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Dalle ceneri del Ministerio de Información y Turismo nasce il Ministero d

Capitolo II. Il nuovo e «democratico» Ministerio de Cultura

2. Dalle ceneri del Ministerio de Información y Turismo nasce il Ministero d

La questione di una possibile eliminazione del Ministerio de Información y Turismo, come si è detto, attraversò le ultime amministrazioni franchiste. Nella stampa, ancor prima della morte di Franco, si rincorrono le notizie di una possibile ristrutturazione della gestione amministrativa del mondo della cultura. D‟altro canto, non solo l‟opposizione antifranchista sollevava con sempre più urgenza la necessaria eliminazione del Ministerio de Información y Turismo26, ma anche gli stessi

25 Tres límites a la libertad de expresión: el Rey, el Ejército y la unidad nacional, “El País”, 13

marzo del 1977. Confronta anche il contenuto del Decreto in: Ángel J. Sánchez Navarro (a cura di), La transición española en sus documentos, Boletín Oficial del Estado, Centro de Estudios Políticos y Constitucionales, Madrid, 1998, pp. 513-516.

26 Alla fine del 1976 il Partito Socialista, ad esempio, chiedeva la scomparsa del Ministerio de

Información y Turismo. Cfr, ad esempio: PSOE: Ministerio de Información, fuera, “Diario 16”,

vertici governativi, sotto la spinta dei cambiamenti culturali in corso, avanzavano l‟idea di una trasformazione amministrativa dell‟ente.

Quando nel 1974 Cabanillas fu al vertice di questo Ministero sviluppò l‟idea di un

Consejo Nacional de la Cultura, nel 1975 vennero eliminate le Direzioni Generali di

Belle Arti ed Archivio e Biblioteche che si fusero nella nuova Dirección General del

Patrimonio Artístico Nacional. Alla fine del 1976 il Ministro Reguera Guajardo

dichiarava che, con l‟approvazione di una riorganizzazione generale dell‟amministrazione centrale, il Ministerio de Información y Turismo sarebbe stato ben presto smembrato con una ripartizione delle competenze dell‟ente tra la Presidenza del Governo, che aveva affrontato in modo diretto le questioni legate alla stampa, alla radio, alla televisione e alla cultura ed il Ministero del Commercio per l‟ambito turistico27. Sarà, quindi, solo con la definitiva strutturazione della

riforma amministrativa nel luglio del 1977 che il Ministerio de Información y Turismo scomparve e dalle sue ceneri vide la luce il nuovo Ministerio de Cultura y Bienestar. Con il decreto regio del 4 luglio del 1977 il Governo Suárez avviò la riforma di alcuni organi dell‟amministrazione centrale. La riforma venne definita come

ristrutturazione e fu possibile grazie al decreto legge dell‟8 ottobre del 1976 che

prevedeva per motivi di razionalità economica la modifica della struttura istituzionale in modo tale da non dover ricorrere a più lunghi iter legislativi previsti da eventuali cambiamenti della ley de Régimen Jurídico de la Administración del

Estado. Nonostante il Partito Socialista si oppose a queste misure di cambiamento

dal momento che, a suo avviso, la riforma amministrativa doveva essere discussa in Parlamento, attraverso il decreto venne modificata la struttura governativa franchista in quindici ministeri, tra i quali nascevano il Ministerio de Interior (ex

Gobernación) e il Ministerio de Cultura y Bienestar.

Con il decreto regio 1558 del 4 luglio del 1977 venne, dunque, istituito il nuovo Ministero, il quale come sancisce l‟articolo 13 fu composto da tutte le unità del

Ministerio de Información y Turismo, eccetto quelle che andarono a far parte del Ministerio de Comercio y Turismo, dalla Subsecretaría de Familia, Juventud y Deportes con le

relative Direzioni Generali, dalla Dirección General del Patrimonio Artístico y Cultural del Ministerio de Educación y Ciencia e dalla Secretaría de Estado de Cultura. Ben presto,

27 AGA, Gabinete de Enlace, fascicolo Leyes, decretos y ordenes ministeriales, Dispaccio

come indica una nota sul progetto di decreto regio sulla struttura organica e le funzioni del Ministero, la denominazione dell‟ente venne modificata in Ministerio

de Cultura, dal momento che l‟obiettivo della struttura ministeriale era quella di

«rendere più facile e stimolare la creazione e l‟attività culturale in maniera libera e spontanea»28. Venne posto in secondo piano il riferimento al welfare, quindi, ad una

interpretazione della politica culturale ancora una volta socio-antropologica, ovvero ad una idea di cultura come correttivo sociale, per rinviare, di contro, ad un istituto ministeriale che avesse l‟obiettivo di programmare e far rinascere la produzione culturale, elemento che, come si è detto, era stato profondamente criticato dall‟opposizione come carenza tra le più pesanti della politica franchista. Il vero modello per la ristrutturazione amministrativa proposto dall‟UCD fu la politica culturale francese che in numerose pubblicazioni del tempo viene interpretata come esemplare29. La decisione governativa fu quella di creare

un'unica struttura con eterogenee funzioni nell‟ambito delle arti per essere in linea con le altre amministrazioni europee che avevano adottato una gestione della politica culturale centralizzata attraverso un apposito Ministero, come era accaduto nel 1975 anche per l‟Italia con Giovanni Spadolini30. Con l‟introduzione

nel luglio del 1959 del Ministero di Cultura francese nel quale giocò un ruolo centrale la figura dell‟intellettuale André Malraux, per la prima volta veniva dedicata particolare attenzione, con mezzi economici, politici ed amministrativi, alla cultura al di fuori dello stretto ambito dell‟insegnamento e dell‟educazione31.

28 AGA, Cultura Secretaría General Técnica, Consejos de Ministros (junio-julio 1977), Nota -

Informe al proyecto de Real Decreto sobre estructura orgánica y funciones del Ministerio de Cultura, c. 73792.

29 Cfr. José María Ballester, La reforma cultural en Francia: el Ministerio de Asuntos

Culturales, Editora Nacional, Madrid, 1974. E: Juan Ignacio Sáez-Díez, Cultura popular y políticas culturales, Editora Nacional, Madrid, 1975.

30 Cfr. Giovanni Spadolini, Beni culturali. Diario interventi leggi, Vallecchi, Firenze, 1976.

Sandro Amorosino, Riflessioni sul futuribile Ministero per le attività e i beni culturali e sul

riparto di funzioni tra Stato, regioni ed enti locali, in Vicenzo Caputi Jambrenghi (a cura di), La cultura ed i suoi beni giuridici, Giuffrè, Milano, 1999, pp. 227-241.

31 La bibliografia su André Malraux come primo Ministro della Cultura francese è ricca:

Augustin Girard e Geneviève Gentil (a cura di), Les Affaires culturelles au temps d‟André

Malraux, La Documentation française. Comité d’histoire du ministère de la Culture, Parigi,

1996. Herman Lebovics, Mona Lisa‟s escort. André Malraux and the Reivention of French

Culture, Cornell Univeristy Press, Ithaca, 1999. Claude Mollard, Le cinquième pouvoir, la culture et l‟État de Malraux à Lang, Armand Colin, Parigi, 1999. Janine Mossuz-Lavau, André Malraux et le gaullisme, Pfnsp, Parigi, 1982. Janine Mossuz-Lavau (a cura di), André Malraux. La politique, la culture. Discours, articles, entretiens (1925-1975), Gallimard, Parigi, 1996.

Philippe Poirier, L‟Etat et la culture en France au XX e siècle, Le livre de poche, Parigi, 2000. Philippe Poirier, Histoire des politiques culturelles de la France contemporaine, Bibliest,

È necessario, quindi, soffermarci brevemente sulle motivazione e modalità di lavoro di questo Ministero che sono analoghe a quelle che determinarono la nascita del Ministerio de Cultura. Alla base, infatti, vi furono le trasformazioni sociali del dopoguerra ed in particolare a rendere necessaria una nuova gestione del mondo della cultura furono i cambiamenti nei mezzi di comunicazione di massa che consentivano ora la diffusione dei prodotti culturali in modo molto più rapido e simultaneo, il progressivo innalzamento del livello di vita generale che tendeva a ridurre le barriere economiche accanto al complessivo miglioramento del livello medio di istruzione ed, infine, la progressiva urbanizzazione e disponibilità del tempo libero per i lavoratori. Questo tempo dedicato all‟ “ozio” per molti cittadini rappresentava l‟unica possibilità per avere un contatto diretto con l‟arte e con la cultura. Con l‟avvento della società industriale e dei consumi crebbe il numero di persone che desideravano partecipare ad un genere di vita e di cultura che a lungo furono riservate esclusivamente a gruppi sociali privilegiati.

In questo senso il Governo De Gaulle fu tra i primi a prendere coscienza della fase di trasformazione che stava vivendo il mondo della cultura e a sostenere l‟importanza dello Stato in questo cambiamento «[…] É lo Stato, in definitiva, che deve combinare le offerte dell‟iniziativa privata con l‟azione di un autentico servizio pubblico della cultura, per evitare che le nuove aspirazioni generate dall‟evoluzione della società si trasformino in oggetto di sfruttamento mercantile e sbocchino nella diffusione di passatempi volgari. La presa di coscienza su questo problema e la sua reale entità esigono dallo Stato l‟assunzione di nuove responsabilità e la creazione di nuovi servizi di azione culturale»32. Per dieci anni

André Malraux fu l‟animatore di questo Ministero che per la prima volta unificava tutte le eterogenee funzioni governative dedicate alla cultura. Il Ministero della Cultura francese utilizzò, quindi, direzioni amministrative preesistenti ma venne animato da una visione profondamente innovativa della realtà sociale del tempo e dell‟epocale mutamento in corso. Alla nascita del Ministero si affiancò una

Dijon, 1996. Geneviève Poujol, La creation du ministère des Affaires culturelles. 1959-1969.

Élements pour la recherche, Dep. Ministère de la Culture, Parigi, 1993. Gerard Monnier, L‟art et ses institutions en France. De la Rèvolutions à nos jours, Gallimard, Parigi, 1995. Jacques

Rigaud, L‟exception culturelle. Culture et Pouvoirs sous la Cinquième Rèpublique, Grasset, Parigi, 1995.

32 José María Ballester, La reforma cultural en Francia: el Ministerio de Asuntos Culturales,

generale “riforma culturale” che aveva l‟obiettivo di socializzare la cultura, aprire la produzione artistica francese al mondo, stimolare la creatività individuale o collettiva, accrescere la libertà d‟espressione in tutti i campi e nel contempo regionalizzare e decentralizzare l‟azione culturale.

Con la politica culturale francese, inoltre, si assiste ad una peculiare trasformazione della tradizionale idea di cultura che da concetto statico, strettamente legato alla pedagogia e alla formazione degli strati alti della società, oltre che sorta di bene di lusso per minoranze privilegiate, si converte in “azione culturale”, ovvero in pratica politica che funga da correttivo alle trasformazioni della società di massa e strumento di pari opportunità per le differenti classi sociali. Tale azione culturale, secondo la riforma francese, si doveva indirizzare alla diffusione e alla comunicazione delle opere d‟arte del Paese ad un pubblico sempre più numeroso, al miglioramento del contesto ambientale e culturale della vita quotidiana del cittadino e, quindi, ad un generale perfezionamento dell‟impiego del tempo libero anche per le classi sociali più basse. In Francia, poi, la politica culturale venne strettamente legata ai piani di sviluppo economici e sociali, egualmente in Italia, il Ministero per i Beni Culturali di Spadolini che si indirizzava al patrimonio culturale come un ad assieme di oggetti materiali da conservare e tutelare celava pure l‟idea che i beni artistici fossero anche dei beni economici, la cui fruizione era ovviamente legata al turismo.

Come si è detto, anche il tardo franchismo si rese conto del potenziale culturale del tempo libero degli spagnoli negli anni di desarrollismo ed accennò ad una possibile pianificazione della politica nell‟ottica di uno Stato autoritario; tuttavia, con la fine della dittatura si diedero le condizioni per una effettiva modernizzazione dell‟amministrazione culturale del Paese.

Questo cambiamento, che negli anni dell‟UCD rimase ancora latente, passò, come in Francia, per l‟istituzione del Ministero della Cultura. La trasformazione fu di conseguenza duplice: sia a livello di implementazione dell‟immagine democratica del Paese sia amministrativo.

Come in Francia, il Ministerio de Cultura nasceva per aggregazione da altri enti ministeriali. Nel caso spagnolo, poi, negli anni di transizione bisognava far fronte alla duplice scomparsa sia della falangista Secretaría General del Movimiento che con la

costante illanguidimento, alcune funzioni culturali sia di un simbolo per eccellenza della censura quale era il Ministerio de Información y Turismo. Dal momento che si optò per effettuare una transizione dalla legalità esistente e che avesse i minori costi politici e sociali, le due istituzioni archetipiche del regime di Franco la

Organización Sindical e la burocrazia del Movimiento, che spesso raddoppiavano

funzioni già dell‟amministrazione civile dello Stato, vennero assorbite da quest‟ultima.

Secondo Crespo Montes è possibile parlare di 30 mila persone coinvolte in questo trasferimento. Venne creata una Comisión Liquidadora che ebbe la funzione di portare a termine la scomparsa definitiva dell‟organizzazione sindacale franchista e, quindi, la distribuzione di 20.743 funzionari che svolgevano diversi compiti33.

Un meccanismo simile è possibile ritracciarlo per la Secretaría General del Movimiento che venne trasferita nella Subsecretaría de Familia, Juventud y Deporte all‟interno della Presidenza del Governo, nel contempo venne istituito un organismo autonomo

Medios de Comunicación Social del Estado che riuniva tutti i quotidiani falangisti

assieme a Pueblo che apparteneva all‟estinta organizzazione sindacale34.

Un dossier probabilmente redatto nel passaggio di consegne tra 1982 e 1983 da UCD a PSOE sulla struttura e funzioni del Ministerio de Cultura ci dà un‟idea della corposità delle ex organizzazioni falangiste nella nuova amministrazione culturale democratica35. Partendo dal presupposto che il Ministero unisse aree

completamente differenziate, è possibile così schematizzare l‟ingente apporto numerico della burocrazia franchista:

33 Luis Fernando Crespo Montes, La función pública española 1976-1986. De la transición al

cambio, Ministerio de Administraciones Públicas, Madrid, 2001, pp. 57-59.

34

Il decreto legge 23/1977 del 1 aprile prevede in linea con la Ley de Reforma Política trasformazioni del Consejo Nacional e del Movimiento. Tutti gli organismi della Secretaría

General del Movimiento con funzioni sociali e culturali dovevano essere integrati nel nuovo

Stato democratico, venivano eliminati, invece, gli organi di natura politica. Secondo il decreto reale 596/1977 del 1 aprile, invece, oltre a creare una Commissione per il trasferimento dell’amministrazione del Movimiento, istituisce la Subsecretaría de Familia, Juventud y

Deporte e l’Instituto de Estudios Políticos si converte in organismo autonomo.

35 ACMC, Gabinete del Ministro, Informes sobre el Ministerio de Cultura, El Ministerio de

Tabella 1 Funzionari dell’amministrazione franchista all’interno del Ministero di Cultura (1977-1982)

Area ministeriale Num. tot. lavoratori Funzionari Movimiento Funzionari Organizzazioni Sindacali franchiste Sport 1533 641 6 Gioventù Promozione Socioculturale 7456 1381 18 Medios Comunicación Social del Estado 3634

Belle Arti, Archivi, Biblioteche 2707 423 119 Libro- Cinematografia 319 83 3 Musica Teatro 1044 89 2 Cooperazione culturale 645 246 5

Fonte: ACMC, Gabinete del Ministro, Informes sobre el Ministerio de Cultura, El Ministerio de Cultura. Analisis Global del Departemento (sin fecha), c. 67337.

In termini più generali nell‟area governativa culturale, secondo i dati del citato dossier, lavoravano 9511 dipendenti tra i quali 2483 erano tradizionali funzionari dell‟amministrazione civile dello Stato e 2175 provenivano dal Movimiento e 279 dalle organizzazioni sindacali.

Le funzionarie della Sección Femenina, dopo che, solo nel maggio del 1978 venne soppresso il Servicio Social de la Mujer creato nel 1937 da Franco36, furono inserite

36

Il Servicio Social de la Mujer, istituito nel 1937, venne soppresso con un decreto regio dal Consiglio dei Ministri il 19 maggio del 1978. «La trasformazione della società spagnola e delle norme di carattere fondamentale che regolano la convivenza nazionale suggeriscono di derogare le disposizioni che regolano il Servizio Sociale obbligatorio, nato in circostanze

negli organici di Biblioteche e Casas de Cultura. Ciò provocò non poche reazioni da parte del personale di Archivi, Musei e Biblioteche che lamentavano come questo personale proveniente da organizzazioni franchiste non svolgesse solo funzioni amministrative ma, al contrario, anche compiti specifici di esperti di biblioteconomia, senza alcuna competenza. Così commentava nel maggio del 1978 El País con spirito critico:

«[…] questo Ministero è quello destinato ad assorbire varie istituzioni e migliaia di funzionari che dipendevano dalla struttura di potere di Franco, principalmente funzionari del Movimiento, il mal definito Movimiento, metà partito politico e metà organismo burocratico che aiutò Franco a mantenersi al potere. In quest‟ultimo mese di maggio, il Movimiento fu liquidato e quindi si è formata una commissione di trasferimento per ricollocare 35 mila funzionari […] Il Ministero di Cultura, prima di Informazione e Turismo, è stato obbligato ad assorbire 12 mila e 500 impiegati del Movimiento. […] Questa politica ha provocato alcuni casi curiosi di inversione di funzioni. Per esempio, il Ministero di Cultura ha inviato dei funzionari del Movimiento ai musei e biblioteche pubbliche, una ironia del destino, dal momento che questi funzionari franchisti non sono stati mai dei sostenitori della Cultura. Ancora più curioso è il completo inserimento da parte del Ministero di Cultura della Sección Femenina con 7 mila impiegate»37.

Le trasformazioni dell‟amministrazione negli anni del post Franco rappresentarono un problema urgente e, come tale la questione venne risolta dai governi UCD posticipando la riforma integrale della struttura amministrativa. Ciò che interessava, in base al focus realista e pragmatico della gestione del processo di democratizzazione, fu la quotidianità e, soprattutto, che non si creassero tensioni tali da inficiare il processo transizionale. Non era auspicabile, pertanto, secondo tale visione, una epurazione generale dei funzionari franchisti, nonostante le difficoltà che l‟incontro tra l‟amministrazione civile che a partire dagli anni Sessanta aveva subito profonde trasformazioni ed il personale proveniente dal

Movimiento non mancò di generare. Ciò nondimeno la forte coscienza del ritardo e

delle ferite culturali della penisola iberica rispetto al resto dell‟Europa rese impellente la trasformazione della gestione del mondo delle arti. La riforma venne realizzata con rapidità per porre le basi di uno Stato culturale alla francese. D‟altro canto, seppur ad un livello del tutto insoddisfacente e paradossale, la “cultura di

politiche differenti e ispirato a principi oggi superati». Real Decreto 1914/1978 del 19 maggio. BOE, num. 192, 12 agosto 1978.

Stato” era stata una creazione del franchismo e la maggior parte del personale che avrebbe dovuto gestire questo mondo negli anni di democrazia aveva come riferimenti le riviste del Sindicato Español Universitario della fine degli anni Cinquanta, gli attivi teatri universitari, la rete nazionale di stampa e mezzi di comunicazione di massa, la gestione dall‟alto degli eventi culturali.

Il mondo della cultura, in sintesi, con il ritorno della normalità democratica, non scopriva nulla di nuovo se non rinverdiva la lunga tradizione nazionale di pratiche stataliste: dal regeneracionismo a Ortega y Gasset fino all‟associazionismo giovanile franchista e alle strutture di intrattenimento culturale che si fondevano con la gramsciana idea di nazional-popolare. Come nel passato la gestione della cultura veniva ancora affidata allo Stato38.

Il Ministero della Cultura, sulla base di un fenomeno comune al resto dell‟Europa, pose le basi pertanto per il futuro nazionalismo culturale dello Stato spagnolo che con i socialisti raggiunse, come si vedrà, la massima espansione.

Ad essere posizionato al vertice della nuova struttura ministeriale fu l‟ex Ministro di Información y Turismo, l‟aperturista Pío Cabanillas. Cabanillas, dopo l‟esperienza della presidenza del Partido Popular, che può essere considerato come uno dei nuclei base dell‟UCD, verrà nominato dal secondo Governo Suárez come primo Ministro della neonata istituzione culturale, mantenendosi in una posizione indipendente rispetto alle eterogenee “famiglie” che componevano il partito centrista.

Cabanillas fu subito esplicito sulle funzioni che doveva svolgere il Ministero:

«La posizione del Ministero innanzi alla questione della politica culturale risponde ad una nuova concezione della cultura nella vita dell‟individuo ed anche ad una nuova concezione della funzione dello Stato innanzi al fatto culturale. […] Il signor Cabanillas dichiarò il diritto dell‟uomo a prendere parte liberamente alla vita culturale della comunità e a partecipare ai benefici che proporziona il progresso scientifico ed artistico. Questo obbliga – disse – a riconoscere la nozione fondamentale del diritto alla cultura di ciascun cittadino e come conseguenza l‟obbligo e dovere del Governo di fornire all‟uomo i mezzi possibili per l‟esercizio di questo diritto. Questa nuova funzione statale si realizza attraverso il riconoscimento del potere creatore della persona e attraverso un‟azione culturale di difesa in tutti gli ambiti della capacità di creazione. Con ciò si

38 Cfr. José Carlos Mainer, La cultura de la transición, in Carme Molinero (a cura di), La

Transición treinta años después. De la dictadura a la instauración y consolidación de la democracia, op. cit., p. 158.

concretizzano già le azioni culturali del Ministero, specialmente nel doppio ambito della difesa della cultura – conservazione del patrimonio artistico – e di massima diffusione dell‟evento culturale in tutte le sue manifestazioni»39.

Gli obiettivi del Ministero della Cultura per il gabinetto Suárez, come è possibile intravedere tra le pieghe delle dichiarazioni di Cabanillas, dovevano essere due: la