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PARTE SECONDA: DOMINGO MURIEL, ULTIMO PROVINCIALE DEL PARAGUAY.

II.11 LA HISTORIA PARAGUAJENSIS.

Contestuale ai Principios, un anno dopo, nel 1778, uscì a Venezia la Historia Paraguajensis342, opera di argomento storico-memorialistico, la cui elaborazione fu forzatamente contemporanea a quella del libro precedente. Secondo quel che tramanda il sempre prezioso Miranda, la sua elaborazione fu complessa e lunga, probabilmente stratificata attraverso un periodo di tempo eccezionalmente vasto. Muriel conobbe l'opera di Charlevoix nel 1762, durante una permanenza nella fattoria di Santa Catalina, di pertinenza del collegio gesuitico di Córdoba de Tucumán; Charlevoix343, il primo storiografo delle missioni dei gesuiti nell'America settentrionale, aveva in effetti fatto uscire la sua Histoire du Paraguay soltanto pochi anni prima, nel 1756, sollecitato dai suoi superiori alla produzione di una sorta di controffensiva culturale, dopo che sulla Compagnia si erano addensati i sospetti a causa della guerra guaranitica – che proprio nel 1756 trovò la sua conclusione, con la

342 Historia Paraguajensis Petri Francisci Xaverii de Charlevoix, ex Gallico Latina, cum animadversationibus et

Supplemento, Venezia (Sansoni) 1779.

343 Charlevoix fu esploratore e successivamente storiografo delle missioni e redattore del Journal de Trévoux; una sintesi piuttosto stringata della sua vita e della sua opera si trova in Diccionario Histórico de la Compañía de

sconfitta della ribellione indigena – e soprattutto all'uscita in tutta Europa del pamphlet della Relação Abreviada344, il cui autore era con ogni probabilità lo stesso Pombal. L'anno dopo, nel 1758, il gesuita José Cardiel, missionario nel Paraguay, scrisse la Declaración de la verdad345, sempre nell'ambito del tentativo, da parte della Compagnia, di ricostruire la propria immagine agli occhi prima di tutto delle corti iberiche, ma anche dell'Europa letterata; tentativo che, tuttavia, non riuscì affatto, travolto come fu dall'ondata montante dell'antigesuitismo346. Muriel, dunque, riprese in mano l'Histoire di Charlevoix durante il suo soggiorno a Madrid quale procuratore della sua Provincia; fra il 1765 e il 1766 la tradusse in spagnolo, cercando anche di stamparla, finché le voci sulla prossima espulsione dei gesuiti dal regno non lo fecero desistere347.

Dopo la bufera dell'espulsione e dell'estinzione della Compagnia, Muriel decise di dedicarsi ancora alla diffusione della Histoire du Paraguay, che fu quindi il risultato di tre lustri di tentativi, meditazioni, ripensamenti. Il motivo, è facile comprenderlo: la propaganda antigesuitica a livello europeo aveva uno dei suoi pezzi forti proprio nella controversia sulla guerra guaranitica, e in particolare la Relação pombalina ne era un elemento, di cui è difficile sottovalutare l'importanza348. Per quindici anni, quindi, Muriel gira attorno al testo di Charlevoix, valutandone la portata e la necessità apologetica, tentando anzi di diffonderlo, finché non vi si inserì, ampliandolo e, occasionalmente, correggendolo, per completarlo con aggiunte e appendici documentarie. L'Histoire du Paraguay, infatti, trova il suo ad quem nel 1750, l'anno del Trattato di Madrid, che fu la causa prima dell'oscura rivolta indigena.

344 Relação Abreviada da República que os Religiosos Jesuítas das Provincias de Portugal, e Espanha, estableceram

nos Domínios Ultramarinos das duas Monarquias, e da guerra, que neles tem movido, e sustentando contra os Exercitos Espanhoes, e Portugueses; formada pelos registos das Secretarias dos dous respectivos Principaes Comissarios, e Plenipotenciarios; e por outros documentos autênticos, Lisboa, 1757.

345 La Declaración di Cardiel fu poi ubblicata postuma dal p. Hernández, nell'ambito della sua operazione di recupero apologetico della memoria delle Riduzioni del Paraguay: Misiones del Paraguay. Declaración de la verdad. Obra

inédita del P. José Cardiel religioso de la Compañía de Jesús. Publicada con una introducción por el P. Pablo Hernández de la misma Compañía, Buenos Aires (Alsina) 1900.

346 Cfr. J. Eduardo Franco, O mito dos Jesuítas em Portugal, no Brasil e no Oriente (Séculos XV a XX), vol. I Das

Origens ao Marquês de Pombal, Lisboa (Gradiva) 2006, p. 480, nota 1407.

347 Cfr. G. Furlong Cardiff, S.J., Domingo Muriel, Buenos Aires (Peuser) 1934, pp. 50-51.

348 «O documento torna-se uma das peças-chave desta campanha pombalina pela sua aparente verosimilhança, e costitui-se como una referência emblemática incontornável e abundantemente revisitada no seu tempo da ideologia antijesuítica tanto a nível nacional como internacional. Granjeou, além disso, uma influência modelar na recepção antijesuítica posterior. Será explorado como testemunho probatório de uma filosofia institucional, política, de uma moral, de uma pedagogia tornada praxis actuante num território tão sugestivo para o imaginário português e até mesmo de algunos sectores culturais europeus». J. Eduardo Franco, O mito, cit., p. 481.

Forse non è inopportuno richiamare queste vicende per sommi capi, per comprendere più fluidamente il contesto in cui Muriel decide di inserirsi. Col trattato del 1750, com'è noto, la Spagna e il Portogallo s'impegnavano reciprocamente a scambiarsi alcuni territori per mettere fine alle contese territoriali che da sempre li opponevano nell'area del Rio de la Plata. Così, il Portogallo prometteva la cessione della Colonia do Sacramento, piazzaforte situata su una piccola penisola affacciata sul Río de la Plata, proprio di fronte a Buenos Aires, e perciò capace di disturbare i traffici commerciali e militari ispanici; in cambio, la Spagna avrebbe dato le sette missioni guaranitiche poste a sud del fiume Uruguay. Due anni dopo, nel 1752, le due potenze inviarono legazioni che stabilissero i nuovi confini. Tuttavia, al momento dell'attuazione del trattato, alcune circostanze ne resero col tempo impossibile l'adempimento. Il trattato infatti prevedeva la cessione soltanto dei territori, non delle popolazioni che li abitavano, che dovevano di conseguenza essere trasferite; in questa clausola Pombal trovò la leva per mettere in difficoltà il sistema delle riduzioni del Paraguay, all'epoca la zona più popolata dell'America meridionale, e fra le più prospere, mirando alla riduzione del ruolo degli ordini regolari nell'attività missionaria nelle colonie portoghesi, prodromo della politica regalista che attuò con maggior respiro pochi anni dopo, individuando ancora nella Compagnia di Gesù la chiave di volta e insieme l'anello debole della catena difensiva delle prerogative curialiste.

Attraverso un'interpretazione restrittiva degli accordi, la legazione portoghese lasciò poco tempo agli spagnoli, cioè, soprattutto, ai missionari gesuiti, per trasferire le popolazioni delle sette missioni meridionali. Intuito il pericolo e forse anche il disegno che stava dietro questa politica, lo stesso generale della Compagnia, Retz, inviò in Paraguay un suo legato personale, che sedasse i malumori che erano sorti fra gli stessi suoi confratelli della Provincia paraguaiana, e imponesse il rispetto assoluto delle determinazioni prese dalle legazioni diplomatiche. Costretti ad abbandonare le loro terre, i loro beni e, soprattutto, le loro messi, gli indigeni delle sette missioni si ribellarono; non è ancora dato sapere, al proposito, quale parte presero i missionari

gesuiti nel sollevamento349. Nel 1754 le truppe delle missioni, legalmente armate già da molti anni per opporsi alle incursioni di bande schiaviste provenienti da São Paulo, riuscirono a sconfiggere in battaglia l'esercito spagnolo, inviato a soffocare la rivolta; due anni dopo, però, gli indigeni furono sconfitti dalle truppe congiunte delle due potenze coloniali. Le sette riduzioni contese furono dunque evacuate di forza, mentre il trattato falliva a causa del rifiuto, da parte lusitana, di consegnare la Colonia do Sacramento. L'ambiguità dell'atteggiamento dei missionari durante la guerra fra le popolazioni locali e gli eserciti inviati dai sovrani di quegli stessi territori – i missionari, per esempio, non lasciarono mai le missioni per tutto il periodo della rivolta – fece buon gioco al disegno di Pombal, gettando discredito sulla Compagnia e catalizzando in un singolo evento tutti gli stereotipi dell'antigesuitismo, che accusava l'ordine ignaziano di eccessive ambizioni mondane, fino a costituire una sorta di potere parassitario, ma temibilissimo, all'interno dello stato monarchico350.

Da quel che sappiamo, Muriel non incontrò difficoltà nella pubblicazione di questo volume; soltanto ebbe l'accorgimento di escludere dalla narrazione l'espulsione del 1767, al fine di non provocare l'ovvia reazione da parte della vigile autorità spagnola351. Tuttavia, non riuscì ad ottenere l'imprimatur da parte dell'Inquisizione, che già lo aveva respinto riguardo ai Fasti Novi Orbis, forse a causa di alcune controversie in materia di decime ecclesiastiche; perciò, è probabile che, per evitare di avere nuovamente problemi nello smercio librario, Muriel abbia deciso di rivolgersi direttamente al mercato veneziano, per sottrarsi alle noie cui era

349 Un'ipotesi suggestiva contestualizza la guerra guaranitica nella secolare contrapposizione fra i gesuiti installati nelle missioni del Paraguay e i bandeirantes di San Paolo del Brasile che, periodicamente, effettuavano spedizioni per rapire i guaranì convertiti e farne schiavi. Contrapposizione motivata anche dalla presenza, fra gli incursori di una città anomala come San Paolo, di numerosi "cristiani nuovi", provenienti da famiglie di origine ebraica sefardita, verso i quali non cessò mai il sospetto da parte dell'Inquisizione e della Compagnia spagnola, così gelosa dell'origine

castiza dei suoi membri. In generale, cfr. L.H. Costigan, Through Cracks in the Wall: Modern Inquisitions and New Christian "Letrados" in the Iberian Atlantic World, Leiden-Boston (Brill) 2010; A. Novinsky, Novos Elementos para a História de São Paulo. Paulistas Cristãos Novos contra os Jesuítas, in «Revista da USP» 65 (2005), pp. 96-

104.

350 Per una buona sintesi delle vicende della guerra guaranitica e dei suoi risvolti politico-diplomatici, cfr. J. Eduardo Franco, cit., pp. 400-411. Purtroppo, la letteratura a nostra conoscenza sulla guerra guaranitica e sul ruolo che vi svolsero i gesuiti e i guaranì risente ancora molto dell'impostazione apologetica degli scritti coevi, ampiamente ripresa dalla storiografia della Compagnia successiva. Un contributo nuovo alla questione può forse venire dalle scienze antropologiche, che hanno indagato, al di là dell'immagine tramandata dalla letteratura missionaria, sulla reale consistenza culturale dei guaranì delle Riduzioni. In particolare, sull'argomento specifico del loro rapporto col territorio, cfr. G. Wilde, Territorio y Etnogénesis misional en el Paraguay del siglo XVIII, in «Fronteiras. Revista de Historia» 19 (2009), pp. 83-106.

sottoposto nei domini papali. Forse a spingerlo a questa decisione era la consapevolezza di aver fatto propria nel libro la posizione fortemente critica che tradizionalmente la Compagnia teneva nei confronti del vescovo Bernardino de Cárdenas (1579-1668), ordinario di Asunción che aveva fortemente osteggiato l'operato dei missionari gesuiti del Paraguay; vescovo, tuttavia, morto “in odore di santità” e la cui canonizzazione era promossa sia dalla monarchia spagnola, che dall'ordine francescano, cui era appartenuto352. Possiamo quindi facilmente arguire che l'interesse di Muriel per l'opera apologetica di Charlevoix e per la sua diffusione non soltanto non scemò con gli anni, ma anzi approfondì le sue ragioni e le sue ambizioni; se infatti nel periodo madrileno egli pensò di tradurla in castigliano per controbattere alla crescita dell'antigesuitismo, nell'esilio la tradusse in latino, lingua non certo adatta alla polemica immediata, ma pur sempre opportuna per una controversia di ampio respiro.

L'opera di Charlevoix si compone di ventidue “libri”, ovvero capitoli, che trattano la diffusione del cristianesimo nella regione del Paraguay dalle origini fino al 1750, come abbiamo già detto; alla loro traduzione, Muriel aggiunse altri quattro capitoli, di formato simile. Ugualmente, aggiunse anche alcuni pochi documenti, di ampiezza variabile, all'appendice documentaria che si trova al termine dell'originale. Di queste aggiunte, e soprattutto delle omissioni derivate dalla decisione di concludere subito prima dell'espulsione del 1767, si dà notizia sin dal Monitum editoris che si trova immediatamente dopo il frontespizio:

Additur narratio cum documentis rerum postquam stylum deposuit in Paraguaria gestarum, ab anno scilicet 1750. ad 1767. In his expeditiones sacræ delibantur, ad indigenarum conversionem institutæ apud Chiquitos et Chacoenses, novæ mercatorum circuitiones, Historiæ Naturalis arcana, parcius tamen quam velis; acies tandem cum adversus rebellantes Guaranios, tum contra Lusitanorum colonias, imperatore D. Petro Cevallos. Omittuntur vero quæ posteriora sunt herois hujus acta ad S. Catarinæ, et ad Coloniam secundo expugnatam, æquatamque solo […]. Omittitur etiam Foedus

352 Peraltro, pochi anni prima, proprio nel contesto dello extrañamiento degli ignaziani dalla Spagna, era stata pubblicata a Madrid in due tomi una Collección general de Documentos tocantes a la Persecución que los

Regulares de la Compañía de Jesús suscitaron contra Don Bernardino de Cárdenas, Obispo del Paraguay (1768-

1770). Cfr. Diccionario Histórico de la Compañía de Jesús, Roma-Madrid (IHSI-Universidad Pontificia Comillas) 2001, vol. I, p. 653-654. Sulle motivazioni di Muriel, cfr. Miranda, Vida, cit., p. 427-428.

anno 1777. confirmatum, priori simile, nisi quod linea ducitur extra Missionum pagos353.

Questa annotazione ci è preziosa, sia perché annuncia il contenuto delle appendici di Muriel, sia perché denuncia le sue mancanze, rilevate dall'editore; infatti, la scelta, obbligata, di rinunciare a narrare dell'espulsione del 1767, e di conseguenza di tutto ciò che era avvenuto dopo, comporta una menomazione alla completezza dell'opera, che non poteva non dispiacere al suo editore. Il quale però rileva, con una punta di stizza, anche un'altra pecca, ai suoi occhi, ovvero a mancanza di un maggior numero di tratti di “colore” etno-geografico, ovvero di esotismo. Si nota quindi qui il compromesso a cui è dovuto accondiscendere Muriel, come già Charlevoix prima di lui: arricchire il testo di particolari “curiosi” in grado di intercettare l'interesse del pubblico colto, per smerciare un'opera sostanzialmente apologetica nel suo contenuto. Tuttavia, le aggiunte e le note che Muriel appone all'originale, attingendo a un'esperienza “sul campo” di cui Charlevoix non poté godere, risultarono evidentemente insufficienti agli occhi del Sansoni, che si sente in dovere di avvisarne i lettori, denunciando appunto che le note di colore sono “meno di quanto si potrebbe desiderare”. Forse, nonostante la prudenza di Muriel, il tono apologetico che permane nel libro sembrava comunque eccessivo rispetto al mercato librario, desideroso più di conoscenze scientifico-geografiche, che di racconti edificanti sul modello delle Lettres édifiantes, che avevano diffuso il mito del Paraguay delle Riduzioni quasi cento anni prima.

Il lavoro di traduzione del testo di Charlevoix è attento, per quanto lo stile sia a volte un po' grossolano, con termini ed espressioni che denunciano più una frequentazione del latino giuridico-filosofico, che umanistico. Vi sono numerose correzioni che, come detto, mirano a rettificare quanto di sbagliato o di ingenuo vi sia nell'originale, sminuendo di molto alcuni passi che indulgono troppo al gusto per l'esotico, a discapito della verosimiglianza e della correttezza scientifica354. Tuttavia, per gli interessi del presente lavoro, ci importa di più analizzare i testi aggiunti al termine del libro e della sua appendice documentaria.

353 Historia Paraguajensis, [p. I]

Dei quattro capitoli con cui Muriel conclude la “storia del Paraguay” (il XXIII, il XXIV, il XXV e il XXVI), il primo narra la storia del Paraguay dal 1750 al 1767, nelle sue varie vicende: il Trattato di Madrid, la guerra guaranitica e le vicende che seguirono, sino al 1763. Il secondo, riguarda la fondazione e l'espansione delle missioni nel Chaco, nel nord del Paraguay, l'altra grande area di diffusione delle riduzioni gesuitiche, al di là delle famose trenta dei guaranì. Il terzo, non è altro che un'agiografia dell'operato del p. José Pons, che morì nel 1761 dopo avere consumato tutte le sue energie, nonostante la vecchiezza, nello zelo missionario. Infine, l'ultimo ragguaglia sugli ultimi fatti notevoli avvenuti nelle missioni del Paraguay, prima dell'espulsione dei gesuiti: la fondazione di alcuni nuovi insediamenti, che costituivano un collegamento fra le due grandi aree delle missioni guaranì, a sud, e quelle del Chaco, a nord.

Prima di scorrere il capitolo che più ci sembra interessante, annotiamo qualcosa sulla composizione degli altri. Per quel che riguarda la vita del gesuita Pons, riscontriamo che si tratta di un racconto di tipo edificante, dove si esaltano le doti apostoliche del protagonista, la cui vita si concluse pochissimi anni prima dell'espulsione dei suoi confratelli, e certamente coprì il periodo della guerra guaranitica, vero centro nevralgico della parte aggiunta da Muriel. Se non c'è dubbio che questo scritto abbia per autore Muriel355, tuttavia ben più complesso e, in fondo, interessante è il problema delle sue fonti. Infatti, fra i vari personaggi citati, che hanno variamente incrociato le imprese di Pons, troviamo anche alcuni nomi, reperibili nel catalogo degli espulsi; da una parte, il p. Ignace Chomé, gesuita francofono che morì in America, vecchio, durante la stessa espulsione, nel 1768;dall'altra si trova anche il nome di José Jolis, che sopravvisse all'espulsione e morì a Bologna nel 1790, dopo aver pronunciato la sua professione solenne a Ravenna nel 1769356 e aver pubblicato a Faenza un'opera sul Chaco, di argomento naturalistico357. Ugualmente, incontriamo anche altri nomi negli altri tre capitoli: José

355 Cfr. Furlong, Domingo Muriel, cit., p. 78. Il racconto della vita e della morte di Pons è poi citato da J.M. Peramás nel De vita et moribus sex sacerdotum Paraguaicorum, Faenza (Archi) 1791, pp. 182-183.

356 Cfr. Storni, Catálogo, p. 151.

357 J. Jolis, Saggio sulla storia naturale della provincia del Gran Chaco, Faenza (Genestri) 1789; del Saggio di Jolís tratteremo più avanti..

Quiroga, José Cardiel, Manuel Durán, José Chueca, Narciso Patzi, Gaspar Troncoso, Roque Gorostiza e José Sánchez Labrador, tutti sopravvissuti all'espulsione e compagni d'esilio di Muriel, tutti, soprattutto, ancora vivi all'epoca dell'elaborazione di questi scritti; ad essi, poi, vanno aggiunti anche Martin Dobrizhoffer, dopo l'espulsione residente a Vienna, e Joseph Klein, che certo Muriel poteva consultare per lettera, considerati anche i rapporti che lo abbiamo già visto intrattenere con gesuiti di area tedesca. Possiamo quindi facilmente argomentare che egli, nella redazione di questi capitoli, si sia avvalso della consulenza di diversi suoi confratelli, i quali, avendo avuto in Paraguay mansioni che li portavano a conoscere bene le vicende narrate, erano i migliori a potergli dare le informazioni di cui aveva bisogno. Già Furlong, nella prima opera bio-bibliografica dedicata a Muriel, ha notato di passaggio questa rete di consulenza, che supplì, a suo giudizio, alla mancanza di archivi e documenti, cui le severe clausole dell'extrañamiento costrinse qualunque espulso volesse avvalersi della propria esperienza nelle colonie per trarne scritti in Europa. Una rete di conoscenze collettive, fondata sullo scambio di memorie, passibile quindi di errori e sviste, e che costituirà l'oggetto della terza parte di questo studio358.

Un esempio lampante di questo tipo di sviste è il racconto dell'uccisione del missionario Antonio Guasp, avvenuta nell'agosto del 1761 ad opera di indiani guaicurù. Il racconto di Muriel è succinto, anche se non privo di particolari.

Augusti 19. quo die progressurum erat agmen a Cruce prædio septem a Reductione leucas distante, perfidum consilium explosum est. Chiquitos viderant Guaicurui exarmatos; veriti nihilominus, ne in prædio cepissent arma, exploratores accedunt, specie securim postulandi ad cædenda ligna. His natam occasionem referentibus, gladiis, lanceis, et clavis, in Missionarium simul

358 «Muriel al escribir la historia de los últimos diez y ocho años (1750-1767), no tuvo a su disposición ningún archivo, y poseía pocos libros relativos al Paraguay, pero, como Hervás y Panduro para su Catálogo, tuvo la fortuna de tener a su lado a los hombres que mejor podían informarle sobre los sucesos históricos ocurrídos en aquel período de años. Quiroga, Strobel, Dobrizhoffer, Falkner, Cardiel, García, Guevara, Jolis, Camaño, Juárez, Peramás, Iturri, Sánchez Labrador y tantos otros, cada uno de los cuales podía decir de los sucesos narrados por Muriel: quorum

magna pars ego fui, proporcionaron a su estimado y querido P. Domingo cuantos datos deseó y se esforzaron en que

su magna obra saliera lo más completa y perfecta». Furlong, Domingo Muriel, cit. p. 55-56. Non sappiamo che dire dei nomi citati da Furlong, se non che si tratta del fior fiore degli scrittori ex gesuiti paraguaiani; c'è tuttavia da notare che soltanto per pochi di essi sembra essere strettamente dimostrato, analizzando il testo di Muriel, che abbiano dato il loro contributo alla sua redazione. Per gli altri, di cui pure alcuni gravitavano attorno a Muriel, possiamo supporre che Furlong li abbia annoverati per la retorica dell'elencazione.