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La fine della dittatura franchista ed il processo di normalizzazione

Capitolo II. Il nuovo e «democratico» Ministerio de Cultura

1. La fine della dittatura franchista ed il processo di normalizzazione

Il passaggio da una cultura che per quarant‟anni aveva dovuto muoversi entro gli angusti confini di un regime dittatoriale ad un contesto intellettuale dove la produzione artistica poteva svilupparsi in piena libertà e nel rispetto dei diritti civili non fu esente da traumatismi. Il mondo delle arti, infatti, soggiacque ai mutamenti della politica governativa e, seppur anticipando negli anni Sessanta trasformazioni proprie del processo di transizione e rendendo palese la delegittimazione culturale del franchismo, venne profondamente segnato dalle improvvisazioni, speranze, delusioni e nel contempo repentini mutamenti degli anni di democratizzazione.

Questi anni vennero vissuti come momento di speranza, come desiderio di cambiamento e allo stesso tempo tappa di profonda insicurezza per quanto stava accadendo: non si può affermare che il percorso per rendere democratica la Spagna fu definito a priori dalle autorità governative, nemmeno d‟altro canto è possibile sostenere che gli eventi che ebbero luogo all‟indomani della morte di Franco furono frutto della completa improvvisazione, bensì è preferibile applicare l‟idea di un incessante scontro/confronto tra forze e progetti politici differenti1

che portò alla monarchia parlamentare che oggi conosciamo.

In secondo luogo, dopo la morte del dittatore era pure evidente che, essendo l‟ipotesi di rottura con il precedente regime impercorribile2, il processo sarebbe

stato portato avanti in maggiore o minore misura da figure politiche legate alla precedente situazione governativa; in altre parole la scomparsa del Caudillo non

1 Cfr. Álvaro Soto Carmona, La transición a la democracia: España 1975-1982, Alianza

Editorial, Madrid, 1998, p. 13.

2 I partiti dell’opposizione al franchismo (soprattutto il Partito socialista e comunista) si

definivano rupturistas ovvero sostenevano un processo di democratizzazione basato nella

rottura dal regime franchista, nella formazione di un Governo provvisorio di ampia coalizione,

l’amnistia totale per i prigionieri politici e gli esiliati, il riconoscimento degli Statuti d’Autonomia di Catalogna, Paesi Baschi e Galizia, libere elezioni per scegliere la Costituente.

rappresentò simultaneamente, come spesso è stato scritto, la fine della dittatura3. Il

nuovo capo dello Stato, il re Juan Carlos de Borbón, secondo i dettami della Ley de

Sucesión a la Jefatura del Estado, si trovò ad operare in un contesto dove rimanevano

vigenti la legalità e le istituzioni franchiste, l‟apparato burocratico della repressione egualmente non aveva subito modificazioni di rilievo, come le istituzioni culturali franchiste rimasero presenti nell‟articolato processo di smantellamento dello Stato dittatoriale. Ciò nondimeno, gli anni tra il 1976 ed il 1977 furono scanditi da importanti trasformazioni amministrative e politiche che apriranno la strada al ritorno della democrazia.

È sotto la presidenza del Governo di Arias Navarro che si consumò, come si è in parte visto, lo scontro irreconciliabile tra gli esponenti del bunker che non accettavano la minima modifica alla legalità franchista e quella parte di franchisti che si rendevano conto che le trasformazioni economiche e sociali rendevano inevitabile un processo di democratizzazione reale e, se non volevano essere allontanati da un futuro politico che velocemente avanzava, erano consapevoli di dover scendere a compromessi.

Tuttavia, Arias Navarro «uomo dubitativo e insicuro, con una vera preoccupazione per far notare la propria autorità, per dimostrare chi comanda»4

non riuscì a imbrigliare le fratture e differenti progettualità che percorrevano l‟élite franchista, e, al contrario, finì con il contribuire ad accrescere la crisi del regime. Il 12 dicembre del 1975 venne formato il primo Governo della monarchia: il Re confermò Arias Navarro e contibuì ad indicare buona parte dei componenti ministeriali, in altre parole, il primo gabinetto del post-Franco fu formato da uomini che, come Manuel Fraga (Gobernación) e José María de Areilza (Esteri) portarono avanti il progetto di riforma politica indipendentemente dalla Presidenza del Governo. D‟altro canto il discorso programmatico del 28 gennaio del 1976 di Arias Navarro non si allontanava, pur parlando di una vaga riforma, dal consueto linguaggio di fedeltà al Caudillo. Il ministro Areilza nelle sue memorie ricorda: «Il suo preambolo, che durò mezz‟ora, fu incredibile per quanto disatteso. Si dichiarò mandatario di Franco e del suo testamento. Parlò della sepoltura, del funerale, di ciò che temeva alla sua morte [di Franco], del fatto che i nemici di

3 Cfr. Álvaro Soto Carmona, ¿Atado y bien atado?: institucionalización y crisis del

franquismo, Biblioteca Nueva, Madrid, 2005, p. 17.

Spagna pullulavano in completa impunità, che bisognava porvi un termine»5. Se in

un primo momento nemmeno il Re Juan Carlos manifestò particolari desideri di mutamento istituzionale e, se lo fece, utilizzò termini assai timidi, è possibile parlare di un progetto pseudo-riformista Arias-Fraga. Secondo tale progetto, si cercava di combinare alcune istituzioni politiche proprie dell‟autoritarismo con quelle di un sistema democratico attraverso l‟avvio di riforme parziali. Si elaborò un restrittivo Proyecto de Ley de Reforma de la Ley Constitutiva de las Cortes y otras Leyes

Fundamentales, un progetto di legge sul diritto di riunione che legalizzava una

situazione che ormai si produceva nella realtà e ancora una volta, un progetto sulla

Ley de Asociaciones Políticas.

Dal punto di vista della produzione culturale, il 24 febbraio del 1976 venne soppressa dal Ministro di Información Adolfo Martín Gamero la censura previa sui copioni cinematografici, mentre la normativa censoria, come la struttura amministrativa culturale del tardo-franchismo, rimaneva attiva. Nel marzo del 1975, tuttavia, erano già state introdotte delle modifiche alla censura cinematografica che consentiva ora la possibilità di girare scene di nudo «quando siano necessarie per ottenere l‟effetto totale del film e da rifiutare quando hanno l‟obiettivo di eccitare le passioni di uno spettatore normale e degenerino in pornografia»6.

Nel primo anno all‟indomani della morte del dittatore non vi fu alcun sensibile mutamento nel mondo della cultura, tanto che lo stesso Ministro Gamero raccoglieva nel fondo di Enlace uno scritto di protesta rappresentativo della resistenza, anche se minoritaria, da parte di una fetta della società alle trasformazioni culturali che stava vivendo il Paese:

«Egregio Signor Ministro, uno degli obiettivi fondamentali della politica della nostra Patria attualmente è quello della libertà d‟espressione. […]. Desideriamo esprimere la nostra opinione su un tema che riguarda tutto il popolo spagnolo e che principalmente presenta dei problemi per i genitori dato che interessa soprattutto ai giovani. […] Ci riferiamo (ancora una volta!) alla crescente ondata di immoralità che invade cinema, teatro, radio, televisione, riviste, libri e pubblicazioni in generale con l‟inclusione della stampa quotidiana. […] Tuttavia… sappiamo che traumi e che altre malattie fisiche e mentali ci causerà un comportamento contrario? Siamo passati

5 José María de Areilza, Diario de un ministro de la monarquia, Planeta, Madrid, 1983, p. 82. 6 Le nuove norme sulla censura cinematografica vennero pubblicate nel Boletín Oficial del

da un estremo all‟altro. Ora in Spagna siamo impazziti per assomigliare all‟Europa. In tutto. Nella politica, nella cultura, nel sociale, nella morale…nel bene e nel male. […] Ora che viene preannunciato una bozza di progetto di legge sulla pornografia pensiamo verranno sancite delle misure (una delle quali relativa alle pubblicazioni pare essere già un dato) che aiutino i genitori ad educare in modo corretto i nostri figli: futuri cittadini di questa società civilizzata che intende costruire e costituirà la nuova generazione di Spagna»7.

Le preoccupazioni per i possibili cambiamenti legislativi in materia di cultura si accompagnarono alla parallela esplosione da parte della società di interesse per le prime proiezioni di film censurati durante la dittatura, come Il Grande dittatore di Charlie Chaplin (11-5-1976), Viridiana di Buñuel (novembre 1976) o El verdugo di Luis García Berlanga (26-3-1977)8, nel contempo ancora nel 1976 erano proibiti

diversi testi di attualità politica, che affrontavano la questione dei partiti politici europei, o di contenuto storico, come Trabajadores en huelga. Madrid enero 1976 di Félix Santos, José Manuel Arija e Segismundo Crespo, il volume dell‟Enciclopedia Avance La resistencia en Europa, Una española llamada Dolores Ibarruri di Teresa Pamies, El libro negro de Vitoria di Mariano Guindel e Juan H. Giménez, il testo Jean

Luc Godard y el grupo Dziga-Vertov: un nuevo cine político di Jean Luc Godard, Querido señor Rey: cartas al Rey de los niños españoles di Ignacio Carrión, El día que perdí aquello

di Amibilia Yale, il romanzo Si te dicen que caí di Juan Marsé, Perspectivas del

Movimiento Obrero di Marcelino Camacho, Mañana España di Santiago Carrillo, El asedio de Madrid di Eduardo Zamacois, il Manifesto comunista a fumetti, Las

7

AGA, Gabinete de Enlace, fascicolo Escritos protestando, lettera a Adolfo Martín Gamero 11 febbraio del 1976, c. 576.

8 «Gli spagnoli spingono davanti alle sale cinematografiche per vedere i classici del cinema di

Charles Chaplin come “Il Grande Dittatore”. Finalmente, la pellicola è stata proiettata in Spagna, quasi sei mesi dopo la morte del Generalísimo Francisco Franco. […] Il film è stato proiettato in quattro sale affollate di Madrid e Barcellona. Si proietterà nei prossimi giorni in altre città spagnole». AGA, Gabinete de Enlace, Nota sobre pintores, escultores y exposiciones

y Galerías de Arte, Dispaccio Agenzia Upi, 11-5-1976, c. 581. Nel contempo nel giugno del

1976 passa la censura il primo film in catalano La nova canço e La ciutat cremada . Non mancano ancora nel 1977 casi di cineclub chiusi dalle forze dell’ordine per proiettare film di denuncia sulla politica estera americana, nel giugno del 1977 viene autorizzato il film sull’omicidio dell’ammiraglio Carrero Blanco Comando Txikia e Queridísimos verdugos di Martín Patino, mentre le riprese de La Espada negra sugli amori dei giovani re cattolici sono proibite, come il reportage, España debe saber di Eduardo Manzano, mentre nel 1976 sono censurati i film La querida di Andrés Vicente Gómez e viene bloccato un film sulle torture nelle carceri spagnole.

contramemorias de Franco del giornalista Julian Lago, Documentos secretos de la oposición española, España Vanguardia Artística y Realidad Social di Valeriano Bozal. Sempre nel

marzo del 1976, il direttore della casa editrice Grijalbo venne condannato dal Tribunale Supremo a tre mesi d‟arresto, 10 mila pesetas di multa e l‟impossibilità di esercitare cariche pubbliche per nove anni per aver pubblicato il libro El Rey

Tuerto di Edwin Fadiman (Jr). Il Tribunale, infatti, stimò che il testo era

«gravemente offensivo al pudore e ai buoni costumi che si incontrano ancora nello spirito etico della società spagnola […]. L‟opera era una lusinga agli istinti di una sessualità degradata in procaci scene di cattivo gusto»9. I sequestri venivano

attuati nello stesso momento in cui il Ministro Gamero prometteva che avrebbe trattato con il Ministro di Giustizia per revocare i sequestri10.

Nel corso del 1977 la lista dei testi censurati o addirittura sequestrati non accenna a decrescere, a dimostrazione che le pratiche franchiste in materia di cultura e società, cambiano assai più lentamente degli ufficiali discorsi politici. Nel 1977, in ordine cronologico, vengono proibiti i seguenti libri: Los atentados contra Franco di Eliseo Bayo, Galicia martir di Alfonso Daniel Rodríguez Castelao, Autonomia del

País Vasco, desde el pasado al futuro di Javier Villanueva e Manu Escudero, viene

sequestrato sotto istanza delle forze armate il libro Qué son las fuerzas armadas di José Fortes e Restituto Valero, The Buenos Aires Affaire di Manuel Puig, oltre ad un testo sugli obiettori di coscienza e sul nazionalismo galiziano, nel contempo venne ritirato il sequestro di Si te dicen que caí 11.

Non mancano nel 1977, inoltre, dossier, redatti dai vertici del Gabinete de Enlace, il cui contenuto non si discosta molto dalla repressione culturale del tardo- franchismo: «Secondo notizie pervenute a questo ufficio, nella libreria Visor della calle Isaac Peral numero 18 all‟angolo con Donoso Cortés vengono venduti esemplari di Cuando yo era un exiliado che addirittura facevano bella mostra nella vetrina. Allo stesso modo, anche se non abbiamo ancora conferma, si ha notizia

9

En torno a las leyes. Heidi, “La Vanguardia”, 16 gennaio 1976. Nell’articolo si analizza la mutevole opinione del Tribunale Provinciale di Barcellona sul delitto di scandalo pubblico. Ad esempio, lo stesso anno Manuel Pedrolo con il libro Un amor fora ciutat sulle problematiche dell’omossessualità viene assolto, mentre il testo Los españoles y los ritos sexuales è condannato.

10

Georgina Cisquella, José Luis Erviti, José A. Sorolla, La represión cultural en el

franquismo, op. cit., p. 163.

11 La lista qui riportata è contenuta in AGA, Gabinete de Enlace, fascicolo libros censurado y

che si vende il suddetto libro nella libreria Galaxia e Alberti»12. Il testo Cuando yo

era un exiliado era stato scritto dal Capitano dell‟Aeronautica José Ignacio

Domínguez Martín-Sánchez che aveva preso parte all‟Unión Militar Democrática, organizzazione militare clandestina di opposizione al franchismo.

Si manifesta, quindi, un persistente scollamento tra le manifestazioni pubbliche di volontà democratizzatrice dei vertici del Ministerio de Información y Turismo che parlano della necessità di una nuova legge sul cinema o della volontà di modificare la legge sulla stampa di Fraga e la realtà celata nei carteggi ministeriali di serrato controllo della produzione culturale.

Secondo Abellán, infatti, «con la morte di Franco e l‟evoluzione e consolidazione democratica la censura è scomparsa anche virtualmente, nonostante si diano casi di sequestri, secondo disegni assolutamente inscrutabili e perfino grotteschi. Tuttavia, il potere coercitivo dello Stato ora sembra esercitare la propria influenza o veto in un ambito di maggior impatto che quello dei libri: la stampa quotidiana o periodica»13. Non si ritrovano, pertanto, particolari novità rispetto allo spiccato

interesse censorio per la stampa d‟attualità del tardo-franchismo, d‟altra parte, gli strumenti di controllo e di intervento che forniva la legislazione ereditata dal franchismo erano una tentazione troppo grande per qualsiasi Governo e continuarono a prodursi censure e sequestri nei primi anni difficili di transizione alla democrazia e durante la campagna del referendum per la ley de Reforma política del novembre del 197614.

Nel 1976, anche se Abellán ricorda che i dati non sono del tutto esaustivi, nel tentativo di ammorbidire la durezza della censura, si riscontrano ben 45 “autorizzazioni con obiezioni”, una denuncia con sequestro preventivo e sei “denunce senza sequestro preventivo”, che rappresentavano un primo piccolo passo verso la normalità, dal momento che lasciavano alla giustizia il compito di valutare eventuali infrazioni alla legge. Nel primo semestre del 1977 furono sequestrati nove quotidiani, vennero redatti sette provvedimenti disciplinari per

12 AGA, Gabinete de Enlace, fascicolo teleclubs, Dirección General de Coordinación

Informativa – Correspondencia, nota Jefe Gabinete de Enlace 23-3-1977, c. 586.

13 Manuel L. Abellán, Análisis cuantitativo de la censura bajo el franquismo (1955-1976), in

“Sistema”, gennaio 1979, n. 28, p. 89.

14 Javier Muñoz Soro, Vigilar y Censurar. La censura editorial tras la ley de prensa, 1966-

1976, in Eduardo Ruiz Bautista (coord.), Tiempo de censura. La represión editorial durante el franquismo, op. cit., p. 132.

differenti motivi, quattro riviste vennero pubblicate con alcune soppressioni obbligatorie, ci furono sei processi a giornalisti o direttori di pubblicazioni, furono applicate nove multe e si archiviarono cinque casi15.

Se cambiamo contesto culturale e, ad esempio, ci addentriamo nel mondo dell‟arte, dove come si è visto la censura non mancò ma rispetto a stampa e cinema fu meno pressante, alla fine del 1976 a Malaga in una sala espositiva della Caja de Ahorros de Antequera accadde un fatto esplicativo dei tempi che correvano: lo stesso giorno della vernice il direttore della sala, Alfonso Canales, ex premio nazionale di Letteratura, ordinò che fossero ritirati cinque disegni dell‟artista José Díaz Pardo. Nella tela appariva Cristo nudo con il cuore in mano, per il Signor Canales il soggetto rappresentava una chiara mancanza di rispetto; gli altri artisti che dovevano esporre entrarono in subbuglio e, come accadde in molte circostanze simili, per solidarietà decisero di non partecipare più alla mostra16.

Nell‟anno che segue la morte di Franco, il mondo della cultura rimase in fermento e, di conseguenza, anche la reazione governativa, in molte, occasioni non fu delle più lineari. Si riproposero, infatti, serrati controlli agli omaggi collettivi a Miguel Hernández, Rafael Alberti, Federico García Lorca o alle moltitudinarie manifestazioni canore della Nova Canço. L‟opposizione culturale alla dittatura proseguiva la propria battaglia, in un‟unità di intenti che investiva la produzione artistica alla ricerca di señas de identidad sequestrati dal franchismo; laddove la rivendicazione culturale travalicasse i limiti dell‟arte per entrare nel terreno minato della politica e della rivendicazione dell‟amnistia per i prigionieri politici, spesso arrivava il veto delle autorità governative.

Ad esempio, nella primavera del 1976, le strade di Orihuela (Valencia) furono duramente presidiate dalla Guardia Civil in occasione di una serie di omaggi al poeta Miguel Hernández, fu sospeso un atto celebrativo per la scomparsa dello

15

M. Abellán per analizzare la incisività della censura analizza le schede di controllo delle opere pervenute al MIT nel mese di aprile dei vari anni. Nell’aprile del 1976 furono 360 le opere presentate agli uffici.

Sulla questione della censura tra dittatura e democrazia, cfr. Isabelle Ranaudet, Un parlament

de papier: la presse d‟opposicion au franquisme durant la dernière décennie de la dictature et la transition démocratique, Casa de Velazquez, Madrid, 2003.

16 AGA, Gabinete de Enlace, Nota sobre pintores, escultores y exposiciones y Galerías de Arte,

scrittore Dionisio Ridruejo17, e, d‟altro canto, lo stesso Ministerio de la Gobernación

nel maggio del 1976 si affrettava a specificare, per evitare critiche sulla repressione della figura di Miguel Hernández che «non è esistita alcuna opposizione alla sua celebrazione da parte di questo dipartimento, come prova il fatto che nei 150 atti programmati per il suddetto omaggio, soltanto 3 – una festa popolare e 2 recital in un campo da calcio – non poterono essere autorizzati, dal momento che ci poteva essere la possibilità che si realizzassero alterazioni dell‟ordine pubblico e della normale convivenza cittadina»18.

Nel contempo erano continui gli attentati da parte di organizzazioni di estrema destra a librerie che esponevano opere progressiste o film un tempo censurati, come Canciones para después de una guerra. Nel marzo del 1976 furono ben cinque gli attentati a librerie con pubbliche reazioni di condanna da parte delle associazioni dei librai e chiusure delle attività in segno di protesta; egualmente, l‟anno successivo la stampa diede notizia di numerosi attentati terroristici ai danni della produzione culturale sulla scia di quelli compiuti al principio degli anni Settanta. Negli ultimi mesi del 1976 il terrorismo aveva trovato una nuova modalità d‟azione: inviare minacce scritte ai chioschi ed edicole che, secondo questi gruppi anonimi, vendevano libri e riviste “pornografiche”.

Il Paese rimaneva paralizzato tra la paura e la speranza: il progetto di riforma politica non avanzava, al contrario, l‟opposizione rupturista intensificò nei primi mesi del 1976 la propria azione di protesta contro lo status quo, il Re, rendendosi conto della stasi in cui era caduto il Governo e, in secondo luogo, temendo una

17 «L’atto programmato in omaggio a Dionisio Ridruejo nel primo anniversario della sua

morte, nell’albergo Eurobuilding di Madrid, è stato sospeso per ordine governativo. La notizia della sospensione si è conosciuta quando l’evento stava per iniziare e nel quale era previsto l’intervento di cinque oratori: Jordi Pujol, Antonio García-López, Joaquin Satrústegui, Felipe González e José Maria Gil Robles. L’ordine di sospensione è stato comunicato da un delegato governativo alle cinquecento persone che assistevano all’evento, uno degli organizzatori – Rodrigo Uria – ha reso pubblica questa decisione governativa ed il pubblico ha iniziato a gridare “libertà, libertà”. Il signore Gil-Robles ha parlato con il delegato governativo al quale ha spiegato che il programma si stava realizzando come programmato e che non aveva senso sospenderlo, quest’ultimo si è consultato con i suoi superiori, dopo di che ha risposto che la sala doveva essere abbandonata, in caso contrario sarebbero intervenute le forze dell’ordine. Nel conoscere la risposta il pubblico ha gridato con più forza e tutti i membri della tavola presidenziale hanno manifestato il loro dissenso, si è realizzato uno scritto di protesta, firmato dai presenti e si sono preparati dei telegrammi da inviare al Re e al Ministro di Gobernación».