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Porre sul tavolo del dibattito politico la «questione culturale»

Capitolo II. Il nuovo e «democratico» Ministerio de Cultura

4. L‟attività ministeriale (1977-1982)

4.3. Porre sul tavolo del dibattito politico la «questione culturale»

La virtù dell‟UCD, tuttavia, è stata quella di porre sul tavolo della riflessione collettiva i principali processi, problemi e ritardi culturali che presentava un Paese dopo quarant‟anni di dittatura.

Accanto all‟impellente necessità di decentralizzare la burocrazia culturale e riscoprire storiche identità locali, emerse, strettamente legata alla tematica di un accesso democratico alla cultura, la questione di un patrimonio nazionale devastato da troppi anni di incuria e sregolata crescita delle città.

Furono anni di denunce. Non mancavano nella stampa le notizie su furti di opere d‟arte, sullo stato deplorevole in cui versavano centri storici e monumenti106.

D‟altro canto l‟ultima legge sulla protezione del Patrimonio artistico risaliva al 1933, ovvero all‟epoca della Seconda Repubblica107. Emergeva, quindi, la necessità

di una revisione legislativa. Ricordava Cabanillas in merito al progetto di una Ley

de Patrimonio Artístico nel 1978:

106

Comune era al tempo il saccheggio di opere d’arte dalle Chiese. Dal principio del 1970, secondo i dati riportati da El País erano stati 15 i furti di opere d’arte. Si veda, ad esempio, il furto del tesoro della Cattedrale di Oviedo nell’estate del 1977 che generò una campagna da parte della cittadinanza a difesa del patrimonio artistico: Tenemos que comprender que la

protección a la cultura no es una necesidad secundaria, “El País”, 12 agosto 1977.

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L’avvento della Seconda Repubblica rappresentò un momento di particolare interesse per la tutela del patrimonio artistico, gli interventi franchisti in materia furono quantitativamente scarsi e di importanza secondaria. Cfr. Luigi Bobbio (a cura di), Le politiche dei beni culturali

«La protezione del Patrimonio Artistico implicherà che i beni che lo integrano, si trasformino in centri di autentica utilità e non in meri residui storici. […] Si desidera con questa Legge integrare il patrimonio nella vita quotidiana, ottenere l‟accesso di tutti i cittadini al suo godimento, così come trasformare i nostri Archivi e Musei nella memoria quotidiana del paese […]

In sintesi, il superamento della posizione meramente statica che nell‟attualità possiedono questi beni»108.

In realtà, nonostante la drammatica situazione e la speculazione sul patrimonio storico-artistico peculiare del desarrollismo, anche in questo caso la Legge sul Patrimonio storico venne definitivamente elaborata ed approvata nel 1985 con i Socialisti al Governo. In altri termini, secondo una linea di tendenza della politica UCD, il passo avanti, anche sulla scorta delle spinte delle associazioni e comitati cittadini in fermento, fu quello di aprire un dibattito sull‟argomento. Le lentezze legislative, come ricordava Javier Tusell, direttore del Patrimonio Artistico degli ultimi ministeri UCD, erano legate allo stesso processo transizionale. In altri termini, finché non fosse stato elaborato il testo costituzionale e definiti dei punti fermi rispetto alle nuove istituzioni democratiche, risultava difficoltoso sancire stabili parametri nella politica culturale. D‟altro canto il progetto di Legge sul Patrimonio di Cabanillas sollevava diverse perplessità109. «La redazione della nuova

Legge sul Patrimonio non sarà oggetto di una decisione immediata, se non che la questione verrà rinviata e sottomessa ad un posteriore studio visto il testo costituzionale […] Ora applicheremo al massimo la legge del 1933 e la perfezioneremo in vari punti con una normativa complementare» spiegava Tusell110.

108 Dichiarazioni di Cabanillas nella riunione su Anteproyecto de Ley de Patrimonio (1978) in

Ministerio de Cultura, Primera Etapa: hasta la Constitución julio 1977-diciembre 1978, op. cit., p. 21.

109 Nel progetto di legge sul patrimonio artistico elaborato dal gruppo Ministeriale di

Cabanillas alla fine del 1978 per la prima volta vengono tipificati i «delitti contro il patrimonio storico-artistico»; il testo definisce questo patrimonio come «costituito da tutti i beni mobili ed immobili meritino di essere conservati per il loro interesse storico, artistico, paleontologico, archeologico, architettonico, urbanistico, tipico, folklorico o etnologico». Il progetto per la prima volta introduce il concetto di «patrimonio urbanistico» e di «patrimonio documentale» e parte dall’idea che «la società è la vera creatrice di questo patrimonio ed ha una titolarità superiore sullo stesso».

110 Per Tusell la tappa repubblicana rispetto al patrimonio artistico rappresentava un saldo

positivo. Cfr. Tusell: “La Ley del 1933 no está obsoleta”, “El País”, 18 marzo 1980 e Tusell:

Emergeva la coscienza degli errori di uno sviluppo economico non rispettoso del patrimonio storico, artistico ed urbanistico, si faceva strada una volontà, seppur ancora burocraticamente confusa, di voler riconsegnare agli spagnoli le bellezze artistiche cittadine. Ciò che, in realtà, l‟UCD portò avanti fu un rimpallo di competenze, sintomatico della disgregazione che alleggiava nel partito centrista111.

Si aprì un baratro tra programmazione e realtà. Nell‟estate del 1978 venne creata da Cabanillas una commissione interministeriale per lo studio della situazione in cui versava il patrimonio artistico, sempre nello stesso anno iniziò una difficoltosa catalogazione dei beni artistici del Paese; il Ministro Clavero pure annunciò alla fine del 1979 una nuova legge per la protezione del patrimonio nazionale. Nel giugno del 1981 il Consiglio dei Ministri decise di inviare il Progetto di Legge al Parlamento. Nel nuovo progetto di legge si includeva anche la misura dell‟ «1 per cento culturale» che già da Cabanillas era stata indicata come programmatica della nuova politica culturale:

«Nella difesa della creazione artistica penso di proporre al Parlamento quella che in altri Paesi si conosce come l‟istituzione dell‟uno per cento culturale. Consiste nel fatto che in tutte le attività statali sarebbe a dire in tutta l‟opera pubblica si destini l‟uno per cento dei fondi alla creazione artistica e nella maggior parte dei casi alla decorazione artistica dell‟opera programmata, attraverso una seria regolamentazione di come investire i fondi […] Inoltre bisognerà fomentare l‟acquisto da parte dello Stato, attraverso i debiti controlli, di opere d‟arte contemporanea, di pitture, di sculture, di incisioni, realizzate da „artisti vivi‟. L‟importanza di questi fondi per l‟arte contemporanea è fuori di ogni dubbio»112.

Alla timida riscoperta dello Stato mecenate d‟arte, facevano da corollario le denunce da parte di noti specialisti sulla deplorevole condizione dell‟arte spagnola. L‟architetto Chueca Goitia, ex direttore del Museo Nacional de Arte Contemporáneo, sottolineava «Non ci sono molti paesi in Europa che possono far mostra di un grado di distruzione urbanistica nelle città come quello che offre la Spagna. […]

111

Per avere un’idea del dibattito in corso cfr. il materiale contenuto in: AGA, Gabinete

Técnico Dirección General Bellas Artes, Programa de objectivos básicos de la Subdirección

General del Patrimonio Artístico (sin fecha), c. 51/10475. AGA, Gabinete Técnico Dirección

General Bellas Artes, Proyecto de Ley sobre Patrimonio Artístico (settembre 1982), c.

51/10475. La documentazione raccolta è piuttosto eterogenea ma concorde nell’affermare la necessità di una maggiore tutela del patrimonio storico-artistico.

112 Dichiarazioni di Cabanillas alla stampa nel 1977. In Ministerio de Cultura, Primera Etapa:

Solo la Grecia è peggiore. […] Ci sono città come Soria, con un grado di abbandono incredibile. Le affascinanti chiese romaniche in pochi anni si sono ritrovate sommerse da un contesto assolutamente assurdo»113. D‟altro canto una

ricerca del Museo del Prado del 1978 riportava che erano 2800 le opere che si esibivano nelle sale e gallerie del Museo, 1600 i pezzi raccolti nei magazzini e 3662 le opere disperse al di fuori del Museo e di queste circa 590 quelle perse in un arco temporale di 130 anni114.

La legge sul Patrimonio artistico, tuttavia, non venne mai approvata e rimase a livello progettuale: le varie forze politiche non riuscirono a mettersi d‟accordo, come, d‟altro canto, l‟incerto processo di trasferimento di competenze in materia di cultura alle Autonomie ne rallentò la promulgazione. Nel febbraio del 1982 venne approvato un accordo che dettava delle istruzioni sull‟acquisizione di immobili nei centri storico-artistici da parte dello Stato, della Tesoreria della Sicurezza Sociale e delle Autonomie: ogni tre mesi i tre enti dovevano ricevere una lista di edifici storici dove installare i propri servizi. Più in là di così non si riuscì ad andare, d‟altra parte l‟ultimo progetto di legge sul Patrimonio Artistico che considerava anche la questione del Patrimonio Nazionale115, ovvero i beni legati

alla Corona, agli occhi dell‟opposizione socialista e comunista appariva come un‟amnistia, dal momento che i responsabili di malvessazioni, vendite irregolari di opere d‟arte ed edifici storici venivano occultati, né si cercava di fare i conti con responsabilità passate.

Pochi giorni prima delle elezioni dell‟ottobre del 1982, un nutrito gruppo di artisti, galleristi e critici d‟arte, sul modello delle proteste da parte del mondo dell‟arte degli anni Sessanta, scrissero una lunga lettera ai diversi partiti politici sulla questione del Patrimonio storico-artistico. La lettera appariva come una sorta di bilancio in negativo in materia di politica culturale dell‟UCD:

113

La dichiarazione di Chueca Goitia in: Grave deterioro de las ciudades españolas, “El País”, 29 dicembre 1977. Secondo Chueca Goitia il 50 per cento del valore urbanistico delle capitali di provincia spagnole venne distrutto tra il 1965 ed il 1975. Cfr. Fernando Chueca Goitia, La

destrucción del legado urbanístico español, Espasa-Calpe, Madrid, 1977.

114

I dati sono tratti da un dossier del Fiscal Supremo riportati in: Confirmada la desaparición

de 590 cuadros del Museo del Prado durante los ultimos 130 años ,“El País”, 17 ottobre 1979.

115 L’opposizione in svariate occasioni fece riferimento all’assenza di un inventario preciso sui

beni posseduti dal Patrimonio Nazionale, in particolare della vendita dei beni del monte del Pardo per costruire complessi urbani di lusso e quadri ed altri oggetti preziosi scomparsi a El Escorial. Cfr. Los socialistas se oponen a la totalidad del proyecto de ley del Patrimonio

Nacional, “El País”, 4 marzo 1981 e Los ayuntamientos de Madrid, Aranjuez, El Escorial, La Granja contra el projecto de ley del Patrimonio Nacional, “El País”, 12 febbraio 1981.

«Lo sviluppo tangibile ed effettivo delle attività artistiche nella Spagna democratica come nel precedente regime non è stato solo ignorato ma intorpidito dai poteri pubblici. […] Il Governo che esca dalle prossime elezioni dovrà contemplare in modo rapido e pragmatico questo sviluppo, se non vuole presiedere alla triste cerimonia della morte per consunzione che mille sintomi già annunciano dell‟assillato settore delle arti plastiche in questo paese. […] È già proverbiale l‟ipocrisia di alcuni governanti che proclamano le glorie della nostra arte, però che all‟ora della verità lasciano sempre l‟incarico del Ministro di Cultura nelle ultime fila delle priorità del Gabinetto di turno. […] E niente hanno fatto per alleviare o sopprimere la sfilza di carichi, oneri, e impedimenti ereditati dalle epoche passate che gravitano sul mondo dell‟arte in Spagna, con un carattere certamente oneroso e di certo unico nel mondo»116.

Nella lettera si proponeva, poi, l‟abolizione dell‟imposta di lusso per le opere d‟arte per favorirne la circolazione, tuttavia, come nel caso della Legge sulla Proprietà Intellettuale che risaliva al 1897, non si arrivò ad alcuna conclusione. Ciò nondimeno era proprio alla Dirección de Bellas Artes, Archivos y Bibliotecas che veniva versato un terzo del bilancio del Ministero. Alla fine del 1982 erano poco più di 7 miliardi di pesetas i soldi dedicati a questo eterogeneo ambito di funzioni, dove rispetto ad indici di biblioteche ed archivi la Spagna riportava, come si è visto, una situazione di profondo sottosviluppo. Se, come esempio, si prende il caso della distribuzione delle biblioteche nel territorio, nel 1982 erano 1436 le biblioteche nella geografia nazionale rispetto alle 8886 presenti in Italia117.

In particolare Bellas Artes rappresentò il comparto che sviluppò più attività, investendo nel Museo del Prado, nell‟acquisto di opere d‟arte, nella dichiarazione quasi quotidiana di protezione di monumenti e di complessi artistici, e, soprattutto nella realizzazione di grande mostre d‟arte come El Greco o il ritorno del Guernica di Picasso a Madrid. Sul Museo del Prado, pure, vi furono diversi progetti: nel 1978 vennero stanziati 1,2 miliardi di pesetas per ampliamenti e nuove infrastrutture; nonostante nel 1982 vennero inaugurate 13 nuove sale, rimaneva

116

Il contenuto della lettera in: Pintores, galeristas y críticos de arte llaman la atención de los

partídos políticos sobre el patrimonio nacional, “El País”, 25 ottobre 1982. Alla lettera

collettiva partecipano 50 figure di rilievo nel mondo delle arti, tra i quali Juan Barjola, Francisco Calvo Serraller, Rafael Canogar, Eduardo Chillida, Juan Genovés, Eusebio Sempere, Pablo Serrano e l’Asociación de Artistas Plásticos de Madrid, l’Asociación Profesional de Galerías de Arte e Anticuarios.

117 Juan G. Bedoya, La mayoría de los Ministros de Cultura no consumieron el „presupuesto

ancora pendente un effettivo ampliamento della prima istituzione culturale del Paese come una possibile riorganizzazione legale.

Già con Cabanillas vennero introdotte delle nuove istituzioni culturali che, tuttavia, ebbero vita difficile negli anni dell‟UCD. Si tratta del Consejo General del

Libro (1979), il Centro de Investigación de Nuevas Formas Expresivas (Cinfe) e il Centro Dramático Nacional.

Il Centro de Investigación de Nuevas Formas Expresivas aveva l‟obiettivo di stimolare la ricerca nell‟ambito delle diverse forme d‟espressione. Per Cabanillas, infatti, «la creazione artistica è la dimostrazione della vitalità di una civiltà […]. Fino alla metà del secolo, salvare la cultura era salvare i monumenti, oggi è facilitare la creazione artistica, e, nel fondo, la storia dei ministeri di cultura sarà la storia degli aiuti alla creazione umana»118. Egualmente nell‟atto di conferimento della

presidenza dell‟ente a Joan Miró, affermava l‟architetto Fernández Alba, primo direttore del Cinfe «si desidera dimostrare il cambiamento concettuale di cultura, che in questi nuovi tempi desidera passare da forma di dominazione a forma di conoscenza»119. Il Cinfe aveva sede nello stesso edificio del Museo Español de Arte

Contemporáneo e, in base alle stesse funzioni dell‟istituzione, venne assegnato alla Dirección de Difusión Cultural. Nonostante i buoni propositi il Cinfe visse una vita

travagliata: dopo soli quattro mesi il direttore Alba si dimise per l‟incapacità di realizzare il programma ed obiettivi sotto i cui auspici era nata la struttura. «Non metto in dubbio le intenzioni politiche che animano l‟attuale Ministero di Cultura […] né posso non riconoscere le sforzo che un ridotto gruppo di persone sta realizzando per razionalizzare e rendere effettivi dei percorsi culturali validi nel periodo di transizione che sta vivendo il Paese. Però non posso non constatare […] quella che a me sembra vaghezza culturalista». Così giustificava Alba le proprie dimissioni.

Anche il successore José María Ballester, dopo circa un anno di incarico, a seguito di un polemica sul trattamento dato al Cinfe nel Socialista, si dimise. Quest‟ultimo

118

Dichiarazioni di Cabanillas nella costituzione della Comisión Interministerial de Ayuda al

Artista (1979), in Ministerio de Cultura, Primera Etapa: hasta la Constitución julio 1977- diciembre 1978, op. cit., p. 21.

119 Le dichiarazioni di Alba in: Joan Miró acepta la presidencia del Patronato de Arte

Contemporáneo, “El País”, 1 dicembre 1977. Vedi anche: El Centro de Investigación de Nuevas Formas Expresivas potenciará las actividades culturales, “El País”, 30 ottobre 1977.

119 Antonio Fernández Alba dimitió como director del Centro de Investigaciones de Nuevas

allontanamento, oltre all‟eliminazione della Dirección de Difusión Cultural provocò la nascita dalle ceneri del Cinfe del Centro de Promoción de las Artes Plásticas e

Investigación de Nuevas Formas Expresivas con l‟obiettivo di canalizzare la relazione tra

artisti ed amministrazione.

Egualmente il Centro Dramático Nacional che aveva l‟obiettivo di rinvigorire e dare qualità alla programmazione teatrale, oltre che alla gestione delle sale dei teatri María Guerrero e Bellas Artes, vide le dimissioni del direttore Adolfo Marsillach. Possiamo interpretare queste prese di posizione all‟interno delle istituzioni dell‟UCD, come fasi che contribuirono a stimolare e conquistare nuove libertà culturali rispetto alla lentezza culturale governativa.

Se si valuta l‟attività del Ministero dal punto di legislativo non si possono che avere conferme di quanto detto fino ad ora: negli anni 1979 e 1981 il Ministero di Cultura non produsse alcuna legge e promulgò 5 leggi nel 1980 e nel 1982. Inoltre, seppur i fondi fossero economicamente ridotti, i primi tre Ministri di Cultura UCD non utilizzarono tutto il budget ministeriale a disposizione.

4.4. Un ente di «transizione» dedito allo «charme»: la ristrutturazione del Ministero