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Il campo della cultura in opposizione al franchismo

3. La politica culturale: paradosso per una dittatura in crisi

3.1 Il campo della cultura in opposizione al franchismo

Negli anni Sessanta il campo della cultura in Spagna si muove in un intreccio in tensione dove dominati e dominanti si respingono e confrontano, lottano per sovvertire l‟ordine stabilito o per riprodurre lo status quo. Tuttavia, la situazione spagnola fu ancor più peculiare: nell‟ambito dell‟alta cultura, come spiega Aranguren, a partire dagli anni Sessanta, l‟establishment culturale era ormai la tradizione orteghiana e dei pedagoghi progressisti della Institución Libre de

Enseñanza60, ovvero il paradigma di riferimento dell‟alta cultura repubblicana,

mentre la maggior parte degli scrittori ed artisti della nuova generazione erano membri o simpatizzanti del clandestino Partido Comunista de España; ricordano Carr e Fusi «ironicamente, il marxismo, la filosofia che il franchismo sosteneva aver sradicato nel 1939, si convertì nella subcultura dominante dell‟opposizione. La sua influenza fu sempre maggiore nella vita spagnola a partire dal 1960»61.

In una condizione di profondo dinamismo, dentro la penisola iberica in tutti i

settori prese forma una produzione artistica in sintonia con il resto dell‟Europa e portatrice di un capitale culturale democratico. Recitales di cantautori, rappresentazioni di teatro «alternativo», sessioni di cine-forum, cicli di conferenze sui «segni d‟identità» regionali, mostre d‟arte che contribuivano a far circolare nel Paese l‟estetica e gli stili dell‟avanguardia internazionale arricchirono una «liturgia culturale» che «dal basso» e ai margini delle istituzioni franchiste trasmise attraverso la precarietà di una stanza parrocchiale, una rivista sottoposta a sequestri o ad una sala cinematografica vittima di atti vandalici, prima ancora della morte di Franco, l‟immaginario di un campo dell‟arte di normalizzazione democratica62.

Non è semplice definire quando prese forma ed iniziò a delinearsi questo processo di rinnovamento artistico, tuttavia, le istituzioni del franchismo dovettero confrontarsi con tale produzione per evitare che venissero messi in discussione i propri meccanismi di legittimazione intellettuale.

60 José Luis Aranguren, La cultura española y la cultura establecida, Taurus, Madrid, 1975. 61

Raymond Carr e Juan Pablo Fusi, España, de la dictadura a la democracia, op.cit., p. 166.

62 José-Carlos Mainer, Estado de la cultura y cultura de Estado en la España de hoy (o el

Leviatán benévolo), in A.A. VV., Entre el ocio y el negocio: industria editorial y literatura en la España de los 90, Editorial Verbum, Madrid, 2001, p. 158.

Si ingaggiò una lotta fondata su contrastanti atteggiamenti da parte del regime: da un lato una produzione culturale di livello e portatrice di valori democratici, dall‟altro le variabili consegne governative che non vollero mai una piena integrazione del mondo intellettuale ma al contrario una «neutralizzazione discreta»63.

È possibile arrivare alla conclusione che le fessure che si aprirono all‟interno del sistema di controllo culturale franchista furono legate tutte alla tipologia di pubblico e alle possibilità di diffusione sociale dell‟opera d‟arte.

In questa battaglia tra la cultura ufficiale franchista ed una produzione in sintonia con le democrazie occidentali, il mondo delle arti si trasformò nella fase finale della dittatura in uno strumento simbolico di lotta al regime64. Il realismo sociale, il

nuovo sperimentalismo nella scrittura che cercava di distruggere i miti imperanti nell‟establishment, la stessa pop-art ed i gruppi d‟arte d‟avanguardia si trasformarono in manifesti contro i limiti della dittatura. L‟arte, politicizzandosi, andò a braccetto con i movimenti dell‟opposizione. Estetica ed etica presero due binari affini: artisti ed intellettuali scrissero lettere contro gli atteggiamenti repressori del Governo, ingrossarono le fila del movimento studentesco, organizzarono recital di poesia (per lo più di Jaime Gil de Biedma e Blas de Otero), allestirono omaggi a Machado e Miguel Hernández, presero parte ad encierros (come la celebre Capuchinada nel Monastero di Sarriá nel 1966 o il noto encierro di 300 intellettuali a Montserrat come protesta del processo di Burgos del 1970), divenendo i referenti morali dell‟opposizione alla dittatura e, quindi, i protagonisti della scena culturale degli anni di transizione.

La risposta governativa fu quella di una censura altalenante che, però, fino alla morte di Franco allestì un muro di repressione attorno a quelli che rappresentarono veri e propri «tabù» del regime: la storia contemporanea di Spagna, il marxismo, il maggio francese del 1968, l‟anarchismo, la sessualità ed i

63 Raúl Morodo, El general y los intelectuales, in “Cien años de Franco”, Supplemento de ABC

3 dicembre 1992.

64 Per avere un’idea del ruolo del mondo della cultura come forma di opposizione al

franchismo, si veda: Shirley Mangini González, Rojos y rebeldes: la cultura de la disidencia

testi religiosi legati al Concilio II costituirono tutte tematiche che il mondo della cultura in alcun modo poteva affrontare e pubblicizzare65.

Ad accrescere il clima di repressione nei confronti di un mondo delle arti, etichettato in modo sprezzante come «rosso» e dissidente, contribuì l‟escalation di violenza da parte di piccoli gruppi paramilitari neofascisti che si scagliarono contro le timide manifestazioni di apertura culturale degli ultimi anni del franchismo. Opere d‟arte e produzioni culturali legate ad artisti repubblicani o esiliati furono oggetto di duri atti terroristici da parte di gruppi come Guerrilleros de

Cristo Rey, organizzazione che richiamandosi al nazionalismo cattolico di Franco

intendeva lanciare una «crociata» contro i segnali ed i simboli della liberalizzazione della società franchista66.

In particolare, la brutale violenza neofascista si riversò con incisiva determinazione nei confronti dell‟opera picassiana. Il 23 novembre del 1971 El

Correo Catalán diede notizia del lancio di varie molotov all‟interno di una sala del Taller Picasso a Barcellona67. Allo stesso tempo, la madrilena Galería Theo, che aveva

esposto 24 litografie della picassiana Suite Vollard fu oggetto di un analogo sabotaggio. Gli attentati da parte di gruppuscoli di giovani della destra radicale franchista avvenivano sempre nelle stesse forme. Nel cuore della notte e preceduti da minacce68, con incendi, imbrattamenti, esplosioni, gli attentati si riversavano

contro le case editrici del progressismo di sinistra, contro l‟aperturismo religioso e le differenti espressioni culturali regionali, come dimostrarono gli assalti alle librerie

Antonio Machado, alla rivista cattolica El Ciervo, ai locali della Gran Enciclopèdia Catalana o alla rivista umoristica Matarratos.

Alla fine di ogni assalto nelle mura delle case editrici, redazioni o gallerie d‟arte troneggiavano le scritte V Comando Adolfo Hitler, Pens, Cans, Cruz Ibérica, Mse. Nel 1974 la violenza dell‟estrema destra si indirizzò nei cinema che proiettavano la

Prima Angélica di Carlos Saura ed il Grande Dittatore di Charlie Chaplin. Ad

65 Si veda, lo studio sulle modalità di intervento della censura franchista negli ultimi anni della

dittatura: Georgina Cisquella, José Luis Erviti, José A. Sorolla, La represión cultural en el

franquismo, Anagrama, Barcellona, 2002.

66 Una dettagliata ricostruzione degli attentati ultra a librerie e cinematografi in: FPI, Dossier

atentados contra la cultura, 1975, Fc 2278.

67 Destrucción del „Taller de Picasso‟, “El Correo Catalán”, 23 novembre 1971. 68

Le minacce si ripetono simili nei vari attentati «Le diverse azioni contro le librerie sovversive e contro le persone che ci lavorano, continueranno. Questa è una libreria-obiettivo fin tanto che persista la vendita di libri di case editrici marxiste e rivoluzionarie. Non c’è fretta. Arriveremo. PENS».

esempio, nel cinema Amaya che proiettava la Prima Angélica fu oggetto del furto di dodici metri di pellicola e boicottaggio durante la proiezione. Gli attentati alle librerie che esponevano pubblicazioni dell‟opposizione al franchismo iniziarono nel 1971 e si perpetrarono fino al 197769: secondo la rivista Blanco y Negro da

ottobre del 1975 a dicembre dello stesso anno gli attentati ai danni della produzione culturale furono 21, per l‟agenzia Europa Press dal 1972 al 1976 furono 125, senza annoverare minacce e imbrattature.

Nonostante le numerose proteste di editori e librai non vi fu alcuna presa di posizione ufficiale da parte dell‟amministrazione franchista, tanto che le pubblicazioni dell‟opposizione al regime portarono ad individuare nel sistema governativo «due braccia della repressione, quella legale e quella illegale»70.

Figura 2 Manifestazione per la libertà d’espressione all’ingresso del Ministerio de Información y Turismo (Madrid, 17 dicembre 1975)

69 Cfr. le agenzie in AGA, Gabinete de Enlace, fascicolo Atentados a libreria, c. 676. 70 FPI, Dossier atentados contra la cultura, 1975, Fc 2278.