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Analisi in transitorio della cavit` a con condizioni iniziali 161

Nel documento Componenti per ottica integrata (pagine 162-171)

4.2 Osservazioni e calcoli sull’interferometro di Fabry-Perot

4.2.2 Analisi in transitorio della cavit` a con condizioni iniziali 161

iniziali

Consideriamo, dopo questa osservazione, qualcosa di diverso: quello che `e stato analizzato prima, volendo fare un paragone meccanico, `e il problema dell’analisi in transitorio (e anche nel dominio della frequenza) di un sistema sempre alimentato, CW: un po’ come avere un bambino sull’altalena, con un genitore che lo spinge alla frequenza e intensit`a tale da fargli fare il giro massimo: l’altalena con il proprio attrito (introdotto dai giunti arrugginiti o altro) riduce la velocit`a, ma i genitori la ripristinano. Il problema che si vuole invece affrontare ora `e quello del pendolo carico: dato il pendolo con una certa energia potenziale all’inizio, lo si lascia in evoluzione libera, vedendo come esso si comporta.

Cosa capita, nel nostro specifico caso (della cavit`a)? Proviamo ad ana-lizzarlo in questo modo:

Si immagini di aver caricato la cavit`a, al tempo t = 0, con una certa energia W (0); in questo modo, `e come aver messo, al suo interno, un certo numero di fotoni. L’energia dei fotoni, come noto, `e ~ω0; si ha quindi:

W (0) ∝ Np(0)0

dove ω0 `e la frequenza per cui la fase del guadagno di anello `e pari a n2π, Np `e il numero dei fotoni, e quindi l’energia `e il numero dei fotoni per la loro energia (h `e la costante di Planck non normalizzata a 2π).

A questo punto, di tutta la cavit`a, consideriamo solo un certo piccolo volumetto dV : dato esso, il numero di fotoni al suo interno sar`a il numero di fotoni, per il volumetto, diviso il volume totale V , dal momento che si suppone uniforme la concentrazione dei fotoni nella cavit`a:

=⇒ Np(0)dV V

I fotoni, tuttavia, non stanno fermi: si suppone che essi si muovano verso destra: se essi vanno verso destra, dunque verso lo specchio 2, e vengono riflessi, a seconda della riflettivit`a R2 (che, si noti, `e la grandezza pi`u appro-priata in questo ambito, dal momento che si sta parlando di energia, quindi di potenza, quindi non di tensione: di grandezze in altre parole quadratiche), un certo numero di essi torner`a indietro. Si tenga tuttavia conto che, essendo ci`o che sta dentro lo specchio attivo, man mano che vanno verso destra, il loro numero aumenta; allo stesso tempo, dopo la riflessione (che, essendo la riflettivit`a meno che unitaria, porter`a alla riduzione del numero dei fotoni), essi torneranno indietro e il loro numero pian piano continuer`a ancora ad aumentare, grazie al guadagno. Si ha quindi, in totale, che, dopo la secon-da riflessione, allo specchio 1, situazione in cui un “ciclo” dei fotoni `e stato ultimato:

Np = Np(0)dV

V G0R1R2G0

questo `e il numero totale di fotoni dopo un “giro”, ed `e generalmente diverso dal numero di prima. Questo, si suppone, `e minore del numero di prima. Definiamo −dNp la perdita totale di fotoni rispetto a prima, e, intuitivamente, si pu`o calcolare che essa sia:

−dNp = 1 − G20R1R2 Np

Questo va fatto su tutta la cavit`a, ma, dal momento che si dovrebbe semplicemente fare un integrale di volume, si finirebbe per trovare che tutto `

e costante rispetto alla variabile di integrazione, quindi si finirebbe solo per avere che

Z

V

dV V = 1

A questo punto, un’ultima osservazione: questa `e la perdita che si ha in un ciclo; essendo l la lunghezza totale della cavit`a, e vf la velocit`a di fase, ossia la velocit`a con cui supponiamo che si muovono i fotoni, si ha che il tempo `e

tempo = 2l vf

questo, usando la normale definizione di velocit`a come spazio su tempo, invertita.

Mettendo tutto assieme, se ho una perdita di fotoni in questo tempo, ho che: dNp dt = 1 − G2 0R1R2 2l Npvf = Np τp

dove τp `e detto “tempo di vita media dei fotoni nella cavit`a”: si tratta della costante di tempo della cavit`a.

Quella che abbiamo appena ottenuto `e un’equazione differenziale, di cui oltretutto conosciamo il valore iniziale: un problema di Cauchy. Questo ha inoltre una soluzione ben nota in forma analitica, ossia:

Np(t) = Np(0)eτpt

La stessa legge vale ovviamente anche per quanto concerne l’energia, proporzionale al numero dei fotoni:

W (t) = W (0)e

t τp

L’energia, quindi, si riduce nel tempo, a causa del fatto che le pareti sono “forate”.

Osservazione finale

Sono state introdotte due caratterizzazioni della stessa cavit`a:

• una, in regime stazionario, CW, ottenendo una curva di risposta con una certa larghezza di banda, ottenendo un ∆ω−3dB;

• una, dal punto di vista del transitorio, trovando come parametro fon-damentale per la determinazione dell’andamento, τp.

A questo punto, un parametro `e temporale, uno `e nella frequenza; viene naturale chiedersi cosa capiti, quando i due vengono moltiplicati tra loro. Si prova dunque a farlo:

∆ω−3dBτp = vg l 1 − G0√ R1R2 √ G04 R1R2 2l vf 1 1 − G2 0R1R2 l’ultima frazione pu`o per`o essere scritta come:

1 1 − G2 0R1R2 = 1 (1 − G0√ R1R2)(1 + G0√ R1R2) quindi, sostituendo e semplificando, si trova:

∆ω−3dBτp = 2 1 + G0√ R1R2 1 √ G04 R1R2 vg vf

Dal momento che la risonanza di solito `e molto stretta, si ha che G0

R1R2 ∼ 1 (non esattamente 1 ovviamente, altrimenti si avrebbe un picco perfetto, co-sa impossibile); il denominatore della prima frazione quindi verrebbe 2 circa, il secondo 1, e quindi si avrebbe:

∆ω−3dBτpvg vf

Se vf = vg, cosa ragionevole dal momento che non si ha, per ipotesi, dispersione nel materiale

∆ω−3dBτp∼ 1

Questo dunque pone in relazione due descrizioni in un certo senso com-plementari dello stesso sistema; curioso `e il fatto che il prodotto sia unitario: ci`o introduce una sorta di principio di indeterminazione per lo studio del sistema.

Come si pu`o motivare tutto ci`o? Beh, data una cavit`a con specchi molto buoni, quindi molto riflettenti τp `e molto lungo; prima che l’energia esca, quindi, ci vuole molto tempo, dal momento che le riflettivit`a sono molto elevate e dunque `e come se i “buchi” siano piccoli. Allo stesso tempo, ∆ω deve essere molto stretta, e questo `e gi`a visto in un altro caso: precedentemente, parlando dello slab, si era visto che, volendo trattare le due discontinuit`a come due specchi, ci sono situazioni per cui, nonostante le onde evanescenti, si ha trasmissivit`a elevata; questa `e esattamente la stessa cosa! Il massimo di S21`e alto in modulo, e quindi, nonostante geometricamente sembri di avere a che fare con una barriera quasi insormontabile per la luce, la trasmissivit`a `e elevata e la banda conseguentemente stretta. Il fatto che la banda sia stretta giustifica il comportamento risonante del sistema: essendo la barriera molto grande, molto difficile da superare, il “gioco delle fasi” `e molto critico, nel senso che le configurazioni per cui si hanno somme in fase dei vari contributi tali da avere ci`o sono molto rare; questo implica il fatto che queste particolari configurazioni si avranno per una banda molto stretta, e da qui ∆ω sar`a molto stretta.

Questo principio di indeterminazione `e molto generale e vale per qualsiasi fenomeno oscillatorio: quando si ha a che fare per esempio con delle particelle

instabili, come quelle generate dagli acceleratori di particelle, per misurare un tempo di vita τ ∼ 10−15s, quello che si fa `e fare esperimento di scattering, registrando l’ampiezza di scattering in funzione dell’energia E (che sarebbe il corrispondente della nostra ω); si hanno dei picchi al variare di E, e questa permette, mediante l’applicazione di una teoria di questo tipo, di calcolare il tempo di vita delle particelle.

Cenni alla realizzazione della cavit`a

In realt`a, quello che si ha `e un qualcosa di un poco diverso, come gi`a detto: quello che noi facciamo infatti di solito `e supporre di avere specchi piani, ma ci`o non ha molto senso, dal momento che non `e possibile avere degli specchi infinitamente estesi. Al fine di avere un sistema realizzabile con buona ap-prossimazione, quello che si fa `e curvare gli specchi, in modo da ottenere come specchi superfici sferiche, approssimabili al vertice mediante dei paraboloidi. In queste condizioni, si pu`o dimostrare che i modi risonanti assumono una forma molto particolare: i modi di risonanza di una cavit`a composta da due specchi di questo tipo sono dei fasci gaussiani, ossia distribuzioni di campo di questo tipo:

E ∝ e2w2x2 Hnx w



Hn tiene conto del fatto che le gaussiane possono essere di ordine supe-riore, ed `e semplicemente il modo di indicare i polinomi di Hermite: si tratta di polinomi che moltiplicano la gaussiana.

Tenendo conto di questo fatto, il fattore di propagazione da uno spec-chio all’altro dovr`a tenere conto dell’incurvamento, che porter`a ad avere per l’appunto questo fascio gaussiano, introducendo una correzione sul fattore di propagazione.

4.3 Progetto di un interferometro di

Fabry-Perot con specchi di Bragg

A questo punto ci preponiamo l’obiettivo di progettare un interferometro di Fabry-Perot i cui specchi, invece che essere gli specchi ideali di cui si parlava prima, sono reticoli di Bragg. Progettarlo significa, data f0 a cui si vuole che l’interferometro sia trasparente (ossia la posizione del massimo di S21), data la ∆f−3dB, dati n1, n2, ϑi, la polarizzazione, R1 = R2 per ipotesi (specchi identici), supponendo che le strutture siano dei quarter-wave stack e infine considerando la situazione semplificata di n1 sia all’interno sia all’esterno

degli specchi, di dimensionare tutto il resto; essendo n1 lo strato centrale ed essendo non attivo, ipotizzeremo G0 = 1, cos`ı che tutte le formule viste in precedenza saranno valida, solo imponendo questo valore. Il punto chiave del progetto `e la traduzione delle specifiche su f0 e su ∆f in valori della lunghezza l e del numero di strati dei riflettori.

Prima di tutto, f0 dipende solamente da l; al fine di determinare la di-stanza l tra i due specchi, dunque, `e necessario imporre che lo sfasamento del guadagno di anello sia un multiplo di 2π. ∆f `e invece legato al numero di strati: la larghezza di banda infatti dipende dal ∆ϕ, che a sua volta dipende dalla riflettivit`a degli specchi: da ∆f `e dunque possibile risalire al numero di strati.

Dal momento che il progetto degli strati `e λg/4, si pu`o dire che, alla frequenza f0, si abbia un S11 cos`ı calcolabile:

S11=  Z∞1 Z∞2 2N − 1  Z∞1 Z∞2 2N + 1

Questo deriva da una semplice applicazione del modello delle linee di trasmissione: a centro banda, infatti, non `e necessario ricorrere alle onde di Bloch, ma basta utilizzare questa formula, sfruttando le nozioni note dagli adattatori λ/4. Dal momento che tutto `e reale, anche S11 `e reale, dunque la fase pu`o essere o 0 o π.

Al fine di proseguire con il progetto, cerchiamo informazioni sul RTPS, ossia sul Round Trip Phase Shift:

RTPS = 2∠S11− 2βl

infatti, dal momento che consideriamo gli specchi uguali, e dal momento che li consideriamo simmetrici, S11 = S22, e quindi i pedici 0 e00 decadono di importanza: basta sommare due volte la fase di un qualsiasi coefficiente di riflessione. β ovviamente `e quello valutato in f0:

β0 = 2πf0 c

A f0, si vuole che il sistema sia sul “massimo” di trasmissivit`a; questo significa che il RTPS deve essere uguale a un multiplo di 2π. In altre parole:

2∠S11− 2β0l = n0

Dal momento che per ipotesi nella cavit`a vi `e n1, questa espressione pu`o essere riscritta in un modo diverso:

l = mλg1 2

ossia, si pu`o dire che, essendo all’interno della cavit`a presente n1, si ha kz1 in essa, riferito al ϑi di ingresso al sistema; a f0, dire che si ha la massima trasmissivit`a, e dire che il RTPS `e uguale a un multiplo di 2π, significa sostanzialmente richiedere che l sia un certo multiplo della lunghezza d’onda guidata nella struttura, nella cavit`a. m `e un parametro che dice di “quante mezze lunghezze d’onda” si vuole fare l; si usa di solito scegliere m bassi: m = 1, m = 2 o simili. m `e sostanzialmente una sorta di “indice modale”, dal momento che permette di decidere quante oscillazioni avere; per m = 1, si pu`o dire di avere il “modo fondamentale”.

Questo, per quanto riguarda f0. Quante celle servono invece, per tenere conto della larghezza di banda desiderata? Beh, gli specchi che consideriamo hanno un certo spessore, dunque una dimensione significativa; questo signi-fica che, in questo caso, non si potr`a pi`u dire che le matrici scattering siano completamente indipendenti dalla frequenza.

Considerando una formula dimostrata precedentemente, si ha che: ∆ϕ−3dB = 1 − |S11|2

|S11|

questo, dal momento che R1 = R2, e che abbiamo scritto invece di es-so il parametro scattering in modulo quadro. Questa formula non va bene per il progetto, dal momento che la specifica precedentemente introdotta era in Hz, ossia era nel dominio della frequenza, mentre questo `e soltanto uno sfasamento, collegato alla frequenza ma non in maniera immediatissima. Precedentemente, al fine di passare all’unit`a di misura della frequenza, era stato usato l’incremento finito; ora si far`a la stessa cosa, tenendo tuttavia conto delle non idealit`a aggiuntive introdotte dagli specchi di Bragg. Usiamo dunque gli incrementi finiti:

∆ϕ−3dB =

2π∆f−3dB

ϕ tuttavia `e semplicemente met`a del RTPS; si pu`o dunque scrivere che ϕ = ∠S11− βl

Si noti che ora siamo tuttavia costretti a tenere conto di S11 e della sua fase, dal momento che, come detto, gli specchi dipendono dalla frequenza; si ha dunque, volendo calcolare la derivata prima scritta:

dϕ dω = d dω∠S11l = d dω∠S11l vg

A questo punto `e necessario introdurre la prima approssimazione grossa: come visto precedentemente, per la teoria delle piccole riflessioni, si ha che:

S11 = jΓ0e−jφ(2N −1)sin(2N φ) cos φ dove φ `e

φ = kz1d1 = kz2d2 quindi, si pu`o dire che:

∠S11 = π 2 − (2N − 1)φ quindi d dω∠S11= −(2N − 1) dω A questo punto, un po’ di manipolazione:

φ = kz1d1 = k0n1cos ϑid1 = ω

cn1cos ϑid1 a questo punto, moltiplico e divido per ω0:

= ω0 c

ω

ω0n1cos ϑid1 si osservi tuttavia che

ω0

c n1cos ϑid1 = kz1|f =f

0d1

ma, a queste condizioni, si ha che d1 = λg1/4, e che quindi si ha uno sfasamento complessivamente pari a π/2:

kz1d1 = λg1 λg1 4 = π 2 quindi, la formula `e: φ = ω ω0 π 2 da qua, finalmente, `e possibile dire che:

d dω∠S11= −(2N − 1)π 2 1 ω0 = = −2N − 1 4f0

A questo punto, `e possibile sostituire ci`o nell’espressione madre, e trovare la relazione tra ∆f e ∆ϕ: ∆ϕ−3dB = − 2N − 1 4f0l vg|f =f 0 ! 2π∆f−3dB

Dal momento che il mezzo `e non dispersivo, si ha che: l vg = l vf = ln1cos ϑi c

Ma, come gi`a ricavato prima a partire dalle informazioni su f0, si ha che: l = mλg1

2

quindi, sostituendo qua dentro, si pu`o trovare che: l vg =ω0 c n1cos ϑi = n1cos ϑi c = mπ ω0 = = m 2f0 Dunque, si ha che ∆ϕ−3dB = − 2N − 1 4 + m 2  2π∆f−3dB f0 Questo lega il ∆ϕ al ∆f .

A questo punto, abbiamo due espressioni di ∆ϕ: quella appena ricavata, e quella dipendente da |S11|. Al fine di effettuare il progetto, da questo punto in poi, `e necessario procedere iterativamente: si deve provare a sintetizzare gli specchi, a partire da diversi valori di N . Da N = 1, si ricava il S11, quindi si trova l’espressione:

∆f−3dB =

1−|S11|2

|S11|

2N −14 +m2 f0

∆f−3dB ≤ ∆f−3dB,specifica

allora si pu`o concludere il ciclo, dal momento che il numero di celle permette di soddisfare la specifica sulla minima larghezza di banda a - 3 dB.

Nel documento Componenti per ottica integrata (pagine 162-171)