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Capitolo II. Il nuovo e «democratico» Ministerio de Cultura

4. L‟attività ministeriale (1977-1982)

4.1. Ancora censura

Per introdurre ed inquadrare l‟operato in ambito culturale dell‟UCD, è necessario ricordare che la censura rimase attiva anche dopo il ripristino delle istituzioni democratiche.

Due sono i casi che si possono annoverare e che illuminano sui persistenti tabù culturali dell‟UCD. Il primo caso fu quello della detenzione e relativo processo militare di Albert Boadella, attore e drammaturgo catalano della compagnia Els

Joglars, realtà dal linguaggio fresco e provocatore, che dimostrava come

l‟importanza sociale del teatro non si fosse esaurita dagli anni Sessanta.

Nell‟autunno del 1977 Els Joglars realizzarono una tournée nei Paesi Baschi con lo spettacolo La Torna che trattava le vicende dell‟esecuzione con garrotta di Salvador Puig Antich e Heinz Chez nel 1974 . In particolare nella pièce, si affronta la morte di Chez che, pur avendo ucciso un Guardia Civil, a differenza di Puig Antich, era un vagabondo polacco, con gravi disagi sociali, che commise

74 Recupero la seguente definizione di transizione da: Richard Sakwa, Il concetto di

l‟omicidio non per motivi politici ma sotto la spinta di una momentanea follia. Nel libretto dell‟opera teatrale del 1977 che, successivamente, rappresentò un elemento chiave nelle accuse del tribunale militare, si legge: «[…] il paradosso tragico è che questa esecuzione [quella di Heinz Chez] si realizzò con una finalità politica, costituendo la torna dell‟esecuzione di Puig Antich. Tutto ciò si realizzò con il fine di disorientare l‟opinione pubblica che, in quei momenti, era predisposta con facilità a confondere i termini di attivista politico e di delinquente comune»75.

Solo quando lo spettacolo venne rappresentato in Catalogna, con regolare autorizzazione del Ministero di Cultura, l‟establishment militare notò l‟opera e si sentì profondamente insultato. Boadella e gli altri quattro attori della compagnia nei primi giorni di dicembre del 1977 vennero arrestati ed incarcerati in attesa del processo della Corte marziale.

Si precipitò allora in una situazione che ricordava da vicino le vicende di repressione culturale del tardo-franchismo. Gli ingredienti furono gli stessi: da un lato l‟opposizione e protesta del mondo della cultura, dall‟altro la cieca fermezza delle autorità spagnole.

Ad essere offeso dalla rappresentazione teatrale era l‟Esercito, evidente dimostrazione della spiccata sensibilità dei militari, a transizione già avviata, rispetto alle questioni e alle rappresentazioni artistiche. Il Governo e le altre autorità politiche rimasero defilate rispetto alla vicenda. Sottolineava il quotidiano

Herald Tribune nel gennaio del 1978 con uno sguardo esterno rispetto alle vicende

spagnole:

«È da più di due settimane che Albert Boadella, regista del gruppo Els Joglars, è detenuto a Barcellona, come presunto colpevole di ingiurie alle Forze Armate. […] Le critiche, sia della stampa come dei politici, alle accuse a cui deve far fronte Albert Boadella, si fanno notare per tono moderato, dimostrando un certo nervosismo sulla possibilità di stabilizzare le conservatrici istituzioni militari. Se le Camere non si affrettano a riformare la legislazione vigente, eredità dell‟era di Franco, il giudizio andrà avanti, potendo la sentenza trasformarsi fino a sei anni di prigione»76.

75 Torna è il termine con il quale in catalano si indica quanto si aggiunge ad una merce per

arrotondarne il peso. Il programma dello spettacolo può essere letto in: http://www.elsjoglars.com/cast/Espectaculos/latornadelatorna.htm.

76 Articolo tratto da Herald Tribune riportato nella sezione Opinión de “El País”, 10 gennaio

Il Governo non prese una posizione netta sulla vicenda, al contrario della società civile, nella quale l‟evento stimolò una rinnovata e vigorosa protesta per la libertà d‟espressione. Ci fu un encierro nell‟Ateneo di Madrid: una settantina di attori, cantanti, artisti e sindacalisti si chiusero nell‟Ateneo nel marzo del 1978 come protesta contro il Consiglio di Guerra a Els Joglars77. Vennero realizzati festival,

recital78, a Madrid si costituì un organismo per la difesa della libertà d‟espressione

al quale aderirono Enrique Tierno Galván, Rafael Alberti, Luis de Pablo, Cristóbal Halffter, Lucio Muñoz, Antonio Buero Vallejo, Carlos Saura e tutta l‟Associazione degli Artisti Plastici. Ci furono scioperi degli artisti ed anche Paloma Picasso intervenne per la libertà de Els Joglars79. La vicenda divenne un vero e proprio

caso, tanto più che Boadella, in modo rocambolesco, fuggì dal carcere e si mise al riparo in Francia. Il comunicato del Estado Mayor de la Capitanía General de la Cuarta

Región Militar sulla causa contro Els Joglars, senza titubanze, affermava: «la

rappresentazione dell‟opera costituisce una chiara offesa alle Forze Armate e, in concreto, alla giurisdizione militare, tale offesa culmina in una scena in cui figurano tutti i componenti del tribunale completamente ubriachi e in questo stato viene letta la sentenza […] la libertà d‟espressione non autorizza né l‟insulto né l‟ingiuria»80. Nella primavera del 1978, il Senato offrì la grazia a Boadella che

rifiutò fin tanto che la giurisdizione militare non fosse stata cambiata e, quindi, fosse stato modificato il codice militare e nessun civile avesse dovuto comparire di fronte ad una Corte marziale. Alla fine del 1978, Boadella venne catturato una seconda volta e, solo nel 1979, ottenne la libertà condizionata ed una commutazione della pena di quattro anni. La vicenda, sorta di travagliata raffigurazione delle luci ed ombre della transizione culturale spagnola, si concluse effettivamente soltanto nel 1985, quando Els Joglars ricevettero la grazia e le scuse ufficiali del Governo spagnolo.

77

Cfr. Encierro en el Ateneo de Madrid, “El País”, 7 marzo 1978.

78

«Il pubblico che partecipò innalzò in molte occasioni cori slogan come Boadella, llibertad y

llibertad d‟expressió […] Il pubblicò intuì da subito che l’atto era una sostituzione di altri che

erano stati organizzati in precedenza a favore della libertà d’espressione che furono proibiti dalle autorità». Al recital partecipano Raimon, Pi de la Serna, Lluis Llach, Rafael Subirachs, tra gli altri. Cfr. Diez mil asistentes a un recital en favor de la libertad de expresión, “El País”, 12 febbraio 1978.

79 Gijs Van Hensbergen, Guernica. Biografia di un‟icona del Novecento, op. cit., pp. 284-285. 80 Comunicado militar sobre la detención de Alberto Boadella, “El País”, 6 gennaio 1978.

Il secondo caso di censura negli anni di transizione è rappresentato dal film El

Crimen de Cuenca. Il film venne realizzato nel 1979 dalla futura Direttrice di

Cinematografia del Ministero di Cultura socialista, Pilar Miró. Se nel caso di Els

Joglars ciò che turbava era l‟irriverenza nei confronti dell‟Esercito, in questo

secondo caso ad essere oggetto di analisi e critica era il comportamento della

Guardia Civil. Il film racconta le vicende realmente accadute agli inizi del

Novecento nella provincia di Cuenca, dove i due pastori Gregorio Valero e Léon Sánchez furono costretti, seppur innocenti, a confessare il delitto del collega José María Grimaldos, dopo innumerevoli ingiustizie e torture da parte del cacique locale e della Guardia Civil. Le torture inflitte agli innocenti accusati erano descritte da Pilar Miró con estremo dettaglio e grande crudezza: l‟UCD mise il film a disposizione del Tribunale militare, che lo sequestrò per un anno e mezzo, mentre la stessa regista fu sottoposta, come Els Joglars, alla giustizia militare. Il film venne proiettato soltanto nell‟estate del 1981, dopo il golpe militare del febbraio dello stesso anno e divenne un successo di botteghino81.

Egualmente anche nel mondo dell‟arte negli anni di transizione non mancarono preoccupanti casi di riduzione della libertà di creazione artistica. A Saragozza venne vietata una mostra dell‟artista Augustín Ibarrola alla fine del 1980 e a Ciudad Real del pittore José Ortega. Nel primo caso il veto arrivò dal sindaco socialista sulla produzione dell‟artista basco compresa tra il 1970 ed il 1978. Nelle tele che erano già state presentate senza problemi nei Paesi Baschi apparivano

ikurriñas e riferimenti alla polizia82. Solo un mese prima era stata ritirata

l‟autorizzazione della mostra antologica di José Ortega, fondatore comunista del gruppo Estampa Popular, che stava esponendo buona parte della propria produzione negli anni della dittatura. La reazione della commissione cultura del Partito Comunista fu netta: «Ci rendiamo conto come la commissione permanente del Comune di Almagro sappia che questa è una retrospettiva della produzione di José Ortega […] e rappresenta nella storia della pittura contemporanea spagnola una delle più vigorose manifestazioni dell‟arte di testimonianza e di denuncia

81

Cfr. Javier Tusell, Historia de España en el siglo XX. La transición democrática y el

gobierno socialista, Taurus, Madrid, 2007, pp. 238-239.

82 Cfr. Prohibida en Zaragoza una exposición del vasco Ibarrola, “El País”, 26 novembre

contro un regime di ingiustizia sociale e violenta repressione delle libertà, delle forze e delle persone democratiche»83.

Nell‟ottobre del 1981 il critico Diego Galán denunciava la persistenza di deplorevoli manipolazioni sul doppiaggio cinematografico84 e, nonostante la Ley de

Libertad de Representación del 1978, sono stati rintracciati per tutti gli anni

transizionali fascicoli relativi alla censura di opere e traduzioni teatrali all‟interno dell‟organismo Negociado de Calificación de Espectáculos del Ministero di Cultura85.

Se si analizzano le diverse produzioni che furono oggetto di censura o processi militari negli anni di normalizzazione democratica, emergono delle costanti che possono illuminare sull‟atteggiamento dell‟UCD in ambito culturale. Queste costanti ci riportano al suddetto clima di compromesso e alla volontà di non rendere pubblici alcuni argomenti scottanti, come le Forze Armate, sul quale incombeva il timore mai assopito di un golpe militare, la repressione tardo- franchista e il terrorismo nazionalista che poneva a ferro e fuoco la transizione alla democrazia. Non vennero messe in dubbio dal Governo, quindi, le libertà democratiche o una ormai inevitabile normalizzazione del Paese, quanto, seppur a discapito del processo di democratizzazione, si tentò in ogni modo di allontanare dallo spazio pubblico questioni che avrebbero potuto infastidire un Esercito suscettibile e mettere a repentaglio le istituzioni della democrazia.

Potremmo quasi parlare di una «libertà vigilata», una libertà sotto l‟attento sguardo delle istituzioni governative che non manca di produrre dei cambiamenti ma che su molti aspetti rimane avviluppata su sé stessa, timorosa di fare il passo più lungo della gamba e che, tuttavia, in alcuni casi riprendeva perplessità e limitazioni delle altre democrazie occidentali rispetto alla libertà d‟espressione. In questo senso, il tragitto verso una completa libertà culturale, in diverse occasioni, venne bloccato dall‟alto, o, più che altro rallentato, impedendone una seria progressione.

83 La nota della Commissione Cultura del Partito Comunista è riportata in: Protesta por la

prohibición del pintor Ortega, “El País”, 18 ottobre 1980.

84

Sulla questione della persistenza di pratiche censorie negli anni di transizione, si veda: Bernard Bessière, La culture espagnole. Les mutations de l‟apres-franquisme (1975-1992), L’Harmattan, Parigi, 1992, pp. 44-45.

85 Si veda l’interessante studio del progetto TRACE (acronimo di traduzioni censurate) tra le

Università di León e del País Vasco: Elena Bandín, Teatro traducido y censurado durante la

transición democrática en España, in AA. VV., Actes des Congrés «La Transició de la dictadura franquista a la democràcia», Barcellona, 20-21-22 ottobre 2005, Centre d’Estudis

Si vedano, ad esempio, i titoli editoriali sequestrati nel 198086. Secondo El País si

tratta di Album del erotismo della casa editrice Antalve, accusata di scandalo pubblico, Los vascos de la nación al Estado della Editorial Elkar legata alla sinistra

aberzale basca, Historia de Galicia, pubblicato dal Frente Cultural de la Asamblea

Nacional Popular Galega, ¡A ver!, de López Ediciones; Txiki-Otaegui scritto da Javier Sánchez Eurasquín (Editorial Lur) che parla delle fucilazioni del 1975 e viene accusato di apologia al terrorismo, Libertad sexual di Editorial Naper; Sumario

22/79 di Manolo Revuelta sul carcere di massima sicurezza Herrera de la Mancha

realizzato dall‟UCD; Secundino Delgado, apunte para una biografía del padre del

nacionalismo vasco di Manuel Morales; Yo creo en la clase obrera, del sindacalista

comunista Francisco García Salve che venne condannato a più di tre anni per oltraggio e ingiurie gravi alle autorità, infine El libro rojo del cole, tradotto dal danese per la casa editrice Nuestra Cultura, un testo rivolto agli studenti sulla scia delle manifestazioni e proteste del maggio del 1968 (e censurato anche in Italia, Gran Bretagna e Francia). Lo stesso editore Luis Martínez, venuto a conoscenza dell‟esistenza di copie clandestine del libro, attribuiva questa proliferazione di riproduzioni al fatto che «il momento politico è propizio perché ritornino nelle librerie spagnole quegli scatoloni in cui si conservavano i libri proibiti»87.

I tabù o temi maledetti persistevano: si trattava dell‟Esercito, del terrorismo nazionalista e di argomenti legati all‟erotismo e morale sessuale spagnola. In quest‟ultimo caso, infatti, una volta venuta meno la ferrea censura e la pudica repressione franchista, gli anni di normalizzazione democratica furono costellati dalla riscoperta del corpo, della pelle, della sessualità, dalla maggior franchezza nell‟affrontare questioni legate al rapporto tra i sessi.

D‟altro canto, le conseguenze di una lunga repressione sessuale, celata nel perbenismo nazionalcattolico, non si fecero attendere: gli anni del destape88, sorta di

esplosione ed apertura morale con importanti anticipazioni nel tardo franchismo89,

furono costellati da film erotici, sensuali poster, commedie giocate sul doppio

86 Condenas, prohibiciones y secuestros de 1980, “El País”, 27 novembre 1980. 87 Edición clandestina del libro rojo del cole, “El País”, 1 marzo 1980.

88 Cfr. José Ponce, El destape nacional. Crónica del desnudo en la transición, Glénat,

Barcellona, 2004.

89 Il primo seno nudo che apparve nel grande schermo spagnolo fu nel 1969 in piena epoca

desarrollista. Elisa Ramírez, volto assai popolare per le famiglie spagnole, nella Celestina, in

senso e teatrali esibizioni del corpo nudo. Ciò non smise di preoccupare i vertici della politica culturale centrista che non vedevano di buon occhio questa ondata di erotismo consumista, che eguagliava la Spagna agli altri paesi occidentali. Come si è in parte ricordato, Cabanillas nelle proprie dichiarazioni non mancava di criticare la massiccia “pornografia” che animava un certo tipo di produzione culturale. Lo stesso Ministro, che alla fine del 1974 venne allontanato dal Ministerio

de Información y Turismo mentre stava elaborando un dossier sulle manifestazioni

erotiche in Spagna, alle critiche sull‟eccessiva durezza governativa in una materia che andava ad inficiare la stessa nuova attività del Ministero di Cultura, rispondeva:

«D: Un quotidiano ha chiesto già la scomparsa del Ministero perché lo considera “repressivo”, intende perseguire la pornografia? R: Credo che questa richiesta fosse poco „culturale‟ e poco azzeccata. […] Sulla questione della pornografia bisogna avere idee molto chiare. La società deve avere la possibilità di „segnalare‟ perfettamente questo mercato. […] Esiste chiaramente la libertà del pubblico che bisogna proteggere, ed anche deve esistere il rispetto dei diversi tipi di pubblici. […] Lo stesso accade con alcune pubblicazioni che non possono essere esibite allegramente ed essere alla portata dei bambini e dei giovani»90.

Ad oculate chiusure in ambito culturale, fecero da contraltare i diritti culturali sanciti dalla nuova Costituzione del 1978, tuttavia, soltanto nello stesso anno scomparve il No-Do, il notiziario cinematografico che doveva essere proiettato obbligatoriamente prima della visione dei film91. Nel contempo, dopo che con il

decreto 2258 del 27 agosto del 1977 vennero eliminati tutti i riferimenti all‟antica

Junta de clasificación, fu approvata una ley de pornografía che classificava come “S”, i

film erotici nel grande schermo e, solo nell‟83, come “X”.

Rispetto ad un pubblico avido di contenuti fino a poca prima vietati, il controllo dell‟UCD non venne meno. In questo senso si possono interpretare le numerose dichiarazioni al riguardo di Cabanillas: la trasformazione culturale doveva essere, a

90 Pío Cabanillas: defensa y difusión de la cultura, acciones fundamentales del Estado,

“ABC”, 30 luglio 1977.

91

Sono necessarie alcune precisazioni: l’insegna luminosa del No-Do in calle Joaquín Costa venne ritirata soltanto nel novembre del 1980. Il No-Do, nonostante fosse stato eliminato come organismo autonomo, nel 1980 continuava a produrre la propria rivista cinematografica. Cfr.

suo avviso graduale, gestita dal Governo e, soprattutto, non caotica, né lasciata all‟improvvisazione e alle circostanze del caso.

È importante anche evidenziare che la fine della censura ebbe ripercussioni notevoli non solo nei consumi culturali degli spagnoli che ora senza remore potevano venire a contatto con l‟industria culturale occidentale, ma anche negli stessi artisti. Negli anni di transizione non vi furono geni artistici repressi che la democrazia abbia portato alla luce e, d‟altro canto, la scusante della censura come strumento per simulare eventuali incapacità creative scomparve, mentre una ferrea produzione anti-regime ormai non era più sufficiente92.