saranno sempre trattati separatamente nel seguito.
Si elencano di seguito alcuni concetti da ricordare.
• L’arresto del piede avviene in tempi brevissimi e il fenomeno costituisce un urto perché sono definiti urti le forze che agiscono per tempi più brevi del periodo di oscillazione del sistema.
• Lo stimolo meccanico può ripetersi nel tempo assumendo un andamento oscillatorio ciclico; tale fenomeno si definisce regime vibratorio.
• Nel reale le vibrazioni non sono mai una singola oscillazione sinusoidale, esse sono sem-pre la combinazione di differenti oscillazioni sinusoidali con la sem-presenza di frequenze dominanti, riconoscibili con l’analisi in frequenza.
• Il sistema biologico funge da filtro selettivo e lascia passare quasi indisturbate le eccita-zioni più lente del suo modo di vibrare (fi < fn), attenua sempre di più quelle più veloci (fi > fn) e amplifica quelle comparabili al suo modo di oscillare (fi @ fn).