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Materiale dielettrico isotropo

Nel documento Componenti per ottica integrata (pagine 30-35)

1.3 Cenni sui reticoli di diffrazione

2.2.1 Materiale dielettrico isotropo

Un primo step, una prima complicazione, `e quella di introdurre un mezzo senza struttura cristallina, dunque irregolare, come per esempio un vetro; il fatto di avere una completa irregolarit`a, una completa assenza di un reti-colo, permette di non avere comportamenti particolari in direzioni diverse: l’irregolarit`a porta a non avere “direzioni privilegiate”. Questo tipo di com-portamento va studiato (e si spiegher`a tra breve perch`e) nel dominio della frequenza, ottenendo:

D(r , ω) = ε(ω)E (r , ω) B(r , ω) = ε(ω)H (r , ω)

Si osservi che l’induzione in un punto dipende esclusivamente dal campo elettrico nel medesimo punto; questa `e un’osservazione assolutamente non

banale, dal momento che, nelle equazioni di Maxwell, si pu`o vedere che B dipende da ∇ × E : dalle derivate spaziali di E . Parlare di derivate, significa automaticamente parlare di intorni, dunque non esclusivamente del punto desiderato; questo si pu`o vedere ricordando che, per una generica funzione, una delle interpretazioni che si pu`o dare all’operatore di derivazione `e quello di limite del rapporto incrementale:

∂f ∂x = limh→0 f x + h2 − f x − h 2  h

come si vede, il valore dipende dai valori del campo nell’interno.

Si noti che si ha dipendenza dalla frequenza: ci`o complica, in effetti, l’espressione nel dominio del tempo.

Questo approccio sistemistico che si sta utilizzando per presentare i con-cetti farebbe venire in mente la teoria dei sistemi LTI: Lineari Tempo In-varianti. Ci chiediamo a questo punto, se sia possibile utilizzare i concetti relativi ai sistemi LTI per studiare il nostro sistema.

Prima di tutto, il nostro sistema, ossia il dielettrico, `e lineare? Assoluta-mente no: in natura di lineare non esiste nulla! D’altra parte per`o `e anche noto che, se si eccita un sistema lineare con un livello basso dell’ingresso, `

e possibile effettuare una linearizzazione, ossia considerare senza sbagliare molto il sistema come lineare. Questa cosa non `e scontata: se si considera un flusso di dati molto elevato, per esempio 10 Gbit/s , perch`e il segnale che si trasporta sia facilmente rilevabile (per garantire un SNR sufficientemente elevato per i rivelatori), si deve avere una certa energia; se la velocit`a di tra-smissione `e grande come n questo caso, si ha un’elevata energia al secondo, dunque un’elevata potenza; questa potenza, elevata, `e in uno spazio molto ridotto: qualche micron quadro: si ha un’elevatissima densit`a di potenza, dunque campo elevato, dunque non `e detto che ε sia effettivamente costante: potrebbe cambiare di valore, ottenendo un sistema che a tutti gli effetti non `

e lineare.

A parte questo aspetto, il sistema `e TI, ossia Time Invariant? Beh, ten-denzialmente si hanno invecchiamenti del materiale, per`o essi non sono im-portanti: ε generalmente non `e una funzione del tempo (in senso di invec-chiamento), per quanto sono possibili situazioni in cui, per esempio eccitando con un’onda elastica un vetro, si possano ottenere situazioni in cui questa affermazione non `e vera.

Supponendo che il sistema sia dunque approssimabile a LTI, `e noto che un metodo, nel dominio della frequenza, per rappresentare un sistema, sia quello di usare la sua funzione di trasferimento, definita come il rapporto tra la grandezza in uscita e quella in ingresso al sistema, nel dominio della frequenza: in questo caso, la funzione di trasferimento `e ε(ω). Una seconda

grandezza che comunemente si utilizza `e l’antitrasformata della funzione di trasferimento, detta “risposta all’impulso”; in questo caso, essa `e indicata con ge(t), ed `e:

ge(t) = F−1{ε(ω)}

questa `e la funzione di Green. Questo si ha dal momento che l’equa-zione differenziale che modella il sistema ha a secondo membro una delta di Dirac, quindi il risultato `e proprio una funzione di Green. Si ha, nel dominio del tempo,

D(r , t) = Z +∞

−∞

ge(t − t0)E (r , t0)dt0

questo porta a capire che lo spostamento a un istante dipende da tutta la storia precedente, proprio come la tensione v(t) in una capacit`a. Nel caso di una resistenza, invece, si ha:

gR(t) = Rδ(t)

per questo motivo, si ha che la funzione di Green della resistenza `e una δ nel tempo. Il fatto di avere, in questo caso, una dipendenza da ω, `e detto dispersione.

Una nota aggiuntiva sul modello che stiamo utilizzando: tutte le ipotesi sono fondate sul fatto che il materiale sia omogeneo, ossia composto da una sorta di materiale continuo: che non vi siano asperit`a. Le “asperit`a” derivano dalle discontinuit`a interne al materiale, dunque dalla struttura osservata a livello atomico; questo fatto `e ragionevole dal momento che le λ con cui si ha a che fare sono dell’ordine, al minimo, dei 300 nm, dunque molto, molto maggiori della distanza tra due atomi, intorno ai 0,1 nm. Questa cosa non sarebbe ragionevole per esempio se usassimo i raggi X: essendo le lunghezze d’onda molto pi`u basse, si avrebbe a che fare con fenomeni di scattering multiplo non trascurabili (cosa peraltro utilizzata per lo studio della struttura della materia), perdendo di fatto la possibilit`a di “mediare” le caratteristiche del materiale, dunque la possibilit`a stessa di definire una ε.

ε complesse: perdite

Si usa normalizzare la ε rispetto a quella del vuoto, in modo da isolare il comportamento “relativo” del mezzo:

µ = µ0µr(ω)

dove per`o, di solito, nei nostri casi, µr(ω) ∼ 1. Per caratterizzare i materiali ottici, si introduce l’indice di rifrazione n come:

n , c vf = √ εµ √ ε0µ0εr

A questo punto per`o ci chiediamo: εr `e un numero reale o `e un numero complesso? Beh, dato il nostro approccio sistemistico, dal momento che le funzioni di trasferimento sono in genere funzioni complesse, non c’`e ragione di affermare che ε sia un numero reale. Il fatto che ε abbia componenti comples-se `e usualmente (non sempre) legato alla presenza di fattori di conducibilit`a nel dielettrico, ossia termini che introducono una dissipazione nell’onda. Per modellare ci`o, si introduca un termine di corrente di conduzione, Jc, nelle equazioni di Maxwell:

∇ × H = jωεE + Je+ Jc dove

Jc = γE

questa, semplicemente, `e la legge di Ohm in forma microscopica. Quello che usualmente si fa `e considerare insieme i due termini in E , ottenendo:

jωεE + γE = jωε − jγ ω



, jω˜ε

dove dunque ˜ε `e un numero complesso; indicando ε il termine complessivo, si usa di solito la notazione:

ε = ε0− jε00

Si ha dunque una parte reale, che `e il termine puramente propagativo, e una parte immaginaria, che `e quella che introduce la dissipazione di energia. Una nota su questa espressione: il fatto di aver usato il segno “-” deriva, facendo i conti, dall’aver usato, come termine di antitrasformazione dei fasori, e+jωt; comunemente, per esempio nelle comunit`a di fisici, si trova lo stesso, con segno − a esponente; ci`o porta ad annullare il segno −, ottenendo un +.

Si noti che:

• se ε00 > 0, si ha a che fare con un materiale passivo, ossia con un materiale che dissipa potenza;

• se ε00< 0 si ha a che fare con un materiale attivo, ossia con un materiale che aumenta la potenza, che la amplifica.

Di solito, per i buoni dielettrici, si ha a che fare con una ε debolmente immaginaria, dunque si definisce il parametro “tangente di perdita” come:

tan δ , ε

00

ε0

questa, di solito, `e dell’ordine di 10−2.

Un caso particolare sono i metalli: a microonde essi hanno una condu-cibilit`a elevatissima, portandoli a modellarli come conduttori perfetti, ma a 0,6 µm, per esempio, possono avere

εr,Ag = −14, 06 − j0, 45

ε0 `e negativo dal momento che si ha una risposta opposta rispetto al segnale trasmesso. A queste frequenze ottiche, il metallo si comporta come un gas di elettroni, dunque studiandolo come un plasma, usando il modello di Drude, si pu`o trovare un’espressione di questo genere.

Molto spesso, tra le grandezze indicate nei libri di fisica, si trova un “indice di rifrazione complesso”, come:

˜

n = n − jk

questo, per l’ingegneria elettromagnetica, `e molto poco indicato, dal mo-mento che K, parametro legato alla dissipazione, `e anche il modo in cui si indica normalmente la costante di propagazione, il numero d’onda.

Relazioni di Kramers-Kroenig

Un aspetto interessante e molto poco intuitivo, `e il fatto che la parte reale e la parte immaginaria della costante dielettrica sono, di fatto, collegate tra loro. Si consideri di avere una ε tale per cui:

ε(ω) = ε0(ω) − jε00(ω) Valgono, dunque, le seguenti relazioni:

ε0(ω) − ε0 = 1 πP Z +∞ −∞ ε00(α) α − ω ε00(ω) = 1 πP Z +∞ −∞ ε0(α) − ε0 α − ω

L’unica ipotesi sotto cui queste relazioni sono valide, `e la causalit`a del sistema: il fatto che D sia una “conseguenza”, E una “causa”; ci`o `e asso-lutamente ragionevole, dal momento che `e ovvio che ci`o che viene indotto nel mezzo materiale sia una conseguenza del campo elettrico/magnetico in esso inviato. Queste relazioni sono trasformate integrali: di fatto, sono le trasformate di Hilbert della funzione.

P `e la “parte principale secondo Cauchy”: si tratta di un metodo per il calcolo dell’integrale indefinito, anche in presenza di poli. Dato l’intervallo di integrazione α, ci`o che si fa `e dividere l’intervallo di integrazione in due parti:

si fa in modo da integrare da −∞ fino a “appena prima il polo”, a α = ω, quindi si riparte da “appena dopo”, e si integra fino a +∞. La parte principale secondo Cauchy si definisce quindi come:

P Z +∞ −∞ f (x) x dx = limδ→0 Z −δ −∞ f (x) x dx + Z +∞ δ f (x) x dx  in questo modo, si evita di integrare al polo.

Queste formule, apparentemente teoriche, hanno anche un’importante va-lenza sperimentale: misurando in qualche modo o parte reale o parte immagi-naria, se la grandezza non misurata `e difficile da ottenere sperimentalmente, `

e possibile in questo modo ottenere l’altra mediante il calcolo dell’integrale. Questo pu`o essere anche usato per legare, in ambito circuitale, R a X, oppure G a B.

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