• Non ci sono risultati.

La preoccupazione verso gli elementi più giovani della Provincia tradiva il

71 In particolare, si minacciava della sospensione della pensione tutti coloro che avessero pubblicato scritti tesi a difendere la Compagnia di Gesù dalle accuse che le erano state mosse e che ne aveva determinato l'espuslione dei domini spagnoli, nonché tutte le opere che denigrassero in qualche modo il governo e la monarchia di Spagna. Cfr. Guasti, L'esilio italiano, cit., p. 13.

timore che non sopravvivesse alla catastrofe la loro stessa identità di gesuiti, o più esattamente di gesuiti del Paraguay: il nome delle famose Riduzioni del Paraguay costituì infatti un elemento non secondario per la definizione della loro identità sociale di fronte a una crisi cruciale, come quella dell’espulsione. Che di crisi si sia trattato, è evidente anche soltanto analizzando brevemente i dati demografici che riguardano gli espulsi: in effetti, la storia dell’esilio della provincia paraguaiana può essere agevolmente letta come la storia della sua progressiva, inesorabile morte. Innanzitutto, era loro impedito di accogliere nuovi novizi e, alla luce di questo fattore, possiamo peraltro comprendere la cura gelosa con cui si cercò di far arrivare il maggior numero di quei giovani all’emissione dei voti solenni, al fine di avere qualcuno a cui affidare le speranze di sopravvivenza dell’identità del gruppo, superata la catastrofe e mutati i tempi. Inoltre, gli enormi disagi del lunghissimo viaggio per mare, stipati nelle navi in condizioni igieniche molto precarie, decimò letteralmente il loro numero, colpendo in particolare i più anziani e malati e i più giovani, ovvero gli individui più deboli. Un’idea di quel che significò, in termini di morti, il viaggio dal Paraguay all’Italia, la si può formare considerando questo grafico, basato sui dati raccolti da Storni72.

Il grafico riportato, ricavato dall'elaborazione dei dati di Storni, ci dà l'idea dell'andamento della mortalità fra i paraguaiani, dal momento dell'espulsione sino alla morte del loro più longevo elemento, nel XIX secolo inoltrato. Come è ovvio, la linea procede per balzi e cali perché, a un picco della mortalità che falcidiava gli elementi più deboli del gruppo preso in esame, succedevano degli anni in cui il

72 Mi baso sul lavoro di Storni perché è l’unico che dia affidabilità documentaria, fondato com’è sulla consultazione di elenchi e registri parrocchiali, che gli hanno permesso di stabilire per ognuno degli espulsi rintracciati le principali date biografiche; tuttavia, probabilmente il suo elenco non è esaustivo. Secondo alcune fonti, di cui è piuttosto difficile stabilire la credibilità, il numero di 455 espulsi deve essere corretto in eccesso; così per esempio testimonia un foglietto conservato nell’Archivio della Real Accademia de la Historia di Madrid, probabilmente vergato da un ex gesuita residente a Faenza, secondo cui il numero totale dei Paraguaiani al momento dell’espulsione ammontava a 490 individui, ridottosi poi a 196 nel 1784, laddove per Storni, sempre nel 1784, erano 206. Onestamente, è difficile stabilire da dove l’anonimo estensore della nota conservata a Madrid abbia attinto i suoi numeri, e perciò definirne la credibilità. Per esempio, afferma anche che il totale degli espulsi appartenenti all’Assistenza spagnola ammontava nel 1767 a 5351, soggiungendo però immediatamente che «otros dicen 4677», evidenziando come le sue fonti fossero notevolmente aleatorie; cfr. RAH, leg. 97272. Ad ogni modo, ai fini di avere un’idea di quanto abbia inciso la mortalità nei primi anni dell’esilio, possiamo tranquillamente seguire il lavoro di Storni, che si presenta peraltro assai affidabile.

numero dei decessi era proporzionalmente inferiore, proprio perché a sopravvivere erano naturalmente i più forti e meglio in salute.

Dei 455 gesuiti della Provincia paraguaiana, 59 ovvero circa il 13% morirono fra il 1767 e il 1769, nel periodo compreso fra il viaggio e il primo anno di permanenza in Italia. Un dato comprensibile alla luce dei disagi del viaggio, certo, alla cui interpretazione non può essere estranea la considerazione del particolare stato di prostrazione in cui gli esiliati si dovettero venire a trovare73. Rimanendo alle considerazioni demografiche, possiamo trovare conferma a quest’interpretazione notando come il secondo “picco” maggiore di mortalità in tutto il periodo preso in considerazione corrisponde agli anni 1773 e 1774, con ben 43 decessi; considerando che alla fine del 1772 l’intera Provincia non contava che 362 elementi, in seguito alla soppressione sparì il 12% circa degli elementi ancora in vita, senza poterne trovare ragione, se non in considerazioni di carattere fondamentalmente sociologico. A questo proposito ci viene in soccorso quanto annotò, riguardo allo spettacolo dell’afflizione degli ex gesuiti, un osservatore esterno coevo, sotto forma di una profezia messa in bocca a Benedetto XIV:

73 Una conferma documentale di questo dato oggettivo si trova nel diario di Luengo, il quale nel 1770 annotava, a proposito dell'espulsione dei suoi confratelli paraguaiani, che a loro fu riservato un trattamento caratterizzato da "inumanità e barbarie": «De ella nació necesariamente que murieron a docenas de aquellos pobres Jesuitas en aquella penosissima navegazion, como ya se ha insinuado otra vez, en medio de que aquí se nos ocultan mil cosas». AHL Luengo, Diario, T. III, p. 265.

Mortalità 0 5 10 15 20 25 30 35 1 7 6 7 1 7 7 0 1 7 7 3 1 7 7 6 1 7 7 9 1 7 8 2 1 7 8 5 1 7 8 8 1 7 9 1 1 7 9 4 1 7 9 7 1 8 0 0 1 8 0 3 1 8 0 6 1 8 0 9 1 8 1 2 1 8 1 5 1 8 1 8 1 8 2 1 1 9 2 4 1 8 2 7 1 8 3 0 Anno D ec es si

Si vous persistez dans votre obstination, le saint siège sera obligé de se prêter aux vœux de la Politique des Princes, alors vous serez dispersés, et comme des brebis égarées vous courrez les champs, ou vous vous trouverez isolés dans des villes étrangeres. Dans cet état de désolation que faira la Société? Que déviendront vos frères, que déviendront ces vieillards accablés sous le poids des années; ces réligieux accoutumés à une vie sédentaire, adonnés par état à la contemplation, et livrés à un enchainement de devoirs qui les tenoient en vie, maintenant sans exercices, sans obligations, périront de langueur74 .

Ovviamente, non si può dire che tanti decessi possano essere etichettati semplicemente come "morti per tristezza". Tuttavia, lo stato di prostrazione psicologica a cui furono umanamente sottoposti questi individui, che in pochi anni videro in due riprese sconvolti e annullati i loro orizzonti sociali, non poté che incidere negativamente su una situazione materiale già di suo assai compromessa. Mi pare insomma verosimile ipotizzare, che a contribuire all’aumento dei decessi in questi due particolari momenti, sia stata la consapevolezza della tragedia a cui i gesuiti erano sottoposti in quanto ordine religioso: la prima volta, durante lo smarrimento seguito al trasferimento in Italia, con la confusione che ne seguì anche dal punto di vista organizzativo; la seconda, con la coscienza della dispersione della Compagnia e dell’annullamento delle strutture sociali in cui avevano trovato un precario rifugio. L’identità gesuitica ovvero la coscienza di corpo sociale costituiva per loro un completo orizzonte esistenziale, il cui venir meno ebbe come conseguenza di acuire di molto il disagio e la ristrettezza dell’esilio, che certamente furono la causa materiale dei picchi della mortalità. In effetti, dopo i primi anni in cui, nonostante gli sforzi in contrario da parte dei superiori, i gesuiti spagnoli espulsi videro svanire la loro organizzazione comunitaria sotto la spinta delle istanze individualistiche di cui abbiamo già parlato, e che le autorità spagnole cercavano abilmente di sollecitare insistendo sul pagamento pro capite delle pensioni

74 [A. Goudar], La mort de Ricci, dernier Général des Jésuites, avec quelques reflexions generales sur l’extinction de

la Société, Amsterdam 1776; cfr. A.A. Barbier, Dictionnaire des ouvrages anonymes, Hildesheim (Olms) 1986, vol.

III col. 363. Ange Goudar (1708-1791), avventuriero e pubblicista, si trovava in Italia nella prima metà degli anni ’70; su di lui: J. C. Hauc, Ange Goudar: un aventurier des Lumières, Paris (Champion) 2004; G. Dioguardi, Ange

Goudar contro l’ancien régime, Palermo (Sellerio) 1988; L. Neppi Modana, Un avventuriero del ‘700: Ange Goudar pacifista e riformatore dell’Europa, Milano (Giuffré) 1978.

governative, il problema principale a cui dovettero fare fronte fu, com'è noto, l'insufficienza dei loro redditi per mantenere una vita dignitosa, a causa di un tasso di cambio sfavorevole alla moneta spagnola, ma soprattutto per l'erosione del valore reale delle pensioni causata da un'inflazione crescente75.

Durante gli ultimi anni di vita della Provincia del Paraguay, inoltre, l'Assistenza spagnola dovette far fronte, oltre all'altissima incidenza delle morti, all'emorragia dei suoi membri che chiedevano di lasciare la Compagnia, in cerca di un avvenire migliore. Gli studi di Giménez López e Martínez Gomis hanno mostrato come l'incidenza delle secolarizzazioni fu, per la Provincia paraguaiana, tutto sommato lieve, in relazione alle altre Province76. Da questi studi, emerge che il momento in cui gli abbandoni toccarono il loro più alto numero fu, in effetti, quello immediatamente successivo all'arresto: il periodo peggiore, per le Province ultramarine (le americane e la filippina), fu il 1768-69, corrispondente ai travagli dell'espulsione, con tutte le difficoltà che abbiamo visto furono incontrate. Dopodiché, il flusso generale delle secolarizzazioni andò scemando sempre più, fino all'estinzione della Compagnia del 1773. La Provincia del Paraguay in questo fu simile alle altre, tranne che per un singolare aumento nel 1771, che forse, come vedremo, sarà da mettere in relazione con una crisi organizzativa interna alla Provincia. Ma il dato sicuramente più interessante è costituito dall'incidenza che gli abbandoni ebbero sul numero totale degli espulsi, comparata alle altre Province espulse. Così, se la media delle secolarizzazioni sul totale degli extrañados fu del 17,5%, il Paraguay fu invece nettamente al di sotto di questa cifra, attestandosi sul 6%, di gran lunga inferiore alle Province più colpite, come quella di Toledo (24,1%) e di Andalusia (22%), e soprattutto del Perù (55,1%), per le quali le secolarizzazioni corrisposero effettivamente alla sostanziale scomparsa come corpo sociale. Poiché le vicende specifiche dell'espulsione incisero molto sul morale degli espulsi,

75 Sui cambiamenti del valore reale delle pensioni regie, N. Guasti, L’esilio italiano dei gesuiti spagnoli, Roma (Edizioni di storia e letteratura) 2006, pp. 13 e sgg..

76 Cfr. E. Giménez López – M. Martínez Gomis, La secularización de los jesuitas expulsos (1767-1773), in «Hispania Sacra», vol. 47, n. 96 (1995), pp. 421-471. Quest’articolo è stato poi trasposto in E. Giménez López (ed.), Expulsión

spingendone tanti a dare le dimissioni dall'Ordine (per le Province metropolitane il picco delle secolarizzazioni fu toccato durante il difficile anno passato in Corsica), queste percentuali devono essere confrontate facendo attentamente la distinzione fra le Province spagnole e quelle ultramarine: così, mentre le prime conobbero una media del 16,9% di abbandoni, queste ultime li subirono per il 18,3%, e questo ci porta a capire che la Provincia del Paraguay fu, anche in confronto alle altre che avevano subito modalità simili di espulsione, una di quelle che meglio ressero all'emorragia delle secolarizzazioni, seconda soltanto alla Provincia filippina, che però, essendo numericamente molto piccola, probabilmente al suo interno mantenne una maggiore possibilità di controllare ciascuno dei suoi membri.

Andando a guardare i dati più da vicino, notiamo come soltanto 7 dei 72 studenti che si formavano nei collegi del Paraguay per divenire gesuiti a pieno titolo lasciarono la Compagnia fra il 1767 e il 1773, pari al 9,7%, mentre gli abbandoni dei sacerdoti e dei coadiutori toccarono rispettivamente il 5% e il 6,1%. Da questi dati comprendiamo bene l'attenzione che i vertici della Provincia dimostrarono, come vedremo meglio in seguito, nei confronti dei loro elementi più giovani, i quali non soltanto erano destinati a portare su di sé le speranze di sopravvivenza della Provincia, ma erano anche i più soggetti alla tentazione di lasciare la Compagnia per cercare un altro sbocco per la loro vita. In ogni caso, grazie ai provvedimenti presi per preservare la loro vocazione ignaziana, la loro percentuale di abbandono fu molto bassa fra tutte le Province espulse, e di gran lunga inferiore alla media generale (24%); l'unica Provincia ad avere dati migliori è il Cile (6,9% fra gli studenti). Lo stesso si deve dire delle secolarizzazioni fra i sacerdoti, gli elementi meglio formati e integrati della Compagnia: il 5% di secolarizzazioni conosciuto in questo ambito dalla Provincia paraguaiana è pari praticamente a un terzo della media generale (14,3%), e seconda soltanto alle Filippine (2,5%). Ma il dato migliore e, forse, più interessante, è quello dei coadiutori, dove la percentuale di abbandoni dei paraguaiani non soltanto è di gran lunga inferiore alla media generale (20,3%), ma è anche in assoluto la più bassa. Considerando che l'elemento di criticità all'interno della

Compagnia è storicamente stato il contrasto fra i i differenti stati e ruoli riservati ai coadiutori e ai sacerdoti, ai quali soltanto era riservata la professione solenne dei famosi quattro voti, dobbiamo concludere che la Provincia del Paraguay si dimostrò, nel momento della sua massima crisi, del tutto coesa nella propria organizzazione interna.

Un altro picco della mortalità nel periodo preso in esame può essere attribuito facilmente a questo stato di miseria materiale in cui buona parte di loro si trovò con gli anni: corrispondente al periodo finale degli anni '80, in cui sappiamo che dei cambiamenti climatici, legati alla lunga fase della "piccola glaciazione" dell'età moderna, portarono a una generale crisi agricola in Europa, che non fu estranea ai sommovimenti sociali che sarebbero sfociati nella rivoluzione in Francia, come lo studio dei Cahiers de doléance presentati in preparazione alla riunione degli Stati del 1789 ha dimostrato77. D'altronde, a sovvenire a questo stato di crescente perdita del potere d'acquisto a fronte di un innalzamento dei prezzi, il governo spagnolo prese ad attuare una politica sempre più benevola nell'elargizione di "supplementi" alle pensioni degli esuli, sulla base dei loro meriti letterari o patriottici78. L'insieme dei paraguaiani ancora viventi nel 1785, sia pure in contesti geografici differenti, ammontava infatti a 198 individui; nel 1791 ne troviamo in vita soltanto 147, con un calo del 26% circa.

A questo drastico picco della mortalità, ne seguì un altro alla fine degli anni '90, quando l'invasione francese dell'Italia settentrionale da una parte causò gli sconvolgimenti economici che può causare un esercito che basa il proprio vettovagliamento sulle requisizioni effettuate nei territori occupati, dall'altra comportò l'interruzione delle linee di credito del Real Giro spagnolo, attraverso cui passavano le pensioni governative elargite agli espulsi. In particolare destarono preoccupazione nel governo iberico le condizioni sempre più miserevoli degli ex gesuiti che avevano ottenuto la secolarizzazione e che, di frequente, si erano sposati

77 Cfr. M. Pinna, Storia del clima. Variazioni climatiche e rapporto clima-uomo in età post-glaciale, Roma (Società Geografica Italiana) 1984, pp. 165-183; F. Furet-D. Richet, La Rivoluzione francese, Bari (Laterza) 1974, pp. 92-98. 78 Cfr. Guasti, L'esilio italiano, cit., pp. 22 e sgg.

mettendo su una famiglia spesso numerosa, per la quale non poteva bastare la sempre più misera pensione governativa; ma si guardò con apprensione anche all'inasprirsi della politica anticlericale delle repubbliche giacobine, contro la quale non pochi ex gesuiti spagnoli erano incappati.

Venendo incontro alla situazione degli esuli, il governo iberico del conte di Floridablanca decise quindi nel 1798 di permettere agli extrañados di mettersi al sicuro nella madrepatria, pur mantenendo in vigore formalmente il decreto di extrañamiento e del processo che lo aveva motivato. Molti ex gesuiti non vollero accettare di rientrare senza una riabilitazione completa, ma molti altri scelsero di cogliere l'occasione per tornare a casa. Affollatisi a Genova in cerca di una nave che li trasportasse in Spagna, purtroppo non trovarono una buona accoglienza nel loro paese: con la vigenza del decreto di extrañamiento furono quasi tutti costretti a vivere confinati e quasi in clandestinità. Con l'emanazione da parte di Pio VII del breve Catholicae Fidei (7 marzo 1801), che riconosceva e approvava formalmente la sopravvivenza in Russia della Compagnia di Gesù, lo stesso governo spagnolo tornò ad un atteggiamento di timore nei confronti degli ex gesuiti e ne decretò di nuovo l'espulsione, che fu attuata fra il maggio 1801 e il dicembre 180279. Con tutte queste vicissitudini, sofferte fra l'Italia e la Spagna, si spiega il picco di mortalità che si ebbe sullo scorcio del secolo: fra il 1796 e il 1801 morirono 39 paraguaiani, ossia approssimativamente un terzo di quelli ancora viventi.

Nel contesto di quest'ultima vicenda del ritorno a casa e della nuova espulsione dei gesuiti spagnoli, si colloca anche la straordinaria avventura del p. Diego León de Villafañe, l'ultimo dei gesuiti del Paraguay. Originario di San Miguel de Tucumán, all'epoca dell'espulsione era uno dei novizi di Córdoba e seguì i suoi maestri nell'esilio. Quando nel 1798 si diede il permesso agli ex gesuiti di tornare nei domini spagnoli, si imbarcò immediatamente per Barcellona e da lì attraversò la penisola iberica per andare a Cadice, a cercare una nave che lo portasse nel suo paese d'origine, in America, che nel frattempo era entrato a far parte del vicereame del Río

79 Cfr. N. Guasti, L'esilio italiano dei gesuiti spagnoli: identità, controllo sociale e pratiche culturali. 1767-1798, Roma (Edizioni di storia e letteratura) 2006, pp. 93-111.

de la Plata, nato nel 1777 accorpando i governatorati del Río de la Plata, del Paraguay, del Tucumán e di Santa Cruz de la Sierra, quest'ultimo distaccato dal vicereame del Perù; tutto l'ambito territoriale, insomma che abbiamo visto già dipendere di fatto dal governatorato di Buenos Aires all'epoca dell'espulsione dei gesuiti. Giunse a Córdoba alla fine del 1799, dove incontrò il canonico Funes, con cui era rimasto legato anche con un rapporto epistolare. Nel marzo del 1800 passò in Cile, dove arrivò con l'incarico di prefetto apostolico per le missioni presso gli araucani ma, non riuscendo ad entrarvi, tornò nel Tucumán nel 1801, dove gli fu intimato di nuovo l'extrañamiento. A questo punto, le autorità municipali di San Miguel presero le difese di Villafañe, mettendone in luce le virtù ed evidenziandone l'età avanzata presso il viceré Joaquín del Pino, il quale scrisse a Madrid per ottenere una deroga a favore del gesuita. In mancanza di una risposta dalla metropoli, non furono presi provvedimenti.

Villafañe si adattò a vivere pacificamente in questa sorta di cono d'ombra burocratico, tentando nel 1808 e nel 1818 di entrare nel paese degli araucani per svolgere il ministero missionario che gli era stato affidato. Alla notizia del ristabilimento della Compagnia di Gesù nel 1814, desiderò reincorporarsi all'Ordine, ma l'indipendenza delle colonie americane, e in particolare dell'Argentina nel 1816 glielo impedirono, permanendo nei nuovi Stati il bando nei confronti dei gesuiti. Morì a San Miguel de Tucumán, quasi novantenne, nel 1830, e con lui scomparve quanto era sopravvissuto dell'antica Provincia del Paraguay80.

Soltanto l'anno prima era morto a Roma un altro dei "giovani" dell'antica Provincia, il p. Pedro Ramón de Ganuza, che dal 1824 era divenuto l'Assistente di Spagna per la "nuova" Compagnia81. Un altro che si reincorporò nel 1814 fu il p. Joaquín Lucas Usón, che aspettò la rinascita della Compagnia per pronunciare i suoi voti solenni a Roma, e morire due anni dopo in Spagna82. A reincorporarsi nella rinata Compagnia furono anche i pp. Francisco Iturri e Juan Francisco Ocampo83, mentre il

80 Cfr. Hernández, El extrañamiento, cit., pp. 327-331; Storni, Catálogo, cit., p. 305. 81 Storni, Catálogo, cit., p. 110.

82 Storni, Catálogo, cit., p. 291.

p. Gaspar Juárez fin dagli anni '90 si era affiliato alla Compagnia di Gesù sopravvissuta in Russia84. Purtroppo, allo stato attuale della storiografia sulla Compagnia di Gesù durante la sua soppressione e la sua "rinascita", non è possibile stabilire quanti e quali furono i membri della "vecchia" Compagnia, per esempio gli appartenenti alla Provincia del Paraguay, che si reincorporarono effettivamente nella "nuova", a quale data, in che luogo e in che modo: sono tutte domande, queste, che rimangono a tutt'oggi aperte.

Di sicuro possiamo però dire che, al momento dell'espulsione, pur rimanendo viva ancora per anni la speranza, più che la convinzione, prima di una prossima riabilitazione dei gesuiti spagnoli, poi del ristabilimento della Compagnia di Gesù, apparve fin da subito chiara la necessità di preservare la vocazione ignaziana degli elementi più giovani e di conservare la disciplina religiosa in tutti, nella consapevolezza che avrebbero potuto passare degli anni prima che l'oggetto delle loro speranze sorgesse e che, di conseguenza, soltanto un gruppo il più possibile numeroso e "giovane" lo avrebbe visto con i propri occhi. Purtroppo, però, per quel