3. La politica culturale: paradosso per una dittatura in crisi
3.2. Tra aperture e rigida chiusura: gli ultimi Ministri di Información y
La politica culturale fraghiana e in particolare la nuova legge sulla stampa, seppur in modo incontrollato e senza determinare una reale rottura con il passato, rese possibile l‟emergenza all‟interno della società franchista di «spazi liberi» di discussione ed avanzamento culturale in direzione della democrazia71. La
transizione del campo della cultura anticipò, di conseguenza, il processo di affermazione democratica delle istituzioni politiche. Questa tesi storiografica è stata da più studiosi posta in evidenza: in una costante relazione tra campo della cultura e lotta politica, si rintraccia una forte linea di continuità ed un rapporto di causa-effetto tra l‟opposizione alla dittatura ed il cambiamento democratico72.
Capovolgendo la prospettiva, nel mondo delle arti la transizione iniziò molto prima del 1975. È la produzione culturale, nata all‟interno della resistenza al franchismo, che nutre il panorama artistico dopo la morte di Franco. Il campo della cultura viveva da tempo in una condizione di attesa e di volontà di ricostruire la ragione innanzi all‟irrazionalismo dell‟autarchia culturale franchista: la lotta era condotta da intellettuali ed artisti attraverso il recupero della memoria dei vinti nella Guerra Civile, la ricostruzione di un‟avanguardia critica che si trovava in esilio o ridotta al silenzio. L‟arte cercò di farsi spazio di fronte agli ancestrali pregiudizi anti-intellettuali del cattolicesimo ispanico.
La produzione culturale dell‟opposizione antifranchista, tuttavia, nella sua lotta per la conquista della libertà fu definita e determinata dalle variabili possibilità che le vennero conferite dal franchismo. In particolare, lo stesso regime rispetto a questa cultura acquisterà nel tempo uno strategico atteggiamento di integrazione: prima Ortega e la generazione del 1898, poi l‟«apertura» di Ruiz Giménez che rese possibile un primo dialogo con l‟esilio e quella di Fraga che consentì la
71 Applico qui la la nozione di «spazi pubblici liberati» di Habermas, ovvero reti di
comunicazione dell’opinione pubblica indipendenti dal potere. Jürgen Habermas, Droit et
démocratie. Entre faits et normes, Gallimard, Parigi 1997; Sara Evans e Harry Boyte, Free Spaces: The Sources of Democratic Change in America, Harper and Row, New York, 1986;
Francisco Sevillano Calero, Cultura y disidencia en el franquismo: aspectos historiográficos, in “Pasado y Memoria”, 2, 2003, pp. 307-316. Ad esempio, la rivista Cuadernos para el
Diálogo, pubblicata all’interno della Ley Fraga, attraverso le proprie pagine contribuì alla
delegittimazione del franchismo. Cfr. Javier Muñoz Soro, Cuadernos para el Diálogo (1963-
1976). Una historia cultural del segundo franquismo, Marcial Pons, Madrid, 2006.
72 Elías Díaz, Etica contra política: los intelectuales y el poder, Centro de Estudios
pubblicazione di nuove riviste liberali, ed, infine una tappa terminale costellata di contraddizioni ed ambiguità73.
Negli anni di usura del regime si avvicendarono lievi tentativi di avanzamento e di apertura che furono tutti inevitabilmente frustrati, con decisive retrocessioni ed un‟inusitata recrudescenza della repressione. Fucilazioni di gruppo, stati di eccezione con ripristino di dure condizioni della censura, indignazione della comunità internazionale: in questa tappa c‟era un vero e proprio circolo vizioso; il Governo concedeva libertà e quando si approfittava di questa, le ritirava74.
Da un punto di vista strettamente politico, all‟interno del regime si consumò prima lo scontro tra tecnocratici dell‟Opus Dei e riformisti, quindi, tra il bunker franchista e gli aperturistas, che credevano nella necessità di qualche forma di apertura all‟interno delle istituzioni franchiste per favorirne la continuità dopo la morte di Franco. Quindi, la nomina dell‟Ammiraglio Carrero Blanco, come capo del Governo nel 1973 ed il suo successivo ed inatteso assassinio da parte dell‟Eta, trascinarono il Paese in un vortice schizofrenico di avanzamento e parallelo retrocesso nel cammino per la democrazia.
Si parlava costantemente nel Governo di apertura ma la repressione nei confronti delle arti rimaneva brutale. Un‟«apertura con complicazioni»: in realtà, se è possibile trovare un minimo comune denominatore nella politica culturale degli ultimi anni del franchismo è l‟assunzione di regole mutevoli in rapporto ad una variabile logica della convenienza.
L‟opportunismo insito nel favorire o ostacolare, spesso in modo arbitrario, alcune espressioni culturali piuttosto che altre testimonia come nella politica culturale sia possibile rintracciare i contorni di una «politica pubblica» franchista e di una «sotterranea» che scontrandosi a volte provocano delle risoluzioni da parte del regime in apparenza incomprensibili.
Il concetto di «paradosso» e quello di «invisibilità» si legano a doppio filo all‟operato degli ultimi Ministri di Información y Turismo, il Ministero che a cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta acquisì maggiore centralità nella definizione politica della cultura.
73 Ibidem, pp. 199-206.
74 Shirley Mangini González, Rojos y rebeldes: la cultura de la disidencia durante el
Continue trasformazioni amministrative, rapida alternanza dei vertici governativi disegnarono l‟operato di un ente culturale in crisi. Dopo Fraga, Alfredo Sánchez Bella75, come Ministro di Información y Turismo (ottobre 1969-giugno 1973), inasprì
la censura nei confronti della cultura: alla tappa di «liberazione» della Ley de Prensa, seguì una nuova fase di repressione generalizzata che venne legittimata ideologicamente dal Ministero.
Il Governo «omogeneo» di Carrero Blanco comportò un indurimento rispetto al campo della cultura. Rispuntò la «visione amministrativa e domestica della politica culturale» peculiare nel franchismo76.
La repressione culturale fu, di conseguenza, strettamente legata alle pressioni esterne e alla congiuntura politica del momento. A fasi alterne, in base ai differenti obiettivi politici, la normativa e le istituzioni culturali della dittatura vennero interpretate dai Governi franchisti con maggiore o minore accondiscendenza. In questo contesto di «accondiscendenza» è necessario inserire la cosiddetta apertura informativa e culturale alla quale danno vita tra la fine del 1973 ed il 1974 le figure di Pío Cabanillas e Ricardo de la Cierva. Il lavoro di rinnovamento culturale del nuovo Ministro di Información y Turismo Cabanillas77 e del Direttore di
Cultura Popular de la Cierva78, pur rimanendo sempre all‟interno degli angusti
confini delle leggi fondamentali, consistette nell‟interpretare tale normativa alla luce dei settori più riformisti del regime, interessati nel vendere una nuova immagine del Paese al mercato europeo e a guadagnarsi l‟appoggio della piccola e media borghesia.
75 Alfredo Sánchez Bella (1916-1999), dopo aver combattuto con i falangisti nel fronte
nazionale fu Vicesecretario nel Consejo Superior de Investigaciones Científicas (1940-1941),
Director dell’Instituto de Cultura Hispánica (1946-1956), Ambasciatore nella Repubblica
Domenicana, della Colombia e d’Italia. Fu Ministro de Información y Turismo tra il 30 ottobre del 1969 ed il giugno del 1973.
76
Jesús Jiménez Garcia, Radiotelevisión y política cultural en el franquismo, op. cit., p. 508.
77 Pío Cabanillas Gallas (1923-1991) fu nominato procuratore delle Cortes franchiste nel 1961,
fu segretario di Fraga nel Ministerio de Información y Turismo e promotore del Partido
Popular poi confluito nell’UCD. Divenne Ministro de Cultura, Ministro adjunto al Presidente
(1980-1981), Ministro de la Presidencia (1981) y Ministro de Justicia negli anni di Governo UCD. Nel 1989 entrò nel Pp e fu deputato nel Parlamento Europeo.
78 Ricardo de la Cierva y Hoces (1926) professore di Historia Contemporánea Universal y de
España nell’Universidad de Alcalá de Henares e de Historia Contemporánea de España e
Iberoamérica en la Universidad Complutense. Fu capo Gabinete de Estudios sobre Historia nel Ministerio de Información y Turismo di Fraga. Nel 1973 director general de Cultura Popular e presidente del Instituto Nacional del Libro Español. Fu nominato Ministro di
Cabanillas divenne il fedele interprete della politica culturale che doveva trasmetterte lo «spirito del 12 di febbraio», espressione con la quale viene ricordato il discorso di moderata apertura e di invito alla partecipazione politica che il nuovo capo del Governo, Carlos Arias Navarro, pronunciò innanzi alle Corti franchiste per l‟appunto il 12 febbraio del 1974. Con grande sorpresa, dopo la fase di chiusura monocolore e tecnocratica di Carrero, Arias Navarro chiamò Cabanillas a dirigere il Ministero di Información, una figura politica legata all‟entourage di Fraga e al gruppo Tácito, gruppo che coinvolgendo l‟opposizione moderata, come i liberali, i cristianodemocratici ed i socialdemocratici, intendeva rendere possibile una riforma dall‟alto del regime.
Come ricorda Tusell, solo in questo momento Cabanillas smise di essere secondo a Fraga per acquisire una propria dimensione politica: «le sue dichiarazioni furono sempre tese ad ampliare il contenuto dell‟aperturismo. Queste asserzioni consistevano in frasi come «concepiamo l‟informazione come uno strumento di solidarietà sociale e come un mezzo responsabile di fronte alla società», «è urgente perfezionare i meccanismi di democratizzazione del regime», «sarebbe ingiusto ignorare le culture regionali»79. Alla fine, niente di concreto, però, sì l‟indice di un
certo atteggiamento in evoluzione.
Il Ministro Cabanillas, nella cerimonia di insediamento, tracciò le linee generali del suo programma80. Diede priorità all‟informazione sulla cultura e alla necessità che
questa diventasse più obiettiva. Affermava: «la missione dei poteri pubblici in materia culturale deve rispondere al principio della collaborazione e al rispetto delle autonomie. Le idee di tutela gerarchica o di dirigismo statale debbono essere superate»81. Il Ministro arrivò persino a difendere un teatro sperimentale, oltre a
sottolineare come la cultura rappresentasse il livello di civilizzazione di un Paese: «la cultura popolare è il livello espressivo di un popolo, ovvero il grado di civilizzazione che raggiunge questo popolo in rapporto alla propria capacità comunicativa»82.
79 Genoveva Queipo de Llano, Javier Tusell Gómez, Tiempos de incertidumbre: Carlos Arias
Navarro entre el franquismo y la transición, Editorial Crítica, Barcellona, 2006, p. 73.
80 Cfr. la rassegna stampa, AGA, Presidencia del Gobierno, fascicolo Ministro Pío Cabanillas
febrero 1974, c. 9036.
81 Entenderemos la información como un istrumento de solidaridad social, “ABC”, 6 febbraio
del 1974.
Come dimostrano gli editoriali del 7 febbraio del 1974, Cabanillas si trasformò subito per la stampa, ansiosa di un avvicinamento alla “Spagna reale”, in un simbolo del possibile cambiamento83. Nel discorso per la festa del libro (23 aprile
1974), Cabanillas andò oltre alla politica culturale della paz fraghiana per arrivare ad affermare «non è oggi possibile un nuovo consenso sociale se non in una società che accetta, nella dimensione culturale e politica, la simultaneità delle relazioni di autorità con le relazioni di conflitto. Per questo è indispensabile che la società permetta un certo grado di inquietudine, connessa alla permanente ricerca di equilibrio»84. Inoltre nello stesso discorso, il Ministro concludeva:
«Assieme alla politica sociale ed economica dello Stato contemporaneo, si profila chiara ed urgente la necessità di realizzare una politica culturale basata nella maggior partecipazione possibile della società. […] La cultura non può essere per più destinata ad una minoranza privilegiata, al contrario, in questo cammino di costruzione pluralista della cultura – accettato come un dato di fatto – deve situarsi lo Stato»85.
Per Cabanillas la politica culturale avrebbe dovuto intervenire nella dimensione urbana, quella rurale (ricordando la misura dei teleclubs) e quella “suburbana”, del degrado creato dalle numerose città satellite del desarrollismo. Per questo motivo, una delle misure adottate dalla sua amministrazione fu quella delle Aulas de Cultura
Popular, ovvero una versione aggiornata dei teleclubs fraghiani nell‟obiettivo di far sì
che «lo Stato smettesse di essere il „Grande Imprenditore‟ della cultura che era stato nelle campagne dei Festivales per cominciare a rispettare i risultati che tale partecipazione culturale avesse generato»86.
Cabanillas, inoltre, rese pubblica l‟idea di realizzare un Consejo Nacional de la
Cultura, ovvero una sorta di Senato delle persone più influenti nei vari contesti
artistici ed intellettuali con l‟obiettivo di controllare la qualità dell‟amministrazione culturale. Infine, nonostante l‟elaborazione della Ley del Libro che aveva «la finalità
83
Cfr. Información y apertura, “El Correo Catalán”, 2 febbraio 1974. La nueva politica de la
información, “Diario di Barcellona”, 7 febbraio 1974. La vía informativa hacia la partecipación, Informaciones, 7 febbraio 1974, Apertura informativa, “La Vanguardia
Española”, 7 febbraio 1974.
84 Pío Cabanillas, Pregón de la Fiesta del Libro pronunciado por el Ministro de Información y
Turismo, don Pío Cabanillas Gallas, en el Salón del Consejo de Ciento del Ayuntamiento de Barcelona, in “Boletín de Política Cultural”, n. 3, 1974.
85 Ibidem.
di promuovere il libro spagnolo nelle sue differenti modalità, nelle sue diverse espressioni linguistiche, tanto in Spagna come all‟estero»87, l‟operato di Cabanillas
non superò mai la mera retorica.
All‟eloquenza linguistica del Ministro sull‟apertura si aggiunse quella di de la Cierva che da Direttore di Cultura Popular intendeva «acculturare» la società spagnola: «con Franco, il popolo spagnolo smise di avere fame ed imparò a leggere… ora bisogna far sì che legga. Questa è la missione di Cultura Popular»88.
Né Cabanillas né de la Cierva uscirono dal limite invalicabile delle leggi franchiste: la normativa venne interpretata con uno spirito di conciliazione e di dialogo in grado di migliorare un‟immagine di repressione alquanto deteriorata. Il bunker franchista, il settore inmovilista del regime, però, non accettava che, attraverso questa nuova interpretazione normativa, fosse possibile che opere marxiste, repubblicane o più audaci dal punto di vista morale, fino a poco tempo prima inaccettabili, comparissero nelle vetrine delle librerie spagnole.
José Antonio Girón, procuratore delle Corti franchiste ed esponente del bunker, si scagliò contro la timida apertura di Cabanillas: non era ammissibile, a suo avviso, che il Ministro si presentasse in pubblico con la barreta, il berretto catalano né che i Premi Nazionali di Teatro, per la prima volta, fossero consegnati a Barcellona ad Adolfo Marsillach, collaboratore dell‟antifranchista Alfonso Sastre.
Alla fine di ottobre del 1974, Cabanillas, dopo mesi di opposizione ed ostacoli, fu destituito. La notizia fu comunicata al Ministro da Arias: «la sospensione […] arrivava direttamente da Franco ed obbediva a tre ragioni concrete: […], la stampa aveva superato i limiti, la televisione era un „covo di rossi‟ e nelle librerie apparivano tutti i generi di libri marxisti»89. Inoltre, si mormorava che il Ministro
fosse stato allontanato anche perché avesse elaborato un dossier su una possibile apertura in materia erotica.
La destituzione, seguita per solidarietà da Antonio Barrera de Irimo, Ministro dell‟Economia, generò una crisi di Governo. La fine dell‟apertura di Cabanillas
87 Pío Cabanilla, Pregón de la Fiesta del Libro pronunciado por el Ministro de Información y
Turismo, op. cit., pp. 230-231. Il progetto di Legge sul Libro sarà poi reso effettivo dal
Ministro León Herrera Esteban.
88
Georgina Cisquella, José Luis Erviti, José A. Sorolla, La represión cultural en el
franquismo, op. cit., p. 108.
89 Genoveva Queipo de Llano, Javier Tusell Gómez, Tiempos de incertidumbre: Carlos Arias
provocò una sentita reazione da parte della stampa, che temeva un ritorno al passato90. Se la rivista Cuadernos para el Diálogo con obiettività evidenziava:
«analizzando con spirito critico […] il lavoro realizzato nel Ministero di Informazione, giusto sarebbe sottolineare che si misurò in modo intelligente la liberalizzazione con l‟inasprimento»91, il resto della stampa, anche europea,
esagerando sulle effettive qualità di democratizzazione del Ministro – parlò della fine dell‟incarico con grande turbamento92. Così, ad esempio, commentava
Antonio Alvarez Solís nel Diario de Barcelona:
«In questo senso il signor Cabanillas era sì un liberale […] Sembra che questo sia il motivo che gli è costata la poltrona. […] Conviene ricordare che alla base di tutti i commenti di condanna della destituzione si può intuire un timore per il futuro più che un indignarsi nel presente per la fine dell‟incarico in sé»93.
A prendere il posto di Cabanillas, fu l‟avvocato León Herrera Esteban (ottobre 1974 – dicembre 1975), ex Direttore Poste e Telecomunicazioni del Ministero della Gobernación: «Sono un uomo che ha basicamente vissuto nella linea del 18 di luglio del 1936, avevo tredici anni in quella data, sono maturato non solo fisicamente ma anche intellettualmente nel Movimiento Nacional»94. Così il nuovo
Ministro di Información y Turismo definiva il proprio pensiero politico, di modo che ogni dubbio venisse sgombrato dal campo. Si definiva «franchista fino al midollo». Allo stesso tempo, nella tipica ambiguità che contraddistinse l‟ultima tappa di vita del regime, ammetteva anche «vengo a praticare una politica di porte aperte»95. O
ancora: «Sono qui per continuare quello che realizzò un grande Ministro che si chiamò Manuel Fraga […] E vengo a continuare anche il lavoro di Pío Cabanillas,
90 Cfr. Rassegna stampa, AGA, Presidencia del Gobierno, fascicolo Crisis Cabanillas, c. 9039. 91 Mariano Aguilar Navarro, El cese, in “Cuadernos para el Diálogo”, dicembre 1974.
92
Si arriva all’estremo di ABC. “Ministro, ejemplo y amigo”, “ABC”, 7 novembre del 1974. Altri titoli sintomatici: Gracias, adios...y hasta luego, “Aragón Expres”, 1 novembre 1974. Manuel Pico, La paz tiene también su caído, “Ultima hora”, 1 novembre del 1974. Gracias,
Pío, “Mundo Diario”, 31 ottobre 1974.
93
Antonio Alvarez-Solís, Sin embargo…el miedo, “Diario de Barcelona”, 2 novembre del 1974.
94 León Herrera Esteban, “ABC”, 30 ottobre del 1974.
95 «Non vengo a chiudere nulla di quello che è aperto, né a fermare nulla di quello che non sia
in marcia. Camminiamo tutti per questo ampio corso nel quale hanno spazio tante e distinte opinioni, nel rispetto delle istituzioni, dell’alta magistratura, della unità e dello spirito di convivenza nazionale». Così si esprimeva il Ministro Herrera nel novembre del 1974. León
galiziano d‟eccezione, che ho l‟onore e dolore di sostituire»96. In realtà, nel
generale illanguidire delle istituzioni culturali franchiste, Herrera Esteban si mantenne sull‟ispido terreno del «possibilismo» politico: portò avanti il progetto politico della Ley del Libro di Cabanillas, tenne a battesimo il Consejo Superior de
Cinematografía preludio, a sua opinione, di una nuova legge sul cinema «verso un
rinnovamento del linguaggio cinematografico che, con una libertà responsabile, metta in campo i problemi d‟oggi»97; allo stesso tempo il Ministro accentuò
pesantemente le sanzioni nei confronti di giornali e giornalisti98.
Non dimentichiamo che nella prima metà degli anni Settanta si applicò per ben sette volte la misura dello stato d‟eccezione con conseguente ritorno alla censura previa. Per tre mesi nell‟estate del 1975 nelle province basche della Guipúzcoa e Vizcaya vennero sospesi cinque articoli del Fuero de los Españoles: nell‟incalzare dell‟opposizione, nella richiesta di cambiamento politico e sociale della piccola e media borghesia, nell‟accrescersi della condanna internazionale e della Chiesa, dopo le cinque esecuzioni capitali che precedettero la morte di Franco, le politiche culturali dell‟ultimo franchismo cercarono di rimanere in bilico nella scivolosa terra di mezzo dell‟apertura nella continuità.
Possibilismo, conflitto tra una cultura ufficiale fondata sul nazionalismo ed il tradizionalismo cattolico e le correnti artistiche dell‟opposizione: gli ultimi anni della Dittatura, osservati con la lente d‟ingrandimento della cultura che circolava nella società, appaiono dominati da una politica di negazione e di repressione autarchica, politica, che, a sua volta, si trovava costretta ad interloquire con valori democratici e tecniche di amministrazione della politica culturale delle vicine democrazie europee.
96 El nuevo Ministro de Información y Turismo hizo un análisis de la actual situación política y
esbozo su programa de trabajo, “Tele Expres”, 9 novembre del 1974.
97 Cfr. Don León Herrera “Hacia una renovación del lenguaje cinematográfico que, en
libertad responsable, plantee nuestros problemas hoy”, “Informaciones”, 19 dicembre 1974.
98
Nei primi mesi del 1975 furono cinquanta le sanzioni nei confronti della stampa Herrera Esteban riteneva che «Si è raggiunto un livello di apertura che devo avvisare non è infinito. In ogni corso d’acqua, in ogni corrente, se non ci sono delle barriere parallele all’alveo si produce lo straripamento. Siamo dell’idea che i margini per queste correnti siano ampi; però sempre ci dovrà essere una sponda. In altre parole, se non si rispetta quello che si deve rispettare – le Leggi Fondamentali, la stessa legge sulla Stampa, le Istituzioni, le alte magistrature che le rappresentano, eccetera – il Ministero non può rimanere impassibile».
Esteriori correnti di apertura che tralasciavano intravedere sulla superficie del Paese, sempre «con responsabilità» i primi segni di cambiamento del Paese,