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Esempi di applicazione del cambio di base

Nel documento Componenti per ottica integrata (pagine 123-126)

3.3 Concetti fondamentali di Algebra Lineare

3.3.5 Esempi di applicazione del cambio di base

Verranno a questo punto presentati, in modo relativamente informale, alcuni esempi in cui si applica il ragionamento appena proposto, in modo da poter fissare i concetti prima di passare all’applicazione di reale interesse: quella sugli specchi di Bragg.

Risoluzione di un problema ai valori iniziali Si consideri il seguente problema ai valori iniziali:

( dx dt = Ax x (t)|t=0 = x0

x (t) = eAtx0

Come si calcola quindi l’esponenziale di matrice? Beh, esso `e una funzione di matrice; supponendo che A sia una matrice 2 × 2, si ha che:

eAt = M eλtM−1 = = M eλ1t 0

0 eλ2t

 M−1

Quindi, invece di fare chiss`a quali stranezze, semplicemente si applica ai singoli autovalori la funzione esponenziale; riscrivendo tutto:

x (t) = M eλ1t 0 0 eλ2t



M−1x0

Possiamo introdurre delle interpretazioni: si ha un M−1x0, ossia si trasfor-ma la condizione iniziale, secondo la base degli autovettori; a questo punto, quindi, il problema nella base degli autovettori `e:

dx0 dt = λx

0

Questa `e l’immagine del problema iniziale nella base degli autovettori; esso, semplicemente, diventa:

d dt  x0 1 x02  = λ1x01 0 0 λ2x02 

questo, come prima, non `e pi`u un sistema: si tratta solamente di due equa-zioni differenziali indipendenti, la cui soluzione `e immediata; moltiplicando quindi per M , si torna nello spazio naturale, nella base naturale.

Si noti che `e importante una condizione, che non `e stata detta esplicita-mente: A deve essere indipendente dal tempo. Se cos`ı non fosse, autovalori e autovettori sarebbero dipendenti dal tempo. In realt`a, si hanno due sottocasi, di cui uno pi`u fortunato:

• il caso fortunato `e quello di autovettori costanti rispetto al tempo, autovalori variabili: in questo caso, la tecnica appena presentata fun-zionerebbe ancora, dal momento che la base degli autovettori sarebbe ancora la stessa, dunque l’equazione sarebbe a coefficienti variabili, ma molto pi`u semplice da risolvere;

• nel caso in cui anche gli autovettori siano variabili rispetto al tempo, il metodo non sarebbe pi`u applicabile in nessuna forma: non si avrebbe pi`u una base costante rispetto al tempo.

Sistemi LTI: Lineari Tempo Invarianti

Dato un sistema LTI in cui si introduce un segnale x(t), in uscita si avr`a un y(t), che a prima vista non avr`a rapporti con il segnale di partenza: le forme del segnale in ingresso e di quello in uscita sono diverse, tranne in un caso, ossia per una particolare categoria di segnali: le armoniche, gli esponenziali di forma ejωt. Nel caso delle armoniche, variano solo modulo e fase, ma non tipo di segnale, che si mantiene costante e con la stessa frequenza.

Il procedimento per determinare l’uscita del sistema `e quello di passare da x(t) a X(ω), mediante la trasformata di Fourier; si ottiene quindi Y (ω) moltiplicando X(ω) per H(ω), ossia per la funzione di trasferimento del si-stema; la risposta nel tempo del sistema, ossia l’espressione dell’uscita, si ottiene effettuando una trasformazione inversa, ossia la trasformata inversa di Fourier. Il procedimento, dunque, `e molto simile a quello effettuato in precedenza.

Concettualmente, la trasformata di Fourier `e un qualcosa di molto simile rispetto a prima; si ha che:

x(t) = 1

Z +∞ −∞

X(ω)ejωt

Questa, poi, si pu`o tradurre in una sommatoria (l’integrale di fatto `e semplicemente una sommatoria nel continuo):

=⇒∼X

i

X(ωi)∆ωe

jωit

Questo, di fatto, assomiglia molto a quanto visto prima: v = c1u(1)+ c2u(2)

In realt`a dunque le due cose sono molto simili, solo che quella appena pro-posta `e formata da infiniti termini. Gli esponenziali sono gli argomenti della somma, dal momento che essi sono gli autovettori del sistema LTI, essendo essi gli elementi che passano attraverso esso rimanendo paralleli a s`e stessi, ossia per cui si mantiene una certa porzione di funzione (si parla infatti anche di autofunzioni, quando si parla di autovettori in spazi infinito-dimensionali come gli spazi di Hilbert), pi`u un certo coefficiente moltiplicativo (che sar`a l’autovalore).

Guide d’onda: formalismo modale

Un altro esempio, forse un poco pi`u complicato dei precedenti ma non per questo inappropriato, `e quello del formalismo modale che si applica sulle guide d’onda: in laboratorio, a Campi Elettromagnetici, spesso si studia una guida d’onda alimentata da un coassiale, che irradia un campo dentro la guida; di questo campo poi se ne propaga solo una certa porzione.

Un problema di questo genere, da studiare, `e estremamente complicato. Cerchiamo di inquadrare meglio il problema: la nostra base naturale `e lo spazio cartesiano, dunque (x, y, z); l’obiettivo `e calcolare il campo ad una certa distanza, in un punto (2), a partire da ci`o che si ha delle sorgenti. Le sorgenti, ossia il coassiale, irradiano un certo campo; quello che si pu`o fare `e considerare i campi E e H in prossimit`a dell’antenna, in una certa sezione ben definita, (1); quello che si pu`o fare, a partire da ci`o, `e trovare delle particolari funzioni per cui le funzioni rimangano le stesse, a meno di un certo coefficiente moltiplicativo; queste funzioni sono quelle che a Campi Elettromagnetici vengono chiamate en(%) e hn(%); note su z = 0, per tutta la teoria studiata a Campi, si sa che, nella sezione z, esse diverranno:

( en(%) =⇒ en(%)e−jkz,nz

hn(%) =⇒ hn(%)e−jkz,nz

Queste due funzioni e e h sono funzioni “particolari”, dal momento che sono le funzioni che, nelle varie sezioni, sono uguali a s`e stesse, a meno di un certo termine di fase, un certo numero. Queste funzioni vengono dette autofunzioni, relative ai vari modi. e−jkz,nz `e dunque l’autovalore relativo all’autovettore en(%).

Quello appena presentato `e il dominio delle linee di trasmissione equiva-lenti; quello che si deve fare per risolvere questo tipo di problema, quindi, `

e decomporre la sorgente nei modi, ossia prendere la sorgente J e tra-sportarla nella base delle autofunzioni, quindi risolvere il problema, e tornare indietro al dominio naturale.

Nel documento Componenti per ottica integrata (pagine 123-126)