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Strategia del controllo della postura sotto carichi impulsivi

Dinamica corporea sotto carichi impulsivi e vibratori Valter Parodi

6.5 Dinamica impulsiva nel corpo umano

6.5.4 Strategia del controllo della postura sotto carichi impulsivi

Nella camminata o nella corsa il soggetto che subisce l’effetto dell’impulso dinamico è anche chi lo produce quindi, almeno in parte, ne regola l’intensità e la caratterizzazione dinamica. Per questo motivo è lecito chiedersi se sia possibile minimizzare l’impulso che raggiunge il capo attraverso l’ottimizzazione dell’esecuzione dell’atto motorio, concepito come postura dinamica.

Il quesito è interessante perché è biomeccanicamente dimostrato che la frequenza del passo, scelta spontaneamente dagli atleti corridori, non corrisponde né ai minimi di consumo d’ossigeno e neppure all’ottimizzazione della frequenza cardiaca. Il ritmo preferenziale adot-tato non coincide neppure con le condizioni di minimizzazione del rapporto di trasmissibilità impulso al capo/ impulso al piede; infatti, generalmente, quest’ultima si realizza per un ritmo di frequenza inferiore a quella spontanea. Vari autori (Pozzo, Berthoz e Lefort 1989: 377, 1990:

97) dimostrano che le personali scelte dei ritmi deambulatori non sono affatto libere e risento-no della necessità di garantire il mantenimento di certe priorità indispensabili per consentire l’efficienza del controllo posturale.

Tali fondamentali priorità sono state identificate in: stabilizzazione del campo visivo durante la corsa e disponibilità di un riferimento gravitario stabile per creare una piattaforma inerziale per il sistema vestibolare. Quindi l’imperativo categorico è tenere la testa più ferma possibile, cioè farla oscillare alla frequenza più bassa possibile e alla minima ampiezza. E tali obiettivi sono ottenibili soltanto limitando a valori minimali le accelerazioni oscillatorie che il capo subisce.

Dato che la funzione di trasferimento dell’impulso dalle estremità inferiori al capo tiene conto di tutti i contributi energetici, il comportamento del tipo filtro passa-basso, assicurato dal corpo, ha come conseguenza che la trasmissibilità alle basse frequenze di tutto il sistema corporeo è quella che determina la frazione importante del disturbo che giunge al capo. Pertanto è ipotizzabile che il corpo agisca come filtro passa-basso variabile finalizzato a non fare superare al capo un certo livello d’accelerazione, operando sia sulla frequenza sia sull’ampiezza dello spostamento impresso al capo. La variabilità è necessaria per gestire la situazione di mutevolezza, concentrata negli arti inferiori. Il risultato può essere ottenuto mediante modificazioni della cinematica degli arti infe-riori, che agiscono sia sui meccanismi di generazione dell’impulso (durata, intensità e contenuto spettrale) sia su quelli d’attenuazione (frequenze naturali proprie e smorzamenti tessutali).

È dimostrato sperimentalmente che se vogliamo ottenere il minimo d’accelerazione al capo conviene controllare la generazione dell’intensità dell’urto del piede e ridurre la componente normale al suolo della velocità del piede piuttosto che cercare attenuazioni lungo il percorso corporeo. Al capo giunge sempre il 15%-35% dell’accelerazione misurata alla caviglia; quindi conviene fare in modo che ci sia poca accelerazione alla caviglia.

Il comportamento del tronco sotto autoeccitazione dell’arto inferiore si presenta piuttosto complesso e lo riassumiamo in forma sintetica.

• L’aumento dell’angolo del ginocchio, impostato al momento dell’impatto, incrementa l’in-tensità dell’accelerazione misurata nel piede, descrivendo un impulso di durata inferiore e più ricco in componenti a elevata frequenza. L’aumento dell’angolo del ginocchio riduce la trasmissibilità verso l’alto assai più rapidamente di quanto si incrementa l’intensità dell’impulso generato, così si produce un effetto favorevole nei confronti dell’attenua-zione dell’impulso che perviene al capo. Aumentare l’angolo del ginocchio protegge le articolazioni perché l’azione trasferisce una parte sostanziale degli sforzi dalle cartilagini articolari al sistema muscolo-tendineo.

• L’aumento della morbidezza della superficie posta sotto i piedi, suola della scarpa o piano d’appoggio, sposta l’impulso d’urto verso basse intensità, tempi di durata lunghi e contenuti spettrali con basse frequenze predominanti. Tale eccitazione si presta, per la sua natura costitutiva, a essere trasmessa verso il capo con minori attenuazioni ma è già molto ridotta in fase di generazione e quindi meno preoccupante.

• Un incremento della rigidezza delle superfici di contatto aumenta l’intensità dell’impulso all’estremo inferiore dell’arto, riduce i suoi tempi di durata e sposta il contenuto ener-getico su frequenze più alte; questo favorisce l’attenuazione, nella trasmissibilità verso il capo, ma nel complesso aumenta il valore dell’impulso che raggiunge la sommità del corpo. Come nel caso della statica o della dinamica non impulsiva, anche in questo caso è fondamentale la gestione posturale che, adattandosi al caso, è da intendersi come se-quenza cinematica di atti e non come puro assetto geometrico statico.

• La minimizzazione dell’impulso trasmesso al capo è inscindibile da una minimizzazione della sua generazione, ottenuta sviluppando una corretta sequenza cinematica degli arti inferiori. Inoltre tale cinematica risparmia la CV riducendone l’impegno in una gravosa funzione di sistema ammortizzante, con le conseguenze connesse.

• Tutte le funzioni svolte dalla CV, operando in ambienti inquinati da carichi impulsivi, sono azioni di sacrificio finalizzate a impedire o contenere i danni e i disagi. Le strut-ture e i tessuti rachidei non traggono alcun vantaggio dallo svolgimento delle funzioni descritte in questo capitolo, ma sviluppano solo situazioni che vanno da fonti di disagio fino all’innesco di patologie specifiche.

• I singoli impulsi possono anche essere sopportati, ma il fenomeno dell’attenuazione dinamica (smorzamento) non è una libera scelta fisiologica e, nella sua cieca

irrinuncia-bilità, può porre i sistemi e i tessuti in perenne stato di sovraccarico energetico senza che abbiano valide difese eccetto, in parte, i muscoli.

• Le conseguenze più comuni provocate dai carichi impulsivi sulla CV sono riassumibili in:

depressurizzazione dei dischi, erniazioni del piatto vertebrale, scollamento degli strati del disco, trasferimenti del carico pressorio dal centro alla periferia del disco, erniazioni postero-laterali, degrado della qualità del collagene del disco, lassismo dei legamenti, schiacciamento del corpo vertebrale, formazione di micro calli, danneggiamenti della cartilagine delle articolazioni apofisarie, alterazioni metaboliche del disco e delle carti-lagini, instabilità articolare, generazione del BP.

Elena Martinelli, Prevenzione del mal di schiena di origine meccanica con attività motoria e comportamentale. Approfondimenti di patomeccanica e biomeccanica rachidea ISBN 978-88-6655-650-3 (print) ISBN 978-88-6655-654-1 (online PDF),

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